Il mio blog preferito

sabato 14 ottobre 2023

Sulla grande importanza di leggere (o almeno ascoltare) le istruzioni per l'uso

Uno scolaro della prof. Murasaki esprime senza infingimenti la sua personale opinione sull'importanza da attribuire alle istruzioni che gli/le vengono impartite.
Con l'andare degli anni le mie verifiche di storia sono diventate sempre più lasche. Taluni preparano complessi compiti a crocette con edizioni speciali per i DSA e i DVA*, altri fanno compiti con domande graduate per difficoltà, ma io ho sviluppato uno stile molto particolare, dettato anche dal desiderio di risparmiare carta: infilo una serie di domande (di solito da 10 a 20), alcune dettagliate, altre generiche, spesso chiedo opinioni su questo e su quello, e infilo sempre un gruppetto molto facile alla portata dei DVA, che comunque fanno il compito assistiti, o meglio sostenuti dall'insegnante di ciò incaricato.
Le istruzioni sono semplici: rispondete alle domande che volete, nell'ordine che volete, potete rispondere anche a più domande insieme in una unica risposta. Non do nemmeno i tempi: chi finisce consegna, e quando l'ultimo ha consegnato il tempo scade, salvo che suoni la campana dell'uscita o dell'intervallo e allora ritiro tutto. Per i DSA e i più inquieti aggiungo la possibilità di uscire a farsi un paio di vasche in corridoio prima di rientrare, rileggere e consegnare. Se qualcuno vuol mangiare lo può fare al banco o uscendo in corridoio. Chi vuole andare in bagno ci va quando gli pare. Chi ha dei dubbi si alza e viene alla cattedra a chiedere, e se qualcuno si trova meglio a scrivere su carta a quadretti, bene, scriverà su carta a quadretti.
Questa volta ho anche abolito i numeri delle domande, perché l'ultima volta che ho corretto un compito di storia mi sono accorta che non le controllavo mai: la risposta mi richiamava automaticamente alla domanda - e a ben guardare, se uno si mette pazientemente a inanellare le possibili cause della prima guerra mondiale è possibile, pensa un po', che la domanda sia qualcosa del tipo "Perché è scoppiata la prima guerra mondiale?", mentre se mi racconta delle 95 tesi di Wittenberg è probabile che la domanda riguardasse la nascita della riforma protestante o Lutero.
Di fatto non mi interessa molto che conoscano la piccola risposta a una piccola domanda (qualche volta faccio anche consultare il libro, o ne tengo uno aperto sulla cattedra) ma che mi impostino un racconto - e a volte perfino una mappa concettuale - decente con cause, effetti e cose del genere.
Questo tipo di compiti permette a chi ha studiato con cura di farsi valere, ma consente anche a chi non si è consumato gli occhi sul libro di utilizzare quello che comunque sa, oltre a lasciare regolarmente in mutande chi non ha letto né ascoltato alcunché.
Il voto è una generica media tra le conoscenze dimostrate e come han saputo infilarle in un discorso di senso compiuto, e valgono anche gli errori di ortografia e i nomi scritti a cazzo di cane, anche perché all'occorrenza e su richiesta quelli più complicati li scrivo alla lavagna o a chi viene a chiederli - e mi permette anche di non annoiarmi soverchiamente mentre correggo.
Stavolta il compito presentava anche una richiesta un po' diversa dal solito: le dieci principali date per Napoleone, disposte in ordine cronologico.
Non c'erano arrivati del tutto impreparati: per quel giorno avevo ordinato che si preparassero una cronologia di Napoleone con tutte le date indicate nel libro, che potevano consultare durante il compito. Non era una domanda facile: gli anni mi hanno dimostrato che, anche se per me ripassare storia voleva dire principalmente mettere in fila un po' di date importanti, che poi a metterci il tessuto connettivo ci pensavo sul momento e mi riusciva facile, non tutti ragionano come me - e d'altra parte, nonostante di fondo disapprovi il nozionismo, secondo me la conseguenza degli avvenimenti un certo peso a Storia ce l'ha, per stranio che possa sembrare.
Non era il loro primo incontro con la cronologia, ma ben tre di loro mi hanno chiesto se andava bene scrivere le date e gli avvenimenti tutti di fila.
"NO! Ogni riga una data. Non abbiate paura di sprecare carta, l'Amazzonia non si estinguerà solo perché andate a capo per ogni data!" ho risposto invariabilmente.

Quest'anno la Terza Sfigata si è arricchita di un nuovo elemento: Morgana, una fanciulla piuttosto introversa e con qualche problema con i congiuntivi, ma che sembra comunque un buon elemento e ha la penna facile e una prosa piuttosto scorrevole. In effetti, sto ancora cercando di capire che pesce è.
Sta di fatto che, quando ha consegnato un fluviale compito, mi ha mostrato una lunga cronologia dove non è andata a capo.
"Questo sta a significare che non solo non hai ascoltato le istruzioni che ho dato all'inizio, ma nemmeno la risposta che ho dato ai tuoi compagni, che me l'hanno chiesto ben tre volte" ho commentato di malumore.
Lo ha ammesso, un po' contrita (ma non quanto avrebbe dovuto, a mio avviso).
E' seguita perciò una tirata sull'importanza di stare ad ascoltare le istruzioni, quando vengono date.
"Dovete ascoltare le istruzioni, sempre! Io non voglio nemmeno immaginare cosa combinerete alle lezioni di scuola guida, o quando dovrete fare un intervento chirurgico. E se fate i terroristi, se non ascoltate le istruzioni del fabbricante di esplosivi non solo non riuscirete mai a far saltare il ponte, ma salterete in aria molto prima voi!!!".
Il problema di far saltare correttamente un ponte ritorna spesso nelle mie esortazioni, non so perché. In effetti a St. Mary Mead abbiamo un ponte, anche piuttosto bello, e in effetti è stato fatto saltare durante la seconda guerra mondiale (ma i tedeschi, quando si occuparono della cosa, non pasticciarono affatto con le istruzioni, come è ben testimoniato dalle foto dell'epoca). Non ho mai avuto alcun desiderio di farlo saltare né mi risulta che alcuno ci abbia mai provato, dopo che è stato ricostruito a guerra finita. E tuttavia più volte ho rimproverato i miei alunni perché non avrebbero mai saputo come farlo saltare se non imparavano ad ascoltare le istruzioni che gli venivano date. Vai a capire perché ci insisto tanto.

