Il mio blog preferito

Visualizzazione post con etichetta blog. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta blog. Mostra tutti i post

domenica 15 agosto 2021

La notte che Google perse i' capo*

Oscure minacce si addensano anche sulle conversazioni in apparenza più innocue
(Taci, il nemico ti ascolta!)
 
Alla fine di Maggio strane cose stavano succedendo nell'universo Google (un universo assai complesso e articolato, che comprende anche YouTube e, molto più modestamente, la piattaforma da cui sto scrivendo).
C'era uno YouTuber  di discreta rinomanza, per esempio, che si era visto improvvisamente cancellato un video su Dubai ove osava sostenere che la manodopera straniera importata in quel paese non era trattata in modo molto rispettoso. A seguito di tutto ciò lo YouTuber in questione aveva tosto pubblicato un altro video dove si lamentava moltissimo, sostenendo che lui su quel video ci aveva lavorato come un castoro e non gli sembrava davvero cosa mangiarglielo così, senza un motivo.
Poi il video ritornò.
Poi un altro YouTuber, anche più conosciuto del primo, si era visto sparire un video che parlava (mi pare) delle polemiche che imperversavano sul disegno di legge Zan contro l'omofobia. Glielo sbloccarono poche ore dopo e lui non commentò in alcun modo la cosa. La commentarono però, e parecchio, i suoi abituali follower che si erano ampiamente accorti che il video era stato rimosso. Questo secondo YouTuber aveva dedicato negli ultimi mesi diversi video alla questione delle censure su Facebook e su YouTube, spiegando qualmente di come i proprietari di questi colossi della rete stessero cercando un equilibrio tra la libertà di censura, le conseguenze politiche che certi contenuti pubblicati sui social potevano portare, le censure operate dalla Cina ma anche da altri paesi, il rischio di querele, il rischio di scontri con i poteri istituzionali (come si era già visto con Trump dopo le ultime elezioni presidenziali) - e insomma osservando che la questione era molto complicata e i colossi in questione stavano faticosamente cercando un punto di equilibrio che gli permettesse di continuare a gestire in pace i loro enormi social (e incassare i soldi che gli fruttavano) ma anche che questo punto di equilibrio era complicato da trovare per vari motivi, e non ultimo il fatto che la quantità di roba pubblicata su questi social è ormai enormissima e molto difficile da gestire e soprattutto da tenere sotto controllo.
E poi qualche tempo prima era stato chiuso un canale di quelli molto complottisti, se vogliamo anche tossico. Ma... era giusto chiuderlo, visto che tutti hanno diritto alla libertà d'espressione? E considerando che la Verità è una creatura piuttosto sfuggente e difficile da definire? Ed era apparso anche un video pubblicato da uno YouTober che vantava anche lui un suo seguito, anche se più contenuto di quello dei due YouTuber di cui ho scritto prima, e che sosteneva che la rimozione dall'alto delle fake news era sbagliata per principio; e io su questa posizione mi ero tutto sommato attestata anche se mi rendevo conto che il problema non era solo quello.
E su tutto ciò io meditavo e ponderavo con grande attenzione, cercando di capire tutti i lati della questione, che si rivelava invero assai spinosa e senza veri precedenti storici; ma ci riflettevo come si riflette sui Massimi Sistemi, perché mi ritenevo coinvolta solo in qualità di utente.

Ma ecco, una mattina di Maggio mi svegliai e come sempre accesi il computer e guardai la posta. E lì trovai 5 mail 5 di Google, che mi spiegava che aveva deciso di sbloccare cinque miei post perché, ripensandoci, lei Google si era accorta che     questi post non violavano gli standard di Google e non incitavano al terrorismo, alla pornografia, all'abuso di minori e simili.
Con gli occhi grandi come tazze da tè guardai e riguardai le mail domandandomi
1) perché ero ubriaca visto che da almeno tre giorni non toccavo una goccia di alcool
ma soprattutto
2) perché alla Google bevevano invece in modo così smodato prima di mettersi al lavoro.
E continuando a scorrere la posta trovai anche le lettere che mi avvisavano, la sera prima, mentre leggevo il mio bel romanzo vittoriano di turno e coccolavo i gatti prima di spengere la luce per dormire, che quei cinque post erano stati cancellati in quanto qualcuno li aveva segnalati e dopo averli esaminati Google aveva stabilito che sì, effettivamente violavano gli standard perché incitavano al terrorismo, erano altamente pornografici eccetera.
E a quel punto i miei occhi erano diventati grandi come ruote da mulino.
Per fortuna l'orologio incombeva, la scuola aspettava e dunque piantai tutto lì e corsi a fare il mio onesto lavoro, per riprendere la questione soltanto a pomeriggio ormai avviato.

