Il mio blog preferito

venerdì 25 novembre 2011

Save Our Souls (vita da blogger)


Come Lord Grenville, anche noi blogger navighiamo in acque perigliose

Qualche anno fa decisi che, per la qualità della mia vita, era per me essenziale tenere un blog. Dopo lunghe e profonde meditazioni stabilii che taglio dargli, di quali argomenti avrebbe trattato e che profilo avrei presentato ad eventuali lettori.. Decisi anche che il mio sarebbe stato un blog assolutamente spartano, senza gadget, immaginine, figurine sbrilluccicanti e altre frivolezze. Soprattutto niente contatori dei visitatori, statistiche e notizie sulla loro provenienza: casomai qualcuno volesse passare da me era il benvenuto, ma mi sembrava indiscreto indagare se ci arrivasse cercando "scuola, SSIS" oppure "fenomenologia dell'accoppiamento tra cercopitechi gay".
Naturalmente lo avrei tenuto su Splinder, visto che tutti avevano il blog su Splinder. Del resto era evidente e risaputo che non eri nessuno se non avevi un blog su Splinder.
Detto fatto mi iscrissi a Splinder, scelsi un template (quello della penna, guarda caso) e partii.
Mi salvò, come sempre, la Grande Mela: avevo un Mac e su Splinder funzionavo maluccio: per dirne una, non potevo regolare la grandezza del carattere né il colore e soprattutto non potevo andare a capo: i miei post erano un'unica mappazza informe e scritta piccolissima.
Ora, non è che pretendessi di scrivere chissà qual capolavoro, ma il fatto di non potere neanche andare a capo proprio non lo reggevo: un blog spartano non è un blog informe, è un blog spartano. Almeno secondo me.
Così emigrai su Blogspot. Mi piaceva meno di Splinder, era più scialbo, per qualche tempo pasticciai con i commenti. Ma insomma partii.
Cancellai il blog su Splinder, che contava ben due post, ma mantenni l'account perché praticamente tutti i blog che seguivo erano su Splinder.
Col passare dei mesi rividi parecchie delle mie posizioni: imparai a caricare le immaginine, scoprii un sacco di deliziosi siti pieni di sbrilluccicanze diabetiche utilissime soprattutto a Natale (e per me Natale dura più di un mese), avviai una specie di calendario fotografico. Blogspot mi fornì una vasta scelta di template decisamente frivoli e da qualche tempo ho scoperto che mi dà pure le statistiche - o meglio me le darebbe se le guardassi. C'è anche un comodissimo sistema per filtrare i commenti grazie al quale riesco a proteggere il mio innocuo post sulla Rotta di Roncisvalle da un paio di strani esseri che si sono incaponiti a usarlo per offrire video porno proprio lì - non che io abbia niente contro i video porno, intendiamoci, ma insomma chi vuole vederli o comprarli non resta certo senza possibilità se non passa da quel post.

Tutto procedeva bene, dunque. Ci avevo una ristretta cerchia di blog che seguivo regolarmente - tutti su Splinder - e vivevo la mia tranquilla vita da blogger dal mio tranquillo angolino, da dove anch'io combattevo la mia modesta lotta personale contro quel grandissimo impiastro che è stato la ministra Gelmini e raccontavo le mie traversie e traversine scolastiche.

Poi, un mese fa, è arrivato il tifone.
Splinder ha cominciato a lasciare strani messaggi criptici, e tutti lì a cercare di decifrarli. Chiuderà, non chiuderà, ci sta solo pigliando per il culo? La prima non escludeva la terza, anche se la seconda sembrava la più probabile. Ma tutti gli Splinderiani si riunirono sulla spiaggia e cominciarono a migrare in formazioni sempre più numerose. E tutti lasciavano il loro messaggino di addio e il nuovo indirizzo.

