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giovedì 9 luglio 2015

Quadernetti estivi - La guerra all'ideologia gender


Per chi desidera una sintesi della cosiddetta teoria di gender (altri preferiscono chiamarla ideologia) ecco un breve video fatto da un associazione che molto ha contribuito a crearla e diffonderla.
Qui invece un video molto sensato sulla questione di Breaking Italy.


Poco più di un anno fa scrissi un post  che raccontava di una bizzarra crociata in cui mi ero imbattuta: quella contro l'ideologia di gender, ovvero una strana roba che i cattolici integralisti si erano inventati di sana pianta per poterne poi combattere il fantomatico ingresso nei programmi scolastici: con gran dovizia di link, uno più surreale dell'altro, riuscii a ricostruire le tappe dell'insolita vicenda in cui i gruppi integralisti avevano preso spunto dai consueti laboratori che da decenni ormai a scuola vengono fatti contro le discriminazioni, e avevano attaccato lancia in resta quelli del Progetto Lenford, dedicato agli stereotipi legati al genere (per intendersi: quelli delle pubblicità dove i bambini vogliono fare gli scienziati e le bambine vogliono fare le estetiste) sostenendo che questi laboratori - sponsorizzati dalle regioni sulla base di apposite linee guida europee - venivano usati per fare propaganda all'ideologia di gender nonché per insegnare ai bambini a praticare l'autoerotismo sin dall'asilo - perché si sa che un tocco di pedofilia aiuta sempre a far montare l'indignazione popolare.

L'operazione si presentava sin da subito assai sporca: perché, se è pur sempre possibile credere alla buona fede del singolo cattolico integralista un po' scervellato, che presta ascolto a persone che ritiene più sagge di lui e si convince che sia possibile che in una scuola materna si insegni la masturbazione, è molto più difficile credere alla sincerità di intenti di chi ha preparato il video che apre questo post, o di chi si è ricreato a suo uso e consumo le indicazioni dell'OMS salvo essere doverosamente sbufalato
Le leggende sull'ideologia gender insomma sembrerebbero preparate a tavolino, probabilmente con lo scopo di tentare di montare un ondata di indignazione che distolga il parlamento dall'approvare una qualsivoglia legge sui cosiddetti matrimoni gay - nonostante i sondaggi ormai da diversi anni garantiscano che tale legge sarebbe accolta in modo assai favorevole dalla grande maggioranza degli italiani.

E' noto come Giugno sia stato un mese crudele per gli integralisti inventori dell'ideologia gender: nel giro di pochi giorni si sono accumulati una delibera della corte costituzionale statunitense, i risultati del referendum irlandese e pure una nuova legge in Mozambico; in più, corre voce che presto il parlamento italiano discuterà davvero la legge sulle unioni gay. Questo potrebbe forse spiegare come in Luglio siano successe strane cose.

La prima è la Circolare MIUR 4321, ovvero una pacata nota dove il Ministero dell'Istruzione ripete la corretta prassi da seguire da parte delle scuole per le attività relative all'offerta formativa: questa circolare non solo non contiene niente di nuovo, ma precisa che niente di nuovo in merito è previsto nemmeno nelle future leggi del progetto della Buona Scuola. Secondo un comunicato di Alfano tutto ciò era fondamentale per dare una risposta ai tanti genitori preoccupati che nelle scuole possano entrare attività legate alla teoria Gender
Possiamo dunque stare tranquilli: quelli che hanno inventato la teoria Gender sono gli stessi che stanno lottando perché non entri nelle scuole - e dunque appare del tutto improbabile che nelle scuole detta teoria gender ci entri mai; per fortuna, perché, perché stando ai suoi stessi inventori, è una teoria davvero strana.  

La seconda storia, molto graziosa, riguarda una DS che ha preso per oro colato la bufala sulle indicazioni dell'OMS e ha attribuito al futuro ddl detto "della Buona Scuola" l'intenzione di applicarle, facendoci pure una circolare che vale davvero la pena di essere letta e tirandosi meritatamente addosso gli strali del MIUR; sperando che le serva di lezione per la prossima volta - ma augurandosi di cuore che non ci sia una prossima volta e che il MIUR si decida a mettere dei filtri nel reclutamento dei Dirigenti Scolastici perché si tratta di gente che ha delle responsabilità tra le mani e qualche briciola di buon senso è necessaria per svolgere quel lavoro.

La terza, la più grave e anche la più appariscente, è l'iniziativa presa dal nuovo sindaco di Venezia il 25 Giugno di ritirare da nidi e scuole materne una serie di libri  distribuiti dalla precedente amministrazione (sì, anche a Venezia c'è stato un cambio di gender, perché la vecchia giunta era - più o meno - di sinistra) colpevoli appunto di seguire l'ideologia gender e di affrontare temi che andrebbero lasciati gestire alle famiglie.  Tra questi ci sono autentici pilastri della letteratura dell'infanzia, tra i quali addirittura il leggendario Piccolo blu e piccolo giallo, che personalmente non ho mai nemmeno intravisto, ma di cui ho sentito infinite volte parlare con estrema venerazione da insegnanti, pedagogisti, educatori & affini, oltre al ben noto Pezzettino. Quest'ultima vicenda ha, comprensibilmente, suscitato una notevole serie di polemiche: è stata aperta apposita pagina su Facebook e prontamente è partita una raccolta di firme  per una petizione da mandare alla ministra.
Il sindaco ha rilasciato una breve ma curiosa dichiarazione promettendo comunque la libertà per  Piccolo blu e piccolo giallo (la scusa ufficiale è di aver sequestrato tutti i libri distribuiti dalla giunta precedente, che non mi sembra migliorare molto la sua situazione) e assicurando che il lavoro di analisi sarà fatto con cura e attenzione (un po' di cervello, anche, non guasterebbe - sperando che in giunta qualcuno ne abbia almeno qualche misura). 
La storia sarebbe anche divertente a modo suo, se non fosse anche molto, molto inquietante: i libri distribuiti infatti erano sì stati pagati dal comune, come prescrive la legge, ma a quel punto direi che facevano parte della biblioteca della scuola, e quindi anche il fatto di riprenderseli per decidere se vanno bene anche alla giunta che viene dopo non era affatto legale - senza contare che il comune aveva mandato quel che gli insegnanti avevano chiesto in base a precisi criteri e approvato in apposite riunioni collegiali, e non libri a casaccio pescati da un calderone qualsiasi; intervenire sulla didattica di una scuola a seconda dell'andazzo politico delle elezioni non si presenta come una gran tutela dell'autonomia della scuola, e infatti dal MIUR il sottosegretario Faraone ha mandato a dire poche ma sentite parole non solo sull'improvvido intervento del sindaco, ma anche sulla fantomatica teoria gender, richiamando pure la circolare n. 4321 di qualche giorno fa.