Tornata a casa, riconsiderai la questione con perplessità sempre maggiore.
Prima di tutto: quali erano questi post che incitavano al terrorismo, all'odio eccetera?
La cinquina era composta da
- un post sulla festa del 25 Aprile e la curiosa reinterpretazione cui è stata sottoposta di recente
- una modesta recensione del bellissimo film Porco Rosso del grande Miyazaki, 
- un post sulla reinterpretazione del  fascismo  ai giorni nostri 
- uno sul razzismo (che si apre con la sovversiva immagine di una razza intesa come pesce, onde meglio incitare al terrorismo)
- e una piccola commemorazione dell'anniversario della chiusura delle scuole per pandemia dove avevo osato scrivere nel titolo la parola Covid, ormai diventata ben più popolare dell'inizialmente più usata Coronavirus. Gli auguravo un buon compleanno, nientemeno. Assai terroristico da parte mia, ne convengo. Ma perché non deve avere diritto a un compleanno pure lui, poverino? Mica l'ha scelto dal catalogo, di essere un virus ad alta mortalità. Magari avrebbe preferito essere uno di quei virus che aiutano la flora intestinale.

Prima di ripubblicarli, come la stessa Google mi aveva autorizzato a fare, rilessi i cinque post. Vabbé, non c'erano dentro contenuti che incitavano al terrorismo o all'odio e questo lo sapevo, ma nemmeno mi sembrava che potessero essere definiti violenti - in particolar modo quello della recensione del film. E poi via, il buon compleanno al virus con le bottiglie di champagne, davvero esisteva qualcuno disposto a prenderlo sul serio?

Va bene, l'algoritmo aveva cannato alla grande, esattamente come aveva fatto col video su Dubai e con quello sul disegno di legge Zan. Ma come c'era arrivato, l'algoritmo, al mio piccolo blog di nicchia? I due canali di YouTube censurati avevano centinaia di migliaia di iscritti. Il mio blog, in un anno, non fa nemmeno un centinaio di migliaia di accessi. Chi se lo fila, a parte qualche gentile e paziente lettore?
E, sul serio, era davvero possibile che qualcuno di questi lettori, un po' meno gentile degli altri, avesse deciso di segnalare alla Suprema Autorità di Google quei cinque post trovandoli insopportabili nel tono e nel contenuto? Anch'io ho lettori che arrivano qui per caso, dopo aver incrociato un rimando su Google alle prove Invalsi o alle recensioni di Harry Potter, ma son tutte persone molto paciose, mi sembra.
L'unica possibilità ragionevole mi sembra che laggiù, a casa Google, qualcuno abbia lanciato l'algoritmo all'impazzata nella blogsfera di Blogspot - che non è esattamente una piattaforma titanica per frequentazioni, va pur detto - ottenendone risultati piuttosto discutibili.

Tutta la vicenda ai miei occhi rimane un assoluto mistero. Che mi ha lasciato una certa inquietudine, però.
Spero che da allora abbiano un po' rivisto l'algoritmo, non mi sembra dei più affidabili. Per diminuire la diffusione del terrorismo nel mondo, cancellarmi i post temo che non serva a molto.
Dovrebbero cercare u  rimedio più efficace, secondo me.

* modo di dire tipicamente toscano per indicare qualcuno che perde il ben dell'intelletto e fa qualcosa di estremamente stupido

domenica 28 ottobre 2018

Imprevedibili e impreviste difficoltà di una povera blogger di salute precaria e per giunta in balia del crudele Google


Una decina di anni fa, quando avviai questo blog, volevo parlare soprattutto di scuola dal punto di vista con cui la vedevo io: un mondo strano, un po' alieno, per certi versi immutabile e per altri in continuo cambiamento, soprattutto grazie alla parte più importante che la compone: gli alunni. Nelle intenzioni, l'autrice avrebbe dovuto restare trasparente, ben nascosta appunto dietro al paravento.
Mi resi conto quasi subito però che se mi concentravo sulla scuola come la vedevo io, tanto trasparente non potevo esserlo; così il blog si impinguò con svariate sezioni dedicate alle esperienze che avevano fatto di me l'insegnante che ero, nel bene e nel male: gli insegnanti che a mia volta avevo avuto e avevano contribuito a formarmi, i libri che avevo letto, la musica che ascoltavo eccetera. Nelle intenzioni però la mia vita quotidiana doveva restarne il più possibile fuori. 
Ci furono quindi una serie di avvenimenti di cui non parlai: la morte di mia madre e quella di Artemis, l'acquisto della casa (con relativo trasloco), l'arrivo di Astrifiammante e altri, che mi sembravano legati soprattutto alla mia sfera più strettamente personale. Raccontai invece (tempo dopo, quando ormai avevo digerito il tutto) della mia disastrata ammissione in ruolo - ma dopotutto era un avvenimento legato alla scuola e aveva senz'altro influito sulle mie insegnantesche vicende.
E' una scelta, come se ne fanno tante: altri e altre stimabilissimi/e blogger si regolano diversamente e non ci trovo nulla da ridire, anzi ammetto di immergermi nelle loro vicende più private con grande interesse e piacere.

