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domenica 5 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché - 8

Ottava sessione di Cita-un-Libro, torneo di citazioni ideato dalla povna e affiliato alla nobile iniziativa di #ioleggoperché.
La vincitrice dell'ultima sessione, ilgonnellinodietabeta ha proposto un tema all'altezza delle mie più grandiose aspettative, ovvero l'infinito. E per me, da sempre, c'è un solo infinito, ovvero lo spazio - proprio quello con le stelline e le astronavi, le galassie e le guerre stellari.
Infatti, per come la vedo io, tutto ha una fine, perfino i Collegi Docenti, perfino i pranzi di nozze e di Natale, perfino le pulizie di primavera; ma lo spazio no. 
E tutto ciò mi ha sempre posto un infinità (appunto) di domande, specie da quando mi hanno spiegato che l'universo è in continua espansione. Se è universo, cioè contiene tutto il contenibile, come fa a espandersi? Dove trova lo spazio per espandersi, visto che tutto lo spazio è incluso in lui stesso medesimo? O va avanti all'infinito, nel qual caso abbiamo 'spazio ammucchiato ovunque' e abbiamo bisogno di qualcosa di più grande che lo contenga, oppure finisce, e allora dobbiamo chiederci cosa c'è fuori. Così riassume la questione Terry Pratchett prima di analizzarla più a fondo ne La scienza di Mondo Disco. Ma più avanti, in una noterella a pié di pagina, spiega come i maghi di Mondo Disco hanno spiegato l'apparente contraddizione, e davvero non so immaginare modo più chiaro ed esauriente per venire a capo del problema:
Anche se può essere che, in un mondo dove la magia non è ufficialmente riconosciuta, la questione si mostri più complicata.
Io, comunque, sono convinta che le cose stiano proprio così.

venerdì 13 marzo 2015

Quattro elefanti e una tartaruga - In ricordo di Terry Pratchett


Tornata a casa dopo una giornata piuttosto discutibile, ho scoperto che era morto il mio scrittore preferito.
Non era una notizia del tutto inattesa: dal 2007 gli era stata diagnosticata una forma molto rara e molto insidiosa del morbo di Alzheimer, e nel Giugno 2011 aveva avviato l'iter per la morte assistita, scegliendo così di accompagnarsi a nostra sorella Morte (nel suo caso, a nostro fratello Morte) prima che la malattia completasse il suo corso. Vivendo per sua buona sorte in un paese civile, gli è stato possibile compiere questo passo alla luce del sole.

Nel lussuoso universo parallelo da lui creato, il Mondo Disco (un mondo piatto, sorretto da quattro grandi elefanti che stanno sul dorso della grande tartaruga A'tuin che viaggia nello spazio con orbita - forse - casuale) Morte è un personaggio che compare in tutti i romanzi e, in spregio alle tradizioni mediterranee (e, come ricorda la povna nei commenti, delle tradUzioni dall'inglese) è maschile, con una figlia adottiva e in seguito anche con una nipote adottiva che per breve tempo si trova suo malgrado a prendere il posto del nonno. Nel Tristo mietitore viene addirittura rimosso dall'incarico e consegnato al mondo dei vivi per un breve periodo.
Di Morte sappiamo molte cose: conosciamo la sua casa (dove il tempo è fermo), il giardino molto pallido che la circonda, i suoi cavalli, la sua biblioteca piena di volumi ognuno intestato ad una singola persona. Sappiamo che PARLA SEMPRE A LETTERE MAIUSCOLE, che ha modi cortesi ma decisi, che è un lavoratore esemplare, indefesso, preciso e molto coscienzioso; sappiamo che, oltre ai morti, solo i gatti possono vederlo e anzi hanno con lui un rapporto molto amichevole (e che lui li apprezza e li trova aggraziati), e che nemmeno lui sa cosa succede al di là del breve tratto in cui accompagna i suoi assistiti. Qualche volta riusciamo anche a farci un idea (quanto giusta?) di quel che pensa e delle sue opinioni. Nelle sue risposte comunque è sempre molto attento a dire solo ciò di cui è sicuro.
Le reazioni dei suoi assistiti sono varie e molteplici - predominano lo sconforto, la rassegnazione e un vago senso di ingiustizia unito a un improvviso senso di distacco dalle questioni terrene, ma non manca chi polemizza, chi si lamenta, chi fa resistenza e pure chi lo accoglie in amicizia avendo anche potuto prevedere il suo arrivo. La sua tranquilla mancanza di umorismo produce spesso scene irresistibilmente comiche per il lettore.