Resta ancora da capire se le parole del Faraone basteranno a far tornare i libri nelle loro legittime biblioteche o se il sindaco farà finta di non capire (detto e non concesso che faccia finta).
Nel frattempo, con questa bella alzata di ingegno, è riuscito a farsi formalmente redarguire dall'Associazione Italiana Biblioteche, dal Comitato costituente consulta laicità e diritti a Venezia (di cui fanno parte i valdesi), da Amnesty International e pure dalle suore missionarie comboniane che sulla loro rivista hanno scritto un articolo mirabile sotto tutti i punti di vista, accuratissimo nei contenuti e strutturato con ferrea logica dove, in quattro scarni paragrafetti fanno polpette della fantomatica teoria gender e pure dei rifacimenti del documento dell'OMS.

martedì 8 luglio 2014

Quadernetti estivi - Grandiosi Progetti Estivi dei Nostri Politici per la Scuola Italiana (con chiusa sognante e vagamente utopistica)



L'estate avanza, ma a tutt'oggi i nostri più autorevoli opinionisti non hanno ancora prodotto articoli sconsolati sul deplorevole declino della scuola italiana analizzandone con cura cause ed effetti, e di ciò dobbiamo probabilmente essere grati al Semestre Europeo e alla sempre annunciata e non ancora realizzata Riforma Elettorale.

Di scuola si stanno invece occupando i politici, e ciò non sarebbe necessariamente un male se non fosse che di solito quel che viene detto in estate sulla scuola rimane avvolto nelle pieghe del telo da spiaggia. Fa parziale eccezione un intervista di Tremonti a fine Agosto del 2008 che spiegava come lui i giudizi non li capisse e preferisse i voti - e nel giro di pochi giorni i giudizi sparirono e tornarono i voti, per decreto legge. Eravamo comunque a fine Agosto, non ai primi di Luglio.

Detto questo, visto che a tutt'oggi continuo a spulciare e riordinare roba scolastica durante non piccoli ritagli di tempo, abbozzando programmazioni e menate varie e con il rischio concreto, per quest'estate, di non staccare mai veramente dalla scuola (anche una bella fetta delle letture programmate sono legate a tematiche scolastiche) come è successo più di una volta quando passavo dalla classe Seconda alla Terza, ho pensato di dedicare questo post a due interventi politici a tema scolastico. Magari mi farà da esorcismo, chissà.

Il primo intervento è stato il misterioso progetto del sottosegretario Roberto Reggi su cui non sono riuscita a trovare niente di chiaro, e allora in mancanza d'altro rimando qui. Non si capisce bene se è un disegno di legge o che altro - al momento sembra solo una raccolta confusa di buone intenzioni scarsamente traducibili in qualcosa di raziocinante.
Si parla di scuole aperte fino alle 22.00 di sera, di scuole aperte a Luglio, di insegnanti che si vedrebbero raddoppiato l'orario di lavoro, da 18 a 36 ore. Ci sono però alcuni insignificanti dettagli che mi spingono a non prendere tutto per oro colato.
Primo: al momento gli insegnanti sono senza contratto da non so neanche più quanti anni, e lo saranno almeno fino all'anno prossimo. Fin quando non c'è un nuovo contratto non possono aumentarci l'orario di servizio nemmeno di un quarto d'ora. Corollario interessante: finché non c'è un nuovo contratto non possono, ahimé, nemmeno aumentarci lo stipendio di un centesimo bucato. Un nuovo contratto potrebbe prevedere un aumento di orario, ma dovrebbe prevedere anche un aumento di retribuzione - e qui mi sembra che gli estremi (detti anche soldi) per l'una e per l'altra cosa al momento non sussistano.
Secondo: al momento di contare le ore effettive di lavoro non si partirà dalle 18 in cattedra, ma dalle attuali 22-23 legate alla parte di lavoro fuori cattedra attualmente già comprese nel contratto: ricevimento genitori, organi collegiali, scrutini e compilazione registri.
Terzo: per tenere più tempo gli insegnanti a scuola occorre una scuola che sia aperta - non dico fino alle 22.00, non dico nemmeno fino alle 21, ma insomma la scuola va tenuta aperta, riscaldata, con le luci accese e sorvoliamo per carità di patria sul mitico collegamento in rete (argomento sempre più doloroso per chi insegna a St. Mary Mead). Quest'anno alla mia scuola è stato un dramma anche raccattare le ore per i corsi di recupero. Per tenere le scuole aperte anche di pomeriggio (e fino a qualche anno fa erano aperte anche di pomeriggio, il che era decisamente pratico) dovranno allargare il parco custodi, e pagarli. E i comuni dovranno pagare riscaldamento ed energia elettrica. Per carità, tutto può succedere - ma al momento non lo vedo probabilissimo, ecco.
Quarto: se in Italia a Luglio le scuole sono poco frequentate c'è decisamente il suo perché. In attesa di convincere il dio degli agenti atmosferici a regalarci estati con temperature primaverili (che a me sarebbero graditissime) sarà forse il caso di munire le scuole in questione di impianti di condizionamento, o ben poco di positivo verrà cavato da eventuali lezioni ivi tenute - già adesso possono essere assai drammatici anche i giorni di Giugno, e sorvoliamo pietosamente sugli esami delle Medie e su quelli di maturità. 
Anche qui ci vogliono soldi, indipendentemente dall'eventuale mancanza di entusiasmo che potrebbe colpire gli alunni all'idea di stare in aula invece di giocare a pallone sul piazzale o fare lo struscio con amici e amiche (ahimé, i giovani di oggi sono talmente sconsiderati che davvero non ci si può più stupire di niente).
Quinto: le supplenze. Il vero problema delle supplenze è che si svolgono in orario scolastico, quando la maggior parte degli insegnanti se ne sta in cattedra. Non voglio spacciarmi per la reincarnazione della buonanima di Aleksej Stakanov, ma sono sempre stata molto lieta di rimpiazzare le ore dei colleghi ammalati delle mie classi; c'è sempre stato però il piccolo problema che costoro insegnavano spesso in ore in cui io ero già impegnata altrove. Altro discorso è se queste ore le accetto all'inizio dell'anno e rientrano nel mio orario - cosa che già si può fare, fino a sei ore. Nelle mie ore però io posso fare solo Lettere, così come Musica può fare solo Musica, e insomma io queste ore le posso accettare a inizio anno solo se c'è uno spezzone libero di Lettere. 
Quando invece si ammala un insegnante di Lettere durante l'anno, non posso decidere di sostituirlo a meno che le ore in cui costui lavorava non siano ore in cui io sono libera - il che assai raramente accade. Altrimenti va chiamato un supplente abilitato sulla materia - il che è senz'altro dispendioso per la scuola e lo Stato ma, ahimé, inevitabile. A meno di non tenere le classi scoperte a vagare in gruppi più o meno numerosi nelle altre aule dove si fa lezione - che è quel che accade oggi, e non si può dire che gli alunni ne traggano gran giovamento sul piano didattico, anche se occasionalmente la cosa può risultare loro gradita per quel che riguarda la sfera dei rapporti sociali.
Ad ogni modo lo stesso Reggi ha provveduto a, diciamo, correggere il tiro. Considerando che quel che dice nella sua replica ha una certa coloritura di buon senso, e che il presunto "disegno di legge" per quel che ho potuto constatare non è stato esposto sulla stampa con parole da lui dette pirsonalmente di pirsona, è pur possibile che una volta tanto ci sia stato davvero qualche fraintendimento lungo le vie della comunicazione.
Ma, frainteso o meno che sia stato il cittadino Reggi nelle sue esternazioni, resta il fatto che senza un po' di soldi le scuole non potranno restare aperte nel pomeriggio. E al momento soldi all'orizzonte mi sembra che se ne vedano davvero pochini.

