Il mio blog preferito

domenica 27 marzo 2016

venerdì 25 marzo 2016

Ave Mary - Michela Murgia


Il titolo completo è Ave Mary. E la chiesa inventò la donna e si inserisce in quella pacata tradizione di autrici che, con morbido garbo assai femminile, prendono una questione quasi fosse una rosa (mistica?) e la esaminano serenamente, un petalo dopo l'altro, facendosi seguire passo passo dal lettore senza fuochi d'artificio o frasi a effetto, e alla fine dell'analisi hanno capovolto il mondo delle apparenze riportando alla luce il vero nocciolo dell'argomento - in questo mi ha ricordato molto Le tre ghinee di Virginia Woolf.
E' un libro piuttosto breve (150 pagine, all'incirca), assai scorrevole e assai garbato, ma anche molto denso. Molto viene detto, ma assai interessante è anche quel che viene solo lasciato intravedere.

Parla, in sintesi, dell'atteggiamento della Chiesa nei confronti della Donna e della Madonna, con qualche excursus storico e l'analisi di alcuni passi del Nuovo Testamento - quelli, naturalmente, dove si parla di Maria - e racconta e descrive una fetta tutt'altro che esigua dell'universo femminile - quella cattolica praticante, tutto sommato abbastanza scontenta di come la Chiesa la definisce, la considera e la indirizza attraverso modelli femminili - la Madonna, naturalmente, ma anche alcune sante e beate di recente santificazione e beatificazione.
Cos'è cambiato nella posizione della Chiesa verso la donna, negli ultimi decenni?
Non molto, par di capire: la donna continua ad essere vista e interpretata come Madre, come Colei che Assiste, come Custode del Sacro Focolare, come utile e devota Aiutante; e le regole in base alle quali deve vivere, sentire e partecipare sono dettate, con pretesti teologici più o meno fondati e più o meno in buona fede, dagli uomini della dirigenza ecclesiastica, che semplicemente più in là di tanto sembra che non riescano ad andare.
Per chi, come me, vive la Chiesa come una realtà esterna, da seguire più o meno con interesse (o, nel mio caso, da non seguire quasi per niente in quel che c'è oltre la soglia critica del 1300, quando più o meno finisce il Medioevo*) il tema non è nuovo; quel che è stato nuovo per me è scoprire fino a che punto la parte femminile credente e praticante sia consapevole (e scontenta) di questa situazione, e quanto l'alta gerarchia cristiana abbia giocato e giochi sporco in questa materia. Sotto questo aspetto, le quattro paginette introduttive che raccontano l'episodio da cui è nata l'idea per il libro valgono da sole il prezzo del libro.

Maria è un personaggio che ha conosciuto svariate interpretazioni e letture, non solo ad opera cristiana, ed è stata uno dei soggetti preferiti di pittori e scultori. Ne abbiamo avuto raffigurazioni di vario tipo, dove non è sempre vestita in azzurro e bianco e non sempre tiene l'angelico sguardo rivolto verso l'alto. 
La celebre scena dell'Annunciazione, quando la sua risposta determina il futuro dell'umanità, può essere interpretata in più modi, e Murgia la interpreta in sintonia con il Magnificat, il canto che Maria intona quando va a trovare la cugina Elisabetta: un canto di trionfo per una nuova era che si apre e che promette di ribaltare tutte le gerarchie tradizionali (del resto è noto che Gesù, degno figlio di cotanta madre, ha avuto verso le donne un atteggiamento ben più aperto di quello dei suoi successori).
Pubblicato nel 2011, il libro contiene anche un ricordo del brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, ovvero colui che osò dire che dio era padre e madre per tutti noi (cosa che i due papi venuti dopo di lui si sono ben guardati dal ripetere).
E' una lettura perfetta per questa settimana, in effetti. Ma è solo per un purissimo caso dato dal calendario e della mia sprogrammatissima sequenza di letture che partecipo con questo post al Venerdì del Libro di Homemademamma proprio il 25 Marzo, giorno in cui la chiesa celebra l'Annunciazione (ma forse l'ha anticipata o posticipata per l'accavallarsi di ricorrenze?) nonché il Venerdì Santo.
Buone letture a tutti, e possa la Resurrezione attesa per Domenica prossima levarci dal cuore un po' del peso che tutti ci portiamo dentro questa settimana.