In questi anni c'è un gran rifrullo di discussioni sul Grave Problema che i giovani d'oggi hanno con la comprensione del testo, e circolano gran copia di complesse istruzioni su come i ragazzi vadano guidati passo passo nella complessa arte di capire un testo. Di solito le ignoro (applicando a tal scopo la stessa identica tecnica di molti alunni: annoiata già alla terza riga, lascio perdere il tutto).
La mia personale teoria è che, laddove non sussistano gravi problemi legati a ritardo mentale o simili, la vera difficoltà per ottenere delle risposte valide alle domande di comprensione del testo è convincerli a sopportare la noia delle domande e leggerle con attenzione, invece di scavalcarle. Ognuno di loro nella vita di tutti i giorni affronta questioni molto più complicate del rispondere a un po' di domande di comprensione di un testo, e mi rendo conto che spesso sono domande noiose e di cui sfugge il senso (a prima vista: se guardi bene un certo senso di solito ce l'hanno ed è appunto di controllare se l'alunn* è in grado di estrarre le informazioni da un testo, importanti o meno che siano tali informazioni. E' importante che sappiano farlo, all'occorrenza? Oso dire di sì, e non solo per prendere un buon voto alla prova Invalsi).
Naturalmente capisco il loro punto di vista; e del resto, quanti adulti leggono con cura tutte le istruzioni prima di accendere un elettrodomestico nuovo? Non proprio tutti tutti tutti, per quel che mi risulta.
Tuttavia, per quanto infiliamo la spina e partiamo sia di solito il mio motto, quando mi mandano un questionario da compilare leggo le domande con molta attenzione appunto per evitare di rispondere cose che non c'entrano niente con la domanda, e se chiedo una informazione di solito sto anche ad ascoltare la risposta. Mi rendo conto che ai loro occhi ascoltare quel che si dice a scuola non è importante, di solito. Ma secondo me devono entrare nell'ordine di idee che anche a scuola le istruzioni vadano ascoltate, per quanto noiose possano sembrare.

* che sono poi gli alunni con l'insegnante di Sostegno

lunedì 9 ottobre 2023

Sull'immensa fortuna di avere una insegnante premurosa

Come tutti gli anni, all'inizio di Ottobre è arrivato il Raffreddore da Cambio di Stagione, e Mercoledì mattina mi sono svegliata con quel caratteristico granchio in gola che a volte è l'inizio di un fluviale raffreddore ma altre volte non è proprio niente e durante la giornata svanisce senza lasciar traccia.
Diciamo che stavolta è stata una via di mezzo.

Dopo la pandemia siamo tutti molto meno eroici, ma per quanto stessi ad autotestarmi non mi sembrava ci fossero i requisiti minimi per starmene a casa. Così, in assenza di sintomi concreti, sono andata a scuola, dove ho svolto assai onorevolmente le mie mansioni, pur sentendomi un po' stanca a fine mattina.
Dopo un rapido pranzo mi sono infilata a letto col consueto corredo di tisana col miele, piccoli agrumi dal nome assurdo, gatte dormodotate e un buon libro, mentre i sintomi si aggravavano e fuori splendeva un sole che non sarebbe parso fuori luogo in pieno Luglio, sia per intensità di luce che per il calore che irradiava.
"Domani si vede" mi sono detta prima di spengere la luce.
Ma l'indomani  mattina lo stordimento, il sospetto di febbre, il granchio in gola e il vago senso di freddo erano scomparsi nel nulla. Restava solo un lievissimo sospetto di un fondo di raffreddore.
Dunque, di nuovo niente pretesti validi per sfuggire ai miei doveri.
L'orario prevedeva due ore di lezione, due ore di buco e due ore finali con la Terza Sfigata, dove avevo preparato una graziosa verifica di Italiano, di quelle che puoi propinare senza avvisare nessuno: semplicemente mi era venuta l'idea di rifilargli un certo tipo di esercizio e il giorno prima l'avevo confezionato, ma la Terza Sfigata non lo sapeva.

Le prime due ore di lezione sono scivolate via proprio benino, ma subito dopo l'intervallo sono stata improvvisamente assalita e rapidamente sconfitta da un Fluviale Raffreddore, di quelli che ti domandi come  arrangiarti senza una  terza mano munita di un terzo fazzoletto.
Non stavo male, ma certo ero un miserando spettacolo.
La situazione è andata peggiorando e fino a costringermi a chiedermi  come fare visto che i quattro fazzoletti messi in borsa a puro titolo di precauzione erano esauriti ormai da tempo - robusti fazzoletti di stoffa, di modelli maschile, del tipo Grande Tovagliolo.
Mi sono procurata un po' di carta da bagno, poi ho accolto la classe, assegnato la verifica e mentre lavorano li assisto bene o male, continuando quasi ininterrottamente a soffiarmi il naso.
E a metà verifica osservo:
"Vedete quanto siete fortunati ad avere una insegnante premurosa come me! Potevo starmene in un comodo letto, circondata da una bella pila di fazzoletti, e invece sono venuta a scuola farvi fare la verifica, evitandovi la gran disgrazia di uscire a mezzogiorno invece che alle due".
"Grazie, prof, le vogliamo davvero bene"
"Sarebbe stato terribile uscire a mezzogiorno!"
"Cosa faremmo senza di lei?'
"Meno male che c'è chi pensa a noi!"
"Grazie di esistere!"

E insomma, poveri loro e povera me, ormai era andata così e indietro non si poteva tornare.
Ad ogni modo il mio Potente Raffreddore si è sgonfiato in poche ore, e già all'ora di cena ero perfettamente frequentabile -  insomma il giorno dopo ero di nuovo a scuola, pronta a infelicitare i miei alunni nientemeno che con il Cinque maggio.
Ahimé, non ci sono più quei bei raffreddori di una volta!
(Una gran disgrazia, davvero. Ma durerà poco, mi sa).

sabato 7 ottobre 2023

La sganascevole e ridicolissima farsa del registro elettronico - Nuova serie - Ce la possiamo fare?

La nostra aggiornatissima e informaticissima segreteria
Durante l'estate una parte del personale della Segreteria dell'Istituto Comprensivo di St. Mary Mead e Crifosso è andato in pensione, e qualcuno si è pure trasferito, con gran tripudio di tutti noi. 
Tuttavia ciò non sembra aver apportato i benefici che speravamo.
Alla prima riunione di plesso la nostra nuova VicePreside, la prof. Olivieri, ci ha spiegato che con Argo ci sarebbero stati problemi. Lei aveva fatto pressione perché sin dal nostro primo giorno di scuola fosse possibile usare il registro elettronico Argo, quasi fossimo una scuola normale, ma dalla Segreteria l'addetta al registro ha spiegato che c'erano gli alunni da inserire e...
Ho alzato la mano.
"Per diversi anni mi sono guadagnata onestamente il pane come data entry. Se mi date un paio di istruzioni mi impegno a inserire gli alunni assolutamente aggratisse. Questo tipo di lavori mi riescono abbastanza bene e anzi mi rilassano. Alla fine abbiamo meno di duecento allievi, non credo ci metterò molto tempo".
"Avevo suggerito la stessa cosa" spiega malinconica la prof. Olivieri "Cioè, di inserirli io. Ma mi ha spiegato che non è possibile perché la nuova arrivata non conosce Argo e quindi ancora non sa... insomma, la risposta è no".
OK, ci ho provato (e non è il primo anno che ci provo). Di più non potevo fare.

