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venerdì 29 gennaio 2021

Tra le vite di Londra - Jennifer Worth


Secondo volume della trilogia avviata da Chiamate la levatrice che ho presentato più di un anno fa ripromettendomi di continuarla di lì a poco - cosa che non avvenne perché poco dopo le biblioteche pubbliche chiusero per diversi mesi e quando riaprirono avevo ormai avviato altre letture e insomma solo durante le vacanze di Natale mi sono presa gli altri due volumi.
Parto con una precisazione: anche se i tre libri sono conosciuti come "la trilogia delle levatrici" si tratta di tre romanzi (trattati storico-sociali? Memorie? Un po' di entrambe le cose e molto altro?) autoconclusivi, non sono nati come trilogia e non credo che avremmo visto il secondo e il terzo se il primo non avesse avuto tanto successo.
In particolare, questo secondo si distacca abbastanza dagli altri due ed è forse quello più simile a un romanzo nella struttura - insomma non è una raccolta di brevi quadretti ma si concentra su tre storie, e la prima e la terza affondano le radici alla fine dell'Ottocento, in piena epoca vittoriana. Come il primo e come il terzo, comunque, è una lettura piacevole, scorrevole, avvincente ma non leggera e la cruda realtà non viene risparmiata al lettore.

In Tra le vite di Londra i parti passano in secondo piano e ci si occupa più di vite, appunto, che di nascite.
Nella prima parte viene ripreso e approfondito il terrificante tema degli ospizi inglesi, nati per raccogliere e assistere (assistere? Mah. Dipende da cosa si intende per "assistenza") i poveri e gli orfani inglesi. Una nobile causa, senza dubbio; peccato però che l'accoglienza che i poveri e gli orfani ricevevano nell'ospizio fosse una via di mezzo tra la prigione e il campo di lavoro. Non scenderò nei dettagli perché lo fa l'autrice, ma di sicuro l'Inghilterra è stata meno generosa con i suoi poveri di molti altri paesi, e il terrore che evocava la parola "ospizio" era tale che ancora negli anni Cinquanta gli anziani di basso ceto rifiutavano con tutte le loro forze di farsi curare in ospedale perché molti di questi ospedali erano appunto nati sulle metaforiche ceneri degli ospizi.
La prima storia è quella di Jane, che collaborava con l'Istituto di Nonnatus House dove lavorava l'autrice: una donna di mezza età, sfiorita, terribilmente insicura, tanto da diventare in certi casi più di intralcio che di utilità per l'Istituto. Si sa che da bambina aveva subito un terribile trauma, e più avanti il trauma viene raccontato in tutti i suoi agghiaccianti dettagli - ed è un trauma subito appunto nell'orfanatrofio che l'aveva raccolta.
Da lì si passa al racconto di due suoi amici, una coppia di fratelli anche loro accolti nell'ospizio e separati con implacabile decisione perché di sesso diverso. Quando il fratello maggiore, diversi anni dopo, si ricorda di avere avuto una sorella (perché con gli anni, non vedendola mai, aveva finito per dimenticarsene completamente) e prova a prenderla con sé i responsabili fanno un sacco di storie per affidargliela (e rifiutano ostinatamente di fargliela incontrare prima che lui mostri i requisiti che gli permetteranno di riprenderla) ma ancor più sbalorditivo è che, una volta che gli hanno affidato la ragazzina, non si interessino più minimamente della cosa e non facciano nessun tipo di controllo per vedere se la ragazzina si trova bene con quello che, infine, per lei è un perfetto estraneo.
In realtà i due si troveranno perfettamente bene insieme e si ameranno tutta la vita - fino alla morte, in effetti, come viene raccontato in un capitolo davvero struggente.
E la povera Jane? Grazie a un lampo di genio della bravissima superiora del convento e ad uno stimabile missionario, anche Jane troverà alla fine una solida felicità che la ripagherà almeno in parte della sua infanzia infelice e traumatizzata, in un capitolo che evoca ad ogni riga lo stile di Agatha Christie (davvero memorabile in particolare la sequenza in cui due abili commesse riescono con grande stile a fornirla di un guardaroba tutt'altro che appariscente ma assai elegante parlando in codice tra loro).

La terza parte racconta invece la storia di qualcuno che all'ospizio riuscì a non mettere piede, grazie a una madre eroica che sopportò sacrifici e privazioni di ogni tipo appunto per evitarlo ai suoi figli. Il ragazzo, in mancanza di alternative, finì per arruolarsi nell'esercito di Sua Maestà - una scelta che fece all'inizio disperare assai la povera donna, ma che sistemò comunque il bilancio della famiglia. Al soldato in realtà le cose non andarono troppo male, anche se si vide morire intorno buona parte dei suoi compagni; ma sul finire della vita il glorioso impero britannico gli riserverà un trattamento non particolarmente generoso - anche se di fatto era lo stesso che riservava a tutti gli strati inferiori della popolazione.

In mezzo, come di dovere, c'è un intermezzo brillante: lo scabrosissimo processo per furto della suora più anziana del convento, processo che sia le suore che la polizia cercano con tutte le loro forze di evitare ma senza osare di fare apertamente nulla per evitarlo davvero - perché si sa, la legge è la legge e va rispettata, e sia la polizia che il convento hanno una reputazione da difendere.  Sorella Monica Jean è un bellissimo personaggio già comparso nel primo romanzo, ed è talmente complessa, ricca di contraddizioni e di chiaroscuri che è difficile credere non sia stata presa di peso dalla vita reale. Il processo si risolve con una rivelazione finale che arriva sul più bello da una testimone di cui è impossibile mettere in dubbio la deposizione e che mi ha ricordato moltissimo il colpo di scena de La parola alla difesa (Agatha Christie, di nuovo).
Lettura consigliatissima, come del resto tutta la pseudo-trilogia, a chiunque ami la letteratura vittoriana (con cui non ha niente in comune), la storia inglese, le contraddizioni inglesi eccetera.