Arrivata però alle vicende collegate all'operazione di due anni fa e alle sue imprevedibili conseguenze qualcosa mi toccò comunque raccontare per forza di cose, se non altro per spiegare le mie ripetute e lunghe sparizioni dalla rete.
L'operazione andò bene e per un certo periodo migliorai felicemente. Verso Novembre però risultò chiaro che qualcosa non andava.
Sorvolando sui dettagli, che a questo punto annoiano a morte anche me e figuriamoci gli incauti lettori che mi onorano della loro attenzione, diciamo che dopo un lungo ricovero primaverile cui è seguito un periodo di moderata crisi e un ulteriore lungo periodo di degenza estiva e poi autunnale (tuttora in corso, ahimé) e dopo lunghi tentativi di capirci qualcosa e una collezione di diagnosi col punto interrogativo, è risultato che avevo un problema di assorbimento del cibo: mangiavo ma non assimilavo, e di conseguenza una serie di valori legati soprattutto alle proteine e ad alcuni minerali che i medici chiamano elettroliti continuavano a precipitare a livelli patetici non appena smettevano di iniettarmeli direttamente nel sangue via flebo. Nel frattempo comunque continuavo a dimagrire, fino a ridurmi a un miserabile mucchietto di ossa e a perdere quasi completamente la massa muscolare e la bella forza fisica su cui ero abituata da una vita a fare conto.
Attualmente sono a casa, non ho ancora avviato l'anno scolastico (con mia infinita rabbia e risentimento, cui alla fine si è sostituito una sorta di rassegnato fatalismo) e sembra che a scuola prima di Dicembre non mi rivedranno. In compenso ogni giorno vengono a domicilio uno o due infermieri che mi avviano una interminabile flebo ad alto potere nutritivo, seguo un regime alimentare che i nutrizionisti cambiano ogni due per tre e che non comprende, ahimé, né carne cruda né pesce crudo (ma per quest'ultimo prevedo qualche insubordinazione da parte mia già nelle prossime settimane) e dire che passo una vita casalinga non rende nemmeno lontanamente l'idea. Inoltre, avendo delle difese immunitarie praticamente inesistenti, i più strani malanni accessori hanno bussato alla porta - gli ultimi sono stati un cocco e un batterio particolarmente perfidi e una doppia trombosi alle braccia dove avevano innestato un attacco per le flebo, e proprio il batterio è responsabile del mio mancato ritorno a scuola - o così mi piace credere, magari non sarei riuscita lo stesso a tornare per metà Settembre, chissà.
Ad ogni modo ho passato una estate inesistente e molto ospedaliera, tra consulti di vario tipo, esami assai variegati e soprattutto una connessione wi-fi che a volte c'era e a volte no (di solito no, come si può facilmente intuire dalle pause forzate cui il povero blog è stato costretto).
Ho quindi deciso di dedicare qualche post alle mie complesse vicende mediche - che a questo punto stanno vivamente pesando non solo sull'andamento del blog, ma anche sulla mia vita insegnantesca, e alla metamorfosi interiore che due anni sotto controllo medico hanno inevitabilmente prodotto, non fosse che perché queste lunghe, interminabili pause senza lavorare mi hanno lasciato una quantità di tempo libero per la lettura che perfino io, lettrice assai affamata e molto amante della vita sedentaria, ho finito per trovare eccessivo. Volendo cercare un lato positivo in tutta la vicenda posso dire però che questo anno sabbatico forzato mi ha permesso di dedicarmi ad aggiornamenti storici e soprattutto geografici piuttosto consistenti e adesso sono senz'altro una insegnante molto più aggiornata sul piano economico internazionale e sulla realtà di paesi che conoscevo solo per sentito dire. Di tutto ciò i miei futuri alunni si avvantaggeranno, soprattutto se mai per avventura riuscirò a entrare nuovamente in una classe.
Nel frattempo ho ricevuto grandi complimenti per la mirabile forza d'animo e la pazienza con cui ho affrontato le mie intricate vicende mediche; non  negherò che mi abbiano fatto piacere, e tuttavia rimpiango molto gli anni in cui quando facevo molte assenze arrivavo a ben sette giorni - per tacere di quelli in cui assenze non ne facevo proprio; e ancor più rimpiango i bei tempi andati in cui un quarto d'ora in moto bastava per permettermi di risolvere qualsiasi problema di scartoffie, mentre adesso mi chiedo se mai più riuscirò a togliere e rimettere il cavalletto al mio glorioso scooter 150 con felice nonchalance e rispondendo con indifferenza "Ma no, basta abituarsi a fare i movimenti giusti" a chi mi chiedeva "Ma non è un po' pesante?" (in realtà non mi sono affatto abituata a fare i movimenti giusti, li facevo e basta, e non mi sembrava certo di compiere chissà quale impresa).