Il secondo intervento è quello del deputato Gianluca Vacca (Movimento 5 Stelle) che, in un interrogazione in Commissione Cultura ha affrontato il tema della valutazione:

la valutazione dello studente italiano è espressa, sostanzialmente, con valori numerici a partire dalla scuola primaria. Rispetto a quanto avvenuto in altri paesi europei, il percorso italiano in materia di valutazione dello studente è stato l'opposto in quanto si è passati da un sistema basato sui giudizi, per lo meno nella scuola primaria, ad un sistema numerico. L'efficacia di tale sistema non è in assoluto comprovabile e, dunque, merita di essere messo quantomeno in discussione.

Leggendo gli stralci della sua interrogazione mi sono quasi commossa: non condivido tutto quel che dice, forse non ne condivido nemmeno metà, ma quest'uomo, che pure è un politico, parlava di qualcosa che riguardava la scuola vera. Portava argomenti. Esponeva considerazioni. Qualcosa che andava al di là dei numeri.
Io rispetto profondamente i numeri, e li trovo un invenzione comodissima. E tuttavia vedermi trasformare sotto gli occhi la valutazione di un alunno alla scuola dell'obbligo in una pura questione di contabilità non è un operazione che abbia gradito.
Come ho raccontato più sopra, una mattima dell'Agosto 2008 Tremonti, in un intervista, ha raccontato che lui aveva difficoltà a interpretare i giudizi e si trovava più a suo agio con i numeri, per la scuola, e una settimana dopo i giudizi sono stati abrogati per decreto legge e la scuola dell'obbligo  è stata sommersa da un orda di numeri, a partire dalla prima elementare. Sarà che sono una figlia degli anni '70, ma ritengo che i numeri in prima e seconda elementare, qualche aspetto traumatico effettivamente ce l'abbiano, e tutta 'sta gran fretta di rinchiudere le creaturine nella loro casellina numerica mi ha dato un certo voltastomaco.
Il Gran Ritorno alla Numerologia è stato gestito in modo frettoloso e approssimativo - beh, si trattava in effetti di un governo frettoloso e approssimativo, e corre voce che parecchi dei suoi ministri avessero uno strano rapporto con i numeri della contabilità, tanto che proprio su questioni di contabilità è caduto, quattro anni e qualche spicciolo dopo, non senza una lunga e straziante agonia mentre lo spread saliva e i conti pubblici seguitavano ad andarsene per i fatti loro. 
Comunque i numeri calarono sulla testa di noi insegnanti di elementare e medie da un giorno all'altro e tutti ci trovammo costretti  improvvisarci contabili, con una legislazione scolastica però che era tutta un inno alla valutazione ponderata che lasciava ampi margini di discrezionalità al Consiglio (in effetti gli ampi spazi di discrezionalità il Consiglio ce li ha ancora, basta che trucchi i numeri).
La legislazione sulla valutazione non è stata rifatta, perché tutti avevano cose più importanti cui pensare - ad esempio quante cattedre tagliare e di quante materie - e i numeri sono stati applicati nel modo più banale, superficiale e sciatto che si possa immaginare, accompagnandoli con circolari approssimative e mal scritte che cercavano di conciliare un mondo di numeri miopi con l'altro mondo della legislazione scolastica, quello dei Massimi Sistemi dove gli Alunni vengono Amorevolmente Seguiti nella Formazione della Loro Nobile Personalità e Armoniosamente Inseriti nella Classe, nella Scuola, nel Territorio, nel Mondo, nella Galassia, nel Multiverso.

