Il mio blog preferito

venerdì 30 agosto 2019

Jonathan Drori e Lucille Clerc - Il giro del mondo in 80 alberi

Ho incrociato questo libro per puro caso in un videoblog  durante una di quelle lunghe giornate in cui passavo metà del tempo libero dalle terapie leggendo e l'altra metà navigando pigramente col tablet perché non avevo nemmeno la forza per sedermi al computer. Il titolo del post era qualcosa del tipo "Dieci libri da regalare a Natale a chi non ama leggere".
La mia personale teoria in merito è sempre stata che se qualcuno non ama leggere, allora gli regali qualcos'altro, ma siccome una parte del mio lavoro è anche trovare libri per chi non ama leggere ho provato a vedere di che si trattava. Il primo titolo proposto era questo, e mi aveva fatto pensare a un libro per ragazzi. In realtà è un libro assolutamente per TUTTI, giovani e vecchi, uomini e donne, botanici e gente che come me riconosce giusto il cipresso e l'albero di Natale quando è addobbato (abete rosso o peccio, assai amato anche dai migliori liutai), e tutto il resto sono "alberi" non meglio definiti. Ma va benissimo anche per chi adora leggere, o per chi all'occorrenza un libro lo prende in mano senza troppo dispiacere. L'unico caso in cui non funziona è se cercate una storia con una trama ricca di personaggi e di dialoghi. Anche se, volendo, i personaggi ci sono: 80 ricchi personaggi, magari un po' legnosi ma assai ben caratterizzati. Nessun rischio di confondere la Tsuga occidentale (Tsuga heterofilla) con la Jacaranda blu (Jacaranda mimosifolia)!

Il testo è di Jonathan Drori, attualmente ambasciatore del WWF e per dieci anni amministratore del Royal Botanic Garden di Kew; tutto ciò è scritto sul risvolto di copertina interna ma per me non vuol dire niente se non che si tratta di qualcuno che con gli alberi ci ha avuto parecchio a che fare, e con le tematiche ambientali anche. Lucille Clerc è invece la disegnatrice che ha fatto le bellissime illustrazioni, che da sole valgono il prezzo del libro. Il quale libro va sui venti euro ma li vale tutti e presto verserò il doveroso obolo per acquistarlo, lo farà comprare anche per la biblioteca di scuola e lo sbolognerò in regalo a un paio di amici ben scelti (che amano abbastanza leggere, peraltro).
La parte principale di detto libro sono 80 schede dedicate ad altrettanti alberi, come anticipato dal titolo. Si parte dall'Europa settentrionale, col signor Platano (platanus o acerifolia) che fa da purificatore ambientale ed è per questo assai presente nelle grandi città, specie a Londra e si finisce, seguendo l'itinerario o almeno la direzione di Phileas Fogg nel celebre romanzo di Verne, col meraviglioso Acero canadese (acer saccarum) che per le particolarità del clima di quel nobile paese ha colori più brillanti laggiù che da noi.
A ognuno di questi alberi è dedicata una pagina o due di testo, e una tavola o due di illustrazioni rigorosamente botaniche dove non sempre ci sono solo alberi o dettagli di alberi (fiori, frutti, foglie, semi, astucci per semi e via dicendo) ma anche animali, uomini, complementi di arredo, utensili vari, vestiti...
Infatti gli alberi, ho imparato, non sempre vivono in maestosa solitudine interagendo pigramente con l'ambiente circostante, ma sono spesso degli ecosistemi in proprio, collaborando con funghi, muffe (sì, muffe. Ce ne sono anche di amiche degli alberi), insetti vari, altre piante ma anche animali di varia grandezza, che collaborano attivamente alla sua sopravvivenza mangiando i frutti e risputando in giro i noccioli, trascinando qua e là il polline, proteggendolo, aiutandolo e venendone ricompensati con linfe zuccherine, polpe di frutti nutrienti, gustose foglie e via dicendo. In certi casi perfino l'uomo interviene in loro favore, come nel caso del signor Argan (Arganis spinosa; sì, proprio quello dell'olio ormai da tempo presentato in erboristeria come rimedio a tutti i mali e cura efficace per ogni parte della nostra anatomia) che ha creato una complessa interazione con uomini e capre