Nei romanzi di Pratchett le scene che risultano umoristiche abbondano, e hanno una certa tendenza a coincidere con le come le scene di violenza - o meglio, quelle scene che lasciano al lettore la consapevolezza che in qualche punto o in qualche momento della violenza deve pur esserci stata:  tuttaviagrazie ad un accorto uso delle dissolvenze e dei giri di parole, la delicata sensibilità del lettore è sempre rispettata: i personaggi possono spaventarsi assai, ma il lettore resta immune e viene spesso trascinato in complesse considerazioni sulla vita, la morte, lo sfruttamento dell'uomo e l'ingiustizia degli dei (che in Mondo Disco sono numerosi e spesso molto intolleranti), nonché sulla violenza insita nella società contemporanea, cui la realtà di Mondo Disco si richiama senza averne molto l'aria ma in modo impossibile da ignorare. Ufficialmente questi romanzi passano sotto l'etichetta di "fantasy umoristica" ma, anche se di motivi per ridere non ne mancano, soprattutto nella costruzione di situazioni apparentemente canoniche ma con quel piccolo scarto che le rende del tutto assurde, si tratta soprattutto di analisi sociologica che sotto un apparente ambientazione altrove affronta i temi del razzismo, della società multietnica, della politica (che, come ci ricorda spesso l'ineffabile Lord Vetinari, che a me ha sempre irresistibilmente ricordato Andreotti, è parola che viene da polis), della questione femminile,   dell'ingiustizia,  della religione eccetera eccetera, nonché una revisione particolarissima di temi letterari e leggendari delle più varie culture (comprese quelle moderne e contemporanee) incluso un ritorno del re dove il re decide a mente fredda di non tornare perché le cose vanno meglio senza di lui che con la sua presenza rischierebbe solo di confondere le idee a tutti e la valida considerazione che, davanti a una spada nella roccia, ben prima di soffermarsi su chi l'ha estratta, sarebbe opportuno riflettere su chi ce l'ha infilata, come ha fatto e perché l'ha fatto.


Per Terry Pratchett l'avventura ormai ha cambiato forma. Gli auguro tutto il bene possibile per il seguito del suo cammino.

venerdì 1 novembre 2013

Piedi d'argilla - Terry Pratchett



Terzo episodio del Ciclo delle Guardie di Città di Mondo Disco e ultimo tradotto in italiano* (considerando che è stato pubblicato nel 1996 e da allora ne sono usciti diversi altri direi che, magari, gli editori italiani potrebbero anche al limite prendere almeno vagamente in considerazione la possibilità di darsi una mossa, grazie).