In qualche modo tuttavia gli alunni vengono inseriti in tempo utile, e anzi sembra che addirittura prima o poi partirà la Giustificazione Elettronica, ovvero un simpatico accrocchio che ci permetterà finalmente di liberarci dal volo dei foglietti e soprattutto dalle giustificazioni sparse per ogni aula.
Ad ogni modo la sera prima dell'inizio della scuola non c'è alcuna giustificazione elettronica in arrivo. Anzi, come ci informa la VicePreside via mail non c'è al momento nemmeno l'orario perché la nuova addetta alla Segreteria ancora non conosce bene Argo e dunque non potremmo inserirci l'orario da soli, così almeno siamo sicuri di inserirlo giusto?
Non è esattamente una missione impossibile, e del resto la prof. Oliviero mi ha insegnato a farlo un paio di anni fa, quando mi trovò accasciata perché me l'avevano inserito, sì, ma sbagliato. 
Tempo richiesto dall'operazione: circa quattro minuti.
Tuttavia il giorno dopo scopro che qualcuno ha rifiutato perché è un lavoro che spetta alla segreteria. Si svolge dunque una interessante discussione che davvero fa onore al nostro senno: davvero inserire l'orario spetta alla Segreteria?
Quando il registro era su carta, chi scriveva a mano l'orario e le classi degli alunni?
Quando Adamo zappava ed Eva filava, chi era il gentiluomo?
Di solito il docente, ammette alla fine qualcuno.
Insomma, siamo tutti abbastanza elettrici, vuoi perché è il primo giorno vuoi perché boh.

Due giorni dopo però faccio una piccola interrogazione a Romeo, che risponde bene, e decido dunque di assegnargli un meritato sette.
Apro dunque fiduciosa la schermata apposita, scrivo l'argomento dell'interrogazione e...
Niente, non ci sono voti.
E perché non ci sono voti?
Qui non è questione di inserire o non inserire, la lista dei voti è la stessa da quando c'è il registro elettronico, ovvero più di dieci anni. Si parte dall'1 e si arriva al 10 con tutti i quarti di punto e qualche giudizio generico in sovrappiù, e perfino la possibilità di mettere i mieik amatissimi + con tanto di dicitura allegata "Effettua un intervento positivo" (perché i nostri alunni, nel tempo libero, si dedicano anche alla chirurgia. E con buoni risultati, per di più. Siamo una scuoletta di paese, ma diamo competenze molto varie).

Difficile pensare che Argo abbia improvvisamente deciso di bloccare i voti, difficile pensare che...
Io non penso: una volta di più scrivo affranta alla prof. Oliviero. Che risponde tosto che in Segreteria hanno combinato qualcosa di strano che richiederà qualche giorno per essere aggiustato e dunque ci vorrà pazienza.
Una settimana dopo arrivano anche i voti, non senza che in Sala Insegnanti vengano evocate più volte grasse oche bianche da spennare per ritornare ai bei tempi andati del registro su carta.
Non oso pensare a cosa succederà quando arriverà la Giustificazione Elettronica.

sabato 30 settembre 2023

La prof. Murasaki avanza trionfalmente tra due ali di alunni plaudenti (feat. Primo Giorno di Scuola)

Il mio trionfale Primo Giorno di scuola. Peccato non essermi presentata a cavallo.
Aiutata da un orario con dei tratti piuttosto insoliti* il mio primo giorno di scuola è consistito in una singola ora, che era anche l'ultima - insomma la quinta, perché i primissimi giorni siamo partiti con cinque ore. Sono comunque arrivata prima perché avevo svariate decine di cose da fare e così ho vagato sin dalla prima ora per i corridoi, incrociando svariati gruppetti di allievi.
"Bentornata, prof!
"Che bello rivederla, prof!"
E fin qui, che i tuoi alunni siano contenti di rivederti fa senz'altro piacere e non è poi una cosa tanto insolita, nell'atmosfera un po' festosa del primo giorno. Ma:
"Buongiorno, lei è la prof. Murasaki?"
"Ehm, sì"
"Siamo davvero contenti di conoscerla!"
"Mi fa davvero piacere, ma io non vi..."
"Sì, non siamo suoi alunni ma abbiamo sentito parlare tanto bene di lei".
"Oh?"
"Un applauso per la prof. Murasaki!"
E così mi sono ritrovata a passare in mezzo a due file di alunni che mi applaudivano. 
Piccolo particolare: molti non mi avevano mai avuto come insegnante, nemmeno per una sostituzione volante.
D'accordo, il mondo è pieno di prese di giro e la scuola ne trabocca in modo particolare; ma, a parte il fatto che sembravano convinti, che senso avrebbe avuto? E che senso aveva invece applaudire una insegnante che non conosci?
Poi sono entrata in classe, la Terza Sfigata mi ha raggiunto e anche loro mi han fatto gran festa e pure abbracciato, ma a quel punto la cosa era quasi normale: abbiamo un buon rapporto, mi hanno avuto per dieci ore a settimana per due anni, che ci sia un certo feeling ci può anche stare.
Ho intascato il tutto e sono tornata a casa di ottimo umore pur con qualche perplessità interiore.
E comunque fa piacere che i tuoi alunni dicano bene di te ai loro amici.

Stabilito che ho un gran carisma e suscito un entusiasmo degno dei più famosi cantanti, il secondo giorno di scuola è apparso un barlume di spiegazione. Mentre stavo in classe a riordinare sono entrate tre ragazze che non sono mie alunne ma che per tutto l'anno passato mi avevano sempre salutato con grande slancio. Mi han chiesto com'era andata l'estate, io l'ho chiesto a loro eccetera. Poi la conversazione ha deviato su Dotto, uno dei ragazzi della Terza Non Troppo Sfigata. Una ragazza ne ha indicata un'altra e mi ha spiegato che era innamorata di Dotto, appunto.
"Mi raccomando, prof, non lo dica a nessuno".
"No, non lo dirò a nessuno" ho assicurato "Io non vado a raccontare in giro i fatti degli altri, e altrettanto dovresti fare tu. Capisco che possa sembrarvi un punto di vista antiquato, ma secondo me certe cose le dovrebbero raccontare solo i diretti interessati".
Il mio punto di vista gli appare insolito, ma dopo breve discussione convengono che sembra ragionevole.
"Pensa che dovrei dirglielo?" mi chiede l'innamorata.
"Potrebbe essere una buona idea, io però non so in che termini siete. E' una decisione che puoi prendere solo tu. Sia chiaro comunque che apprezzo la scelta".
Dotto si presenta bene, in effetti, e non è la prima volta che sento dire che qualche ragazza gli sta dietro. In effetti tutta la Terza Sfigata si presenta assai bene all'occhio, e non sarò io a non trovarli simpatici, visto che li amo teneramente dal primo all'ultimo.
Mi ringraziano del parere e se ne vanno.

Ci metto due giorni a collegare il primo episodio con il secondo. In effetti era già successo che alunne a me abbastanza ignoti mi chiedessero notizie dell'uno e dell'altro dei fanciulli della Terza Sfigata. 
Che bella cosa l'amore, che finisce per illuminare di una luce radiosa perfino noi insegnanti!
E i ragazzi che mi applaudivano e mi hanno pure stretto la mano?
Come ho già detto, la Terza Sfigata si presenta davvero bene, e la cosa riguarda sia i ragazzi che le ragazze. I maschi sotto questo aspetto entrano meno facilmente in confidenza ma...
Potrebbe rivelarsi davvero un anno interessante.