In mezzo a tutto ciò Google, il perfidissimo Google, ha deciso di dare il suo contributo: e così, tornando a casa dopo due mesi di assenza il computer si è rifiutato di riconoscermi come legittima tenutaria del presente blog perché non è il mezzo abituale con cui accedo. E grazie al cazzo, ci capisce che negli ultimi mesi non è stato il mezzo abituale, quando  e se avevo la connessione all'ospedale mi arrangiavo col tablet. 
Non solo, ma a sua volta il tablet è andato in sciopero non appena sono tornata a casa rifiutandosi di riconoscere la wi-fi domestica e come se non bastasse, per   diversi giorni accendere il fisso è stato impossibile per colpa di un problema di spine. 
Per mia buona sorte però non mi ero ancora disfatta del vecchio computer, quello dove ho scritto i primi nove anni di post del mio amato blog. Nemmeno il perfido Google ha potuto esimersi dall'ammettere che il suddetto vecchio computer era in realtà un mezzo frequentemente usato per accedere al blog. D'accordo, il browser è vecchiotto, ma insomma funziona quanto basta, e nelle prossime settimane spero di riuscire a capire cosa accidente pretende Google da me per consentirmi di usare il computer nuovo.
Chissà, magari ci riesco...

venerdì 25 novembre 2011

Save Our Souls (vita da blogger)


Come Lord Grenville, anche noi blogger navighiamo in acque perigliose

Qualche anno fa decisi che, per la qualità della mia vita, era per me essenziale tenere un blog. Dopo lunghe e profonde meditazioni stabilii che taglio dargli, di quali argomenti avrebbe trattato e che profilo avrei presentato ad eventuali lettori.. Decisi anche che il mio sarebbe stato un blog assolutamente spartano, senza gadget, immaginine, figurine sbrilluccicanti e altre frivolezze. Soprattutto niente contatori dei visitatori, statistiche e notizie sulla loro provenienza: casomai qualcuno volesse passare da me era il benvenuto, ma mi sembrava indiscreto indagare se ci arrivasse cercando "scuola, SSIS" oppure "fenomenologia dell'accoppiamento tra cercopitechi gay".
Naturalmente lo avrei tenuto su Splinder, visto che tutti avevano il blog su Splinder. Del resto era evidente e risaputo che non eri nessuno se non avevi un blog su Splinder.
Detto fatto mi iscrissi a Splinder, scelsi un template (quello della penna, guarda caso) e partii.
Mi salvò, come sempre, la Grande Mela: avevo un Mac e su Splinder funzionavo maluccio: per dirne una, non potevo regolare la grandezza del carattere né il colore e soprattutto non potevo andare a capo: i miei post erano un'unica mappazza informe e scritta piccolissima.
Ora, non è che pretendessi di scrivere chissà qual capolavoro, ma il fatto di non potere neanche andare a capo proprio non lo reggevo: un blog spartano non è un blog informe, è un blog spartano. Almeno secondo me.
Così emigrai su Blogspot. Mi piaceva meno di Splinder, era più scialbo, per qualche tempo pasticciai con i commenti. Ma insomma partii.
Cancellai il blog su Splinder, che contava ben due post, ma mantenni l'account perché praticamente tutti i blog che seguivo erano su Splinder.
Col passare dei mesi rividi parecchie delle mie posizioni: imparai a caricare le immaginine, scoprii un sacco di deliziosi siti pieni di sbrilluccicanze diabetiche utilissime soprattutto a Natale (e per me Natale dura più di un mese), avviai una specie di calendario fotografico. Blogspot mi fornì una vasta scelta di template decisamente frivoli e da qualche tempo ho scoperto che mi dà pure le statistiche - o meglio me le darebbe se le guardassi. C'è anche un comodissimo sistema per filtrare i commenti grazie al quale riesco a proteggere il mio innocuo post sulla Rotta di Roncisvalle da un paio di strani esseri che si sono incaponiti a usarlo per offrire video porno proprio lì - non che io abbia niente contro i video porno, intendiamoci, ma insomma chi vuole vederli o comprarli non resta certo senza possibilità se non passa da quel post.

Tutto procedeva bene, dunque. Ci avevo una ristretta cerchia di blog che seguivo regolarmente - tutti su Splinder - e vivevo la mia tranquilla vita da blogger dal mio tranquillo angolino, da dove anch'io combattevo la mia modesta lotta personale contro quel grandissimo impiastro che è stato la ministra Gelmini e raccontavo le mie traversie e traversine scolastiche.

Poi, un mese fa, è arrivato il tifone.
Splinder ha cominciato a lasciare strani messaggi criptici, e tutti lì a cercare di decifrarli. Chiuderà, non chiuderà, ci sta solo pigliando per il culo? La prima non escludeva la terza, anche se la seconda sembrava la più probabile. Ma tutti gli Splinderiani si riunirono sulla spiaggia e cominciarono a migrare in formazioni sempre più numerose. E tutti lasciavano il loro messaggino di addio e il nuovo indirizzo.