La Guardia Cittadina di Ankh-Morpork, metropoli dalla struttura invero assai complessa, continua la sua campagna di arruolamento che ha come fine quello  di dare a ogni componente dell'assai variegata popolazione i suoi rappresentanti tra le forze dell'ordine (anche se, certo, parlare di ordine in una frase che si riferisca ad Ankh-Morpork sembra uno schiaffo alla logica). Della guardia fanno parte non solo uomini (e donne, naturalmente), nani e troll, ma anche quelle categorie che potrebbero essere rubricate sotto la voce "diversamente vivi": licantropi, gargoyle (il loro salario viene pagato in piccioni), zombie... 
Il capitano Samuel Vimes, acido proletario da tempo ormai felicemente sposato alla donna più ricca della città, svolge egregiamente il compito di dirigere questa assai multietnica collezione di individui riuscendo anche, nei ritagli di tempo, a sventare i numerosi tentativi di sopprimerlo nonché a tenere collegata la Guardia al governatore della città, il Patrizio Vetinari, l'unico capace di tenere le fila che compongono il complesso tessuto di quella stravagante ma assai realistica metropoli.
Ma per quanti rappresentanti delle più svariate forme di vita e di non vita contenga la Guardia, esistono tuttavia ancora categorie che non sono rappresentate. Una in particolare, di derelitti più derelitti di quanto qualsiasi derelittitudine possa immaginare: schiavi a cui non spetta nemmeno il titolo di schiavi, talmente privi di diritti che non si vedono riconosciuto nemmeno quello di pensare e di sentire, e che vivono nell'ombra perché la loro esistenza, per quanto negata, rischia di gettare un'ombra di rimorso sulla popolazione colpevole della loro esistenza infelice al di là di ogni infelicità ufficialmente riconosciuta. Tuttavia queste creature infelici e volutamente ignorate, che nulla hanno perché nulla gli è consentito di avere, nemmeno i più elementari diritti, riescono ad eludere tutti i limiti imposti e a prepararsi una speranza di riscatto - una tenue speranza che riesce comunque a illuminare le loro irriconosciute esistenze e che possa dar voce anche a loro, che ne sono privi. Questa speranza, tuttavia, ha i piedi d'argilla e crolla, anche se non certo al primo colpo - e tuttavia il gesto non sarà senza conseguenze e il tentativo di emancipazione degli ultimi tra gli ultimi avrà comunque un esito, che aprirà una nuova strada agli infelici... oltre, naturalmente, a una nuova categoria di arruolati per la Guardia Cittadina.
In mezzo a questa struggende vicenda, che è la principale del libro, e all'altro intreccio, legato al tentativo di avvelenare l'indispensabile Patrizio (un mistero costruito come nei classici polizieschi e che Vimes riuscirà a sciogliere con intuito e logica degne di un grande investigatore) si snodano le vicende personali dei singoli componenti della Guardia. Facciamo così la conoscenza del caporale Felice Culetto, alchimista ed esponente della razza nanica che ne ha fin sopra i capelli (e la barba) del tradizionale retaggio della cultura nanica, a base di miniere da scavare, metalli da forgiare, canzoni sull'oro da cantare ubriachi dopo lunghe bevute di birra e risse violente a colpi d'ascia, e che proprio nella Guardia, grazie all'amicizia e al sostegno di Angua, donna dall'infallibile istinto e dal vero fiuto di segugio, trova il coraggio di affermare la sua vera personalità e di addentrarsi in un mondo più frivolo di rossetti, smalti da unghie e lingerie ben fatte, che finisce con l'attrarre anche altri nani che finalmente trovano il coraggio di essere loro stessi. Perché la Guardia della Città è un mondo composito dove c'è posto per tutti e dove la convivenza tra diversi aiuta ad accettare senza troppa difficoltà le stravaganze dei singoli.
E così alla fine del romanzo anche il caporale Culetto, che ormai ha cambiato nome da Felice a Felicia e ha anche mostrato il suo valore di alchimista (ovvero l'equivalente ankh-morporkiano della polizia scientifica) vedrà aprirsi davanti a sé la prospettiva di una vita più appagante e assai più adeguata ai suoi reali desideri - alla faccia dell'antico retaggio delle tradizioni della sua stirpe.

Con questo post partecipo ai Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti un felice fine settimana di piacevoli letture e castagnate e necci accanto al fuoco - senza dimenticare, naturalmente, le torte e il risotto di zucca.

*Il terzo, naturalmente, viene dopo un primo e un secondo.

martedì 13 agosto 2013

Di ministri, di scimmie, di banane e infine di bibliotecari

Com'è noto, il razzismo può risultare pericoloso anche per chi lo pratica...