L'interrogazione di Vacca mi ha per un attimo schiuso il cuore alla speranza che, nelle Alte Sfere della Scuola, possa un giorno affiorare l'intenzione di uscire dall'atmosfera di claustrofobica contabilità per provare a riconciliare i poveri numeri, che non hanno in sé niente di male, con l'idea dello Sviluppo del Cittadino per partorire alfine un sistema di valutazione non eccessivamente miope e che abbia al suo interno un minimo di coerenza oltre a un po' di flessibilità.
(Io, si sa, sono una creatura un po' crepuscolare ma tanto tanto ottimista).

martedì 11 agosto 2009

Quadernetti estivi - Tout se tien


Il serpente Ouroborus, in una versione leggermente sciroccata
(lui lo sa bene, che tutto si collega)

Questa strana estate di terremoti sotterranei e crisi mascherate non sta riservando molta attenzione alla scuola e i nostri migliori tuttologi sembrano ben decisi a godersi un meritato riposo.
Abbiamo avuto sì Gianluigi Paragone che, durante la sua brevissima direzione di Libero, aveva avviato una Grandiosa Inchiesta sui fortunati che godevano di lunghe ferie (l'obbiettivo primario erano i Perfidi Magistrati, però un angolino dell'articolo era dedicato anche ai Fortunati Insegnanti). Ma un attacco di Paragone nelle presenti circostanze non è di quelli che turbano più di tanto, se proprio devo essere sincera - anche se ammetto senza remore di nutrire un po' di invidia per una persona che ha a disposizione sì tanti compratori, qualora decida di vendersi, laddove con me nessuno fa mai un tentativo, sia pur minimale, di corruzione (chessò, un salamino alla cacciatora in cambio di un voto più alto), nemmeno quel tanto che basti per darmi modo di esibire la mia Drittura Morale rifiutando con sdegno.

C'è stato poi un articolo su Repubblica sul tragico fenomeno de "La morte della scrittura". L'autrice comunque si limita a raccogliere una serie di opinioni (alcune un po' farneticanti, per la verità) sulla scomparsa del corsivo tra le nuove generazioni, che alcuni adulti vivono come una vera tragedia generazionale perché priverebbe i nostri sventurati alunni della possibilità di "tradurre il pensiero in parole" lasciandoli in balia del perfido stampatello che invece, questo pensiero, lo seziona in lettere, spezzettandolo e "negando il tempo e il respiro della frase". L'articolo si chiude con alcune pacate e ragionevoli considerazioni di un'insegnante di Lettere delle medie che riportano la questione a dimensioni più sensate.

C'è anche un articolo sugli e-book che quest'anno sono stati adottati solo in misura minima, con gravissimo danno per i bilanci familiari (e sarebbe interessante capire come avremmo potuto adottare gli e-book, visto che, almeno nella mia scuola, nessun rappresentante li ha proposti o ha accennato alla loro effettiva esistenza).

Il grosso degli articoli dedicati alla scuola comunque riguarda la Spinosa Questione della Conclamata Inferiorità delle Scuole Meridionali (e conseguente Altrettanto Inferiorità degli Insegnanti Meridionali), ormai stabile bersaglio delle critiche al nostro sistema scolastico. Abbiamo avuto quindi una vera sventagliata di articoli sui voti più alti che gli allievi meridionali hanno conseguito alla maturità, all'esame di licenza media, ai vari scrutini... e alle prove Invalsi. Per la verità il fenomeno mi sembra risalire abbastanza indietro nel tempo (prova ne sia che il ministro Gelmini ha scelto appunto di andare al Sud per fare l'esame di stato) ma quest'anno è decisamente assurto agli onori della cronaca portandosi dietro una serie di polemiche singolarmente cretine e sulla cui buona fede nutro gran copia di dubbi.
Segnalo comunque i due temi principali della questione (al momento, e si spera per poco).

Valutazione di una prova di valutazione
La prova in questione sarebbe quella nazionale, elaborata dall'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione), giunta quest'anno alla sua seconda edizione.
L'anno scorso era sorto il dubbio che gli insegnanti "avessero aiutato" gli alunni, anche se non mi risulta che la cosa sia stata effettivamente dimostrata. Ad ogni modo quest'anno, onde evitare il ripetersi di tale indimostrato ma increscioso comportamento, era stato chiesto che alla sorveglianza delle prove in questione NON partecipassero i professori delle discipline. Così è stato nella mia scuola, dove i miei amati alunni si sono affaticati sulla prova mentre io dormivo il sonno del giusto o cazzeggiavo in rete (ci ho i testimoni); detto per inciso, un controllo dei verbali potrebbe stabilire se così è stato o non è stato anche nelle altre scuole, e soprattutto nelle cosiddette scuole-campione.
E' stato fatto questo controllo? Non risulta.
La metodologia di correzione e di valutazione delle prove era folle, oltre che molto complicata. Nella mia scuola ci si sono persi, e così forse è stato anche altrove. Ma anche se nessuno a parte noi si fosse perso, i criteri di valutazione avevano un bel margine di opinabilità. Già il semplice fatto che, almeno per la prova di italiano, ci fossero due diverse possibilità di conteggio dei punti lascia decisamente perplessi.
Giunta al momento di valutare i risultati, l'INVALSI stabilisce che i risultati nudi e crudi delle scuole campione non vanno bene. Tali risultati, allo stato brado, segnalano che sia in italiano che in matematica... la preparazione degli alunni del Nord Italia è inferiore. Per Italiano risulta una leggera superiorità dell'Italia centrale, seguiti dalle regioni meridionali, per matematica le regioni meridionali primeggiano senz'altro. A questo punto i solerti tecnici dell'Invalsi sono intervenuti con appositi correttori statistici e, basandosi sull'evidenza che in alcune regioni molti insegnanti avevano suggerito agli alunni le risposte giuste o li avevano lasciati copiare tra loro, hanno ricorretto i dati alla luce di alcuni specifici fattori statistici, riportando i risultati ad una più ragionevole superiorità delle regioni settentrionali in entrambe le materie.
Naturalmente dall'Invalsi hanno spiegato che tutto ciò è stato fatto senza alcun pregiudizio campanilistico ma solo per questioni di attendibilità statistica (beh, che altro potevano dire?) e che si tratta ancora di dati grezzi, basati sul famoso "campione significativo" che da più di trent'anni infelicita le nostre maratone elettorali (e allora, se sono ancora dati grezzi, perché non vi mettete un sano tappo in bocca invece di parlare a bocce ferme?). Ed è vero, come ricorda Luca Ricolfi in un articolo che contiene molte ragionevoli considerazioni, che questo tipo di correttivi si usano spesso, in statistica. Il punto però è che i criteri con cui stabilire i correttivi non li dà Gesù Bambino (e nemmeno il Grande Mazinger), e che se il lavoro di correzione non è fatto bene rischia di taroccare pesantemente i risultati. L'INVALSI non si è mostrata in grado di proporre delle prove attendibili, e soprattutto ha fatto un gran pasticcio con le griglie di correzione. Possibile che siano diventati tutti dei fulmini di guerra proprio al momento di usare i correttivi? E soprattutto, quand'anche i correttivi fossero ben calibrati, siamo sicuri che fossero validi i risultati su cui sono stati usati?
E dunque davanti ai dati ancor grezzi mi sorgono spontanee alcune considerazioni ancor più grezze:
1) Quando accusi la gente di copiare devi avere delle prove, se vuoi evitarti spiacevolissime conseguenze
2) Perché l'Invalsi ha mandato delle procedure di correzione cervellotiche assai e tanto facilmente manipolabili?
3) Cosa me ne faccio delle valutazioni su una prova di valutazione dove probabilmente buona parte dei risultati sono sbagliati anche se non necessariamente per malafede?
4) perché l'Invalsi non ha effettuato la correzione delle prove in proprio? E magari non ha gestito in proprio tutta la prova?
Sì, certo, si sa che son cose che costano. Se costa troppo si potrebbe magari, nei primi tempi, limitarsi al solo campione rappresentativo... e comunque se il ministero vuole dei riscontri oggettivi dovrà ben adattarsi a tirare fuori un po' di soldi.
5) perché gli insegnanti di italiano dell'Italia centrale sarebbero più inclini a proteggere i loro studenti dei loro omologhi di matematica?
6) al Nord gli stranieri abbondano, al Sud scarseggiano. Pole essere che ciò abbia un qualche effetto sui risultati?
7) come si spiega la forbice tra Nord e Sud quando, a sentire la Lega, le scuole del Nord sono letteralmente invase e infestate da insegnanti meridionali, che in quanto meridionali sono notoriamente incapaci?
8) è il caso di tenersi un ministro che, tra tante regioni, ha scelto proprio quella col presunto maggior tasso di lassismo per fare l'esame di Stato (e infatti di legislazione e legilproduzione e pure di legilimanzia ci capisce veramente il giusto, basta vedere i casini che ti combina)?
9) siamo davvero tanto sicuri che al Nord conoscano l'italiano meglio che al Sud?