Così anch'io, che grazie alla buonanima di Steve Jobs e ai suoi solerti collaboratori ero scampata da Splinder, mi dovetti organizzare una migrazione interna, ovvero cambiare gli indirizzi dei blog preferiti - che non erano poi così pochi, a ben guardare. L'affare è stato più lungo e stressante di quel che potrebbe sembrare perché, grazie al solito Steve Jobs, non solo ho il blogroll dei preferiti scolastici, ma anche la lista dei preferiti e finanche una specie di pagina introduttiva a palcoscenico dove tengo le pagine predilette - quasi tutte su Splinder, guarda un po', anche se non tutte scolastiche. Quindi ho dovuto cambiare ben tre volte gli indirizzi, con supremo stress e giramento di ciò che ho e financo di ciò che non ho, e abituarmi alla nuova paginetta palcoscenico dove i nuovi-vecchi blog hanno cambiato template e apparenza e perfino posizione, confondendomi alquanto. E alla fine è risultato che tutto ciò non era stato inutile, perché Splinder chiudeva davvero e - naturalmente solo dopo che tutti i blogger sono migrati - ha offerto un simpatico comando che garantisce un passaggio rapido e indolore dei blog migranti ad altre piattaforme. Insomma, se tutta questa faccenda invece che da Splinder fosse stata gestita dalla Gelmini in persona, dalla sua sala comandi all'interno del Tunnel degli Elelttrini, non avrebbe potuta essere condotta con maggior incomodo della collettività tutta.
Ma d'altra parte Splinder è gestito da DADA, ditta fiorentina con cui ho combattuto per un anno all'epoca del mio ingresso in rete, quando i provider erano a pagamento anche per i comuni mortali che volevano solo un paio di caselle di posta e la possibilità di navigare. A volte ritornano.

Adesso finalmente ho finito la stressante operazione, e anche il palcoscenico è aggiornato. Ai gestori di Splinder comunque auguro di soggiornare molto a lungo in luoghi assai bui nonché caldi.
Li vedrei bene nei calderoni di pece bollente, se posso azzardare un suggerimento.

domenica 25 ottobre 2009

Vale la pena










Mi han premiato. O meglio nominato. Insomma, quella roba lì della catena dei premi.
In verità a suo tempo avevo stabilito in cuor mio che in caso di premi avrei ringraziato con bel garbo e lasciato perdere la cosa (come poi ho fatto). Ma questo premio è carino, perché ha gli occhi azzurri e a me l'azzurro piace, e poi perché oggi è una giornata particolare; quindi oltre a ringraziare La Prof (no, non c'è il link. No, non è un errore, solo che di recente si è occultata e anzi se riemergesse alla luce IMHO farebbe cosa buona e giusta) e Cautelosa che me l'hanno assegnato e ad apprezzare particolarmente che tale premio venga da due dei miei blog preferiti ho deciso di passarlo a qualcuno - non tanti quanto potrei, giusto due gatti più una Refrattaria, ovvero Milady, che i premi non li prende e non li passa, rassicurandola che non è tenuta a fare niente né ad occuparsi minimamente della cosa perché il premio le è stato conferito sapendo perfettamente che lei non avrebbe allungato la catena, solo come esortazione in considerazione del periodo... diciamo particolare... che sta attraversando dal punto di vista professionale. Perché, come lei sa bene, nonostante tutto "ne vale la pena".
Inoltre potrei - anzi, posso senz'altro - aggiungere al gruppo anche la quinta insegnante di lettere delle medie, LaNoisette, che però era già stata premiata dalla Prof e quindi la cosa lascia un po' il tempo che trova.

Ma veniamo ai due gatti: quando aprii il presente blog stabilii che esso blog avrebbe trattato di scuola, solo di scuola, sempre e unicamente di scuola o di ciò che alla scuola poteva in qualche modo afferire, ad esempio la mia vita interiore.
Così anche i blog che segnalo nel Blogroll sono legati alla scuola media - mentre ce ne sono tanti altri altri che seguo, regolarmente o occasionalmente, ma che lì non risultano.

Poi c'è l'eccezione, ovvero il blog tra i blog, il mio blog preferito tra tutti i preferiti, il miglior blog che abbia mai trovato in rete.
Non si parla mai di scuola ma è un tale capolavoro letterario, linguistico, sociale, politico e soprattutto felino che trovare parole adeguate per lodarlo è praticamente impossibile. Il meraviglioso blog polifonico di Esserino e Balena e del variegato clan che ruota attorno a questi splendidi gattoni (compreso il terzo gatto, Ito, che però non scrive) è un ricco banchetto dove i piatti sono sempre diversi ma, ognuno nel suo specifico modo, sempre altamente gustosi e nutrienti e assai pregevolmente decorati.
Il particolarissimo gattese di Balena unito al più classico gattesco di Esserino sono mirabilmente integrati da voci umane di varia provenienza geografica - e le foto dei due autori principali conferiscono al tutto una fiera e impareggiabile bellezza e quel senso di felina felinità che impreziosisce tutto quel che tocca, vuoi con la zampa, vuoi con la coda.
Con i migliori auguri a entrambi, e pure al resto del clan.

domenica 30 agosto 2009

Consigli inutili su come gestire un blog


Nella scrittura ad uso personale, le regole esistono solo per dormirci su

Navigando per i vasti oceani della rete capitai un giorno nel bel mezzo di una scheda che tal Giovanna Cosenza (professore associato di semiotica presso l'Università di Bologna) aveva preparato per l'antologia per il biennio della scuola superiore I sentieri delle parole, di Roberdo Fedi e Marco Francini, prevista in uscita nel 2009 by Zanichelli.