La mia annunciazione preferita è quella di Simone Martini, e si trova agli Uffizi. 
Nessuno mi ha mai spiegato perché l'Angelo porta un plaid sulle spalle

Questa invece è la preferita di Dolcezze ed è del Beato Angelico. Il nome tecnico è Annunciazione del Corridoio Nord e si trova nel convento di San Marco a Firenze. 

*non è una mattana mia personale: c'è una scuola di pensiero in proposito tra gli studiosi di medievistica, e il mio professore ne faceva parte. Poi, certo, nel Trecento qualche strascico medievale qua e là rimane. Boccaccio, tanto per fare un piccolo esempio)

lunedì 21 marzo 2016

Le nostre più profonde radici culturali, la lobby gay e la Festa del Papà

Anacleto Camminacielo rivendica qui il suo ruolo paterno nei confronti del figlio Luca, in una scena assai famosa

Da quando sono in rete, tutti gli anni (ma proprio tutti) verso Natale gira la notizia che qualche preside abbia impedito (non "sconsigliato", ma proprio impedito) i festeggiamenti di Natale nella sua scuola per evitare critiche da parte delle famiglie degli alunni musulmani; a seguito di ciò, tutti gli anni si scatena in rete un orgia di recriminazioni contro il buonismo che ci impone di castrare la nostra cultura per non rischiare di contrariare questi stranieri rompiballe che pretendono di insegnarci a campare e, signora mia, dove andremo a finire di questo passo?

Un tempo la notizia era sempre molto vaga: "in una scuola in Lombardia", "alla scuola di mio figlio" e consimili, senza mai un nome o un indicazione precisa del luogo. Chi, come me, andava a cercare la fonte trovava  soltanto un trafiletto da testate tipo "L'eco della Padania" o "Il corriere del leghista" dove il resoconto era ancora più vago e dove né il preside né la scuola né la città o il paesello avevano alcuna possibilità di essere identificati. In sottofondo, branchi di placide bufale pascolavano serenamente.

Di recente (da quando la Lega ha cambiato segretario, direi) vengono invece fatti nomi e luoghi, e la notizia si basa spesso su qualcosa di concreto - che alla prova dei fatti risulta sovente assai travisato: ad esempio questo Natale la dirigenza della scuola colpevole del bieco prostramento culturale aveva in realtà respinto la richiesta di un gruppo di madri* di insegnare agli studenti Adeste Fideles durante l'intervallo della mensa; detta Dirigenza sosteneva infatti che la scuola non aveva programmato alcun tipo di esibizione musicale per Natale e in tutti i casi, se avesse voluto allestirne una, disponeva di insegnanti di musica, grazie. 
In effetti, guardando la vicenda da un altra prospettiva, si poteva anche dire che la Dirigenza era intervenuta con adeguata fermezza per bloccare un importuna ingerenza da parte dei genitori e difendere il diritto dei docenti a programmare le attività come pareva loro opportuno e quello degli alunni di godersi il breve intervallo di mensa tutelando nel contempo la loro digestione.

In ogni caso non tutte le scuole allestiscono presepi o fanno cantare canzoni natalizie che inneggiano al bambinello, e non lo facevano nemmeno quando a scuola andavo io, tanti e tanti anni fa, ai tempi in cui i mulini e i grembiulini erano bianchi: di solito si ripiega su un alberello variamente decorato (magari con decori preparati dai ragazzi) o su uno spettacolo non di rado privo di riferimenti al Natale; e questo non tanto per paura del furore degli integralisti islamici ma in considerazione del fatto che a questo mondo non tutti sono cattolici praticanti, anche tra i cittadini italiani di purissimo sangue italico, e addirittura possono non esserlo anche gli insegnanti e la dirigenza (ebbene sì, in quest'epoca sciagurata  può succedere perfino questo).