L'ultimo punto mi sembra particolarmente dubbio perché sono gli stessi settentrionali, per bocca dei rappresentanti in parlamento da loro liberamente scelti, a confessarsi in difficoltà con la lingua nazionale, tanto da volere insegnanti che conoscano il loro dialetto.
E qui si innesta la seconda telenovela estiva (che in realtà ha ben poco a che vedere con la scuola, molto con l'attuale situazione politica e praticamente nulla con la preparazione linguistica dei ragazzi delle regioni settentrionali)

L'importanza di parlare il dialetto
Si tratta di una vicenda in bilico tra delirio e ridicolo (come quasi tutto quel che riguarda la scuola da qualche anno a questa parte). In sintesi:
durante la legislatura 2001-2006 Valentina Aprea era vicesegretario all'Istruzione e faceva e disfaceva a piacer suo (anche se non sempre in modo che rendesse onore al suo senno). Nella legislatura attuale qualcosa deve essere cambiato negli equilibri di potere; sta di fatto che hanno abolito le SSIS, di cui Aprea era paladina e patrona, e l'hanno mesa a presiedere la Commissione Cultura. dove è partito un lungo confronto et ampio dibattito su un suo progetto di legge legato al reclutamento degli insegnanti, alle scuole che diventavano fondazioni e a un'infinità di altre cose tutte di ambito scolastico. E' passato un anno ma sono ancora lì a discutere, anzi erano ancora lì a discutere finché, in data 28 Luglio, la Lega chiede che venga attestata con un apposito test la conoscenza da parte dei docenti della storia, della tradizione e del dialetto della regione dove vogliono insegnare.
La deputata Aprea cerca di capire se stanno facendo sul serio e, dopo un tentativo di mediazione, risulta che sì, farebbero sul serio. A questo punto la signora, comprensibilmente scoraggiata dall'idiozia della proposta, ne conclude che non c'è la volontà (o la possibilità) politica da parte della maggioranza di portare avanti il suo disegno di legge. In pratica getta la spugna.
Che il disegno di legge Aprea finisca alle ortiche sembra un'ottima cosa a chiunque abbia avuto la ventura di darci un'occhiata, ma è probabile che né il dialetto né la proposta di Aprea siano il vero punto della questione; diciamo che in questo momento la presidenza del consiglio è piuttosto indebolita da certe sue vicende private o simil-private e la Lega sta cercando di approfittarne, come pure alcuni rappresentanti degli elettori del Sud. Del resto la proposta della Lega, oltre ad essere decisamente balorda, è anche inapplicabile per svariati miliardi di ragioni, compreso l'immane numero di dialetti che pullulano per ogni dove nella nostra penisola.
La Lega comunque insiste, anche perché il sacro rito di Pontida è alle porte e qualcosa dovrà ben raccontare ai suoi elettori più fedeli. Abbiamo così avuto tale ministro Zaia che si è lamentato che i libri di storia scolastici non si occupano di storia locale, e per fare un esempio non ha citato la storia di Caltanissetta, Latina o Cividale del Friuli (le cui pur affascinanti vicende sono effettivamente trattate con una certa approssimazione nei manuali) ma... Venezia (!) dimostrando con ciò di non aver mai aperto un libro di storia in vita sua, né a scuola né dopo, e di non avere la benché minima idea di quel che si intende per "storia locale".

