Così citava Bridigala:
"E perché mai costui si era impiccato?" mi domandai.
Per scoprirlo non restava che leggere il libro - cosa non facilissima perché, messe insieme tutte le biblioteche dei dintorni c'era a disposizione solo una singola copia; in compenso il libreria si trova con facilità, e infatti penso che lo comprerò.
Qua in Toscana in effetti è piuttosto sconosciuto, ma nel nord Italia gode di una certa notorietà e di assai buona reputazione: pubblicato nel 2007 da un esordiente, si è rivelato un longseller grazie al passaparola - insomma, chi lo ha letto ne ha parlato bene in giro, lo ha regalato e prestato eccetera (in effetti anch'io sto facendo proprio questo); e tuttora continua a vendere, insieme ai libri che l'autore ha pubblicato in seguito.
Siccome in questo caso la vicenda proprio non si può raccontare, perché il lettore deve scoprirla nell'ordine che l'autore ha deciso per lui, parlerò... già, di cosa parlerò?
Siamo nell'autunno del 1994 e un triste giorno un ingegnere assai inquadrato scopre che il suo più caro amico, Aldo, si è impiccato, lasciandolo erede dei suoi beni. Per capire come e perché l'amico si è impiccato, e soprattutto perché l'ha nominato erede, l'ingegnere, tale Carlo, si reca nello sfigatissimo paesino citato qui innanzi e in seguito anche nella contrada dove l'amico, reduce da un pesante attacco di depressione, aveva preso casa - un angolino nelle Prealpi non privo di un suo rustico fascino, ma decisamente lontano dal mondo. Lì, in uno di quei villaggetti di montagna che vanno a morire perché i giovani si sono stabiliti tutti a fondovalle, Carlo prende possesso della casa dell'amico, guardato con fiero sospetto e non eccessiva cortesia dai pochi abitanti: chi è quell'estraneo, cosa vuole, cosa rompe, di che s'impiccia?
Pure, nella casetta che Aldo ha praticamente ricostruito con l'aiuto dei suoi nuovi amici del paese (lui no, non era stato guardato con grande diffidenza, anzi accolto volentieri e con grande ospitalità, tanto che gli abitanti lo consideravano quasi uno di loro), Carlo trova, ben nascosta, una lunga lettera dell'amico e un ancor più lungo diario.
Una lunga lettera e un ancor più lungo diario lasciato in un luogo ben nascosto da un caro amico morto, una sorta di estremo viatico. Ho sempre desiderato leggere un romanzo con questi ingredienti, possibilmente ambientato in montagna, in uno di quei paesini dove all'apparenza non c'è niente da scoprire ma dove un passato lontano e misterioso getta lunghe ombre inquietanti...
Ecco, questo è un libro inquietante, e via via che prosegue la storia lo diventa sempre di più.
Una lettura perfetta per le lunghe e fredde serate d'autunno, quando grosse zucche color arancio aspettano con pazienza di essere scavate e illuminate spettralmente con una candela che conferisca un apparenza inquietante a tutto quel che ci circonda.
E' un giallo, con un mistero che aspetta di essere spiegato, ma non c'è dentro nulla di davvero soprannaturale - tranne, forse, un pizzico di atmosfera... no, facciamo due pizzichi, e abbondanti. Tuttavia, in un certo senso, è una storia di fantasmi. Fantasmi veri, quelle presenze che vagano senza dare né trovare pace e che tutti nascondiamo nell'armadio, cercando di dimenticare con tutte le nostre forze che stanno là dentro, e di cui neghiamo l'esistenza con falsissima disinvoltura.
Bene, ho detto anche troppo. Non è un horror, non è una vera storia di fantasmi, ma è sicuramente un gothic novel. Molto adatto da mettere sotto la zucca.
Con questo lugubre post partecipo ai Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture e una lugubre notte di Halloween.