In Aprile, dopo lunghi patimenti e inenarrabili mal di denti, venne infine formato un governo di larghe intese, come già narrato a suo tempo. In questo governo, tuttora in carica, è stata arruolata anche Kashetu Kyenge (detta Cécile) in qualità di ministro dell'integrazione. La signora in questione è nata in Congo ma è cittadina italiana da vent'anni avendo sposato un italiano, e da diversi anni si occupa di diritti dei migranti. Il fatto che avesse la pelle nera contribuiva a dare un tocco, come dire, di colore ad un governo destinato ad una vita piuttosto travagliata, ma onestamente mi era sembrato abbastanza secondario - una nota in più al variegato panorama di ministri che abbiamo avuto in quasi sessant'anni di repubblica. Si è rivelato invece piuttosto importante, e ha dato la stura ad una serie di commenti quanto meno irriguardosi da parte di molte persone che da questo dettaglio sono rimasti letteralmente sconvolti.

All'inizio dell'estate l'ex ministro Calderoli, a tutt'oggi vicepresidente del Senato, in un discorso alla festa del suo partito osservò «Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango». Non era la prima dichiarazione un po' surreale ispirata dal ministro in questione (e del resto Calderoli non è nuovo a sortite abbastanza surreali) ma smosse parecchio l'opinione pubblica e sortì richiami financo nelle più alte sfere delle istituzioni. Calderoli finì per fare scuse pubbliche e professare gran pentimento, ma il suo filone di pensiero venne validamente integrato e incrementato dai suoi compagni di partito con una serie di commenti e comportamenti sempre più surreali che hanno incluso, tra l'altro, il lancio di banane sul palco dove il ministro parlava (bollato dalla Kyenge come "un deplorevole spreco di buon cibo") e l'auspicio di veder rinchiusa il ministro in questione in qualche luogo isolato con... vabbe', sorvoliamo, è tardi e devo ancora pranzare.


Ora, non c'è dubbio che chiunque guardi il ministro Kyenge (o qualsivoglia altro essere vivente o manufatto o entità) possa pensare a quel che cavolo gli pare: a una barca a vela, a un paesaggio dei tropici al tramonto, a un gatto certosino, a una formica del miele o a un ornitorinco, nonché ad un orango - quel che vuole, insomma: pensare non è un reato. Tuttavia se Calderoli l'avesse paragonata a una barca a vela, è assai probabile che le polemiche sarebbero state ben contenute, e probabilmente limitate solo allo stato di salute mentale del vicepresidente del Senato in questione, o alla stranezza delle libere associazioni del pensiero. Il paragone con l'orango invece ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, di indignazione, di dichiarazioni più o meno sensate con relative discussioni filosofiche al seguito - e questo perché dietro agli oranghi improvvisamente evocati dal senatore Calderoli si intravede una vera folla di fantasmi, uno più sgradevole dell'altro: le adunate biancovestite del Ku-Klux-Klan con le torce accese per dare fuoco alle case dei neri, le navi negriere che solcavano gli oceani, neri sorvegliati con frusta e cani feroci mentre raccolgono il cotone per i loro padroni, neri segregati in appositi quartieri, neri maltratttati, oppressi, umiliati e soprattutto sfruttati fino all'osso. E, sullo sfondo, il fantasma più inquietante di tutti: torme di scienziati, antropologi, teologi, politici, filosofi e studiosi vari che spiegano nei dettagli perché i neri sono una razza inferiore.


Perché lo sono, è cosa nota. Non è colpa loro, poverelli: non sono necessariamente cattivi, anzi, molti sono fanciullescamente innocenti, eterni bambini prontissimi a sottomettersi all'amorevole e accorta guida di un bianco, che grazie al loro istinto non turbato dai falsi messaggi della civiltà riconoscono come assai superiore a loro (anche se inquinato dai falsi messaggi e privo della fiduciosa innocenza bla bla di cui sopra). Sveglia al collo, ossicino tra i capelli, un bel sorriso amichevole con denti bianchissimi che lampeggiano su fondo scuro ed ecco il buon selvaggio, eterno bambino in cerca di... ebbene sì, di un padrone. Che nella sua benevolenza gli metta un bel collare con guinzaglio.