Vedremo più avanti se e come continuerà la crociata anti-sudista, o se le grandi manovre dopo Ferragosto porteranno a qualche offensiva sulla scuola legata a temi completamente diversi.

venerdì 24 luglio 2009

Quadernetti estivi - Un anello per trovarli e nel buio incatenarli, nella terra di Mordor dove l'ombra nera scende



In estate il dibattito sulla scuola si risveglia. Eminenti tuttologi (molti dei quali di professione sarebbero politici) scrivono imponenti articoli sull'arruolamento e la formazione dei docenti, sulla decadenza dei tempi moderni e soprattutto sulla vacuità delle nuove generazioni. Tali temi sono assai graditi ai direttori di giornali perché si prestano ad essere blandamente trattati sotto l'ombrellone tra un tuffo e l'altro (o davanti alla baita, tra uno strudel e l'altro): tutti siamo un po' esperti in materia e non importa impegnarsi troppo. Lasciano però una traccia vagamente bavosa durante l'anno successivo, e a volte molto più di una traccia: la folle idea di abolire i giudizi a elementari e medie e di tornare al maestro unico alle elementari partì proprio da una demenziale intervista di Tremonti, il quale sosteneva che "6" gli era più chiaro di "Sufficiente".

Quest'anno il grosso dell'attenzione è catturato da improbabili vicende personali (e archeologiche) di ancor più improbabili personaggi politici e per la scuola al momento rimane pochino. Inoltre la suddetta scuola sta ormai ritornando Scuola del Merito grazie al provvido operato del ministro Gelmini ed è dunque già meno criticabile, senza contare che i pezzi da novanta (ovvero gli articoli di fondo di Panebianco e Galli Della Loggia) arrivano di solito in pieno Agosto.
Comunque sia, ecco le tre segnalazioni di Luglio, sperando di cuore che non ne arrivi una quarta in settimana perché anche solo con questi sarei sazia.


Il 10 Luglio il ministro Prestigiacomo (attualmente in disgrazia nelle alte sfere governative. Forse per la mancanza di disponibilità dimostrata con le alte sfere in questione? Ah, saperlo, saperlo...) intervenendo alla XX Rassegna Del Mare a Roma anticipa che a partire dal nuovo anno scolastico ci saranno ore curriculari di educazione ambientale. Qualche basso manovale dell'istruzione (= insegnante) ha tentato timidamente di osservare che l'educazione ambientale nelle scuole c'è da più di vent'anni e le iniziative vengono organizzate insieme a famiglie, enti locali, associazioni ecologiste eccetera. Nessuno però ha fatto caso a un'altra parte del discorso di Stefania Prestigiacomo, ovvero "con il ministro Gelmini siamo già pronti a fornire ai presidi di tutta Italia indicazioni su come intendiamo l'educazione ambientale", che rende il tutto molto più minaccioso. Credevate, tapini, di star facendo educazione ambientale, ma adesso la Gelmini vi spiegherà (con apposite circolari) cosa essa realmente è e come dovete farla; un po' inquietante, considerando che l'attuale governo non mostra grandi segni di una vocazione particolarmente ambientalista... ma in fine è probabile che l'uscita della Prestigiacomo resti lì dov'è senza vistose conseguenze sul piano pratico.


e questo è un articolo che Luca Ridolfi ha pubblicato sulla Stampa il 23 Luglio. Costui insegna all'Università di Torino (analisi dei dati) e sostiene che l'attuale scuola ha prodotto e sta tuttora producendo una generazione intellettualmente non preparata - insomma, un tema fresco e nuovo, in fondo sull'inadeguatezza culturale dei Giovani d'Oggi si discute solo dai tempi di Platone. Cosa sono 24 secoli davanti all'eternità?



Vediamo dunque quali sono i problemi didattico-cognitivi delle nuove generazioni:

La realtà è che la maggior parte dei giovani che escono dalla scuola e dall’università è sostanzialmente priva delle più elementari conoscenze e capacità che un tempo scuola e università fornivano. (...)
Non hanno perso solo la capacità di esprimersi correttamente per iscritto. Hanno perso l’arte della parola, ovvero la capacità di fare un discorso articolato, comprensibile, che accresca le conoscenze di chi ascolta. Hanno perso la capacità di concentrarsi, di soffrire su un problema difficile.

Ammettiamolo: non è un difetto da poco; ma nemmeno molto nuovo, a quanto sembra, perché lo sento dire dalla notte dei tempi. Sospetto che magari i numeri siano cambiati, ma che le percentuali siano rimaste un po' le stesse. Gli sciocchezziari da esami universitari e da esami di maturità c'erano anche ai tempi di mio nonno e anche allora avevano quel tono surreale tra la vita vissuta e la (forse) invenzione. D'altra parte se siamo pieni fino agli occhi di incompetenti, sparsi equamente nei più vari rami delle umane attività, ci sarà pure il suo motivo.
Fermo restando che, se anche le cose vanno così dalla notte dei tempi, impegnarsi perché in futuro vadano meglio è cosa buona e giusta.

Certo, in mezzo a questa Caporetto cognitiva ci sono anche delle capacità nuove: un ragazzo di oggi, forse proprio perché non è capace di concentrazione, riesce a fare (quasi) contemporaneamente cinque o sei cose.

Diciamolo: gli adolescenti hanno sempre saputo fare contemporaneamente cinque o sei cose. E' una capacità che si perde con gli anni (ho sofferto molto quando ho visto che non riuscivo più a studiare ascoltando la musica). Sono le dure leggi della vita.
Ma quali sono le nuove capacità di un ragazzo di oggi?

Capisce al volo come far funzionare un nuovo oggetto tecnologico (ma non ha la minima idea di come sia fatto «dentro»)

...mentre gli adulti, notoriamente, sanno benissimo come funzionano "dentro" le varie diavolerie elettroniche di cui siamo circondati. Volete sapere come è fatto "dentro" un frigorifero, un computer, una stampante? Chiedetemi pure, così ci facciamo quattro risate.

Si muove come un dio nel mare magnum della rete (ma spesso non riconosce le bufale, né le informazioni-spazzatura).

...mentre è comprovato che gli adulti riconoscono una bufala lontano sette miglia e sanno perfettamente riconoscere le informazioni attendibili da quelle spazzatura. Lo vediamo ogni giorno.

Usa il bancomat, manda messaggini, sa fare un biglietto elettronico, una prenotazione via internet.

E si spera, fare una prenotazione via internet è alla portata di qualsiasi imbecille!

Scarica musica e masterizza cd. Gira il mondo, ha estrema facilità nelle relazioni e nella vita di gruppo.