Con questo post tardivo partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma prima di avviare il Micidiale Fine Settimana antescrutinio di fine quadrimestre - una esperienza altamente formativa che non manca mai di allietare due volte l'anno la vita di noi insegnanti.
Felici letture a tutti, visto che il tempo e la pandemia non offrono molte alternative a chi non ha in sorte di doversi preparare agli scrutini.

mercoledì 27 gennaio 2021

God bless the rains down in Africa - Geography On Demand

 

Versione live molto suggestiva e piovosa del celebre brano dei Toto

Africa: continente complicato, sottovalutato ma soprattutto sconosciuto, nei libri di testo di Geografia: un po' di colore locale, un po' di deprecazioni sulla fame e lo sfruttamento dei bambini, con box sulla desertificazione (a volte) e le guerre dell'acqua (che stan passando di moda nel geografichese d'ordinanza), e nemmeno mezza riga sul tanto criticato olio di palma, (responsabile da qualche anno di tutti i mali ma anche colonna portante nell'economia di parecchi paesi malridotti).
Per carità, non si pretende di capire a fondo i problemi di un continente nel giro di due-tre mesi, ma magari non addormentarcisi su potrebbe essere già qualcosa - magari approfondendo un minimo la parte di geografia fisica, che è davvero spettacolare.
Anni fa, con una Terza un po' andante, tentati la carta della ricerca: uno stato per uno, da riferire, per cercare di formare un quadro più completo.
Funzionò così-così: certi stati erano e sono davvero complicati, a cominciare dalla Libia che colleziona governi in contemporanea e dal Corno d'Africa che colleziona guerre civili, e gli alunni non erano di quelli che ci perdono il sonno se non fanno un lavoro eccellente. E poi, insomma, ascoltare una carrellata di stati è un po' una palla.
Quest'anno ho tentato una strada diversa. 
Secondo me in Africa gli stati non contano molto, anche perché vanno e vengono - d i quelli che ho studiato alle medie ne saranno rimasti una decina, e parecchi han cambiato nome due volte, oltre che confini. Mi sono fatta l'idea che invece per l'Africa contino soprattutto le aree geografiche: bacini dei fiumi, foreste, punti di sfruttamento delle risorse. Magari si poteva partire da quelle.
Di solito, quando arriva un continente nuovo, faccio una bella lezione di geografia generale e interrogo diversi alunni alla carta del continente appesa alla parete.
Ma quest'anno è complicato farlo: le classi sono piccole, la bacchetta va sanificata ogni volta, anche per me andare alla carta in fondo alla classe per spiegare è un azzardo perché stare lontana due metri dai banchi diventa impossibile, senza contare il rischio da un giorno all'altro di tornare a lavorare a distanza.
Così ho deciso di prendere tempo.
"Da quale stato volete cominciare?".
La risposta è stata unanime: il Sud-Africa.
Bene, niente problemi: c'era sul libro, poi c'è la storia dell'apartheid - che comincia ad essere un po' datata ormai, visto che l'apartheid è finita quasi trent'anni fa. Ad ogni modo qualsiasi insegnante di Lettere che abbia almeno sei mesi di esperienza alle spalle sa improvvisare senza problemi una lezioncina sulla Repubblica del Sud Africa: ci sono i Monti dei Draghi e il deserto Kalahari e il fiume Orange e il Vaal e le tre capitali e Nelson Mandela...
Lezioncina, le canoniche tre interrogazioni ed ecco fatto.
Però la parte fisica dell'Africa è davvero splendida, ed era un peccato sacrificarla.
Così ho assegnato a ognuno un fiume, una catena montuosa, un lago, la Rift Valley, un deserto... Ognuno avrebbe fatto la sua ricerchina e l'avrebbe esposta a modo suo: a immagini, a presentazione, a gesti, insomma come gli pareva. Poniamo di riuscire a fare l'esame nel solito modo, e poi era sempre un esercizio utile.
Giusto il giorno dopo la prima lussuosa esposizione sulla Rift Valley siamo entrati in quarantena.
Io nella Didattica a Distanza non interrogo. 
Cioè, non interrogavo.
A questo punto però, con le ricerche già fatte, non potevo fare altro.
E così ci siamo sciroppati tutte le ricerche sull'Africa fisica in remoto, col collegamento che perdeva colpi eccetera.
Ci siamo arrangiati, il collegamento ci ha abbastanza assistito e tutto sommato non è andata male. Ma, certo, erano nate come prove di esposizione e sono diventate spesso delle prove di lettura. Pazienza, la vita a volte va così, però vedere le cascate Vittoria o il Kilimangiaro proiettato in un francobollino sul computer non è proprio la stessa cosa che vederli sul grande schermo della LIM, tesssoro, proprio no.
"Bene, avete fatto le vostre ricerche, adesso tocca a me. Che stati  volete?".
Hanno scelto Congo, Malawi (perché gli era piaciuto il lago) e Burundi (gli piaceva il nome. Lo capisco, perché è sempre piaciuto molto anche a me. E ricordo che quando ero ragazzina c'era l'ancor più fascinoso Ruanda-Burundi, che adesso si è separato, il Ruanda da una parte e il Burundi dall'altra, e non è stata una separazione indolore).
"Ci vuole anche uno stato mediterraneo" ho detto "Almeno uno dobbiamo farlo, è previsto nel contratto".
Hanno scelto il Marocco.
Non uno di questi quattro stati era sul libro, e in seguito ho capito perché (a parte il Marocco, che a volte c'è e onestamente non morde, ma è spesso soppiantato dall'Egitto che in questo periodo mi sta mortalmente antipatico).

E partiamo col Congo.
Primo problema che ho trovato del Congo:  ce ne sono due - la Repubblica del Congo e la Repubblica Democratica del Congo, uno da una parte e l'altro dall'altra parte... del fiume Congo. E non era per niente facile capire di quale parlassero i vari siti geografici che spulciavo. Ho comunque scoperto che il primo era l'ex Congo Francese, e il secondo l'ex Congo Belga.
Ma dopo tre pomeriggi passati a impazzire sui due Conghi ho stabilito che un Congo bastava e avanzava per tutti, e ho optato per l'ex Congo Belga, che era più grande.
Mi sono resa conto ben presto di aver trovato una specie di gallina dalle uova d'oro.
C'era davvero di tutto:  il crudelissimo Leopoldo II del Belgio, tanto per cominciare, che se l'era preso come possedimento personale avendo pure il coraggio di chiamarlo Stato Libero del Congo (e figurarsi se fosse stato prigioniero!).
Leopoldo II era quel discutibile re di cui quest'estate, durante i tumulti del Black Lives Matter, i belgi avevano imbrattato e distrutto le statue (e han fatto benissimo). Mi sono studiata la storia, che è davvero orripilante, e ho scoperto che i suoi crimini erano stati denunciati tra l'altro da Conrad e da Conan Doyle, e ci aveva partecipato l'integerrimo eroe vittoriano Livingstone.
Poi c'era la dittatura di Mobotu, grande appassionato di diamanti, che gli aveva cambiato nome in Zaire (antico nome del fiume Congo, ho scoperto).
Bene, io dello Zaire sapevo solo una cosa: esisteva quando studiavo alle medie e ci avevano fatto una bella canzone che mi piaceva molto e che con mia grande sorpresa ho scoperto essere cantata da un bianco (statunitense); ero convinta che fosse un qualsiasi inno al nuovo stato cantato da un musicista almeno di origini africane. Invece no, è dedicata al Rumble in the Jungle.