o della signora Cola Nitida (cola nitida) che produce semi assai ricchi di caffeina e che viene usata per produrre la bevanda più famosa del mondo dopo l'acqua


i cui fiori cambiano colore una volta impollinati per avvisare gli insetti che gli conviene andare a lavorare altrove se vogliono del buon nettare invece di perdere tempo là dove il rubinetto è ormai chiuso (lo fanno anche molti altri fiori, ho scoperto).
Veniamo così a sapere che gli alberi forniscono gli uomini non soltanto di legname e frutti, ma anche di preziosi insetticidi, come fa il signor Neem (Axzadfirachta indica) in India e altrove, lacca (Toxicodendrum verniciflum, e assicuro che non me lo sono inventato), preziosissimi lattici, veleni, medicine - indimenticabile sotto questo aspetto la signora China, detta anche cinchona), riparo ai viaggiatori, riparo agli indigeni grazie a foglie decisamente estese, oli essenziali di vario tipo, come la signora Jojoba (simmondsia chinensis) tanto utile in profumeria, resine varie, sostegno religioso e architettonico, pregevolissimi fiori ornamentali come il signor Ciliegio Yoshino (prunus x yodensis).... abbiamo alberi che hanno fondato imperi e religioni, avviato grandiosi commerci, conosciuto ere di splendore e improvviso declino, che sono improvvisamente riemersi dalla preistoria in tempi recenti, che hanno contribuito a famosissime leggende, hanno dato la bandiera a certi paesi e via dicendo, e ognuno ha una sua personale strategia riproduttiva - perché riprodursi per un albero non è sempre "fioriamo e lasciamo che api e farfalle si diano da fare" - e caratteristiche particolari, tecniche specifiche per la difesa e per l'offesa, amici e nemici. Tutti loro sono strettamente collegati all'ambiente, e alcuni stanno vivendo momenti drammatici; la loro scomparsa o anche solo diminuzione porta e porterà grossi squilibri, anche economici, alle regioni cui appartengono.
Le descrizioni sono rigorosamente tecniche ma lo stile è discorsivo e l'insieme risulta molto chiaro anche a una sprovveduta come me.

Un libro del genere è una buona lettura per tutti, una preziosa fonte di informazioni per gli aspiranti botanici o anche solo per i curiosi e una miniera di scoperte per chi si interessa di questioni ambientali. Ma per un insegnante di Lettere è qualcosa di più, perché gli permette di collegare strettamente tutte le sue materie e le sue schede possono egregiamente essere usate per brevi letture, prove di comprensione del testo per Italiano, Storia e Geografia e per esercizi di estrazione,  sintesi e raggruppamento di  informazioni ma soprattutto per dimostrare quanto sono complessi i legami tra uomo, ambiente, economia e politica*.
Infine, la sua formula accortamente frammentata consente di usarlo per riempire piccole pause, per letture più distese ma anche in quei periodi sovraffollati dell'anno in cui una pagina o due sono tutto quello che puoi permetterti prima di addormentarti.
Naturalmente è corredato anche da una ricca bibliografia e da un indice dei nomi, e indica perfino dove cercare in rete per trovare il giardino boitanico più vicino a casa vostra e osservare i più insoliti alberi.

Con questo post sono lieta di partecipare nuovamente al Venerdì del Libro di Homemademamma dopo la pausa estiva consigliando qualcosa di veramente speciale e anche adattissimo per un regalo, considerando l'elegante veste grafica e la bellezza delle illustrazioni.

* (sì, credo che quest'anno lo userò parecchio)

giovedì 29 agosto 2019

Quotiens in anno scholastico licet insanire? - Guida per l'aspirante Bravo Insegnante

Cosa c'è di più virtuoso e compassato di un  coro di suore di clausura?
E cosa c'è di più serio e rispettabile di un coro di giovani studenti ben vestiti con divisa azzurro scuro e cravatta papillon?