Ma possono essere anche cattivi, tanto tanto cattivi, ancorati ad un fondo animale che non gli ha mai permesso di fare il salto di qualità che han fatto i bianchi: vivono in balia dei loro perfidi istinti che non riescono mai a disciplinare, a stretto contatto con le forze infernali. Prepotenza, violenza, malvagità allo stato puro e lussuria sfrenata (favorita da membri virili di dimensioni XXL). Occhi iniettati di sangue, ruggiti inarticolati, furia incontenibile. Ti sbraneranno a mani nude, col solo aiuto dei loro denti, e l'unico modo per salvarsi e salvarli dai loro indomabili istinti malvagi sono la frusta, e il cane feroce a sorvegliarli. E' nostro dovere sorvegliarli e domarli perché noi bianchi siamo uomini, e a noi è stata affidata la custodia del creato - e tutte le bestie sono a noi sottomesse per volontà divina.

Che siano buoni o cattivi, comunque, per i negri l'evoluzione si è fermata un (bel) po' prima che per i bianchi. Sono rimasti un po' scimmie, come si evince dai loro lineamenti scimmieschi. Non proprio uomini, perché non hanno completato il passaggio. Scimmie, appunto. Dove la scimmia è vista non tanto come rispettabile scimmia, quanto come "uomo incompleto" (e lì i bianchi si salvano solo perché nessuna specie scimmiesca ha inventato gli avvocati e il reato di danno all'immagine).


Noi bianchi invece... eccoci qui, indubbiamente più belli, più intelligenti, più evoluti e più virtuosi, anche se forse un po' meno innocenti di loro - ma certamente assai meno feroci, e incomparabilmente superiori. Dio ci aveva dato il diritto di disporre di loro a nostro piacimento. La loro forza e la loro innata sottomissione ci tornavano utili, perché di fatto, con collare o con frusta, erano eccellenti macchine da lavoro. E poi potevamo portargli la civiltà, ad esempio insegnandogli l'arte di estrarre l'oro dalle miniere, per poi portarci via l'oro... ma sto divagando.

Ad ogni modo non c'è dubbio che dietro entrambe le teorie - quella del buon selvaggio che andava civilizzato per il suo bene, e quella del cattivo selvaggio che andava civilizzato per il suo bene anche se sembrava un'impresa ai limiti dell'impossibile, c'era prima di tutto una grandissima convenienza economica. Scienziati, filosofi, teologi e politici bianchi avevano senza dubbio tutto l'interesse ad appoggiare questa corrente di pensiero, e infatti la appoggiarono.
Dall'Africa arrivarono uomini, ovvero un'infinità di forza-lavoro a basso prezzo e un sacco di materie prime pagate pochissimo. In cambio noi bianchi portavamo la civiltà ai negri, del che Dio ci avrebbe certamente reso merito.

Tutto ciò riguarderebbe solo in piccola parte gli italiani se non fosse che, all'ultimo momento utile, nel secolo scorso Mussolini non avesse deciso di portare la civiltà e il progresso in uno dei pochi angoletti d'Africa che fino a quel momento se l'era scampata (anche perché di civiltà intesa alla maniera europea non era nemmeno del tutto privo).  E ci riuscì, con enorme dispendio di soldi e di energie, per tacere delle vite umane e dei danni all'ambiente. L'intera operazione, risultata fallimentare sotto tutti gli aspetti, ebbe anche il vantaggio extra di contribuire all'approvazione delle leggi razziali e di fornire la nostra bella lingua di tutta una serie di simpatiche espressioni dedicate ai graziosi animaletti che abitavano la nostra bella, costosa e del tutto inutile colonia. 


Per molti bianchi ricordare i tempi in cui i buoni selvaggi avevano la sveglia al collo e i cattivi selvaggi violentavano le donne bianche senza un perché appena scioglievi la catena è causa di profondi sensi di colpa e vergogna indicibile. Per molti altri bianchi gli stessi ricordi sono causa di profondo e struggente rimpianto (tutta quella forza-lavoro e quella buona merce a buon prezzo...) e di sorda collera (ma come si son permessi di emanciparsi, queste carogne? E pretendono perfino di venire da noi e fare i ministri, manco fossero esseri umani a tutti gli effetti. Inconcepibile!). 