Il quale Rumble in the Jungle era qualcosa che in realtà conoscevo benissimo, e cioè il leggendario incontro tra Classius Clay e Foreman per il titolo mondiale dei pesi massimi. Perfino in casa nostra, dove del pugilato ce ne fregava assai meno che zero, avevamo seguito la vicenda della lotta di Cassius Clay, depredato dal titolo perché non aveva voluto fare la guerra in VietNam, contro il perfido bianco Foreman, ovviamente parteggiando per Clay (anche se Foreman si limitava a fare il suo mestiere e non era poi così perfido).
Poi c'erano le guerre civili, di cui ho detto solo che c'erano perché, per pietà, c'è un limite anche per la Terza Brillante.
I dati economici, che erano davvero agghiaccievoli.
La storia dei bellissimi parchi naturali, usati dagli abitanti come riserva di caccia perché i dipendenti, stufi di non essere pagati, avevano lasciato il lavoro.
La foresta pluviale che è la seconda più grande del mondo dopo l'Amazzonia.
I leoni, che fanno sempre un bell'effetto.
Le miniere di coltan e cobalto (due utilissimi minerali per fare i cellulari, che si estraggono con procedure decisamente pericolose), con al seguito il tema dello sfruttamento del lavoro minorile. E che sfruttamento! Abbondavano i video di denuncia delle associazioni umanitarie.
Frugando bene ho trovato anche un pallido articoletto piuttosto recente che suggeriva agli imprenditori italiani di investire nella Repubblica Democratica del Congo, che prometteva di riavviarsi benino.
A tutt'oggi comunque le agenzie turistiche suggeriscono di evitarlo per i viaggi di piacere perché l'assistenza medica è molto bassa anche per gli standard africani. Che è un vero peccato, perché è un posto davvero splendido.
Ho montato il tutto in una graziosa presentazione senza effetti speciali - che non riesco a fare, anche se, ripensandoci, qualche dissolvenza almeno avrei potuto provare a mettercela - con poche scritte e immagini efficaci, giusto per predicare con l'esempio che in una presentazione il testo deve essere ridotto al minimo ma se scegli bene cosa scrivere poi puoi chiacchierare quanto vuoi.
E' venuta bene e mi sarei data un voto discreto, devo dire.
Poi gli ho assegnato un po' di argomenti su cui fare un testo, servendosi della mia presentazione, del materiale caricato sulla piattaforma - e niente gli impediva di cercare qualcosa in proprio, e qualcuno l'ha pure fatto.

Sfinita da tanto lavoro, ho deciso che gli altri tre stati li avrebbero fatti loro: li ho spezzati in tanti piccoli argomenti e li ho assegnati per una ulteriore prova di esposizione, stavolta fatta in classe.
Il Marocco è un bello stato molto pittoresco, mentre Malawi e Burundi si segnalano per essere di una povertà sbalorditiva. Così nessuno può dire che ci siamo fatti mancare qualcosa.
Qualcuno ci ha preso gusto e ha fatto delle mini-presentazioni con effetti speciali di dissolvenza e musiche in sottofondo.
Qualcuno ci ha preso troppo gusto e, richiesto di parlare dei monti del Marocco ha fatto una conferenza di un quarto d'ora.
E qualcuno ha fatto quel che mi aspettavo, cioè un intervento di tre-quattro minuti.
Alla fine abbiamo lasciato la bellissima Africa, senza troppi rimpianti ma tutti più acculturati e più saggi (tranne Fantomas che in quel periodo è praticamente sparito, tanto che lo stiamo abbiamo segnalato a Chi l'ha visto?).

Il mio sogno nel cassetto, che prevedo nel cassetto resterà, è convincerli a non portare per forza uno stato: climi, fiumi, foreste e deserti vanno benissimo e qualsiasi commissione li preferisce a dieci Giapponi e dieci Stati Uniti di fila.
Tutto ciò comunque è stato possibile solo grazie alla nostra bella piattaforma, su cui mai e poi mai avremmo messo le mani se non ci fossimo stati costretti dal lockdown.

(di nuovo Africa, stavolta nella versione ufficiale dei Toto che l'hanno scritta)

domenica 24 gennaio 2021

Tanto gentili e tanto onesti paion / gli alunni miei quando altrui salutan (Gli implacabili insegnanti di St. Mary Mead, di nuovo)

                  

La Terza Brillante vanta un memorabile curriculum scolastico. Al suo interno comprende un Certificato bravo, diligente e coscienzioso che ha legato a meraviglia con la classe e che durante la micidiale Didattica a Distanza ha studiato con rinnovato vigore arrangiandosi a meraviglia col computer, tre DSA che usano senza problemi gli strumenti compensativi e vivono serenamente la loro DSAggine; uno di loro, Perceval, ha il ruolo di Elemento Originale: fa tutto a modo suo, non sempre bene, e quando prende un voto basso perché ha fatto tutt'altro da quel che gli avevamo chiesto lo incassa senza batter ciglio (e ascolta interessato le nostre rampogne, pur continuando a fare a modo suo). Inoltre c'è Jeanne d'Arc che, operata d'urgenza di appendicite durante la Didattica a Distanza quando eravamo in zona rossa è rientrata quattro giorni prima delle vacanze di Natale assicurando di star bene e con tutti i compiti fatti, per poi esporre serenamente la ricerca che non aveva potuto esporre perché all'epoca era sotto i ferri, e due Stranieri arrivati di punto in bianco dal paese d'origine rispettivamente un anno e due anni fa, che adesso parlano un italiano fluente. L'unico elemento discordante è Fantomas, che frequenta pochissimo e non parla quasi mai, nemmeno se interrogato, ma che nonostante tutto agli scritti prende sempre dei buoni voti, e che certo non crea alcun problema disciplinare - anche perché non c'è quasi mai.
Persino i genitori sono quasi tutti equilibrati, tanto che vantiamo perfino un Figlio di Insegnante che non ha mai causato alcun incidente diplomatico con la sua stimabile madre che lavora da noi.
Durante il lockdown la Terza Brillante è stata allegra, partecipe e briosa nonché di grandissimo conforto e sostegno per noi insegnanti (col risultato che ha svolto praticamente tutti i programmi e adesso non dobbiamo fare troppe corse). Sin da quando era una Prima Molto Promettente è stata presente e partecipe, e faceva moltissimi miracoli. Cortesi, educati, disponibili e studiosi ma anche vivaci e divertenti. Le loro mascherine sono sempre ben posizionate, i loro avvisi sempre firmati, i loro rapporti interni sempre rilassati e amichevoli. Accoglienti con insegnanti e nuovi compagni. Portano sempre i libri della materia giusta. 
Insomma, gli manca solo l'aureola.