Così anch'io, che grazie alla buonanima di Steve Jobs e ai suoi solerti collaboratori ero scampata da Splinder, mi dovetti organizzare una migrazione interna, ovvero cambiare gli indirizzi dei blog preferiti - che non erano poi così pochi, a ben guardare. L'affare è stato più lungo e stressante di quel che potrebbe sembrare perché, grazie al solito Steve Jobs, non solo ho il blogroll dei preferiti scolastici, ma anche la lista dei preferiti e finanche una specie di pagina introduttiva a palcoscenico dove tengo le pagine predilette - quasi tutte su Splinder, guarda un po', anche se non tutte scolastiche. Quindi ho dovuto cambiare ben tre volte gli indirizzi, con supremo stress e giramento di ciò che ho e financo di ciò che non ho, e abituarmi alla nuova paginetta palcoscenico dove i nuovi-vecchi blog hanno cambiato template e apparenza e perfino posizione, confondendomi alquanto. E alla fine è risultato che tutto ciò non era stato inutile, perché Splinder chiudeva davvero e - naturalmente solo dopo che tutti i blogger sono migrati - ha offerto un simpatico comando che garantisce un passaggio rapido e indolore dei blog migranti ad altre piattaforme. Insomma, se tutta questa faccenda invece che da Splinder fosse stata gestita dalla Gelmini in persona, dalla sua sala comandi all'interno del Tunnel degli Elelttrini, non avrebbe potuta essere condotta con maggior incomodo della collettività tutta.
Ma d'altra parte Splinder è gestito da DADA, ditta fiorentina con cui ho combattuto per un anno all'epoca del mio ingresso in rete, quando i provider erano a pagamento anche per i comuni mortali che volevano solo un paio di caselle di posta e la possibilità di navigare. A volte ritornano.

Adesso finalmente ho finito la stressante operazione, e anche il palcoscenico è aggiornato. Ai gestori di Splinder comunque auguro di soggiornare molto a lungo in luoghi assai bui nonché caldi.
Li vedrei bene nei calderoni di pece bollente, se posso azzardare un suggerimento.

giovedì 17 novembre 2011

17 Novembre 2011 - Festa del Gatto Nero

Auguri a tutti i bellissimi gatti neri che ci allietano con la loro gentile presenza, e un saluto a tutti i fortunati umani che godono del piacere che la compagnia, l'amicizia, la grazia e l'affetto che i gatti neri sanno darci.
(E a tutti gli altri gatti, si capisce).

domenica 6 novembre 2011

De stultitia parentium

Questa bella favola di stampo fedriano viene, con licenza dell'autore, dal blog Esserino e Balena, tenuto da sue splendidi gatti ma dove occasionalmente scrivono anche esseri umani che ai gatti sono debitamente sottomessi. E' ancora senza titolo, anche se ci sono state varie proposte (la mia preferita è Hic manebimus asine).
Siccome ho una visione scuolacentrica della vita e l'arduo tempo dell'orientamento si avvicina e quest'anno ci ho una terza, mentre la leggevo mi è balzata davanti agli occhi la classica immagine del genitore che insiste sempre e comunque (spesso con successo) per mandare il figlio al liceo stracatafottendosene di indagare prima se al figlio il liceo interessi in qualche misura (sono per fortuna in calo - ma non ancora del tutto scomparsi, ahimé - i genitori che insistono a mandare al professionale ragazzi portatissimi allo studio speculativo, magari, doppio e triplo ahimé, per questioni economiche e soprattutto se femmine).
La storia è comunque valida anche al di fuori di questa mia personalissima e un po' maniacale interpretazione.