* come sempre non ho chiesto niente, semplicemente è venuto così

venerdì 29 settembre 2023

Diario di Hiroshima - Michihiko Hachiya

Da bambina ho letto, minimo sei volte, Il gran sole di Hiroshima e per questo mi sono sempre considerata una grandissima esperta della bomba atomica senza mai approfondire la questione più di così. Quando arrivò il bonus per gli insegnanti però mi balzò tra le mani in qualche modo la segnalazione di questo libro: un autentico diario scritto da un autentico medico di Hiroshima che la bomba l'aveva conosciuta sia da essere umano bombardato e da essa malridotto, sia come medico curando infiniti pazienti pure loro assai malridotti. 
Potevo lasciarmelo sfuggire?
Assolutamente no, e infatti lo comprai già alla prima mandata di acquisti. Lo riposi diligentemente nello scaffale dei libri in attesa di lettura* e lì lo lasciai a riposare al calduccio.
Questa estate però Red Komet, uno dei miei YouTuber preferiti per seguire la guerra in Ucraina che un tempo, nelle intenzioni, teneva un rispettabile canale dedicato alla storia militare e qualche volta ci prova ancora, fece un video dedicato appunto al celebre lancio delle due bombe sul Giappone. In quel video tira fuori dal cassetto la celebre teoria che sostiene che gli USA lanciarono le bombe per costringere alla resa il Giappone, che pur avendo già chiaramente perso la guerra rifiutava con tutte le sue forze di arrendersi e quindi allo scopo di risparmiare molte vite sia giapponesi che, soprattutto, americane.
Nel video Red Komet cita statistiche, rapporti americani eccetera eccetera e ammetto che qualche dubbio in merito è riuscito a farlo scivolare perfino nel mio cuoricino pacifista e antibombarolo, anche perché nel corso dei decenni mi erano arrivati diversi accenni in merito dai vari esperti di Giappone che ogni tanto incrocio e che puntavano parecchio in quella direzione; tuttavia sospettavo, e continuo a sospettare, che quel lancio forse si sarebbe potuto e dovuto evitare.
Ad ogni modo, ormai che ero ritornata in argomento, mi decisi a tirare fuori dallo scaffale il Diario che, dopo un forte sbadiglio, si è aperto e reso disponibile alla lettura.
Il dottor Hachiya scrisse il suo diario nei primi due mesi dopo il bombardamento, partendo da quella mattina in cui stava facendo colazione dopo una notte di turno all'ospedale dove lavorava e dove tutto cambiò in un attimo. Il poverino si ritrovò nudo come un verme e con una serie di schegge nel corpo, sulle rovine della sua casa che poi prese fuoco. Lui e sua moglie riuscirono molto fortunosamente ad arrivare attraversando un inferno di fiamme, fumo e cadaveri più o meno spappolati e scorticati fino all'ospedale, che non se la passava per niente bene ma dove in qualche modo riuscirono ad occuparsi di lui e di svariati altri feriti. Venne operato, ricucito e messo in degenza in una camera senza vetri (come tutte le camere dell'ospedale) e naturalmente fece del suo meglio per rimettersi in piedi il prima possibile per aiutare gli altri medici a curare i feriti. Nel diario si racconta di come progressivamente arrivò la notizia che quella che aveva colpito la città trasformandola in un tappeto di macerie era stata una "bomba atomica", ovvero una roba stranissima mai sentita. Nei primi tempi si pensò che la bomba avesse anche lanciato dei virus, perché gli ammalati spesso annoveravano tra i sintomi una forte diarrea e un altrettanto forte vomito. Solo col passare delle settimane si insinuò il sospetto che non si trattasse di una epidemia ma di sintomi collaterali.
Essendo il diario scritto da un medico, vomito, diarrea, eritemi, problemi di smaltimento delle feci eccetera hanno una parte davvero notevole, e ciò è cosa buona e giusta. I problemi all'ospedale erano infiniti: occorreva procurarsi forniture di medicinali (in quantità industriale), disinfettanti, cibo, attrezzature mediche per sostituire quelle polverizzate dalla bomba. Alleluja, c'è un microscopio! Evviva, sono arrivati tamponi e disinfettanti! Che bello, oggi si mangia pesce e c'è anche della frutta! - insomma, le solite questioni legate a qualsiasi emergenza, per esempio un forte terremoto. 
Molti pazienti morivano, qualcuno si riprendeva, qualcuno che arrivava assai malridotto alla fine si rimetteva in sesto e qualcuno che arrivava magari al seguito di un ferito e stava benissimo improvvisamente crollava nel giro di pochi giorni, e tutto ciò lasciava parecchio perplessi i medici che non si erano mai trovati ad avere a che fare con gli effetti delle radiazioni atomiche. In compenso per le forniture si ricorreva spesso al classico sistema delle cordate di amici perché il comando militare centrale aveva stabilito che a Hiroshima non c'era una vera emergenza.
E poi arrivarono anche i militari americani, che nella mente dei giapponesi erano una via di mezzo tra unni in grande spolvero e animali feroci di malumore, solo che molti non potevano scappare e quindi si ritrovarono costretti a subirne la presenza per poi scoprire che alla fine c'era di peggio e che non sembravano disponibili a violentare e uccidere qualsiasi cosa si muovesse, fosse pure un foglio di carta portato dal vento.
Col passare delle settimane e l'arrivo di qualche microscopio si comincia a capire che c'è un legame tra la bomba, l'aumento dei globuli bianchi e il calo a picco dei globuli rossi - cosa ai nostri giorni del tutto ovvia e nota a chiunque, ma naturalmente a quel tempo nessuno sapeva un accidente sugli effetti delle radiazioni atomiche.
Insomma è il racconto di un uomo coraggioso, forte, molto appassionato del suo lavoro, molto ragionevole, e anche molto affezionato all'imperatore - con una forza che nessuno dei nostri presidenti della repubblica ha mai suscitati nemmeno nei cittadini più attaccati alle istituzioni.
L'imperatore è uno dei personaggi nascosti del Diario; chiaramente non compare mai in scena ma anche le avventure per salvare e mettere al sicuro il suo ritratto nel bel mezzo delle infinite rovine di Hiroshima lasciano assai sorpresa la lettrice occidentale. No, non è il dottore a salvarlo, ma riporta dettagliatamente le peripezie di un funzionario che fece i miracoli per portare in salvo la preziosa imago.
Ma dove i miei occhi sono diventati davvero grandi come tazze da tè e forse anche come ruote da mulino è stato durante il racconto del celebre messaggio dove l'imperatore comunicava la resa alla popolazione - e siccome il celeste imperatore era un uomo saggio, la comunicò in un giapponese assai aulico e quasi incomprensibile, per far filtrare l'odioso contenuto un po' per volta, in modo omeopatico. Tutto il personale e i pazienti che riuscivano a muoversi si riunirono intorno alla radio e ci capirono il giusto, ma non appena il contenuto, evidentemente comunicato a funzionari e dirigenti anche in un giapponese più alla portata di tutti, arrivò dalla bocca del direttore tutti si disperarono. Medici e ammalati, in una città completamente devastata dalla bomba, piangevano a dirotto, minacciavano il suicidio e insorsero, compreso il nostro eroico medico autore del diario. Voglio dire, medici e infermieri non sono di solito categorie particolarmente guerrafondaie, e quanto ai pazienti vien da pensare che anche il più fedele dei sudditi del celeste imperatore della guerra ormai ne avesse fin sopra i capelli (che molti peraltro stavano perdendo per colpa delle radiazioni); e insomma ci si ritrova a pensare che forse la leggenda della determinazione giapponese a combattere comunque fino alla fine era qualcosa di più che una leggenda.
Comunque il pensiero dell'imperatore, che non aveva voluto la guerra ma gli era stata imposta dai generali, che poi avrebbe dovuto trattare con gli americani eccetera accompagna i pensieri dell'autore del Diario in una specie di contrappunto. Il suo caro, amatissimo imperatore che si trovava in quella orribile situazione...
E si capisce dunque perché, a dispetto di tutti, l'imperatore aveva deciso di comunicare la resa in un messaggio radio a tutta la popolazione, ma anche perché Hirohito fu l'unico capo di stato dell'asse che non solo mantenne la sua posizione, ma conservò la devozione dei giapponesi. Si trattava insomma di un uomo consapevole che il ruolo di un sovrano comporta anche una serie di doveri e di rischi - un concetto che non sembra essere stato molto presente nel re d'Italia.