Una mattina, mentre imperversavo con il colonialismo del tardo Ottocento Perceval alza la mano (essi alzano quasi sempre la mano prima di parlare).
"Prof, il mio banco è rotto".
E mi fa vedere che il ripiano del banco si è staccato.
"Vai dalla custode e chiedine un altro" autorizzo garbatamente prima di rimettermi a imperversare con i poveri neri africani oppressi e i cattivi bianchi colonialisti (del resto, richiesti di portare dopo le vacanze un fatterello internazionale che li aveva colpiti, in tanti mi hanno fatto lunghi resoconti sulla morte di George Floyd e Black Lives Matter).
Alla quinta ora, mentre sono in Sala Insegnanti ad assemblare una lezioncina sui laghi, arriva Inglese.
"Coordinatore della Terza Brillante, questo è per te".
Guardo il bellissimo cacciavite a stella "E' un regalo?" chiedo speranzosa. Non ne ho mai visto uno così bello e dall'aria così ben funzionante.
"Fai tu. Comunque l'ho sequestrato a Perceval. Sembra che, per passare un po' il tempo, lui e altri quattro svitassero e riavvitassero banchi, finché uno dei banchi alla fine si è rotto. Ho sequestrato il cacciavite e lo passo a te".
"E va bene" sospiro rassegnata mettendolo nel cassetto "Lo riconsegnerò alla famiglia, se viene a riprenderlo" (ma non vengono mai a riprendere queste cose, e allora la riconsegna avviene a fine anno).
La spinosa questione dei banchi svitati non viene ripresa quando entro in classe due giorni dopo, ma solo al Consiglio di Classe, dove Inglese, che non è poi tanto incantata dalla classe (del resto l'ha avuta solo da qualche mese) suggerisce sanzioni. Far ripagare i banchi, mettere rapporti?
"Non hai messo il rapporto?" mi informo.
"La custode gli ha fatto una partaccia e ha detto che se lo rifanno gli farà mettere un rapporto".
Davvero una sanzione esemplare, non c'è che dire. Quasi feroce, direi (del resto, la Custode li conosce da tre anni, la sindrome di Stoccolma deve aver colpito anche lei).
"Abbassiamogli il giudizio di condotta" suggerisce qualcuno.
"Questo almeno sì" convengo a malincuore "Ma forse anche il rapporto non ci starebbe male".
"Glielo metti tu come coordinatore?".
"Io non metto rapporti su cose che non ho visto. Mettiglielo tu che c'eri".
A tutt'oggi il rapporto non è stato inserito. 
Non solo: rivedendo i giudizi sulla condotta mi sono pure accorta che avevamo dimenticato di abbassarlo a uno di loro. Ho provveduto.
Voglia di sanzionar saltami addosso, ma vatti un po' più in là, che mi non posso.
(L'avesse fatto la Terza Invasata, mi figuro gli strilli. Io per prima, si capisce).

venerdì 15 gennaio 2021

Praticamente innocuo - Douglas Adams


Nel 1992, a otto anni di distanza dal quarto volume della sua trilogia, che sembrava a tutti gli effetti una vera e propria conclusione, con la morte e redenzione del robot depresso Marvin e il messaggio di Dio all'umanità (peraltro credibilissimo), ecco che Adams decide di scrivere il quinto volume, che dà una nuova conclusione alla storia - ma forse non quella definitiva.
Comunque è un libro molto triste.

No, non "deprimente": anzi, come sempre il romanzo si avvale di una scrittura brillante, un intreccio fascinoso ed eccellenti dialoghi, oltre che di una complessa struttura che va compiutamente rivelandosi nell'ottimo finale (ho scritto ottimo, non lieto. Tuttavia perfino io sono disposta ad ammettere che non sempre un lieto fine convenzionale è il migliore dei finali possibili in una storia).
E così cominciamo con Tricia McMillan, ormai lanciatissima giornalista televisiva a New York. La carriera brillante però non basta a lenire il rimpianto per una occasione persa quando era molto giovane. Per tanti di noi arriva un momento che può rivelarsi decisivo, l'occasione da cogliere ora o mai più, e lei non l'ha colta: a una festa in maschera aveva attaccato discorso con un giovane affascinante, che si è poi rivelato essere un alieno, e lei si era detta disposta a seguirla MA doveva andare a riprendere la sua borsetta - e quando era tornata con la borsetta, il giovane era scomparso.
Qui il lettore comincia a guardare con sospetto le pagine: perché i quattro romanzi precedenti si basano anche sul fatto che Tricia, con o senza borsetta, aveva seguito eccome il suo alieno, e ci aveva intrecciato una storia ricca di alti e bassi (finita con lei che se ne andava per sempre piantando l'alieno, ci pare di ricordare) e dunque... e dunque...
Del resto la New York descritta sembra una normalissima New York dei primi anni 90, dunque la Terra non è stata distrutta e... boh?
Lasciamo Tricia con i suoi struggenti rimpianti e troviamo Arthur Dent triste e solo. Un triste giorno infatti, durante un volo interstellare, la sua amatissima Fenchurch è sparita, inghiottita in un salto iperspaziale. Da allora lo sconsolatissimo Arthur cerca di ritrovarla, o di ritrovare almeno la Terra, una delle Terre del multiverso che non sono saltate in aria; ma niente, non c'è verso.
Lo ritroviamo anni dopo, parcheggiato su un simpatico pianetino di periferia, dove gestisce un chiosco che produce eccellenti panini. Anche fare panini può essere un processo artistico, o una via per la contemplazione, e lui è avviato su questa strada. Finché un giorno arriva Patricia, che è passata da lui per lasciargli per un po' la loro figlia. E se il lettore si sorprende che Tricia e Arthur abbiano una figlia, figurarsi Arthur, che sa benissimo che giammai ha fatto niente di riproduttivo con Tricia.
Il romanzo procede e si snoda, con un lettore sempre più stranito che cerca non solo di seguire la storia, ma soprattutto di capire come la storia che conosceva, o credeva di conoscere, si sia potuta evolvere in sì incomprensibile modo. Pian piano però tutto si spiega - in modo non troppo rassicurante ma si spiega.
C'è anche una profezia, o qualcosa di molto simile, che dovrebbe servire a rassicurare Arthur. Come tutte le profezie di tutti i tempi, si rivelerà proprio nelle ultime pagine una colossale presa di giro, e con un mirabile doppio salto mortale carpiato e avvitato la vicenda si concluderà quasi dove è cominciata. E' un bel finale, comunque, e Arthur lo accoglierà con un certo sollievo e la convinzione che tutto si è sviluppato nel modo più adatto.
Così si chiude la complessa e multiversica vicenda legata alla Guida galattica per gli autostoppisti (sì, anche la Guida avrà una sua parte non piccola in tutta la vicenda). 

