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mercoledì 8 dicembre 2021

Diario di Natale - 6 - Il Messiah di Händel

 

L'immagine rappresenta fedelmente un gruppo di spettatori del Messiah al termine della rappresentazione in tempo di Natale. Si scioglieranno in primavera, forse.

Non ricordo esattamente quando il Messiah di Händel è entrato nella mia vita, ma probabilmente facevo le medie. Ad un certo punto però si è indissolubilmente attaccato al Natale e da allora Natale non è Natale senza averlo ascoltato dall'inizio alla fine in un qualche momento delle feste. Per un certo periodo anzi, quando abitavo a Firenze, me lo andavo ad ascoltare in chiesa.
Perché in chiesa? 
Perché la musica sacra si addice alle chiese: mentre ascolti ti guardi intorno e come l'orecchio si ricrea ascoltando l'armonia dei suoni, così l'occhio può posarsi affreschi, pale e decorazioni e non è raro il caso in cui i dipinti guardati raffigurino proprio le storie che si stanno ascoltando. In chiesa inoltre si possono ascoltare  orchestre e cori specializzati in musica sacra, che girano l'Europa su circuiti che molto raramente approdano nei grandi teatri lirici - almeno, così succede in Italia.
Ho ascoltato un paio di Messiah al Comunale di Firenze, e non sarebbe giusto dire che non erano fatti bene. Ma un coro lirico - e quello del Comunale è tra i migliori d'Italia - non è fatto per la musica sacra, almeno non per quella del Settecento, così come i grandi solisti, quelli abituati a fare Mozart, Verdi e Wagner e che a volte partecipano a incisioni particolarmente blasonate, a conti fatti rendono meglio nel loro repertorio abituale.
Ci sono poi da considerare gli strumenti: quelli di un'orchestra moderna sono diversi e hanno di conseguenza un suono diverso. Molto meglio gli strumenti originali dell'epoca; che richiedono però persone abituate a suonarci.
L'ideale quindi è un'orchestra (relativamente piccola) che dispone di strumenti originali, coro e cantanti inglesi o tedeschi e solisti specializzati nel settore.
Strumenti meno sonori e voci più piccole, che in un grande teatro moderno si perderebbero. In una chiesa di dimensioni medio-grandi rendono invece al loro meglio. Il suono è più leggero, più pulito e più scandito.
Per i teatri va meglio Wagner, secondo me.
Per un certo periodo della mia vita ho frequentato molti musicisti, e ho assistito e in un certo senso partecipato a diverse edizioni natalizie del Messiah suonato con strumenti originali e cantato da cantanti inglesi... e dal coro della Scuola di Musica di Fiesole - che non era esattamente un coro inglese, ma secondo me come cantavano loro l'Hallelujah sfondando i timpani a tutti gli ascoltatori fino in fondo alla navata non lo ha mai cantato nessuno: ci mettevano davvero l'entusiasmo giusto, ed erano intonatissimi anche se alla fine dell'esecuzione erano leggermente bluastri in viso.

Il Messiah è un oratorio in lingua inglese scritto da Georg Friedrich Händel nel 1741 su un bel testo scritto da Charles Jennens basato sulle Scritture, e più esattamente sulle Scritture del rito inglese (Bibbia di re Giacomo e Salmi nella versione del Book of Common Prayer); parla, guarda caso, dell'arrivo del Messiah; più esattamente della sua nascita, morte e resurrezione, e anzi sembra che sia nato soprattutto per essere cantato in tempo di Pasqua. Ciò è in effetti altamente consigliabile per i motivi che andrò a spiegare più avanti, ma di sicuro non risulta fuori posto nemmeno a Natale:


La musica è un magnifico impasto di gioia e di solennità e spazia dall'entusiasmo per l'arrivo del Bambino al triste ricordo di come fu da adulto colui fu disprezzato, rifiutato e condannato; il celebre Hallelujah al cospetto di sì lieto evento 


si contrappone alla pacata constatazione che la Morte ha perso il suo pungiglione in un duetto decisamente al limite dell'impossibile


e le trombe ci annunciano che presto tutti noi saremo cambiati

(sospetto che sia almeno la terza volta che carico questo video sul blog)