Il libro è scorrevole, ben scritto, offre amplissima gamma di spunti di riflessione e a modo suo è a lieto fine, per quel che un libro su questo argomento possa essere a lieto fine. Lettura consigliatissima per chiunque sia interessato a vedere la guerra dal punto di vista giapponese o ne voglia sapere di più su quel disgraziatissimo lancio.

* ovvero tre palchetti tre regolarmente strapieni

Come bonus chiudo con una delle mie canzoni preferite, dedicata appunto al lancio della prima bomba atomica nel 1982.

sabato 16 settembre 2023

Sull'infinita perversione del correttore automatico

Ebbene sì, è proprio il Cenacolo di Leonardo        
Per motivi che sfuggono alla mia debole mente, quando entro sui social il micidiale correttore automatico, che di solito si rivela uno strumento nemmeno privo di una sua certa utilità, si trasforma in una vera scheggia impazzita. In particolare insiste per farmi sempre scrivere c'è al posto di ce, pronome personale di cui evidentemente ignora l'esistenza, e non parliamo della congiunzione e che trasforma regolarmente nella terza persona del verbo essere rendendomi colpevole di frasi davvero sconvenienti e disdicevoli per una persona che si guadagna il pane correggendo gli errori ortografici altrui. 
Tuttavia, questo correttore ha anche dei difetti.
Un giorno stavo rispondendo ad un postatore che aveva espresso una previsione ai miei occhi tanto ottimistica quanto improbabile, e mi venne l'incauta idea di scrivergli, al posto del normale "Buona fortuna!", un non molto più originale "Good luck!".
Non rilessi prima di inviare, perché era, appunto, un commento molto breve. Solo dopo averlo pubblicato mi accorsi con orrore che ne era uscito fuori un God lunch, e come fosse venuto in mente al correttore di inventarsi quella strana specie di imprecazione di cui non avevo mai sentito parlare, proprio non so.
Naturalmente mi affrettai a correggere, ma dovetti insistere non meno di tre volte perché l'augurio di buona fortuna continuava a trasformarsi nel misterioso Dio Pranzo.
Così cancellai il commento raccontando tutta la storia e chiedendo se secondo quelli con cui discutevo "Dio pranzo" rischiava di essere considerata una bestemmia, seppure annacquata.
Mi risposero che no, assolutamente: in realtà il "Dio pranzo" poteva interpretarsi come un riferimento all'eucarestia, che lungi dall'essere una bestemmia era anzi il momento più elevato e importante della messa.
Convenni con loro che avevano assolutamente ragione.

Resta da capire come sia venuto in mente al micidiale T9 di farmi evocare il nobile rito dell'Eucarestia in un contesto in cui non si parlava nemmeno di striscio né di sacramenti né di questioni religiose in generale.

sabato 9 settembre 2023

Verranno i ladri nella notte, e verranno come ladri nella notte

Questo bel volatile è chiamato "gazza ladra", non so se a torto o a ragione.
A fine anno alla scuola,di St. Mary Mead la professoressa Iron, responsabile delle attrezzature informatiche si aggirava un po' perplessa.
"È difficile ritrovare tutto... Murasaki, per caso sai dov'è finito il computer dell'Aula 9?"
"Spiacente, ma nell'Aula 9 non entro praticamente mai".
"Proverò a fare un controllo con l'inventario".
"Niente paura, la scuola è come la casa: nasconde ma non ruba".
"Il problema però è che quando nasconde, nasconde bene".
Ignoro se poi la collega abbia effettivamente proseguito le ricerche, e tanto meno se ha effettivamente ritrovato il computer che stava nell'aula 9.

Ma una mattina verso la metà di Agosto improvvisamente mi sono ricordata che da almeno dieci giorni non aprivo più la posta della scuola.
Niente di strano, dato che sono ufficialmente in ferie, ma visto che in rete comunque ci sono ho preso l'abitudine, anche d'estate, di dare una scorsa ogni tanto. Di solito a vuoto, ma in fondo che mi costa? Cinque secondi a dir tanto.
Stavolta però c'è posta: una mail, che titola "Elenco dei computer mancanti".
"Ah, alla fine Iron l'ha poi fatto il controllo... ma perché proprio a ridosso di Ferragosto? D'accordo che lei abita a St. Mary Mead e a scuola ci arriva a piedi in due minuti ma insomma..." - mi sono detta distrattamente mentre aprivo l'allegato per dare una scorsa ai poveri dispersi.
Ma tosto ho sgranato gli occhioni: all'appello mancavano 17 computer 17. Nientemeno.
Giammai avrei creduto che sì gran vuoto si fosse aperto nelle nostre attrezzature. Certo, contando tutti i PC che nel corso di questi anni si sono rotti magari a diciassette ci si arriva: si sa che in mano nostra si logorano in fretta, e soprattutto nei primi due anni di pandemia con queste sventurate macchine abbiamo fatto davvero di tutto...
Accantonai il problema: qualsiasi cosa mancasse o non mancasse alla media di St. Mary Mead certo non l'avevo presa io, né avevo la minima idea di dove potesse essere finita.
Ma passato il ponte di Ferragosto di nuovo aprii la casella della posta. E di nuovo trovai una mail che titolava "Nuovo elenco di materiale mancante", e dentro c'era una nuova e lunga lista.
E la miseria, ma quanta roba era sparita dalla scuola? E da quando?
Ho scritto a mia volta una piccola mail "Scusa, ma questa roba quando è stata data per presente l'ultima volta?". 
La risposta arriva in tempo quasi reale "E' la lista completa: a Ferragosto sono tornati i ladri".
Tornati? Avevamo avuto dei ladri, alla media di St. Mary Mead, che poi erano addirittura tornati?
E che...
Faceva caldo, ero impegnata a fare tutt'altro e così ho deciso di rimuovere la questione. A Settembre tanto mi avrebbero spiegato tutto.
E infatti a Settembre, quando ci siamo ritrovati non troppo festosamente al primo Collegio dei Docenti - il primo in presenza dopo ben due anni e mezzo - mi han disvelato la cruda realtà: i ladri erano arrivati non due ma ben tre volte e avevano accuratamente ripulito la scuola di tutti i computer portatili pelandoci anche un microfono e una telecamera. E così il primo Collegio è stato fatto senza microfono - che in una grande aula a porte spalancate può essere un problema, soprattutto se il Preside ha una voce chiara, ma di tessitura piuttosto bassa e qualora avesse deciso di esercitare altro mestiere, mai e poi mai avrebbe potuto proporsi come banditore per la pubblica via.
I ladri ci hanno però lasciato le LIM (che senza computer sono utili come la proverbiale bicicletta per il pesce) e gli schermi, che dovrebbero vivere di vita propria ma nessuno si ricorda come attivarli nonostante un tecnico esterno ci abbia istruito in merito non una ma due volte nel corso dell'anno.
Tutto ciò non ci è sembrato un gran presagio per l'inizio dell'anno scolastico, e ci sentivamo tutti piuttosto straniti. 
I nostri portatili, raccattati con i punti delle raccolte dei supermercati, con le collette dei genitori, con i più vari finanziamenti e lasciti e offerte, spariti nel nulla. 
Che poi, intendiamoci, non mi sembra uno di quei bottini con cui i ladri si sono garantiti una lunga e felice esistenza alle Bahamas. Di fatto erano tutti oggetti piuttosto fragili e con la tendenza a piantarsi o a entrare in sciopero da un momento all'altro. Però va pur detto che abbastanza spesso funzionavano, e noi non siamo la NASA, un modello semplice ci bastava. Almeno, in tanti ce lo facevamo bastare - poi c'erano gli insegnanti sciccosi che usavano solo il loro portatile perché ci si trovavano meglio. Ecco, per loro non è cambiato molto, continueranno a fare con quel che avevano, con nostra grandissima invidia.
C'è comunque un parzialissimo lieto fine: giusto ai primi di Settembre è arrivato un gruppetto di sette portatili che ci siamo guadagnati partecipando a non so quale progetto. Non è molto, ma ci garantisce quasi un computer per aula.
Nel caso che qualcuno che passa di qui e legge si stia domandando se con tutta quella batteria informatica non avevamo nemmeno un allarme la risposta è che l'allarme c'era ma è stato aggirato perché i ladri sono entrati da finestre laterali di cui da tempo chiedevano la messa in sicurezza. Adesso il Comune di St. Mary Mead ha avviato grandiosi lavori e promette di trasformare tutta la scuola in una sorta di bunker a tutta prova - peccato però che non sia rimasto molto da rubare, a questo punto (inutile dire che il celebre proverbio che parla di buoi, stalle e chiusure delle medesime è stato citato una quantità di volte davvero spropositata).
Nel frattempo il Comitato Genitori si è attivato, e l'incasso della prima serata alla Festa dell'Unità è stato devoluto tutto al nostro triste caso. Un pensiero carino, senza dubbio.
Altrettanto sta probabilmente succedendo nel comune di Crifosso, la cui scuola è stata parimenti pelata, e in una piccola scuola di Hobbiton, un comune anch'esso molto vicino a noi, dove guarda caso durante l'estate erano stati fatti lavori per migliorare la fibra, proprio come da noi. 
I nostri cuoricini feriti covano sospetti di ogni tipo ma sono sospetti senza l'ombra di una prova concreta.