E con questo terzo finale della trilogia in cinque volumi la storia sembrerebbe giunta una terza volta a conclusione. Ma...

L'autore in seguito dichiarò che aveva scritto un romanzo così triste a conclusione della sua storia perché in quel periodo era triste anche lui. Ma poi pensò che gli dispiaceva, e cominciò ad elaborare un quarto finale, e nel contempo avviò un finale diverso anche per la serie (televisiva? Radiofonica? Non ricordo). Quello arrivò effettivamente a conclusione, e Arthur ritrovava la sua Fenchurch che faceva la cameriera nel Ristorante al termine dell'universo.

I tempi di produzione letteraria di Douglas però erano abbastanza particolari, e si racconta che l'editore, per ottenere che terminasse alfine i suoi romanzi lo doveva praticamente rinchiudere in qualche luogo isolato.
Stavolta non pensò a rinchiuderlo in tempo, e dopo aver traccheggiato per ben nove anni con il suo quarto foinale per la trilogia in sei volumi, Douglas morì per un attacco di cuore nel 2001 lasciando nel più nero sconforto editore, amici, fan e soprattutto la sua famiglia.
La quale famiglia però frugò nei suoi computer e trovò ampie tracce del quarto finale, e dopo avere a lungo ponderato la questione affidò la redazione di questo quarto finale a Eoin Colfer, che ne trasse un romanzo intitolato E un'altra cosa..., che uscì nel 2009.
A qualcuno piacque e lo trovò adeguato, qualcuno invece non riuscì ad entusiasmarcisi più di tanto. Quanto a me, non posso giudicare perché non l'ho letto.
Anche se forse, rifiutarsi di leggere un libro è pure quello, a modo suo, una specie di giudizio.
E dunque proverò a motivare il mio non-giudizio che si basa sul rifiuto di leggere il libro.
Ho apprezzato moltissimo la trilogia in cinque volumi, per il suo complesso intreccio, per questa sua struttura fluida che ti cambia in mano pagina dopo pagina, e certamente anche per i suoi risvolti religiosi (perché Douglas era dichiaratamente ateo, e ciò nonostante/appunto per questo/in parte per entrambi i motivi, questo suo ateismo aveva dotato di vari, mutevoli e cangianti riflessi assai religiosi la sua visione della vita, dell'universo e di tutto quanto come traspare nel ciclo) ma soprattutto avevo apprezzato il suo modo di scrivere, di raccontare e di sbalestrare continuamente il lettore - cosa, quest'ultima, che di solito detesto ma che nel suo caso mi è piaciuta molto. Secondo me però quel tipo di stile davvero personale lo poteva gestire un solo essere umano in tutto il multiverso: Douglas Adams, appunto.
Di Eoin Colfer ho letto un po' di cose, e non posso dire che mi siano dispiaciute, ma non ne ho tratto l'impressione che fosse in grado di gestire un lavoro così personale. Per scrivere un romanzo à la Douglas Adams secondo me non basta riprendere lo stile di Douglas Adams, ma è necessario essere Douglas Adams. Magari sbaglio, si capisce.
Ma dubito che farò il tentativo.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma, finalmente ricomparso dopo lunghe settimane di assenza, e concludo senza davvero concludere (o concludendola davvero, chissà) la mia serie di recensioni su questo bellissimo ciclo che consiglio caldamente a tutti, soprattutto a chi desidera rivedere la sua concezione della vita, dell'universo e di tutto quanto. 
E ringrazio sentitamente per tutto il pesce.

martedì 12 gennaio 2021

L'incoronazione di Carlo Magno (post assai legato alla storia contemporanea)

 