Tutto ciò che è culturale è, per lunghissima tradizione, molto serio.
E anche tutto ciò che è scolastico è, per tradizione più giovane nel tempo ma molto salda, molto serio. 
Ci aspettiamo che i nostri alunni abbiano modi rispettabili, che intervengano a tempo e in modo rispettoso, che vengano a scuola con i vestiti giusti, che accantonino nelle ore scolastiche la loro inevitabile irrequietezza giovanile e i lazzi e frizzi con cui si beano durante il tempo libero (e che spesso sono di una inaudita idiozia, ammettiamolo) - insomma che considerino la scuola un posto serio e che affrontino gli studi in modo serio. E tutto ciò è cosa buona e giusta (anche se personalmente sono dispostissima a lasciare che si vestano come meglio gli pare e intervengo sempre con molta decisione in difesa dell'alunno quando ai Consigli di Classe si comincia a discutere di come si vestono Epicarmo o Adalgisa) e assolutamente indispensabile per tirare avanti la baracca e impedire che la classe si trasformi in una bolgia infernale.
In più ci aspettiamo che sì seri alunni considerino con grande serietà le materie che cerchiamo di propinargli e gli insegnamenti che tentiamo di instillargli sul viver civile, ma nel contempo che vivano la scuola come un posto domestico e affettuoso, dove si sentano liberi di esprimersi e si appassionino a tutte quelle tematiche serie che con loro affrontiamo - salvo poi addolorarci che si annoino a morte e percepiscano la scuola come una gabbia, e di passione manco a parlarne - a meno che non si intenda la passione nel suo senso letterale di "sofferenza".
Quelli che soffrono, allora, sono gli insegnanti; soprattutto quelli di Lettere, ovvero coloro che tanto hanno amato la letteratura nelle sue più varie forme da essersela scelta come mestiere e di conseguenza sono convinte che qualsiasi persona sana di mente, non importa di quale età, non può che amare a sua volta con gran foga la letteratura.
"Non gli è piaciuto Leopardi" "Non gli è piaciuto Montale" "Non gli piace assolutamente Manzoni" sono frasi sconfortate che capita spesso di sentire in Sala Insegnanti. E se è vero che di questi tempi Manzoni è oggetto di antipatia quasi universale anche quando è fatto nel migliore dei modi, Leopardi di solito non dispiace e Montale nemmeno; peccato che il "di solito" dipenda in maniera imprevedibile non soltanto dal modo in cui viene fatto, ma anche dal tempo, dalle circostanze esterne e da una tale infinità di variabili che nemmeno Silente sarebbe in grado di calcolarle. Non esiste l'autore che piacerà sempre, non esiste il brano musicale che piacerà sempre eccetera, perché ogni classe e ogni alunno son fatti a modo loro, e per giunta cambiano di momento in momento peggio di un caleidoscopio.
Ci sono tuttavia molte cose che piacerebbero se fatte nel modo giusto.
E quale sarebbe, questo "modo giusto"?
Precisiamo: nel "modo giusto" per quella classe in quel momento e in quelle circostanze. Non ci sono ricette universali, occorrono buon senso, attenzione, cautela, buona volontà, antenne lunghe e soprattutto parecchio culo.
Qualcosina però si può fare per intervenire sul metodo. Anche lì, non c'è una ricetta universale ma una certa larghezza di vedute può aiutare e soprattutto prevenire il burn-out, flagello che colpisce tanti di noi.