E niente, si prospetta un anno davvero interessante.

venerdì 1 settembre 2023

L'anno in cui imparai a raccontare storie - Lauren Wolk


Anche questo è stato un acquisto della Mostra del Libro, comprato dopo aver dato una scorsa al riassunto della fascetta - ma proprio una scorsa, e molto distratta - ma confidando molto nell'editore Salani, che sceglie sempre con gran cura e di solito anche con ottimo gusto. 
Nella mia mente era un romanzo che raccontava come il personaggio principale avesse scoperto il gusto di raccontare storie ben congegnate - un gruppo di persone che si ritrovano intorno a un caminetto a sbucciare castagne e arriva la solita richiesta "Qualcuno ha una storia da raccontare?". E succede così di improvvisarsi raccontastorie e di scoprire che è una cosa che ti riesce bene.
Il realtà "storie" qui sta nell'accezione di "balle", ma si vede che la Salani ha preferito ingentilire un po' la questione. Il centro della vicenda è, appunto, legato al fatto che talvolta è opportuno mentire, o almeno raccontare solo parti scelte della verità. Non lo fa solo Annabelle, la protagonista; lo fanno anche gli adulti. Quasi tutti. E naturalmente lo fanno anche gli altri ragazzi, talvolta per interesse, talvolta per disinteresse - insomma, come succede spesso.
Il titolo originale è Wolf Hollow, ovvero la buca dei lupi. Ce ne sono parecchie, su una collina intorno al villaggio dove vive la protagonista, e il luogo è indicato con la forma al singolare. Buche scavate per intrappolare i lupi, che a un certo punto erano davvero troppi - si tratta di un villaggio di contadini, ognuno con la sua brava fattoria dove viene tenuto un bestiame abbastanza variato: polli, conigli, mucche, pecore...
Insomma, i lupi restavano intrappolati in quelle buche camuffate e non potevano più uscire. La mattina dopo i contadini passavano col fucile a sparargli, ed è un sistema di cattura che mi ha ricordato vagamente le foibe - dove però chi ci finiva dentro non lo faceva per imprudenza o distrazione, ma perché ci veniva buttato - qualche volta dopo che gli avevano sparato, ma ben di rado usando la cortesia di passare poco dopo a finirti caso mai il primo colpo non fosse bastato a completare l'opera.
Una partenza lugubre, dunque, per un romanzo bello, interessante, coinvolgente ma che certo non si può definire allegro come atmosfera. 
Annabelle è una ragazza di dodici anni di notevole sensibilità, capace di percepire le atmosfere e immedesimarsi in alberi, pietre, animali e quant'altro. In seguito a una determinata serie di avvenimenti si accorge che ci sono cose che vanno dette (o che non vanno dette) e responsabilità che vanno prese. Non se ne accorge in forma teorica, lo scopre un pezzetto per volta mentre un gruppo di eventi si aggroviglia intorno a lei. 
La cosa davvero notevole, e che ne fa un romanzo particolarissimo, è che non viene seguita la tipica trama in cui il giovane protagonista (o la giovane protagonista, quando si tratta di un romanzo di chicken literature) si immerge sempre di più in un groviglio inestricabile di bugie da cui non sa più come uscire finché non arriva una qualche crisi finale in cui si scopre che la cosa più comoda è comunque dire sempre la verità, soprattutto ai genitori. Il romanzo ha in sé molta tensione, ma questa tensione non è dovuta all'ansia messa al lettore dalla protagonista che si complica sempre di più la vita in modo sempre più assurdo, bensì nasce dallo svolgersi degli eventi  e quando Annabelle racconta via via ai genitori quel che ha taciuto (il che non avviene in una singola crisi catartica ma un po' a puntate) la cosa avviene sempre al momento giusto e in modo molto naturale.
Ma per quanto il rapporto della ragazza con la famiglia, con i nonni e con i fratelli sia buono, valido e solido (è il ritratto di una famiglia molto solidale ma, come dire, solidale nel modo giusto) la storia è molto complessa e anche molto triste perché la vita a volte si aggroviglia senza possibilità di uscita, e i genitori non sempre hanno in tasca la possibilità di sistemare tutto anche se lo vorrebbero.
Dunque è un romanzo che finisce male? No, non proprio. Ma non si può onestamente dire che finisce bene, e d'altra parte se finisse bene nel modo più convenzionale suonerebbe falso come suonano spesso falsi molti dei finali dei racconti per ragazzi al giorno d'oggi, preoccupati di essere educativi più che di mostrare, come in questo caso, di come spesso si finisce per educarsi da soli anche se sempre con molto aiuto dagli altri.
Lunghezza media, può riempire un pomeriggio o un paio di serate, e l'unico problema è che una volta partiti è molto difficile interrompersi - che è di per sé un pregio, ma può essere di intralcio al momento in cui intervengono le consuete circostanze che scandiscono le giornate.
Volendo, è anche una critica molto feroce verso la guerra - anzi, in effetti uno dei temi principali è proprio quello.

sabato 26 agosto 2023

Tra Wagner e Schroedinger: vivo, morto o X?