Scaricare la musica è in effetti una caratteristica delle nuove generazioni (i meno giovani sono ancora attaccati al concetto di CD) - ma sulla facilità delle relazioni di gruppo mi permetto di avanzare qualche dubbio: oggi come ieri, i branchi di ragazzi allegri, spensierati e un po' scemarelli sono molto meno comuni di quel che sembra - e in quei gruppi dove le relazioni sono "estremamente facili" succede di tutto, ahimé.

Però il punto non è se siano più le capacità perse o quelle acquisite, il punto è se quel che si è perso sia tutto sommato poco importante come tanti pedagogisti ritengono, o sia invece un gravissimo handicap, che pesa come una zavorra e una condanna sulle giovani generazioni. Io penso che sia un tragico handicap, di cui però non sono certo responsabili i giovani. I giovani possono essere rimproverati soltanto di essersi così facilmente lasciati ingannare (e adulare!) da una generazione di adulti che ha finto di aiutarli, di comprenderli, di amarli, ma in realtà ha preparato per loro una condizione di dipendenza e, spesso, di infelicità e disorientamento.

Il discorso qui diventa complesso e coinvolge la società intera, più che la scuola. I "giovani d'oggi" si sono lasciati ingannare e adescare da un po' di merendine confezionate e di cellulari e non hanno dunque imparato che la vita è dura? Il benessere li ha anestetizzati? Non nego la buona fede di fondo dell'articolista, ma mi sembra che viaggi un po' troppo con lo spannometro. I giovani d'oggi hanno senz'altro più benessere di quelli cresciuti subito dopo la guerra, ma hanno anche famiglie più competitive che si aspettano di più da loro, vivono in una società che più che chiusa potremmo definire calcificata e abitano un paese piuttosto dissestato. I cellulari nella vita aiutano, ma non rendono più comoda la sedia dove studi a scuola o più largo il banco dove scrivi. I cellulari sono simpatici, ma non bastano a fare pari con tutto, sospetto.

Ora la realtà presenta il conto. Chi ha avuto una buona istruzione spesso (non sempre) ce la fa, chi non l’ha avuta ce la fa solo se figlio di genitori ricchi, potenti o ben introdotti.

E questa è una sciocchezza, o meglio un ricordo degli anni 60: la buona istruzione non si presenta come una discriminante o un aiuto, la famiglia o un qualche tipo di clan sì. Un professore universitario certe cose dovrebbe saperle anche da solo, se non abita su una nuvoletta rosa. Siamo pieni di insegnanti che si sono riciclati sull'insegnamento perché, arrivati vicino alla quarantina, si sono accorti che la collezione di dottorati e miserabili assegni di ricerca che avevano non li avrebbe portati da nessuna parte dal momento che non avevano una cordata che li garantisse (chi non ha voglia di insegnare prova ad andare all'estero, dove di solito gli va meglio).

Forse, a questo punto, più che dividerci sull’opportunità o meno di bocciare alla maturità, quel che dovremmo chiederci è se non sia il caso di ricominciare - dalla prima elementare! - a insegnare qualcosa che a poco a poco, diciamo in una ventina d’anni, risollevi i nostri figli dal baratro cognitivo in cui li abbiamo precipitati.

Dunque: la scuola non insegna più e invece sarebbe il caso che tornasse a insegnare qualcosa. Detto per inciso, qualsiasi insegnante penso sia d'accordo sul fatto che di per sé è una buona idea che la scuola "insegni qualcosa" - almeno, io mi sento più che disponibile ad appoggiare questo nobile progetto e nel mio piccolo ammetto di muovermi già da tempo in questa direzione e di avere visto numerosi colleghi impegnati in tale lodevole sforzo. Tuttavia, messo così, lo trovo un progetto un pochino vago.
Non dico che l'attuale scuola italiana produca solo meraviglie, ma la descrizione dei Giovani d'Oggi attaccati al computer che non sanno più scrivere in italiano corretto mi suona un po' superficiale: con le solite lodevoli eccezioni, esprimersi attraverso la parola è problema piuttosto vecchio. Se qualcuno desidera una conferma provi ad ascoltarsi una seduta in parlamento prestando orecchio alle vecchie leve. Lo stesso attuale Presidente del Consiglio, che pure ha fama di grande comunicatore, non acchiappa un congiuntivo nemmeno per sbaglio - ed è un problema che hanno avuto ed hanno svariati ministri dell'istruzione (sì, soprattutto le donne). La generazione tra i cinquanta e i settant'anni, quella che ha cresciuto le nuove leve in un colpevole benessere ovattato, non aveva mica un granché da insegnare, sotto questo aspetto (e infatti non l'ha insegnato).

Scuola media. Anello debole del sistema
Questa è la più recente, Venerdì 24 Luglio. Ci informano che l'atto di indirizzo (di cui scopro in quest'occasione l'esistenza) con cui il nostro amato ministro Gelmini accompagnerà la riforma del primo ciclo riserva anche un capitolo alla scuola secondaria di I grado (ex-scuola media) nel quale, senza infingimenti, si parla di "anello debole del sistema". E qui ben altri anelli tornano a mente, almeno a me che sugli anelli e il loro Oscuro Signore mi sono fatta una bella infarinatura quando andavo per l'appunto alle medie.
Sembra che l'idea sia di ridefinire le priorità della didattica ponendo particolare attenzione anche a questi elementi di criticità del settore: un esame di Stato appannato, troppi insegnamenti enciclopedici e onnicomprensivi, preparazione media degli alunni appena sufficiente, una elevata dispersione. Come rimedio a tutto ciò l'atto di indirizzo suggerisce un curriculum maggiormente costruito sulle necessità dello studente.
Vago, vaghissimo e pure inquietante. Conoscendo i nostri polli, e soprattutto le nostre oche, questa parte potrebbe riservarci sorprese davvero deplorevoli, anche perché la Gelmini (o meglio, Tremonti attraverso di lei) sembra convinta che la Grande Cura per la scuola sia solo ed esclusivamente una dieta rigida. Forse per questo cercano di rimuovere i precari pesanti di cui al post precedente?
Ad ogni modo per fasciarmi la testa aspetterò di averla battuta, anche perché l'atto di indirizzo è ancora all'esame del CNPI, che al contrario di noi, se lo sta esaminando probabilmente avrò anche le idee più chiare su quel che contiene.
Nel frattempo voglio rispolverare un'antica poesia che parla di anelli deboli e di anelli forti, e ne approfitto per augurare al nostro Ministro un caldo soggiorno direttamente dentro l'Orodruin (Monte Fato, nella lingua comune):

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
Sette ai Principi dei Nani nelle lor Rocche di pietra
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno (deboluccio) per l'Oscuro Sire chiuso nella Reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.

venerdì 22 agosto 2008

Quadernetti estivi - Estate, tempo di articoli di fondo sulla scuola...



