Di solito, se un libro non mi piace mi chiudo in un delicato silenzio o spiego pudicamente che "non è nelle mie corde": sono infatti assai consapevole che quel che a me appare un autentica palla ad altri può apparire ricco di infiniti pregi che io non riesco a vedere - dopotutto, tra i libri che proprio NON mi sono piaciuti ci sono il Canzoniere di Petrarca, Il giovane Holden e Il piccolo principe, che di solito non vengono ritenuti la feccia della letteratura. Non tutti abbiamo le stesse corde e la stessa sensibilità, quindi davanti all'entusiasmo altrui per un presunto capolavoro che a me fa solo venire un gran sonno o un gran nervoso taccio e mi defilo.
Andiamo un po' più a fondo nei dettagli: La profezia di Celestino è una roba molto new age, scritta maluccio (ma non pretende di essere un capolavoro della letteratura) in cui si racconta di un antico manoscritto che illustra varie chiavi per l'evoluzione spirituale dell'umanità, che potrà così raggiungere un adeguato grado di illuminazione aprendosi al mondo e alla Conoscenza.
Detto così, avrebbe avuto parecchie carte in regola ai miei occhi (seppure dell'antico e falso manoscritto peruviano casualmente rinvenuto, volendo, mi sarei adattata di buon grado a fare a meno): i libri sulla spiritualità mi interessano e li leggo volentieri, le storie di persone che raggiungono l'Illuminazione anche, e più di una volta hanno influito sulla prospettiva da cui guardo il mondo e la vita. Di solito attingo a fonti abbastanza antiche e blasonate, ma dopotutto ho letto volentieri anche roba piuttosto moderna del settore, anche americana.
Forse proprio perché qualcosa in merito l'ho già letto, è possibile che la grandiosa scoperta che le piante possano avere sensibilità e financo un aura energetica non mi abbia stravolta per la gran sorpresa - voglio dire, il livello non è proprio elevatissimo. Per chi vuole saperne qualcosa di più sul libro comunque basta andare qui.
E veniamo alla mia storia.
Tanti e tanti anni fa, ad una cena a casa di una cara amica, costei ci raccontò che aveva visto quel libro in libreria e l'aveva comprato, convinta che fosse un libro dedicato a Celestino V, un papa che si dimise da papa in tempi assai medievali e che alcuni ritengono essere quello cui Dante dedicò il celebre verso "che fece per viltade il gran rifiuto". Tale interpretazione è contestata da molti (secondo me del tutto a ragione) ma insomma il personaggio è interessante e infatti ha interessato molte persone, non solo medievisti: Silone per esempio ci scrisse su un dramma teatrale, L'avventura di un povero cristiano.
"Racconta, racconta" chiedemmo, assai disposte a interessarci alle vicende di Celestino V.
"Macché, Celestino V non c'entrava neanche di striscio" ci disilluse l'amica, e passò a descriverci con parole di fuoco il libro, che le aveva fatto assai schifo dalla prima all'ultima pagina; tra l'altro lei non aveva mai nutrito alcun interesse per le storie basate sull'elevazione spirituale dei protagonisti. Un altra di noi che lo aveva letto (fermandosi però alle verdurine che si illuminavano mostrando la loro aura) appoggiò in pieno il suo parere e anzi lo integrò con nuove e orripilate descrizioni.
Dopo aver riso fin quasi a soffocare finii per prendere in prestito il libro, desiderosa di cimentarmi anch'io con tanto orrore. Mi venne dato assai di buon grado, con la raccomandazione che, caso mai mi fosse piaciuto, me lo tenessi pure senza farmi scrupoli del tutto superflui. Promisi.
E lessi il libro.
Qualche giorno dopo telefonai alla gentile prestatrice.
"Ho letto il Celestino" le dissi "Non è poi così male, secondo me avete esagerato. Se sei in casa con un forte raffreddore, per esempio, è una lettura che può andare perché non ti impegna tanto e così ci passi un pomeriggio in cui tanto non avresti potuto fare niente di utile. Certo, è un libro da prendere solo in prestito o in biblioteca perché se lo compri poi ti dispiace avere sprecato così i tuoi soldi, e se te lo regalano ti dispiace lo stesso, perché sai che qualcuno ci ha speso dei soldi pensando di farti un piacere, e invece tu avresti preferito che si fosse comprato un bel CD o fosse andato in birreria con un amico per bere alla tua salute, o anche solo alla sua".
Davanti a quelle che a me sembravano parole concilianti, non disgiunte da un vago apprezzamento, e comunque ben lontane dalla sua drastica stroncatura, l'amica si mise a ridere pazzamente.
Mi disse che nella sua mente era balenata l'immagine di quelle fascette elogiative che allegano spesso ai libri:
"Un libro che non va regalato, ma solo prestato!"
"Ideale per quando avete un forte raffreddore e non siete buoni a fare nulla!"
"Non regalatelo, piuttosto andate a bere una birra con un amico!"
"Raccomandato dai produttori di birra!" eccetera eccetera.
Fu così che il mio sconsiglio si guadagnò fama e onori, e anzi passò alla storia (all'interno della mia piccola cerchia).
Con questo post strettamente autobiografico partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma, con l'augurio che le vostre letture di questo fine settimana non vi facciano desiderare di avere un forte raffreddore per apprezzarle meglio.