No, il post non parla né di Schroedinger né della teoria delle stringhe. Parla di Prigozhin. Volevate una foto di Prigozhin, per caso? Bene, andatevela a cercare, io mi tengo il gatto quantistico.
Tempo fa feci un post dedicato in parte all'incoronazione di Carlo Magno e in parte all'assalto di Capitol Hill. Concludevo dicendo che, in un caso come nell'altro, non sapevamo con esattezza cosa era frullato in testa ai partecipanti e difficilmente l'avremmo saputo mai.
Con mio gran piacere il tempo mi ha dato torto, e una apposita commissione di inchiesta che ha lavorato duramente per ricostruire gli eventi per poi accertare che Donald Trump aveva scientemente organizzato un colpo di stato.
Tutto ciò mi ha reso molto fiduciosa nella capacità umana di ricostruire i fatti con l'aiuto di accurate indagini, e quindi ho deciso di dedicare un post alle circostanze piuttosto misteriose che han portato alla (forse temporanea) uscita di scena di Evgenij Prigozhin. Chissà, magari un giorno anche questi miei dubbi saranno chiariti - anche se in effetti ne dubito, perché stavolta la matassa è davvero difficile da sbrogliare.
Farò dunque quel che posso per esporre le mie molte perplessità, ma non garantisco del risultato. Comunque ci provo.

Prigozhin era (o è?) il capo della compagnia mercenaria Wagner al servizio di Vladimir Putin, attualmente capo di stato della Russia. La compagnia Wagner ha operato con molto vigore durante la guerra in Ucraina finché, due mesi fa, dopo aver esternato varie volte il suo vivace disappunto per il modo, a suo dire assai inefficace, con cui cotal guerra era condotta, una mattina ha avviato quella che poi ha definito "marcia della giustizia" partendo con tutta la sua compagnia verso Mosca in quello che è stato definito un tentativo di colpo di stato. Durante questa marcia non è stato attaccato dall'esercito e la popolazione russa non è insorta contro di lui. Arrivato a duecento chilometri da Mosca però Prigozhin ha stabilito che non ne avrebbe fatto di niente perché voleva evitare un bagno di sangue.
L'evento a tutt'oggi non risulta particolarmente chiaro nel suo svolgimento ed è stato variamente interpretato da chiunque seguisse sia pur distrattamente le vicende del conflitto. Le due principali scuole di pensiero sono:
- Prigozhin ha tentato un colpo di stato e non gli è riuscito
- Prigozhin era d'accordo con Putin e il suo tentativo era volto a costringere a uscire allo scoperto chi non era fedele a Putin
La seconda possibilità sosteneva che Putin da questo evento era uscito rafforzato.
Rafforzato o meno che fosse l'attuale capo di stato della Russia, nei confronti di Prigozhin non sono stati presi particolari provvedimenti, secondo alcuni perché il suddetto Prigozhin aveva il potere di ricattare il suddetto capo di stato della Russia, secondo altri perché i due avevano agito in comunanza di intenti.
Durante questi due mesi a quel che ci risulta Prigozhin è andato e venuto per il mondo come più gli comodava ed è stato avvistato in Russia, in Bielorussia e anche in Africa, dove la Wagner svolge numerosi incarichi per conto del governo russo; si trattava comunque sempre di voci, vaghe testimonianze, video di incerta ambientazione. L'impressione generale comunque era che il signor Prigozhin stesse vivendo un momento piuttosto complicato.
Due giorni fa il signor Prigozhin ha preso un aereo insieme ad altre nove persone, alcune delle quali erano figure molto importanti all'interno della compagnia Wagner, e se n'è andato per i fatti suoi.
L'aereo è precipitato. Tutti quelli che erano a bordo sono morti carbonizzati.
C'era anche un altro aereo, e non sappiamo cos'ha fatto e chi c'era a bordo - ma quell'aereo non è precipitato. Immagino che prima o poi detto aereo sia atterrato, ma nessuno se n'è occupato - o meglio, nessuno ci ha mandato a dire niente in proposito.
Da allora le domande fioriscono come bouganville e l'insieme è piuttosto misterioso.

Sappiamo che la dichiarazione della morte di Prigozhin è arrivata quasi in tempo reale. Sappiamo anche che è morto perché così han dichiarato dalla Russia dopo avergli fatto l'esame del DNA. Qualcuno della Wagner ha identificato anche altre persone.
Chiaramente nessuno sa come si è svolto questo fantomatico esame del DNA e nessuno ha visto i risultati di questa presunta analisi. Figurarsi.
Non risulta che l'aereo sia stato colpito da un missile. Da come si sono sparsi i frammenti, dagli USA mandano a dire che sembra che l'aereo sia stato sabotato dall'interno infilandoci una bomba, che è esplosa durante il viaggio.
L'ipotesi più gettonata al momento è che dal governo russo qualcuno abbia sabotato l'aereo per far morire Prigozhin come punizione per il tentato colpo di stato.
I russi comunque non hanno rivendicato l'attentato e Putin ha fatto oggi un discorsetto vagamente encomiastico sul suo fido e defunto capo della compagnia Wagner.
Ci sono un po' di domande che frullano in molte teste, e la prima è come sia venuto in mente a Prigozhin di muoversi portandosi dietro tutto lo staff della Wagner - e questo perché magari il signor Prigozhin non era esattamente la persona che tutti noi vorremmo avere come amico del cuore né brillava per soverchia simpatia da quanto si può evincere da certi racconti che circolano su di lui, ma non risultava essere un povero sprovveduto - ed è notoriamente buona norma per lo staff di una compagnia di non muoversi compattamente tutti insieme, onde non lasciare in mutande la compagnia in questione in caso di incidente o di attentato.
La seconda e ben più intrigante domanda è se Prigozhin era effettivamente su quell'aereo e se dunque è davvero morto.