La scheda mi sembrò la conuseta raccolta di banalità generaliste malamente semplificate che da sempre infestano certe sezioni delle antologie (come talune folli sezioni dedicate al cinema o al fumetto, o quelle sconclusionate serie di regole per la forma-diario e la forma-lettera), ma scorrendo i commenti  incrociai la mia amata Gamberetta, che sembrava per l'ccasione pensarla esattamente come me. Il tutto mi è sembrato molto interessante non solo per le teorie sulla scrittura in sé, ma anche e soprattutto per le teorie che trasparivano sui libri di scuola in generale.

E veniamo al merito.
In sintesi, la scheda spiega come si dovrebbe scrivere un blog: oggi viene spesso usato uno stile "oraleggiante" con interiezioni, esclamazioni, puntini di sospensione, parolacce, espressioni gergali e colloquiali che rendono il tutto "bamboleggiante" oppure "sciatto, pesante o volgare", altrimenti c'è lo stile "presuntuoso", con lunghi periodi involuti "parole dotte e ricercate, metafore ardite" e via dicendo.
Siccome un blog viene letto prevalentemente sul monitor, l'autrice consigliava la buona vecchia paratassi, con frasi brevi, parole semplici, prevalenza dell'indicativo e post brevi, magari intervallati da immagini e interlinea doppi.
Il resto della scheda era dedicata all'analisi di due siti letterari con in mezzo un breve excursus sulle fanfiction (piuttosto decoroso).

La prima domanda che mi è sorta spontanea è "ma questa roba, a che serve?". Cioè: esiste una sia pur remota possibilità che uno studente del biennio legga le prime tre cartelle, quelle dedicate genericamente alla "scrittura in rete" e ne tragga stimolo, interesse, informazioni utili?
Informazioni utili no, perché si tratta di sciocchezze malamente assemblate. Quanto allo stimolo e all'interesse...
Dunque, io sono un quindicenne. Se non ho il computer non lo uso, perciò sapere che esiste la scrittura in rete mi serve solo come informazione generica - e infatti nella scheda siamo proprio sul generico, ma generico davvero, del tipo "brevi cenni su dio e l'universo".
Se invece il computer lo adopero e ci navigo, so benissimo che c'è la scrittura in rete, perché la leggo abitualmente, e so anche che in rete ognuno scrive come cazzo gli pare, a seconda di un'infinità di motivazioni e in virtù del suo personale back-ground culturale, sociale, intimistico, tecnico-bocciofilo e via dicendo.

Qualora decidessi di avviare un blog, saprò già che un blog è prima di tutto un contenitore, e all'interno di quel contenitore mi regolerò come meglio credo - e dunque se ci infilerò  un'infinità di parolacce o di periodi complessi e lunghi come la fame sarà una scelta mia; e il "successo" o meno del mio blog sarà determinato, più che dalle parolacce in sé, dal modo in cui le gestisco, che a sua volta sarà finalizzato a quello di cui voglio parlare e da un'infinità di altri fattori.
Inoltre: se sono un quindicenne che vuole mettere su un blog, non sta scritto da nessuna parte che non possa avere una notevole competenza linguistica, che mi permetterà di gestire periodi involuti e parolacce (anche insieme, anche nella stessa frase) nel migliore dei modi.
Volendo, avrebbe forse potuto avere un minimo di senso presentare le varie tipologie di blog - o meglio alcune tra le più comuni tipologie. Ma è una cosa che funziona meglio in laboratorio (a questo proposito gli e-book potrebbero avere qualcosa da dire se fossero e-book e non libri scritti per essere stampati e poi passati in rete. Ma sto divagando).

La scheda come la leggiamo oggi ha subito qualche ritocco rispetto all'originale, ma molti di più avrebbe potuto subirne. Gamberetta, di cui nella versione originale l'autrice sostiene che "meriterebbe di lavorare - strapagata - nella miglior casa editrice del mondo" prova a mettere un po' di puntini sulle i. Cito alcuni passi del suo primo commento, precisando che qui e dopo corsivo e grassetto sono sempre solo e soltanto miei.


Blog non vuol dire: «sito (web) che tiene traccia (log)»(sic). Blog è la contrazione di Web log, ovvero «Diario(log) sul Web».
“Captain’s Log, star date…”
“Diario del Capitano, data stellare…”
È importante mantenere il termine “diario” perché in maniera chiara e specifica indica cosa sono attualmente i blog. Ovvero quei siti che pur strutturati in una certa maniera mantengono un tipo d’impronta personale, tipica del diario. Il sito dell’ANSA o della CNN può avere la forma e le funzionalità del blog, ma difficilmente lo si definirà tale, proprio perché manca quest’aspetto personale.