Ad ogni modo il calendario delle feste col passare degli anni è diventato implacabile: Halloween, Natale, Carnevale, Festa del Papà, Pasqua, Festa della Mamma scandiscono i mesi dell'anno scolastico e stare dietro a tutte può essere molto pesante anche per le materne, figurarsi per le elementari, che nelle intenzioni avrebbero anche delle materie da studiare, nonché frotte di genitori capacissimi di lamentarsi che "a scuola i miei figli non  fanno mai lezione, solo lavoretti per le feste".
Quanto alle medie, di solito seguono un calendario festivo alleggerito che comprende solo Natale e la fine dell'anno scolastico, ma hanno un fitto carnet di feste a contenuto civile: giornate della memoria, del ricordo e della reminescenza, feste nazionali, del lavoro e della donna, giornate varie contro i maltrattamenti all'infanzia e il lavoro minorile, per la tutela dell'acqua potabile e contro l'omofobia e via commemorando, ammonendo e indignando, che se mai una classe decidesse, in un attimo di follia del Consiglio, di dare a tutte il giusto rilievo non gli rimarrebbe un ora da dedicare il programma (anche se forse, in quel modo, il programma si ritroverebbe già fatto da solo e potrebbe anzi rivelarsi un esperimento interessante - ma non tutti gli insegnanti sono disposti a fare la prova). Perciò i singoli docenti o i singoli Consigli scelgono alcune di queste feste e ricorrenze e giornate nazionali e internazionali e ci lavorano su, poco o tanto a seconda dei casi e delle circostanze.

Succede poi che in qualche caso queste feste e giornate varie si sovrappongono: ad esempio quest'anno la Festa del Papà (quest'ultima piuttosto recente e non troppo sentita, in effetti) viene quasi a sovrapporsi alla Pasqua, tanto che alcune parrocchie più previdenti hanno anticipato le doverose onoranze a san Giuseppe per non interferire con la Domenica delle Palme, come ho scoperto in modo del tutto casuale preparando questo post.

Ma giusto quest'anno lo sciocchezziario leghista aveva gran necessità di criticare, prima ancora che la perfidia musulmana, la perversione delle unioni gay. Ed ecco dunque spuntare come un fungo la notizia di un asilo di Milano dove la Festa del Papà è stata festeggiata un po' in minore non tanto per colpa degli intolleranti immigrati islamici, quanto... per non offendere i figli delle coppie gay che avrebbero criticato la festa del Papà e non di un generico Genitore.
Prontamente il segretario della Lega ci ha fatto un post su Facebook, che ha attirato gran massa di commenti e discussioni, non tutte redatte in modo da fare onore al senno di chi scriveva.
In molti han poi provato a difendere l'operato dell'asilo, taluni motivando la scelta della scuola con recenti lutti che avrebbero impedito ad alcuni bambini di festeggiare un papà di cui la ria sorte li aveva privati (e al pensiero di ciò, ogni insegnante ricorda la canzone di Tricarico, basata purtroppo su un episodio autentico della vita del cantautore, dove la docente non ha brillato né per tatto né per umana comprensione), altri con la vicinanza che quest'anno schiacciava la festa del Papà sulla Pasqua; dall'asilo milanese oggetto del gran contendere infine è arrivata notizia (pare, dicono, sembra) che detta scuola non cura troppo questo tipo di ricorrenze e da tempo è avviluppata in un grandioso progetto sull'integrazione e contro le discriminazioni, parendogli in tal modo di impiegare più proficuamente le ore di lezione piuttosto che con la confezione dei famigerati "lavoretti" per le feste - lavoretti di cui non ho mai saputo che alcuna famiglia abbia mai sentito la mancanza, e che assai raramente sortiscono risultati di pregio - e ognuna di queste possibilità mi sembra credibile, oltre che valida. 
Ritengo invece abbastanza improbabile che gruppi di agguerrite genitrici di coppie omosessuali (perché, laddove la coppia fosse costituita da due uomini, certo non avrebbe motivo di insorgere contro una Festa del Papà che in alcun modo rischierebbe di mettere la loro prole a disagio a causa di carenza di padri da festeggiare) abbiano preteso di riformare il calendario, e questo perché i figli di coppie ufficialmente omosessuali in Italia sono ancora pochissimi e ai loro genitori pare gran cosa riuscire a campare senza prendersi troppi insulti e in generale mi risulta che tendano a starsene ancora piuttosto buoni.**
Un insegnante sensibile però può ben porsi la questione e pensare che, laddove c'è carenza di padri in una classe, per fuga dei medesimi o per loro dolorosissimo decesso prematuro, sarà forse cortese sorvolare garbatamente sulla questione onde non riaprire pericolose ferite nelle creature loro affidate: festeggiare con gran tripudio una figura genitoriale laddove alcuni bambini di questa figura genitoriale sono privi per i più vari motivi può certo essere inopportuno, quando non semplicemente idiota o perfino criminale.