Il primo video presenta una scena di risveglio: viene dal film Dister Act, in cui una sventurata cantante soul, per una serie di disgraziati accadimenti, si ritrova a dover vivere per un paio di mesi in un convento di clausura sotto protezione della polizia. Guarda caso, si tratta di un convento dove il coro canta malissimo anche se sia le suore che la direttrice del coro si impegnano con passione: del resto, si suppone che per una suora di clausura cantare il suo amore per Dio sia opera che si prende a cuore con grande passione. 
La Madre Superiora, un po' per tenere buona la non-suora che in convento scalpita alquanto e un po' per vedere di nascosto l'effetto che fa la manda appunto in quel coro e nel giro di pochi minuti la cantante si trova a dirigerlo. 
Piccolo particolare: le suore sono tutte bianche, tranne la cantante soul. E sappiamo che i neri hanno una tradizione di canti sacri cantati in modo magari un po' informale alle nostre orecchie abituate a Cherubini e Mozart, ma molto, molto trascinante. Così la non-suora, dopo aver messo in atto un paio di accorgimenti tecnici del tipo raggrupparle le suore per registro vocale, le spinge a un canto molto appassionato.
Le suore accettano con entusiasmo e nel giro di pochi giorni si scoprono cantanti eccellenti. Il piacere fisico con cui cantano il loro amore e la loro devozione per la Vergine Maria è non solo evidentissimo, ma estremamente contagioso e tutti i fedeli apprezzano moltissimo (tranne la Madre Superiora, che comunque alla fine cambierà idea). In questa versione un po' personalizzata l'inno a Maria non cambia le parole né la musica, si limita a ritoccare i tempi - ma la musicista ha spinto le suore a tirare fuori, appunto, la loro passione e l'entusiasmo che provano per Maria e tutte le sue virtù.

Il secondo video è, a tutti gli effetti, una canzonetta, scritta nel 1939 da un  musicista zulu che utilizzò un'aria tradizionale della sua gente. Il musicista in seguito morì povero in canna, il che è una grandissima ingiustizia perché da allora la canzone ha fruttato enormi quantità di soldi ai moltissimi che l'hanno ripresa e ai moltissimi cori più o meno amatoriali che l'hanno cantata - e non scordiamo il piacere di chi se l'è ballata in discoteca negli anni 70. Personalmente ci vado pazza e me la canto spesso, sia in italiano che in inglese, sin dalla tenera età di quattro anni quanto per molti giorni tirai scemi i miei poveri genitori cantandola e ricantandola senza tregua.
Il brano è delizioso e qualsiasi coro è ben lieto di cantarlo, credo: qui però il l'arrangiatore, musicista di gran rinomanza,  ha avuto una pensata geniale: inserirla nella giungla. I coristi partono con rumori assai giungleschi, che occasionalmente riprendono nel corso della canzone con un effetto raffinato che probabilmente è stato piuttosto complicato da ottenere - ma immagino che si siano divertiti tutti come pazzi, nel corso delle prove, e impegnati a sangue. L'insieme è ulteriormente impreziosito dall'aspetto dei giovani coristi, impeccabilmente vestiti con completo blu e tanto di cravatta papillon, i piccoli come i più grandi, che con l'aria più seria imitano i più vari animali. Con grande determinazione il coro ha affrontato un compito che di solito a un coro non spetta, ovvero quello di imitare gli animali della giungla, e sospetto che non sia stata una passeggiata - ma si sa che con l'impegno e il duro lavoro si ottengono spesso grandi risultati.