* Il blog non è un programma! Sarebbe come dire che un diario è una penna! Esistono programmi e servizi che aiutano a scrivere i post per un blog o a gestire il blog stesso, così come esistono le penne, le gomme e le cartolerie. Ma dire che il blog è un programma è insensato. Al massimo il blog è una “convenzione”: quando si ha di fronte un sito web con certe caratteristiche si può dire che su tal sito sia ospitato un blog. Così come se ho in mano un quaderno e vedo le varie date e i vari appunti posso dire che su quelle pagine c’è un diario.

(...)

Lo dico solo qui ma vale anche altrove: mancano i riferimenti. Tipo che nasce un blog al secondo nel 2006. Dove? Come? Quando? Fonte? Il fatto che il testo sia pensato per i licei e non per l’università non deve esimere dal fornire precisi riferimenti bibliografici e/o Internet. Vale anche per tutti i siti citati: vanno riportati anche gli indirizzi

La replica dell'autrice a modo suo è davvero illuminante:

Gamberetta, pur ringraziandoti per le precisazioni e per il tempo che chiaramente ci hai speso, preciso a mia volta che:
(1) Sono perfettamente consapevole di tutti i tuoi accaniti distinguo, delle relative fonti e di cosa puoi avere in testa quando specifichi una cosa piuttosto che l’altra. Però li trovo inutili e superflui, alcuni in assoluto, altri relativamente al contesto cui è destinata la scheda, anche considerando i limiti in cui sarà inserita.
(2) Ti ricordo che la semplificazione rende necessarie, a volte, alcune approssimazioni e omissioni. Il che non è un delitto.
(3) I criteri di rilevanza e le scelte di contenuto di questa scheda sono miei e del mio editore, punto.
(4) Non so quanti fra i destinatari della scheda (ragazzi fra i 14 e 15 anni) sarebbero invogliati a leggere o scrivere fan fiction se le cose fossero loro presentate con un atteggiamento come il tuo.

(5) Il mio editor leggerà questa discussione e ne trarrà, se lo desidera, opportune conseguenze per gli opportuni cambiamenti. "


"La semplificazione rende necessarie, a volte, alcune semplificazioni e omissioni. Il che non è un delitto".

D'accordo, nella vita si va avanti a semplificazioni e omissioni, altrimenti non riusciremmo a combinare quasi nulla. Ma scrivere che un rospo è un uccello, o che un blog è un programma, più che semplificazioni sembrano balle pure e semplici, esattamente come quando assicuro che la panna non l'ho mangiata io.
Sempre in tema alimentare: che tipo di cibo intellettuale dobbiamo servire alle giovani generazioni? Cibo di buona qualità, magari semplice, cibo manipolato, cibo lavorato in condizioni di scarsa igiene e che non ha subito controlli sanitari? E' lecito passargli gli scarti di produzione soltanto perché il loro apparato digerente è più fresco ed energico del nostro, oppure confidando che il piatto non gli risulti appetibile e che quindi aspettino, per mangiare, di tornare a casa dove sanno di trovare le tagliatelle fatte a mano dal prozio Crodegango?

La replica di Gamberetta è piuttosto indignata:



D’accordo, però, io e i miei amici quando scriviamo e revisioniamo gli articoli per i Gamberi ci sbattiamo sul serio perché ogni cosa sia precisa e corretta. E proprio pensando che forse verranno letti da chi sa poco o niente dell’argomento e dunque ha bisogno d’informazioni più veritiere possibile.
Dunque, chiedo umilmente che ogni riferimento a me e al sito dei Gamberi siano tolti dal testo. Non ci teniamo a comparire in mezzo a una marea di vaccate (scusa, scusa, “necessarie semplificazioni”).

P.S. Un ragazzo di 15 anni ti ride in faccia quando gli vieni a raccontare che “il sito che tiene traccia è un programma”.


Chi non sa ha bisogno di informazioni più precise di chi sa, soprattutto se vogliamo che si fidi di una fonte di informazioni. Senza contare che esiste una razza assai infida di lettori, ovvero Quelli Che Sanno. Sotto questo aspetto, i ragazzi sono terribilmente inaffidabili, com'è noto a chiunque si attenti ad insegnare: anche gli alunni più sprovveduti e incolti sono drammaticamente capaci di segnalarti impietosamente la pur minima imprecisione, sub specie maximae innocentiae, perfino su argomenti all'apparenza del tutto estranei ai loro interessi - e figurarsi se l'argomento è la Grande Rete. 
Ma, al di là del considerevole rischio di essere smascherati ed esposti nudi o cosparsi di piume e catrame davanti alla scolaresca tutta se si dicono vaccate, ci sarebbe anche, ahimé, una questione etica: è legittimo sparare vaccate su chi non sa, confidando nella sua ignoranza? E' giusto prendere uno stipendio a fine mese, o incassare diritti d'autore da un libro, per contare balle?