L'atteggiamento che dovrebbe venirci spontaneo, ovvero una serena indifferenza alla questione - è ancora piuttosto raro: rancore e senso di colpa sono duri a sciogliersi, peggio dei nodi del cuore. E dunque davanti alla (stupida) dichiarazione del senatore Calderoli gli italiani hanno squittito e schioccato le code e vibrato di indignazione e solidarizzato a gran voce con il ministro Kyenge, oppure hanno riso e rincarato la dose e infiorato vieppiù il paragone ministerial-scimmiesco.
Le reazioni di gran lunga più equilibrate le abbiamo avute dal ministro Kyenge (mancando costei, comprensibilmente, di un particolare retroterra legato ai sensi di colpa verso i neri o al rimpianto di non poterli più sfruttare) e dagli orango, che si sono ben guardati dall'intervenire nella questione dimostrando con ciò che, evoluti o meno, madre natura gli ha elargito gran copia di buon senso.

E i bibliotecari? Per un lettore di Pratchett i bibliotecari c'entrano, eccome. 

Infatti nel Mondo Disco il bibliotecario dell'Università Magica di Ankh-Morpork si ritrova, nel corso del romanzo  La luce fantastica a subire un'evoluzione, diciamo così, rovesciata ma assai conveniente, quando l'effetto collaterale di un incantesimo molto potente lo trasforma da essere umano in orango. Molto contento di disporre di un paio di mani prensili supplementari e di arrampicarsi assai più agevolmente tra gli scaffali, costui si guarda bene dal cercare di tornare umano e trascorre con palese soddisfazione i suoi giorni da orango continuando con successo il suo lavoro, mangiando banane e partecipando con profitto a vari altri romanzi del ciclo. La sua conversazione, per quanto un po' limitata, risulta tuttavia del tutto comprensibile ad ascoltatori attenti. E' probabile che il suo commento su questa insolita (si spera, ma senza troppa fiducia) vicenda della politica italiana sarebbe stato "Eeek!".
E come non essere d'accordo con lui?

*quale probabilmente il senatore Calderoli non è

venerdì 19 aprile 2013

Uomini d'arme - Terry Pratchett


Dopo A me le guardie ecco il secondo libro del Ciclo delle Guardie nella saga di Mondo Disco di Terry Pratchett.

Il tema principale del romanzo riguarda gli incontri tra Diversi. 
Le differenze, si sa, possono essere motivo di attrito, ma quando vengono affrontate con buon senso e spirito costruttivo possono anche arricchire  le varie parti in causa.
E dunque abbiamo: le differenze sociali, nel fidanzamento ormai avviato al matrimonio, tra la incredibilmente ricca Lady Sybil, allevatrice di draghi da palude e lo scalcagnatissimo e introspettivo capitano delle guardie della città Samuel Vimes, con molte interessanti considerazioni sul fatto che i veri ricchi possono vivere da ricchi spendendo meno dei poveri che vivono da poveri; le differenze razziali all'interno del corpo di guardia, dove è stato deciso di aprire l'arruolamento a tutte le varie componenti della popolazione della città di Ankh-Morpork, nani, troll e non solo;  il rapporto inizialmente conflittuale tra il troll Detritus e il nano Cuddy che impareranno prima a convivere e poi ad apprezzarsi per i loro vari meriti in un rapporto che ricorda molto l'amicizia tra Legolas e Gimli, con qualche piccola variante; la storia d'amore tra la bellissima Angua, dalle particolari abitudini notturne in certi periodi astrali, e l'irresistibile caporale Carota, dove in verità il contrasto parte principalmente da Angua, che con sensibilità squisitamente femminile non cessa di elencarsi i motivi per cui una storia tra lei e Carota non potrebbe mai funzionare, ma evita con ogni cura di ostacolarla (perché "sensibilità  squisitamente femminile" non è sempre e solo sinonimo di "autolesionismo"); e le molte differenze tra cani e lupi e uomini e tutte le varie possibili mescolanze tra queste tre nobili specie, dove una parte molto importante è riservata a Gaspode, cane-che-non-è-soltanto-un-comune-cane, anche lui con qualche problema di inserimento sociale.