Tutto questo serve in classe?
Sì e no, dipende da tante cose. Come molti insegnanti hanno imparato a loro spese, svegliare la passione sopita in una classe semiaddormentata può essere pericoloso e fare uscire la classe completamente fuor di controllo, e solo un gruppo di alunni profondamente seri in cuor loro possono affrontare con la necessaria determinazione l'imitazione della risata della scimmia e dello strisciare del serpente, per tacere del cospicuo rischio che la classe pretenda di andare avanti tutto l'anno a fare la risata della scimmia e lo strisciare del serpente*, anche quando l'insegnante tenta di affrontare il teorema di Pitagora. Tuttavia la scuola è piena di esperimenti azzardati che hanno ottenuto un travolgente successo e hanno trasformato una classe di amebe in un gruppo di adolescenti vivi e creativi. 
Di fatto tutti sappiamo che qualsiasi cosa esca dalla routine è destinato a rimanere molto più impresso del normale tran tran quotidiano, e sono questi i ricordi che un giorno i ragazzi ormai diventati adulti rispolvereranno chiacchierando con gli amici o i figli; e infatti tutti noi siamo sempre a caccia di modi nuovi e alternativi per fare questo o quello. Il problema è che questi modi alternativi
1) sono studiati da esperti di didattica che ci fanno su appositi corsi, e molto spesso è roba da far venire il latte alle ginocchia anche a un serpente maschio
oppure
2) sono stati inventati da altri insegnanti assai diversi da noi per modo di fare e di insegnare e, soprattutto, che hanno altre classi - perché nessuno ha la nostra classe, e il rapporto che noi abbiamo con la nostra classe, e insomma è bene lavorarci su per adattarli - sempre con l'aiuto del buon senso, della cautela, della buona volontà eccetera e soprattutto sperando intensamente di avere molto, molto culo.
Cosa può fare insomma l'aspirante Bravo Insegnante per porre in modo appetitoso le varie portate del suo non sempre entusiasmante menù?
Una cosa, di sicuro: allargare le sue vedute. Andare a caccia di curiosità. Cimentarsi in campi nuovi, non necessariamente legati alla sua materia o agli interessi dei ggiovani d'oggi, curare la sua interiorità, andare a vedere spettacoli insoliti o meglio ancora parteciparci, spendere il bonus saggiamente elargitoci a questo scopo dal MIUR - sperando che continuino a darcelo - insomma ricordarsi prima di tutto di essere un individuo ancora in crescita e in formazione (lo siamo fino a un minuto prima di morire, tutti) e in secondo luogo di essere stato anche lui un giovane che all'occorrenza si trasformava in un giovane idiota.
E se idiota non è mai stato, nemmeno un minuto in vita sua, né ha mai avuto la benché minima tentazione ad esserlo?
In quel caso sarà bene che usi la sua luminosa intelligenza per cercarsi un altro lavoro. Al più presto.

*anche se ricordo con piacere Arisu, che dopo una gita scolastica in un parco nazionale aveva imparato a imitate molto bene il richiamo della civetta, che da allora risuonava ogni tanto nel mezzo della lezione dando un pregevole tocco naturalistico a tutto l'insieme.

venerdì 23 agosto 2019

Hic manebimus optime (post con l'annuncio ufficiale della mia guarigione)

Come ricorda un vecchio proverbio, il Ferragosto è la porta dell'inverno. Quest'anno, va detto, si è trattato di una porta su un inverno insolitamente estivo.
Nel frattempo, da brava convalescente, sono andata in letargo. Ho letto, scritto il diario (quello mio personale, su carta), testato una nuova legatoria che ha aperto vicino a casa mia che fa prezzi mooolto migliori di quelle fiorentine e mangiato una quantità immane di verdure crude e crudissime, per rifarmi da due anni di astinenza forzata. Ho anche fatto una serie di prove: ristorante cinese, giapponese e indiano, pesce fritto, MacDonald, kebab, gelati di tutti i tipi... attualmente sto svuotando i banchi degli ortolani acquistando giganteschi grappoli di uva dopo essermi ingozzata di albicocche per quasi due mesi. E tutto è andato giù liscio e festoso.
Ho meditato molto sui massimi sistemi e su come organizzare la mia casa e il mio guardaroba. Ahimé, non ho ancora rimesso in ordine i miei orecchini. Ma sono molto pigra in queste settimane e rimettere in ordine gli orecchini, come ognun sa, è un lavoro molto faticoso.
Ho quasi completato l'ultimo tagliando, mi manca solo l'ultima visita medica.
Guardo al mondo e alla vita con un ottimismo nuovo e molto piacere. In questo felice momento ho ridimensionato drasticamente tante cose che un tempo avrei classificato come serie preoccupazioni.
La nostra pazza crisi di governo, per esempio...