Forse per questo la risposta dell'autrice della scheda stavolta è inviperita, con una certa venatura sdrucciolosa (e intervallate da due smiley che ci stanno come il cavolo a merenda: ellamiseria, quando si litiga si litiga, le faccine sorridenti stridono)

Cara Gamberetta, mi dispiace molto registrare tutta questa aggressività da parte tua.
Sinceramente faccio fatica a capirne i motivi: non ho mai detto che le tue osservazioni e integrazioni fossero sbagliate, solo superflue per il contesto cui è destinata la mia scheda.
Ma soprattutto faccio molta fatica a capire perché mi stai mancando di rispetto, visto che ho dimostrato almeno in un paio di occasioni di avere molto rispetto per il tuo lavoro. (...)

PS: ho preso in serissima considerazione tutte le tue osservazioni, e in particolare quella sul weblog. Ma ho deciso di evitare il riferimento al diario, optando per una più generica “traccia” (a cui potrei eventualmente decidere, dopo queste riflessioni, di aggiungere “cronologica”), proprio perché volevo dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica a cui spesso viene associato. Nelle scheda volevo restituire ai ragazzi gli aspetti positivi, costruttivi e creativi della narrativa in rete, pur mettendoli in guardia da certe facilonerie.


Si sa, la faciloneria è una brutta bestia. E' opportuno mettere gli altri in guardia contro di essa, guai se per caso dovessero ritrovarsi, gli altri, a peccare in tal senso! Perché se lo facciamo noi, sono "necessarie approssimazioni e omissioni", se le fanno gli altri è un problema di faciloneria.
Ad un animo polemico come il mio verrebbe magari da domandarsi anche perché è così importante "dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica cui viene spesso associato" (associato da chi? E cosa c'è di "banale" nella diaristica di per sé?) e se è davvero necessario restituire ai ragazzi gli aspetti costruttivi della scrittura in rete (da dove risulterebbe che gli sono stati rubati, e dunque che è opportuno restituirglieli?).
E forse si potrebbe anche parlare dell'aggressività dell'implacabile - per quanto, è risaputo che chi ci critica insistendo su argomenti pertinenti è sempre mosso da indicibile aggressività nei nostri confronti, e noi, che siamo di natura tanto sensibili e ben educati, non possiamo che dispiacerci per lui nel vederlo preda di tanta aggressività, poverino.

Comprensibilmente non placata da questa replica, Gamberetta risponde:

Allora: il blog è un diario sul web. Questo è quello che è, che è diverso da quello che tu vorresti che fosse. 

dimostrando con ciò una deplorevole tendenza ad inchiodarsi sui principi cardine di una discussione: sarà anche che la diaristica è banale, sarà che il buon pastore scolastico ha il precipuo dovere di distogliere i ragazzi dalle sirene allettatrici della banale diaristica, ma insomma un blog è un diario in rete e così va definito.
E aggressivamente conclude:

Così stanno le cose. Io lo so. Un quindicenne sveglio lo sa. Tu no. Però tu scrivi testi scolastici, e questo, sì, mi fa incazzare.

In effetti gli estremi per incazzarmi ce li trovo anch'io, più ancora ce li ritrova la scolara che sono stata, e che dietro il suo banchino si leggeva magna cum irritatione le immani quantità di cretinate che gli autori di libri (carissimi) di testo scolastici scrivevano su generi e forme letterarie e mode giovanilistiche di cui non sapevano e non capivano assolutamente nulla.

E infatti a giusta conclusione, nella discussione interviene tale  Anghelos con una dissertazione sul tema blog/diario dove inserisce una frase a modo suo illuminante:

Insomma, qui non è solo questione del limite di spazio: è anche che stiamo parlando di un argomento che nei libri di testo delle scuole non sono stati mai trattati, che io sappia. Questa scheda (non saggio) è destinata ad un libro del biennio, inserire tutti gli aspetti delle narrazioni in rete in un solo testo, destinato a lettori che di sicuro in maggioranza non ne sanno niente, serve solo a confondere.

Insomma, già ne parliamo e questo è un merito, non vorrete mica che stiamo a spaccare il capello in quattro e le palle in sedici a questi poveri ragazzetti ignoranti?

E di nuovo questa strana idea che i ragazzi non sappiano cosa c'è in rete se non andiamo noi adulti a raccontarglielo nell'antologia del biennio. Certo, esistono ragazzi che della Grande Ragnatela sanno poco; ma siam proprio così sicuri che siano "in maggioranza"? E destinati a restarci, in maggioranza? Qualche dubbio sorge spontaneo.



Ad ogni modo l'editor di Zanichelli deve essersi messo una mano sulla coscienza perché diverse delle obiezioni di Gamberetta sono state accolte; tra l'altro nella scheda attuale la definizione di blog è abbastanza equilibrata e, anche se non si parla apertamente di diari, si evita il discorso delle "tracce" né si prova a spacciare un blog per un programma.
Le istruzioni su come scrivere un blog restano, comunque. Si vede che erano ritenute proprio indispensabili.