Uno dei fili conduttori della trama, che serve da raccordo per molti di questi confronti, è costituito da una serie di omicidi sui quali la Guardia Cittadina è chiamata ad indagare e che coinvolgono la Gilda degli Assassini (sì, ad Ankh-Morpork c'è una Gilda degli Assassini, ed è guardata con grande rispetto, soprattutto da chi teme di diventarne vittima), la Gilda dei Buffoni, problemi di travestimenti e di identità e, soprattutto, l'uso di una terribile arma inventata per caso e di cui da tempo era stata decisa la distruzione - ma, come succede sempre in questi casi, la distruzione pare non essere stata condotta nel più efficiente dei modi, anche se alla fine la questione dovrebbe essere effettivamente risolta, grazie alla soluzione escogitata dall'abile Carota (che a fine libro passa di grado).
Il movente in filigrana dietro questi omicidi, che emergerà gradualmente, è il tentativo di organizzare un colpo di stato per riportare un re sul trono di Ankh-Morpork. Un Ritorno del Re, insomma, dove l'erede della dinastia reale a lungo scomparsa riesce però con molta abilità ad occultare le prove inconfutabili della sua ascendenza e non prende nemmeno in considerazione la possibilità di lasciare il suo amato posto di guardia cittadina - perché "poliziotto" viene da "polis" e significa "uomo al servizio della città".
Ma, come ricorda il Patrizio della città verso la fine del romanzo, anche "politica" viene da "polis" ed indica l'arte di governare la città, o comunque la comunità. 
Che è questione singolarmente attuale, per noi italiani.

E' possibile che sia il mio libro preferito del ciclo - anche se è una questione su cui cambio idea ogni volta che ne prendo in mano uno.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro un felice fine settimana a lettori e non lettori.

venerdì 28 settembre 2012

A me le guardie! - Terry Pratchett



Pubblicato nel 1993, tradotto in Italia nel 2003.
Con questo libro, il primo del Ciclo delle Guardie, Terry Pratchett è entrato nella rosa dei miei scrittori preferiti. Ufficialmente è uno scrittore di fantasy umoristica, ma a me sembra soprattutto sociologia (scritta in modo divertente). Di fatto, è un autore realistico e molto attento al contemporaneo. A modo suo.
Le Guardie di cui si parla sono le scalcinate Guardie Notturne della città di Ankh-Morpork, la più grande città del Mondo Disco - un mondo piatto sorretto da quattro elefanti sorretti da una tartaruga gigante*.

La trama è relativamente semplice: nella caotica metropoli di Ankh-Morpork una setta segreta composta da scervellati ricolmi di frustrazioni sociali e vaghe rivendicazioni, guidata per giunta da uno scervellato che è convinto di essere in realtà assai accorto e lungimirante, evoca un drago da una piega del Multiverso dove i draghi sono finiti ormai da tempo immemorabile. Lo Scervellato in Capo ha  un piano che dovrebbe portare a un nuovo ordinamento della città, ma l'intera faccenda, e soprattutto il drago, gli sfuggono ben presto di mano con conseguenze drammatiche. A risolvere il problema interverrà l'Amore: il drago sceglierà, in base a criteri del tutto imprevedibili, come solo l'Amore può dettare, un partner sorprendente e i due si avvieranno sui monti ai confini del Disco, ove si suppone vivranno felici. Ankh-Morpork, seppure malconcia, sopravviverà alla dura prova e continuerà la sua caotica esistenza ai limiti del possibile. La Guardia Notturna sarà ricompensata. Lo Scervellato pagherà, gli altri scervellati pure. E con loro pagheranno anche un sacco di innocenti e di tipi magari poco raccomandabili ma che non avevano evocato alcun drago né mai avevano minimamente pensato di farlo.
In parallelo a quella del drago si sviluppa un'altra storia d'amore tra il capo della Guardia, Samuel Vimes, e l'allevatrice ed esperta di draghi di palude Lady Sybil - entrambe narrate assolutamente senza parere. Tutte le vicende in effetti sono raccontate senza parere, con una curiosa tecnica a incastro che trascina il lettore allo stesso modo con cui il fangosissimo fiume di Ankh-Morpork trascina la sua... acqua? No, di certo non è acqua; contro ogni logica comunque quel fiume scorre, e riesce persino a dissetare la città; addirittura pare funzioni anche per spengere gli incendi.