Logge e loggiati possono essere molto belli e utili.
Quanto a Della Loggia...

Quando arriva l'estate, il Corriere della Sera scopre di essere pieno zeppo di Grandi Esperti di Questioni Scolastiche, e li mette a scrivere sull'argomento; ricordo ad esempio un paio di articoli decisamente superficiali di Angelo Panebianco su precariato e SSIS nelle scorse estati, e un'analisi decisamente balorda ad opera di Giavazzi all'inizio di quest'estate sempre in tema di precariato (sperando che questi due signori siano un po' piu' attendibili quando si occupano di economia).

Due giorni fa è sceso in campo Ernesto Galli Della Loggia con un "grido di dolore" che depreca come la scuola "non riesce più a conferire alcuna autorevolezza a nessun fatto, pensiero, personaggio o luogo di cui si parli nelle sue aule. Non riesce più a creare o ad alimentare in chi la frequenta alcun amore o alcun rispetto, alcuna gerarchia culturale. ... Si possono tranquillamente frequentare le sue aule e non essere mai sfiorati dal sospetto che l'azione del conte di Cavour, o il Dialogo sopra i massimi sistemi, o una terzina del Paradiso rappresentano vertici d'intelligenza, di verità e di vita, posti davanti a noi come termini di confronto ideali, ma anche concretissimi, destinati ad accompagnarci in qualche modo per tutta l'esistenza."
E infatti la scuola italiana "non sa perché esiste né a cosa serva".
Tutto ciò è testimoniato, sembra, da "il grande spazio preso in essa dal burocratismo, dalle riunioni, dalle questioni di metodo, dalle futilità docimologiche, a scapito dei contenuti" - che, se proprio vogliamo dirla tutta, è una descrizione mediamente fedele delle SSIS più che della scuola, dove da sempre gli insegnanti hanno elaborato tutta una serie di tecniche per aggirare i burocratismi e le questioni docimologiche e una parte delle riunioni (non tutte, perché alcune sono utilissime, qualsiasi cosa possa pensarne messer Loggia).
Come rimedio si suggerisce di sfoltire le materie: via tutte quelle cazzatine di inglese, francese e musica, rinsaldando "due capisaldi": letteratura italiana e matematica; stranamente manca il latino che, come ognuno ben sa, apre la mente. Comunque sarebbe carino che qualcuno facesse presente a messer Loggia che, a parte un tentativo non ancora completamente riuscito di madonna Moratti per le scuole medie che ha dato una cauta sforbiciata alle ore di Lettere, nessuno in questi anni si è sognato di tagliare né italiano né matematica. Caso mai han tagliato i fondi alle scuole, che non è proprio la stessa cosa.
Giunti alla fine del "grido di dolore" risuonano alla mente le sagge parole di Caparezza:

I politici no no non sono più quelli di una volta
Le donne no no non sono più quelle di una volta
Io no no non sono più quello di una volta
Solo la retorica è rimasta la stessa
Il secondo, secondo me

Poi arriva la risposta del ministro Gelmini (sempre sul solito Corriere della Sera) che definisce l'articolo di messer Loggia "giusto e ingeneroso", e ricorda che lei si sta dando da fare, ad esempio con il provvedimento sulla divisa scolastica (= grembiule); perche' loro, il governo, vogliono una scuola che "insegni a leggere, scrivere e far di conto. Una scuola in cui si torni a leggere i Promessi Sposi", e che si liberi dal triste retaggio del 1968, una "costruzione ideologica fatta di vuoto pedagogismo che ha infettato come un virus la scuola italiana"
Ora, che messer Loggia non abbia la minima idea di cos'è oggi la scuola italiana, nel bene e nel male, passi; che non ce l'abbia nemmeno il Ministro dell'Istruzione in carica mi sembra un po' piu' grave, anche se si inserisce nel solco di un'illustre tradizione dove madonna Moratti brilla ai primi posti.
Perché la scuola italiana avrà i suoi problemi (soprattutto economici e organizzativi), non c'è dubbio, ma tra questi nessuno può onestamente annoverare una carenza di insegnamento dei Promessi Sposi, che spesso imperversano financo alle elementari.
Quanto al mitico 68, è evidente che il governo in carica ha deciso di promuoverlo al rango di Leggenda Metropolitana nonché di Responsabile dei Mali della Patria, ma nessuno di loro sembra avere la benchè minima idea di cosa sia stato.

E' il caso di preoccuparsi?
Onestamente non lo so. Chi fa grandi proclami di solito si limita a fare quelli e dopo torna a occuparsi dei fatti suoi - anche se dobbiamo ammettere che le promesse sui tagli alla scuola i governi le han sempre mantenute.
Per come la vedo io da dietro il paravento (ma io e il mio paravento, al contrario di Galli Della Loggia e di Gelmini, frequentiamo regolarmente le scuole italiane da sette anni a questa parte) la scuola al momento è un organismo spaventato e frastornato, ogni anno di più, e sempre più popolato di personale precario costretto a passare molto più tempo del dovuto a controllare la posizione in graduatoria. La qualità dell'insegnamento ne risente, non c'è dubbio, perché lo stress è uno dei peggiori nemici degli insegnanti e lo stress da Circolare Assurda o da Legge Farneticante è molto peggiore dello stress che talvolta danno le classi; e quanto a leggi farneticanti, l'attuale governo per la scuola ne ha annunciate un bel pacchetto.

Comunque, par di capire, nei prossimi anni la retorica non ci mancherà.
Quanto ai Promessi Sposi (che a dire il vero mi piacciono pure) quelli non ci mancavano nemmeno prima.