Il problema però sta a monte: nonostante il (legittimo? Mah) desiderio di taluni politici di battere e ribattere certi temi fino allo sfinimento, la scuola italiana non è obbligata a festeggiare alcunché, nemmeno la Repubblica o l'Unità d'Italia o l'onnipresente Natale (che ormai dura circa tre mesi, e se fosse per me ne durerebbe tredici): la programmazione può includere alcune feste o ricorrenze o giornate internazionali a seconda delle circostanze e del libero genio dei docenti, che conoscono la classe con cui hanno a che fare e seguono una determinata programmazione. Un presepe sotto Natale può essere una lieta occasione per mettere in contatto con una tradizione assai italiana i piccoli stranieri, come può essere una bella idea allestire una festa straniera e mostrarla ai bambini italiani, ma altrettanto buona può essere l'idea di sorvolare con eleganza perché in classe i rapporti sono tesi sotto questo aspetto o anche perché si è impegnati a fare altre cose - sì, anche i pronomi personali o l'acquedotto nell'antica Roma - oppure ad allestire una Festa del Gatto in una classe particolarmente gattara. Feste e ricorrenze sono opportunità da cogliere, non tagliole o obblighi burocratici come gli scrutini di fine quadrimestre o i ricevimenti generali dei genitori. Chi vuole a tutti i costi festeggiare la Festa del Papà o la Giornata dell'Acqua Potabile può comunque farlo a casa sua, nei modi e nei tempi che preferisce, senza tirare per forza per la manica insegnanti e scolari. La Festa del Papà non è un obbligo scolastico, come non lo sono il presepe né la Dodicesima Notte, e non ha nessun senso né logica che un insegnante o un/a DS debbano addirittura giustificarsi perché nella loro scuola hanno festeggiato santa Lucia e non Martin Luther King, come se fossero obbligati a fare questo o quello.

*Secondo gli organi di informazione, i gruppi di genitori che si organizzano a scopo di tutela o di ingerenza verso i loro figli sono sempre e soltanto costituiti da madri, anzi da mamme; ma considerando l'accuratezza dei suddetti organi di informazione, la presenza in questi gruppi organizzati di padri non è affatto da escludere.
**Il giorno in cui i genitori omosessuali romperanno le scatole ai docenti quanto quelli etero, ebbene, quel giorno potremo se non altro rallegrarci perché vorrà dire che l'integrazione sarà completa - e da quel giorno noi docenti potremo mandarli a spagliare senza alcun riguardo e  senza temere con ciò di peccare per discriminazione o omofobia. E può darsi che quel giorno non sia così lontano.

venerdì 18 marzo 2016

La Nuova Arrivata (che si spera se ne vada al più presto)