Come diceva Osho (quello vero) è importante vivere accentrati sul presente.
Anche perché, col presente attuale, non si rischia nemmeno di annoiarsi perché ogni minuto si porta dietro la sua novità. E ad ogni novità anch'io come tutti spalanco gli occhi, con la stessa innocenza e lo stesso stupore di un bambino appena nato.
E mi dico che, davvero, sono completamente guarita se la mia interiorità riesce a contemplare tutto ciò senza rivoltarsi come un guanto.

sabato 17 agosto 2019

17 Agosto 2019 - Giornata della Valorizzazione del Gatto Nero (post storico)

Oggi è una delle molte giornate dedicate al Gatto Nero, animale ricco di eccellentissimi pregi, tra i quali spiccano una bellezza e una dolciosità incomparabile
e un profondo istinto materno (condiviso più o meno da tutte le specie, peraltro).

Stabilito ordunque che i gatti neri sono il massimo che c'è, soprattutto per chi ha la grande fortuna di averne uno vicino, oggi ho pensato di dedicare il post non soltanto ai gatti neri, ma a una deplorevole bufala che da gran tempo circola su queste adorabili creature e che viene regolarmente rimpallata sui siti dedicati ai gatti, ovvero la strage di gatti neri ordinata niente meno che da un papa: Gregorio IX.
Ordunque, si racconta che nel civile e colto medioevo i gatti, specie se neri, fossero regolarmente maltrattati e uccisi; qualche sito particolarmente avventuroso parla di milioni di gatti sterminati senza un perché, confondendosi evidentemente con la shoah della seconda guerra mondiale dove morirono tra i cinque e i sei milioni di ebrei (anche se qualcuno sostiene che fossero solo quattro milioni, che non mi è mai sembrato cambiasse molto la questione).



Tutto ciò contrasta vistosamente con le varie miniature e mosaici e affreschi dei conventi dove i gatti ci sono eccome. Molti dei miei amici medievisti nel corso degli anni mi hanno mandato cartoline o foto dove ci sono queste graziose creature, e uno scolaro mi ha spiegato che per i benedettini il gatto era un simbolo di fedeltà - in effetti l'accoppiata monaco-gatto è tutt'altro che insolita anche ai nostri giorni; del resto va anche detto che in uno scriptorium un gatto aveva senz'altro il suo perché, visto che ai topi la pergamena piaceva assai* e altri animali gran cacciatori di topi, come le volpi e i serpenti del grano, non erano poi così facili da accattivarsi (non uso il verbo addomesticare perché secondo gli studiosi è stato il gatto ad addomesticare l'uomo e non viceversa, e garantisco che non sto scherzando: il gatto può essere un animale fedele e affettuoso e affezionarsi enormemente a uno o più umani, ma obbedisce solo se e quando gli pare).
La tradizionale accoppiata gatto nero + strega, entrambi arrostiti sullo stesso rogo, afferisce alla letteratura moderna più che alle fonti storiche: di gatti neri con le streghe si comincia a parlare solo in tempi relativamente recenti e anche i processi per stregoneria veri e propri non sono poi così comuni in epoca medievale, mentre abbondano quelli per eresia. I quali eretici, si sa, facevano spesso cose stranissime e di tendenza adoravano il demonio, a volte sotto forma di un enorme gatto nero - o di un grosso caprone nero, anche se non ho mai sentito parlare di massacri di capre nere per purificare le comunità.