La mattina di Natale, durante la messa, Carlo re dei Franchi venne incoronato imperatore da papa Leone III. Con questo gesto diede prova di grande gentilezza verso gli studenti, perché scelse una bella data rotonda che si ricorda sempre senza sforzo, e fondò una istituzione che attraversò i secoli per chiudere i battenti definitivamente solo nel 1919, quando l'ultimo imperatore cattolico d'Europa fu sbattuto fuori dal trono. Naturalmente non poteva sapere che quel gesto avrebbe avuto conseguenze così durature, ma sia lui che il papa erano consapevoli di fare qualcosa di importante - anche se in cuor loro erano convinti di continuare una tradizione, non di avviarne una completamente nuova (almeno credo).
Sul fatto che Carlo fu incoronato imperatore non ci sono dubbi: abbiamo le nostre varie fonti, anche se non dettagliate come le vorremmo. In compenso non sappiamo, e non possiamo sapere, cosa veramente passasse per la testa ai protagonisti.
Da secoli il dibattito storiografico in merito prosegue senza sosta, né c'è possibilità alcuna che qualcuno arrivi un bel giorno portandoci le risposte, e così ognuno ha la sua e in tanti non ne abbiamo affatto.
Quando, tanti e tanti anni fa, feci un corso all'università appunto dedicato a Carlo Magno scoprii che ogni storico vedeva quell'incoronazione a modo suo; ognuno di noi partecipanti al corso aveva avuto assegnato un bel tomo di studi storici dedicati appunto a Carlo Magno (e si trattava sempre di testi assai blasonati, che non di rado avevano rivoluzionato la storiografia carolingia) e lo doveva leggere e riferirne agli altri. Inevitabilmente ognuno di quei pregiati volumi conteneva ampie riflessioni e considerazioni sull'incoronazione e rimasi sorpresa, oltre che affascinata, dallo scoprire che ognuno dava di quell'interpretazione una versione diversa.
Carlo Magno fu colto di sorpresa? Oppure tutto era stato organizzato minuziosamente? Oppure c'era un progetto in corso ma Carlo non sapeva, o faceva finta di non sapere, che quella mattina sarebbe entrato in chiesa re per uscirne imperatore?
Quel gesto rafforzò il papa o l'imperatore o entrambi? Carlo era convinto? Era contento? Lasciò fare? Non si rese conto della portata del gesto?
Ogni storico aveva la sua da dire, e nessuno era completamente d'accordo con nessuno; tutti però, essendo storici di gran pregio, poggiavano la loro opinione su argomenti e considerazioni sempre molto appropriate e dunque, come nei manuali di filosofia, l'ultimo che arrivava ti convinceva sempre più del penultimo per poi essere soppiantato dal successivo. Evvabbé, eravamo giovani studiosi in formazione, che ci lasciassimo convincere senza far troppa resistenza ci stava.
A tutt'oggi non ho opinioni precise in merito, come spiego regolarmente ai miei alunni esponendogli una breve rosa di possibilità - perché mi preme prima di tutto che capiscano che la storia non è un insieme di fatti, ma un gioco di specchi dove, a seconda del punto in cui ti collochi, il quadro è sempre diverso perché è fortemente influenzato dalla realtà e dalla cultura contemporanea di chi la sta studiando.

Non abbiamo molta speranza di capire cosa passava per la testa dei protagonisti: nessuno di loro ci ha lasciato diari, memorie o autobiografie - ma quand'anche l'avesse fatto, fino a che punto sarebbe stato sincero, financo con sé stesso?
Poniamo che Carlo, sul suo diario personale e segretissimo, avesse scritto "Oggi mi hanno incoronato imperatore, proprio come Augusto. Che ganzo che sono!", lo avrebbe fatto per incoraggiarsi o perché lo pensava davvero? Lo avrebbe scritto per i posteri o per i suoi figli? Lo avrebbe scritto portato dall'entusiasmo del momento oppure due giorni dopo avrebbe pensato "Naaa, è stata una sciocchezza. Oh, se potessi tornare indietro e levarmi dai piedi il papa!"? Eccetera eccetera eccetera. Anni dopo, a imperatore morto, Eginardo scrisse che in seguito Carlo avrebbe detto che se avesse immaginato quel che sarebbe successo nemmeno entrava in chiesa. Eginardo però quel giorno non c'era, e soprattutto: sul serio il papa avrebbe azzardato una mossa del genere se avesse davvero pensato di contrariare il re dei Franchi, che non era esattamente quel tipo d'uomo che si lascia trasportare dagli eventi per poi balbettare smarrito "ma io non sapevo... non credevo... non immaginavo..."? La versione che vuole Carlo contrariato dal gesto è contemporanea o di molto successiva, e tesa ad indicare la modestia e l'umiltà (seeee...) del Re unto dal Signore?
Vai a sapere.

La sera del 6 Gennaio, mentre tutti noi mettevamo i denti negli ultimi dolci di Natale guardando con una punta di dispiacere (o di sollievo) gli addobbi natalizi che presto sarebbero stati riposti, negli USA è successo un avvenimento davvero molto particolare: il presidente ancora in carica ha fatto un discorso dai toni piuttosto sovversivi negando di essere stato sconfitto alle elezioni. Le migliaia di persone che hanno assistito a detto discorso hanno tumultuato e rumoreggiato in segno di approvazione e dopo una piccola frazione di loro se n'è andata all'assalto del palazzo sede del Congresso, che era lì dietro l'angolo, e che nella seduta di quel giorno avrebbe dovuto ratificare appunto che c'era un nuovo presidente in arrivo. La polizia ha cercato di traccheggiare e prendere tempo, suppongo anche per evitare una strage di dimostranti (molti dei quali armati) e di parlamentari, poi alla fine è dovuta intervenire ma non in modo indolore, e ci sono stati cinque morti - nessun parlamentare ma quattro degli assalitori e uno dei poliziotti, più varie decine di feriti. Alla fine il VicePresidente ancora in carica ha preso in mano la situazione, ratificato la nomina del nuovo Presidente e preso le distanze dal Presidente tuttora in carica. E tutti, tranne i morti e i feriti, sono tornati a casa piuttosto straniti.
Tutto ciò è avvenuto in diretta, davanti agli occhi del mondo. Telecamere, telecamere ovunque. Messaggi e filmati dai cellulari, social impazziti, cronisti da ogni angolo del mondo tirati giù dal letto, testimonianze di prima mano come se piovesse, resoconti discordanti altrettanto come se piovesse.
Ma per quanti filmati e racconti possiamo collezionare, nessuno mi dà le risposte che davvero vorrei, e sospetto che nessuno potrà mai darmele, per quanto il fatto venga e verrà esaminato da diritto e da rovescio.
Il Presidente in carica voleva che le cose andassero così o gli eventi gli han preso la mano?
Credeva di non volerlo ma in realtà voleva?
L'assalto poteva riuscire?
Era un golpe, un tentativo di golpe o una scampagnata in libertà? C'era un progetto comune?
Il Presidente sperava davvero che il VicePresidente avrebbe lasciato fare? Il VicePresidente si è posto il problema?
Quali ordini aveva ricevuto la polizia? 
Con i se e con i ma non si fa la storia, ma questo particolare avvenimento che oggi ci appare in un centinaio di modi diversi tra una settimana, un mese o quindici anni ci apparirà probabilmente sotto una luce differente, anche perché a quel punto sapremo cosa è successo dopo - ma chi ci ha partecipato poteva solo immaginare cosa sarebbe dovuto succedere, e nessuno, credo, aveva la palla di vetro in tasca.
Ad ogni modo, sembra di capire, a Capitol Hill si è fatta la storia. Che tipo di storia lo scopriremo col tempo.
Nel frattempo mando giù i commenti di tutti come fossero pane in tempo di carestia, e ogni volta do ragione all'ultimo che ha scritto.
E sono curiosa come una gazza* (e molto dispiaciuta per i morti e i feriti, naturalmente).