Per Prigozhin come per qualsiasi altra creatura vivente vale in genere il discorso che "o sei vivo o sei morto". Esistono comunque alcune eccezioni, di creature che sono contemporaneamente vive e morte. Senza scomodare vampiri e zombie, il caso più conosciuto è quello del gatto di Schroedinger, del cui esperimento ho parlato diverso tempo fa. Ricordo altresì a chi legge che il gatto di Schroedinger, che è contemporaneamente vivo e morto nonché protagonista di moltissimi eccellenti meme che imperversano in rete, è un gatto puramente virtuale, perché  Schroedinger era una persona per bene e non maltrattava i felini - questo per me è un punto molto importante da chiarire.
Occorre poi ricordare che, se è vero che la maggior parte delle persone famose anche a livello politico una volta morta se ne sta nella sua bara, viene pianta e commemorata e poi è sepolta e la cosa finisce lì, il mito di Colui-Che-Non-E'-Morto anche se tutti credono che lo sia vanta molti e molti precedenti, talvolta anche molto improbabili: ad esempio c'è il caso di Elvis Presley, morto in circostanze non particolarmente misteriose, regolarmente sepolto alla luce del sole ma tutt'oggi ancora avvistato da più parti e ritenuto da alcuni ancora vivo. 
Il caso comunque è molto più frequente per le figure politiche di spicco e sin dall'antichità abbiamo casi di comandanti e capi guerrieri più o meno morti e all'occorrenza sostituiti da gente che si proclamava essere il presunto morto. 
Questo fenomeno ha portato alla nascita di molte leggende, tra cui quella del re che dormiva in una montagna incantata e si sarebbe risvegliato molto tempo dopo per aiutare il suo popolo (re Artù, Merlino e altri) fino alla fiaba della Bella Addormentata che conosce molte varianti; ci sono poi molti casi di rivolte popolari guidate da questo o quest'altro capo che "era ritornato" - e probabilmente è uno dei motivi per cui spesso i dittatori sconfitti e i capi di rivolte popolari vengono esposti alle popolazioni dopo essere stati giustiziati, con la speranza di toigliere ogni dubbio sulla loro effettiva e reale defuntità.
Ad ogni modo non esiste regime che possa impedire alla gente di sognare, temere o comunque credere fermamente che qualcuno morto sia ancora in vita e che possa ritornare da un momento all'altro a svolgere un ruolo assai attivo nella vita politica. 
Insomma, al momento Prigozhin è sia vivo che morto, almeno in senso virtuale.
Proviamo dunque ad elencare tutte le possibilità, premettendo che, come è stato osservato ormai più volte, Prigozhin è già morto due volte e solo dopo qualche giorno è stato rivelato che era ancora vivo e vegeto. Di queste due volte che è morto, una volta è stato in un incidente aereo. Aggiungo che negli ultimi tempi dalla Russia sono abbondate le voci che davano X, Y e pure W per morti per poi vedere sia X che Y che W che parlavano tranquillamente in televisione.
1 - Prigozhin è morto. Tutti ci credono e la cosa è (letteralmente) morta lì. 
(mi sembra la più improbabile, perché le notizie che vengono dalla Russia non sono ritenute molto attendibili e a questo punto non so come la cosa potrebbe essere dimostrata eliminando ogni sospetto, dato che ormai le prove sono altamente inquinate).
2 - Prigozhin è morto ma molti non ci credono. 
(in tempi di complottismo spinto, questa mi sembra di gran lunga l'ipotesi più probabile).
D'altra parte, se è morto non dovrebbe più ricomparire. Molti crederanno comunque fino all'ultimo giorno della loro vita che sia ancora vivo, molti aspetteranno che ricompaia e può darsi che questa convinzione e questa attesa finiscano per avere forti ripercussioni sulle loro scelte di vita e di schieramento.
3 - Prigozhin è vivo e Putin lo ha aiutato a scappare all'estero a rifarsi una vita. Putin ha ottenuto così di levarselo dai piedi mentre Prigozhin ha ottenuto la possibilità di morire di vecchiaia nel suo letto.
4 - Prigozhin è vivo: sapeva del complotto per ucciderlo, ha deciso di prevenirlo organizzandosene uno su misura, ha ingannato abilmente il governo russo e si è rifugiato da amici dove si prepara a tornare in scena. Il governo russo lo scopre, magari perché avvisato di cosiddetti amici, e provvede a eliminarlo una volta per tutte ma in gran segreto.
(anche questo mi sembra improbabile: da qualche tempo il governo russo combina dei gran pasticci e secondo me la cosa verrebbe presto scoperta)
5 - Prigozhin è vivo: sapeva del complotto, ha deciso di prevenirlo organizzandosene uno su misura, ha ingannato il governo russo e si è rifugiato da amici dove si prepara a tornare in scena. Il governo russo lo scopre, magari perché avvisato dai cosiddetti amici, cerca di eliminarlo in gran segreto ma la cosa si viene a sapere e ha ripercussioni di vario tipo.
6 - Prigozhin è vivo: Putin ha organizzato la sua uscita di scena e lo ha convinto a rifugiarsi altrove ottenendo così di levarselo dai piedi. Il presunto morto potrebbe però cambiare idea e tornare, oppure ha sempre avuto in mente di tornare e ha solo finto di accettare il patto con Putin.
7 - Prigozhin è vivo: sapeva del complotto per ucciderlo, ha deciso di prevenirlo organizzandosene uno su misura ingannando abilmente il governo russo, si è rifugiato presso amici fidati e ha deciso che vuol morire di vecchiaia nel suo letto, quindi non tornerà.
8 - Prigozhin è vivo: sapeva del complotto per ucciderlo, ha deciso di prevenirlo e se ne è organizzato uno su misura, ingannando  il governo russo. Adesso è nascosto presso amici fidati e sta organizzando il suo rientro in scena.
9 - Prigozhin è vivo: sapeva del complotto per ucciderlo, ha deciso di prevenirlo e se ne è organizzato uno su misura ingannando il governo russo. La compagnia Wagner lo sa benissimo anche perché ha partecipato all'organizzazione dell'incidente e adesso si prepara a tornare in scena sotto la sua guida.

Queste ipotesi non hanno la stessa possibilità di essere verificate. Più esattamente le prime quattro, che non prevedono un rientro in scena del presunto defunto, sono destinate a restare probabilità fino alla fine dei secoli, anche se qualche prova della 3 e della 4 potrebbe riemergere tra qualche tempo (o tra molti decenni).
Le ipotesi dalla 5 alla 9, qualora fossero vere, verrebbero dimostrate alla prova dei fatti dalla ricomparsa del presunto defunto nel giro di relativamente poco tempo.
Quanto a me, non ho la minima idea di quale sia quella giusta e siccome chi ne sa più di me non ha alcun interesse a illuminarmi né a parlarne in giro, non mi resta che deprecare di non avere a disposizione le uniche due persone che sarebbero in grado di dedurre cosa è davvero successo, in quanto entrambi sono personaggi letterari, e dunque impossibilitati a interfacciarsi con noi comuni mortali; e sì, sto parlando di Miss Marple, che ne verrebbe a capo grazie alla sua conoscenza dell'animo umano che è sempre lo stesso indipendentemente dal tempo che passa, e di Sherlock Holmes - che tra l'altro in tema di scomparse e ricomparse dopo essere stato erroneamente creduto morto vanta una esperienza di prima mano.
Purtroppo il momento scelto dall'organizzatore di questa strana vicenda - che sia il capo di stato della Russia o il capo della Wagner poco importa, ai miei fini - mi impedisce di sfruttare questo affascinante intreccio a fini didattici. Se costui avesse aspettato anche solo un mese infatti avrei potuto sottoporre l'argomento allo studio della mia futura Terza, prendendo spunto per un bel tema di quelli del tipo immagina di essere (un personaggio molto famoso che ha deciso di eliminare le sue tracce per rifarsi una vita del tutto diversa) oppure hai appena scoperto una trappola preparata dai tuoi nemici. Che cosa fai?
Di solito questo tipo di tracce piacciono molto.