Ma veniamo a Gregorio IX e alla sua presunta crociata contro i gatti. Si narra spesso e volentieri, in rete e fuori, che nel 1233 papa Gregorio IX in apposita bolla pontificale (!) diede ordine ai fedeli di sterminare tutti i gatti neri in quanto incarnazioni del demonio. La bolla fu poi doverosamente diffusa dal clero e i fedeli ammazzarono perciò una grande quantità di micetti di tutti i colori, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza della specie e fu così che quando arrivò la peste, portata come ognun sa dai topi, mancavano i gatti per dare la caccia agli appestatori a quattro zampe, da che derivò grande moria di uomini in tutta Europa.
Messa così sembra un delirio: dopo più di un secolo i gatti, con tutto il gran daffare che sempre si son dati ad accoppiarsi e figliare, non erano ancora riusciti a riempire i vuoti? E anche se eran rimasti in quattro gatti, suvvia, quanti topi saranno arrivati dalle navi a portare la peste? Non certo a milioni.
Peccato che il vero problema non fossero i topi, se non all'inizio della catena, ma i molti marinai che sbarcarono già contagiati - e quelli no, i gatti non pensarono a mangiarseli; proprio non gli venne in mente. Magari un branco di lupi molto affamati avrebbe forse avuto qualche speranza di fermare il contagio, ma nessuno pensò a dotare i porti di branchi di lupi per sbranare i marinai. I governanti di tutti i tempi si sono sempre distinti per la singolare idiozia delle loro pensate, ma questa non mi risulta essere mai venuta in mente a nessuno.
Questa stravagante versione della vicenda viene dalla pagina Facebook di una associazione di atei - a riprova del fatto che la religione sarà forse l'oppio dei popoli, ma non basta rinunciarci per diventare assennati



(da notare l'abbigliamento leggermente improbabile della presunta strega del 1232).
Di solito la bufala sulla crociata sui gatti non si spinge così lontano, e si limita a dire che nel 1232 papa Gregorio IX, non avendo evidentemente nulla di meglio da fare per passare il tempo, emanò la bolla Vox in Rama dove bandiva una crociata contro i gatti cui i fedeli aderirono con grande zelo invece di chiedere un impeachment contro il vescovo di Roma per manifesta insania del medesimo, e detta bufala si trova facilmente anche altrove: per esempio in questo articolo più volte pubblicato che si dà un tono molto storico ma senza mai citare il passo in cui il buon cattolico è esortato a sterminare gatti neri o gatti in generale.
La storia viene pazientemente smontata dal sito History For Atheists, che se non altro riscatta l'onore degli atei e dimostra che anche un ateo è capace, se si applica con criterio e metodo, a scrivere un rispettabile articolo di storia, con tutte le sue brave fonti e illustrazioni e citazioni. Il succo della storia è che Gregorio IX si limita a riferire nella bolla il resoconto di Corrado di Marburgo su cosa fanno gli adepti di una specifica setta satanica, detta dei Luciferiani, adorando tra l'altro un demone sotto forma di grande gatto nero; ma non chiede alcuno sterminio di gatti di alcun tipo, né risulta che infatti alcun gatticidio sia seguito alla bolla in questione. L'articolo contiene invece una serie di interessanti considerazioni sul gatto nel medioevo - e anche un po' di quelle miniature di cui parlavo prima, tra qui questa



dove un micio dispettoso si diverte a complicare la filatura di una brava monaca, a riprova del fatto che i gatti anche all'epoca non erano granché addomesticati, ma dolcemente dispettosi come sono tuttora.
Oltre che per l'interesse storico, l'articolo si segnala anche per la squisita follia dei commenti al post, che dimostrano come su Internet circoli gente decisamente strana anche fuori dall'Italia e dal tanto vituperato Facebook.
Infine, per chi volesse in testo italiano sull'argomento, abbiamo anche un articolo pubblicato sul sito dell'Unione Cristiana Cattolici Razionali (immagino nata in contrapposizione agli Atei Mentecatti), cui sono debitrice del bel micione che ci spiega che non è perseguitato dalla Chiesa.
A questi ultimi due articoli sono debitrice anche di una notizia che non sapevo: nella Regola per Anacorete del XIII secolo l'autore esorta le aspiranti eremite a non possedere alcun animale... tranne un gatto. Che mi sembra iun consiglio di singolare saggezza. Quale compagnia è più adatta di un gatto per un anacoreta, maschio o femmina che sia? Non solo caccerà con entusiasmo i topi, ma non turberà il suo desiderio di silenzio e la sua contemplazione e gli/le fornirà quel solido appoggio emotivo che i gatti sono così bravi a dispensare.

Infine, visto che è la Giornata per la Valorizzazione del gatto nero, un consiglio per la lettura - dove si racconta di come i marinai inglesi volessero a tutti i costi un gatto sulla loro nave, possibilmente nero, perché portava fortuna.