*detto e non concesso che le gazze siano particolarmente curiose

martedì 5 gennaio 2021

La Dodicesima Notte


 La Befana vien coi gatti
e ci riempie di dolcetti
Nella notte più stregata
ogni calza è ben riempita
E il mattino, pur piovoso,
sarà sempre delizioso

Vacanze di Natale (Quando i Tuoi Amati Colleghi Sembrano Marziani)


L'anno scolastico 2020/2021 si è rivelato molto faticoso e disagevole per gli insegnanti della media di St. Mary Mead, tra quarantene, minacce di quarantene, cambi di colore della regione, lavori in corso ufficialmente terminati a fine Novembre ma che il 22 Dicembre imperversavano ancora e la micidiale Educazione Civica che nella nostra scuola è stata organizzata nel più complicato dei modi.
Ma finalmente arrivavano le Vacanze di Natale. Oh gioia, gaudio e tripudio! 
Per queste vacanze mi sono preparata con la massima cura: pochissimi compiti, tutti rigorosamente assegnati per la settimana dopo il rientro a scuola, banner a renne e alberi di Natale per tutti sulla Classroom, attingendo alla mia scorta inesauribile di immagini natalizie di cui faccio gran sfoggio anche sul blog, e una bella immagine altrettanto natalizia per tutte le classi, solo con dei sobrii auguri e senza alcun tipo di messaggio o esortazione.

Certo, naturalmente capita di dare una scorsa ogni tanto alla casella della posta della scuola. Che non sarei obbligata a fare, perché a questo punto sono in vacanza - ma insegnanti si nasce, non si diventa, e poniamo che qualche alunno voglia un chiarimento o un consiglio?
Ammettiamolo, gli alunni delle medie di St. Mary Mead hanno battuto il personale docente di gran lunga per buon senso, accortezza e praticità. 
Infatti han cominciato a dare pallidi cenni di vita dopo Capodanno, mandandomi comunicazione che avevano svolto il piccolo compito assegnato, l'avevano consegnato su Classroom e informandosi 1) se l'avevo ricevuto e 2) se lo leggevo. Entrambe le domande, visti i precedenti, erano più che legittime, ma fortunatamente ho potuto rassicurare tutti. Aspettare almeno Capodanno per mettere mano ai compiti mi sembra pratica assai buona e giusta, specie  quest'anno.
Ma i colleghi, ah, i colleghi...

Si comincia il 22 Dicembre pomeriggio, a scuole ormai chiuse e ad ultima scarica di circolari già arrivata, quando la responsabile di Educazione Civica (perché la scuola di St. Mary Mead ha preso la legge molto sul serio, nominando tra l'altro una specifica Responsabile che a sua volta ha preso molto sul serio il suo incarico) ci avvisa che è stata indetta una riunione tra coordinatori di classe per approvare i descrittori per la valutazione di suddetta materia - e, suppongo, anche per decidere cosa mettere nella prova scritta generale di fine quadrimestre che è stato deciso di svolgere. Tale ineffabile riunione, inizialmente fissata per le 16.00 del 7 Gennaio, si svolgerà invece alle 18.30 perché "la Preside prima non può". 
Due giorni dopo, a scuole ormai chiuse, arriva la richiesta per i coordinatori di caricare su Classroom apposita tabella ove indicare le ore già svolte, che "si possono facilmente ricavare dal registro elettronico".
Siccome verso tutta la questione di Educazione Civica ci ho un dente avvelenato che nemmeno un cobra, e siccome le mie ore le ho segnate sul registro cartaceo che a suo tempo è stato distribuito nelle classi, carico la tabella per il mio Consiglio di Classe ma NON inserisco le ore che ho svolto e che trascriverò il 7 Gennaio quando avrò in mano il registro cartaceo di cui sopra. E in cuor mio mi domando perché ci han dato un registro su carta da compilare se poi dovevamo compilare anche la tabella.
Ma siamo sotto Natale e poi io sono buona e cara e non polemizzo mai - insomma, carico la tabella e mi chiudo in un pudico silenzio.
Il giorno dopo arriva l'invito per la riunione, cui mi guardo bene dal rispondere. 
Passa Natale e tutti sembrano essersi messi tranquillini.

Errore!
Il giorno 28 Dicembre la Coordinatrice della Seconda Asserpentata ci scrive per ricordarci che uno dei serpentelli avrà in Gennaio un intervento piuttosto delicato. Ci raccomanda di essere pazienti con lui se nelle prime settimane di scuola sarà un po' di fuori (e vabbé, mi sembra il minimo) ma soprattutto prevede di organizzare il piano per la Didattica a Distanza mentre è a casa (che in quel caso si chiama Didattica Integrativa e prevede che il singolo alunno in quarantena si colleghi da casa con la classe).
Dopo aver rimesso al loro posto gli occhi che mi erano cascati in mano rispondo che la Didattica Integrativa è nata per i poveri alunni sfavati che sono costretti in quarantena anche se asintomatici, e non per gli alunni effettivamente ammalati,  che giustamente sono autorizzati da apposito certificato medico a fregarsene alla grande della scuola: tutto sommato preferisco rischiare un richiamo sullo Stato di Servizio che prendermi una colossale lavata di capo da Amnesty International.
Non ricevo risposta e ne sono ben lieta.
Ma il giorno dopo - e siamo ormai al 29 Dicembre - arriva una mail dalla VicePreside che ci manda, nientemeno, che lo schema del verbale per i Consigli di Classe di Gennaio - sì, i cosiddetti Prescrutini, che si svolgeranno nell'ultima settimana del mese. 
E va bene, chi ha tempo non aspetti tempo, meglio un giorno prima che un giorno dopo eccetera eccetera. Tuttavia, secondo me, c'è una sottile linea di demarcazione che separa il Giusto Zelo Lavorativo, del tutto doveroso soprattutto in un dipendente dello Stato, dall'Assoluto Masochismo, e a St. Mary Mead questo limite è stato abbondantemente varcato.