Si tratta di una musica ad alto potere curativo: "Comfort ye" sono le prime parole del libretto e chi ascolta si ritrova guidato su una strada lunga e luminosa da cui esce come rigenerato.
Se sopravvive, intendo.
Perché le belle esecuzioni nelle belle chiese in inverno presentano qualche criticità: fa freddo. Molto freddo.
Oh sì, le chiese sono riscaldate - così ti assicurano, mentre paghi il biglietto. E le vedi, tutte intorno all'altare e sui bordi delle navate, le lampade a spirito e le piccole stufette. Utilissime in una chiesa alta qualche decina di metri, come no.
A seconda della scelta della versione e dei tempi di esecuzione un Messiah va dalle due ore alle due ore e mezzo. A teatro l'ultimo dei problemi degli spettatori è il freddo e ci si possono permettere veli, scollature, maniche corte e tessuti finissimi. In una chiesa d'inverno verso le dieci di sera no. Sì, certo, golf e cappotto, e scarpe imbottite. Ma due ore e mezzo fermi e seduti in una gelida chiesa invernale sono una vera prova di carattere.
Il problema non è solo per gli spettatori (e i coristi, poverelli): anche i delicati strumenti dell'epoca si scordano molto facilmente col freddo e per gli strumentisti è una continua lotta per mantenere l'accordatura.
A Pasqua, va riconosciuto, è tutto un altro vivere.

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4 commenti:

Paola ha detto...

Bello spunto. Non conosco il Messiah ma ho un incentivo a colmare la lacuna! Ho cantato in un coro e ho amato molto i concerti natalizi in cui abbiamo eseguito repertori più o meno classici e conosciuti e posso confermare che sì, nelle chiese fa un freddo tremendo. A volte, alla fine del concerto, mi chiedevo come avrei fatto ad andare via perché non sentivo più i piedi, diventati dei blocchi gelidi e insensibili. Una volta, in una chiesa in Austria, per gli spettatori c'era un tubo pressoché incandescente per scaldare i piedi, vicino al poggiapiedi. Era così caldo che ad alcuni spettatori amici si sono parzialmente fuse le suole, mentre noi che cantavamo vedevamo il nostro fiato condensarsi in suggestive nuvolette bianche e i nostri piedi perdere sensibilità. Una volta abbiamo cantato in grotta, c'erano 10 gradi e ci pareva quasi caldo.
Apprezzo tantissimo questi post natalizi, mi stanno facendo pensare e ricordare e mi piace sempre come scrivi!
Paola

dolcezzedimamma ha detto...

Penso che Händel valga i piedi freddi…
Che belli questi tuoi post!

Kukuviza ha detto...

Devo sentirlo almeno una volta tutto per intero. Magari non in chiesa in inverno. A proposito una volta avevo letto che dei cantori si erano intossicati per via di alcune stufette che avevano utilizzato per scaldarsi... Motivo in più per fare a Pasqua! Mitici cmq i cantori inglesi bluastri!

Murasaki ha detto...

@ Paola:
Ti ringrazio per la testimonianza di addetta ai lavori. Il lavoro dei coristi è spesso sottovalutato o misconosciuto, ma è un bellissimo universo quando impari a conoscerlo, e nella musica sacra il loro contributo è davvero grande, e in effetti gran parte del lavoro lo fanno loro.
I concerti di Natale in chiesa sono sempre una bella prova di carattere, ma che dire di quelli all'aperto a Capodanno? Cantare in una grotta a 10 gradi diventa una passeggiata.
Ma per chi canta e per chi ascolta, a parte il freddo, resta il ricordo di un'esperienza davvero speciale, e quindi onore ai coristi che rischiano il congelamento (ma anche agli spettatori che altrettanto lo rischiano).

@ Dolcezze:
Certamente che li vale! Ma col freddo è tutto più complicato, compresa l'accordatura degli strumenti filologici. A Pasqua è tutto molto più comodo. E secondo me il Messiah è più natalizio che pasquale.

@ Kuku:
Ssì, le stufette, mi pare soprattutto quelle a kerosene, presentano (o forse presentavano) dei rischi in quel senso, anche se nelle chiese così alte pensavo che il rischio fosse minimo.