* so di un esimio filologo che, nel caso di gravi lacune nei manoscritti, suggeriva  ai suoi allievi di scrivere nell'edizione mm ovvero manducavit mus (il topo se l'è mangiato). 

venerdì 9 agosto 2019

8 Agosto - Festa del Gatto Nero? (post contro le discriminazioni; quelle subite dagli altri gatti, intendo)

Navigando pigramente su Facebook ai primi di Agosto scopro che domani è la festa del gatto nero. Mi riscuoto dalle mie pigre meditazioni e guardo il calendario: 8 Agosto. Dunque domani sarebbe il 9 Agosto.

Ma come?!? Io ho sempre celebrato su questo rispettabile blog gattofilo una festa internazionale per la Valorizzazione del Gatto Nero per il 17 Agosto! Ho dunque fallato per tutti questi anni?
Alfonsina, Ninfadora, Astrifiammante, Sibilla, Iside, potrete mai perdonarmi?*



Vado a controllare su Google.
Sì, la festa internazionale per l'Apprezzamento del Gatto Nero esiste ed è appunto il 17 Agosto. Quindi non ho fallato del tutto.
Però, non c'è dubbio, esiste anche una Festa del Gatto ai primi di Agosto. Non il 9, come dichiarava il benintenzionato postatore, bensì l'8. Ed è internazionale, pure quella. Ma non è dedicata specificamente al Gatto nero, bensì a tutti i gatti in generale. Che mi sembra anche giusto, povere stelle.



Perché, oltre alla festa dedicata alla doverosa Valorizzazione del Gatto Nero in Agosto esiste anche una festa del Gatto Nero il 17 Novembre (da me regolarmente segnalata) che è specificamente italiana e perfino un Mese del Gatto Nero, che sarebbe Ottobre



e dove per giunta c'è una supplementare Festa del Gatto Nero il giorno 28, entrambi statunitensi.

Ora, io ritengo che nessuno potrebbe accusarmi con ragione di non amare i gatti neri e di non apprezzarne tutte le loro meravigliose caratteristiche e di non onorarli doverosamente tutti i giorni dell'anno

e tuttavia mi sembra che a questo punto ci siano tutti gli estremi per parlare di discriminazione. D'accordo, i gatti neri sono bellissimi e dolcissimi e amorevoli e simpatici e intelligenti. Niente da dire in proposito. Ma non lo sono forse tutti i gatti?
E per quanto si favoleggi di stragi annuali di gatti neri per Halloween (ma la cosa è tutt'altro che provato che avvenga su vasta scala, o addirittura che avvenga) tutti i gatti sono soggetti a maltrattamenti tutt'altro che immaginari: non solo i gatti neri, ma tutti i gatti subiscono danni per avvelenamento, maltrattamenti, abbandono, umani psicopatici che ne accumulano quantità assurde in piccolissimi appartamenti senza dargli da mangiare** e perfino soppressione di cuccioli, e i gatti randagi ci sono di tutti i colori.

Comunque oggi si festeggiano i gatti in generale e ne approfitto per omaggiare i gatti diversamente neri di due care amiche.
Questo è il Samwise di Eva, qui attivamente impegnato nella raccolta delle olive

E questa è Magò, la gatta screziata di Acquaforte, scopertasi esperta baby sitter quando la figlia di Acquaforte si è a sua volta riprodotta:



E dunque auguri a tutti i gatti, senza discriminazioni.

* sì, sono tutte passate da casa mia. Ho un ricco curriculum per quel che riguarda i gatti neri, o meglio le gatte nere.
** ogni gattile purtroppo si è trovato ad occuparsi di queste disgraziate famiglie allargate e solo negli ultimi cinque anni a Firenze il gattile dell'associazione che sostengo ha affrontato tre di questi ricoveri di emergenza, e in ognuna delle emergenze i gatti maltrattati si contavano a decine. (Naturalmente per ognuna di queste emergenze ho contribuito come meglio potevo per aiutare).