Una volta un asinaio, nell' assistere al parto di una sua asina, si trovò davanti un asinello di particolarissimo aspetto. Era infatti il piccolo tutto bianco e l'asinaio volle vedere in questa caratteristica, singolare ma del tutto naturale, un segno divino.
Chiamò dunque un amico fidato e, mostrandogli il piccolo nato, chiese cosa ci si potesse aspettare da tale meraviglia. Questi rispose che l'animale fin da piccolo avrebbe dovuto essere messo nelle mani di un esperto addestratore che potesse esaltare tali doti, ancora nascoste ma certo presenti in un simile portento.
Per due mesi l'asinaio, allevò con cura il piccolo ponendo la massima attenzione a che la madre lo nutrisse abbondantemente e ogni giorno pareva a lui che sempre più evidenti si mostrassero i segni distintivi di un essere miracoloso. Durante la notte l'asinaio si destava e andava a controllare se l'animale fosse ancora nella stalla, poi timoroso dei ladri decise di tenere nella casa con sé l'asina e il somarello. Quando furono passati 60 giorni dalla nascita fu chiamato il miglior addestratore di asini della città ma questi, dopo ripetute prove dovette ammettere che l' asinello non dava segni di intelligenza tali da poterlo distinguere dagli altri anzi pareva a lui che fosse piuttosto tardo a comprendere i comandi e di natura pigra e indolente.
Deluso da tale valutazione l'asinaio, con l'animo che ribolliva per le parole dell'addestratore, che a lui suonavano quasi un insulto, decise di oltrepassare i confini della città e rivolgersi a un maestro circense di Roma che potesse dare una obiettiva valutazione del suo piccolo campione.
Dopo aver pagato dieci sesterzi l'asinaio venne al cospetto del nuovo maestro. Questi stava per dire che di asini bianchi se n'erano visti altri e, a parte il colore singolare e una minore resistenza ad alcune malattie, nient'altro aveva notato nella sua lunghissima esperienza. Miglior conoscitore degli uomini tenne tuttavia per sé tale considerazione e disse che certo, se del buono c'era, lui avrebbe saputo trarlo fuori.
Per la ragguardevole somma di 10 sesterzi alla settimana iniziò l'addestramento. Consiteva questo nel far apprendere all'asino a far di conto il che si risolveva nel proporre una semplicissima addizione la cui soluzione l'asino doveva dare con un corretto numero di ragli. Con adeguati premi in cibarie, l'uomo pensava di far memorizzare una risposta e crere un fenomeno artefatto.
Rimase deluso dato che il somarello, che intanto era cresciuto e si era fatto più robusto, ragliava sì quando il maestro ostentava la carota ma mai per tante volte quante ne richiedeva il calcolo.
Il proprietario dell'asino che ormai aveva speso più di quanto valessero cinque asini dei migliori pensò che il maestro fosse stato inadeguato e, fiducioso ancora nell'animale e desideroso di recuperare la somma impiegata, si rivolse a un famoso oratore. Questi onestamente chiarì che l'asino non avrebbe mai pronunciato orazioni o declamato versi, nè avrebbe semplicemente parlato alla maniera degli uomini ma senza alcun dubbio avrebbe ascoltato con estrema attenzione e compreso alla perfezione tutto quanto gli fosse stato letto per poi tradurlo in un mirabile idioma asinino. Il tutto in due lezioni da cento sesterzi. La somma equivaleva a tutti i risparmi dell' umile asinaio, nondimeno era egli sicuro da una parte di aver tra le mani un fenomeno, dall'altra che la sua cattiva sorte dipendesse solo da maestri incapaci. Così accettò la proposta. Era l'oratore un esperto uomo di mondo e stimato principe del foro che aveva, da subito, intuito come accondiscendere alle fin troppo palesi brame dell'asinaio senza troppo sforzo e senza compromettere la propria fama.
Anch'egli dovette però fare i conti col ciuco che, tediato dalle tante letture propinategli in presenza del proprio padrone , si addormentò senza che vi fosse modo di svegliarlo.
L'asinaio a tale vista levò il bastone e stava per percuotere quello che per lui era un millantatore quando le guardie del foro, riconosciuto il famoso oratore e avvocato arrestarono il pazzo che lo minacciava. Dopo cinque giorni di prigione e trenta frustate ricevute pubblicamente l'Asinaio tornò al recinto, prese l' asino e lo stava per gettare nel fiume con una pietra al collo per togliersi di torno quell'animale venuto dagli inferi per la sua totale rovina.
Un vicino, cui era morto da poco il vecchio asino lo vide e lo fermò dicendo: "dallo piuttosto a me, ti darò in cambio uno staio di grano e quando renderà gravida un asina il piccolo sarà tuo."
"Per tutti gli dei questo no!"- urlò l'asinaio- "Mai più verrò a contatto con quella razza maledetta!
Il nuovo padrone dell'asino accarezzò l'animale, gli fornì cibo in abbondanza e una stalla sicura, lo addestrò alla soma e ne ebbe un utile e fedele collaboratore per tutta la vita dell' asino che fu eccezionalmente lunga e serena: da somaro qual era.