Il romanzo è pieno di personaggi principali, tutti molto affascinanti: l'acido, cinico, perennemente arrabbiato, quasi perennemente rassegnato (e ubriaco) Samuel Vimes, che è finito a capo del più screditato corpo di difesa della città per una deplorevole tendenza a dire spesso quel che pensa; Lady Vimes, ricca aristocratica pazzamente innamorata dei draghi di palude che alleva e cura con grande dedizione, donna di notevole senso pratico ed eccellente competenza draghesca; Lord Vetinari, il Patrizio a capo di Ankh-Morpork, grandissimo politico capace di dare una organizzazione assai più reale che apparente alla sgangherata città e di uscire indenne dal ciclone draghesco; il caporale Carota, bel giovane dal sorprendente candore, dotato di tale autorevolezza e carisma da riuscire a domare con poche parole financo una rissa tra nani e troll; il Bibliotecario dell'Università di Magia, trasformato in orango da un incantesimo e talmente abile nel suo lavoro da saper gestire i campi di magia generati dalla sua biblioteca e usare con successo i corridoi che portano nelle dimensioni Altre; i capi delle Gilde, il gruppo degli scervellati evocatori (molto divertente fin quando non tornano in mente le società segrete con cui Hitler avviò la sua scalata al potere), gli altri componenti della guardia, le nobili dame che lavorano alla clinica dove si curano draghi di palude abbandonati e malati....

Il libro pullula, letteralmente, di riferimenti e citazioni letterarie e non: alla fantasy, alla letteratura fantastica in generale, alla storia politica, sociale ed economica, alla pubblicità, alla musica,  allo sport, alla filatelia e alla gingillometria applicata... il lettore non è tenuto a coglierli tutti, e nemmeno la maggior parte (ma se non ha vissuto per tutta la vita su un'isola deserta e senza collegamenti col resto del mondo qualcuno lo coglie per forza): la storia funziona perfettamente anche senza decifrarli. Ed è una gran bella storia.

Come tutti i romanzi del Mondo Disco e, nello specifico, del Ciclo delle Guardie, è autonomo e autoconclusivo.


Corre voce che, in traduzione,  Pratchett perda parecchio (gli abbondanti riferimenti sono fatti anche grazie a una serie di giochi di parole o allusioni intraducibili). Corre anche voce che leggere Pratchett in inglese non sia alla portata di tutti e non basti armarsi di buona volontà, dizionario e qualche ricordo scolastico.

Per quanto si possa perdere, comunque, garantisco che qualcosa per il lettore rimane anche in traduzione.

Con questo post partecipo ai Venerdì del libro di Homemademamma, augurando buone letture a tutti per questo week-end che, per clima e temperature e raffreddori incombenti, alle letture si presta parecchio.

*un mondo sorretto da quattro elefanti sorretti da una tartaruga? Sì, è possibile che qualcosa del genere sia stato già immaginato prima di Pratchett. Quasi niente è originale, in Pratchett, e tutto lo è. Del resto, lo stesso Mondo Disco è un mondo abbastanza contraddittorio, che non si preoccupa affatto di sanare le sue contraddizioni e dove tutti sono costretti a prendere le cose come vengono. Ricorda niente?