Proprio come i gatti, la Didattica a Distanza lascia impronte nel nostro cuore, e a quel che sembra anche nel nostro cervello. E forse sarebbe il caso di cancellarle, perché un conto è una cauta apertura di disponibilità anche in vacanza verso gli alunni, ma ben altro conto è la disponibilità durante le vacanze a occuparsi delle scartoffie (o della Didattica Integrativa fatta a chi sta in ospedale).

sabato 2 gennaio 2021

Desideri per l'anno nuovo - Un anno dopo (post autobiografico)


Capita sovente anche a me di stilare liste di buoni proponimenti e desideri per l'anno nuovo.
Di solito non le metto sul blog, ma l'anno scorso, morsa da non so quale tarantola, stilai una listarella di desideri per la scuola, idealmente indirizzata alla nostra nuova ministra: proprio quella Lucia Azzolina che durante l'anno è stata tante volte in cima ai pensieri di tutti noi che siamo coinvolti nel comparto scuola: alunni, genitori di alunni, presidi, insegnanti eccetera.
In effetti erano richieste valide, ma nemmeno io immaginavo quanto fossero adeguati all'anno che stava arrivando: belle scuole spaziose, insegnanti reclutati con metodi coerenti e in tempi ragionevoli, presidi sennati, maggior numero di custodi, miglior compenso per i coordinatori, ma soprattutto che per favore smettessero di dirci come si sarebbe svolto l'esame di Stato all'ultimo momento.
Non avevo pensato a suggerire pratiche virtuose per avviare l'anno scolastico in modo decoroso: nel mio demenziale e perenne ottimismo pensavo che quello comunque fosse un punto già abbastanza avviato. Niente mi lasciava immaginare che proprio per l'avvio dell'anno scolastico 2020/2021 il Ministero avrebbe dato il peggio del gran peggio che aveva in sé. 
Di solito l'anno scolastico in arrivo viene organizzato a partire dalla fine del precedente - di solito con qualche ritardo e inciampo, ma non in modo troppo disastroso. Ma quest'anno, quando si è cominciato già a metà Marzo a farneticare di "preparare il nuovo anno scolastico perché fosse bello, perfetto, il migliore degli anni scolastici possibili, ché c'era da recuperare buona parte del precedente", devo dire che il Premio Avvio del Cazzo dell'Anno Scolastico ha toccato punte di virtuosismo veramente notevoli, in particolare con la deliziosa idea di avviare un nuovo sistema di nomine per le cattedre scoperte, con insegnanti arrivati dopo tre, quattro, sei e sette settimane - il tutto perché - incredibile ma vero - il nuovo sistema di reclutamento informatico aveva qualche margine di criticità nel suo funzionamento. Davvero strano, va detto, perché  in un paese minuziosamente organizzato e metodico come l'Italia, quando avvii una novità, di solito va tutto alla perfezione, è cosa nota.
E sorvoliamo sul personale aggiuntivo, il cosiddetto "personale COVID" che è arrivato a pezzi e bocconi, quando è arrivato e se è arrivato.
Sorvoliamo altresì pietosamente anche sulla complessa saga dei banchi nuovi, con o senza rotelle che fossero, e sulle mascherine per alunni e docenti che han cominciato ad arrivare con una certa regolarità solo a Novembre - immagino anche perché, essendo le superiori ormai chiuse, erano più agevoli da distribuire.

Ancor peggio mi andò con la lista di proponimenti, che però tenni ben custodita nel mio diario perché, infine, interessava soltanto me e i miei cari: uscivo da una lunga e debilitante malattia ed ero molto affamata di vita sociale e soprattutto di piacevoli eventi più o meno culturali. Perciò mi feci una bella lista che comprendeva per ogni mese una media di almeno due film e un concerto dal vivo, due o tre cene fuori con gli amici, possibilmente a ristoranti etnici, qualche conferenza di vario argomento (nella mia zona se ne fanno di molto interessanti - o, per meglio dire, se ne facevano) molti mercatini, qualche saga di paese durante l'estate, giri di shopping a Firenze per esaminare nel dettaglio tutti i nuovi negozi spuntati nel centro e altrove negli anni della mia malattia - tra l'altro ero desiderosa di testimoniare, a chi tanto mi aveva aiutato, la mia riconoscenza con qualche grazioso oggettino scelto con cura tra miriadi di possibilità - e perfino ritornare alla Settimana di Studi sull'Alto Medioevo a Spoleto per rinfrescare un po' il mio Alto Medioevo, ormai coperto da quasi tre decenni di polvere; c'era addirittura un vecchio progetto con delle amiche per un fine settimana a Londra, rimandato dalla mia malattia e ormai incombente perché la Brexit bussava alle porte.
Sappiamo com'è andata a finire, anche se nei primi due mesi tenni fede a sì fitta agenda.

Mi guarderò bene dunque dallo stilare, sia pur privatamente, liste di desideri, richieste e proponimenti, anche perché detta lista non osa andare più in là di una buona quota di didattica in presenza e alla possibilità di accedere almeno ai negozi di Lungacque, che non saranno all'altezza di quelli di Firenze o della Mostra dell'Artigianato, ma che mi permetterebbero comunque di rinfrescare un po' il guardaroba. Per quel che riguarda i concerti, c'è sempre YouTube con quelli già fatti, e per i film ho avviato un recupero di certi vecchi e nuovi classici di cui la biblioteca di paese è abbastanza fornita.
E visto che il nuovo lockdown ha regole un po' meno feroci di quello della scorsa primavera, potrei avviare un programma di passeggiate a piedi, visto che la mia zona è ricca di pregevoli itinerari - se smette di piovere, soprattutto.

Desideri moderati e aspettative ridotte, e vivere nascostamente. Mai come quest'anno il progetto di vita di Epicuro appare attuale.
E dunque blandi auguri a tutti per un 2021 che raggiunga almeno punte di una moderata decenza.
Al di là di questo, non oso spingermi.

venerdì 1 gennaio 2021

Buon 2021 a tutti!



Un bell'unicorno azzurro 
di buon auspicio per tutti,
con l'augurio 
per me di godermi un anno
scialbo, banale e ordinario 
e per chi legge
di avere l'anno più adatto
alle sue inclinazioni