Ratto norvegese: anche carino, a suo modo, ma non sempre si apprezza di averlo intorno

All'inizio dell'anno è arrivata una Nuova collega di Lettere, assai giovane e con poca esperienza alle spalle, e le abbiamo riservato la consueta accoglienza che da noi ricevono i nuovi arrivati - ovvero l'abbiamo rintronata di chiacchiere: io per esempio le ho spiegato come erano organizzati i libri di testo in Sala Insegnanti e come funzionava la Biblioteca, ma anche dov'erano il frigorifero e i bicchieri di carta. 
Ci ha ringraziato senza grandi entusiasmi - ringrazia sempre, quando qualcuno le comunica qualcosa, e sempre senza grandi entusiasmi. 
Poi sono cominciate le lezioni. Io e lei condividiamo la Prima Diligente, dove lei fa Storia e Geografia; anche se gli orari sono un po' bastardi abbiamo comunque un ora di buco in comune.
"Come ti trovi con i ragazzi?" le ho chiesto dopo qualche giorno, visto che lei non entrava in argomento.
"Bene" mi ha risposto, molto asciutta, per poi continuare quel che stava facendo.
Assai mortificata e pentita della mia indiscrezione sono ritornata nel mio cantuccio, dove mi sono fatta un bello sformato di cavoli miei e un esame di coscienza: forse ero stata aggressiva o indiscreta? Onestamente, non mi sembrava - la mia era una domanda abbastanza consueta in Sala Insegnanti all'inizio dell'anno scolastico, e riceve di solito risposte assai fluviali. Insomma, almeno due parole sul Dislessico Major, fonte di costante preoccupazione per tutti noi del Consiglio, o su Alagna, che si lamenta sempre e comunque di tutto e di tutti...
Al primo Consiglio di Classe, a fine Ottobre, è però risultato che tanto bene non andava: infatti la classe studiava poco e male, mostrandosi scortese e disattenta. Mancava di rispetto, ecco.
Il resto del Consiglio si è scambiato qualche occhiata perplessa: la Prima Diligente era magari un po' ruspante e ancora infantile, come tutte le tre prime di questa nuova infornata, ma che mancasse di rispetto (qualsiasi cosa si intendesse con questa curiosa formula) ci giungeva piuttosto nuovo.
Nessuno però ha detto niente.
La Nuova è poi passata a raccontarci dell'interrogazione dei tre DSA: li ha chiamati alla cattedra, per leggere le risposte alle domande già fissate in precedenza. 
Non avevo mai sentito parlare di questa modalità di interrogazione per i DSA, ma il mondo è bello perché vario. Il problema però è che due di loro hanno un pessimo rapporto con la lettura, o per meglio dire se leggono ad alta voce non capiscono quel che stanno leggendo - oltre a leggere francamente piuttosto male. Si aggiunga che costoro sono decisamente ansiosi. Così hanno pasticciato un po' con le domande, finendo per mettersi a ridere senza nessuna preoccupazione. Insomma, se ne fregavano.
"Forse si sono sentiti a disagio e il loro era un riso isterico" ha suggerito Arte dopo un breve silenzio.
"No, stavano proprio a prendermi in giro. Si vedeva che non gliene importava nulla".
"Ma sei sicura?" ha chiesto Inglese "Sai, a volte i ragazzi quando sono agitati cercano di scherzarci su..."
La Nuova si è impermalita assai "Sarò pure in grado di capirlo, no?".
"Evidentemente no" abbiamo pensato tutti in coro. Nessuno però ha osato insistere.

Poi è iniziata la processione dei Genitori In Cerca Di Conforto: c'era stata una lunga sequela di quattro, alle interrogazioni, e finanche un tre e mezzo - che, visto che siamo in paese, è diventato rapidamente un casus belli in tutta la scuola. E il suddetto tre e mezzo, ci han spiegato, non era il risultato di un interrogazione muta, bensì di una serie di risposte sbagliate: per ogni risposta non adeguata la Nuova toglieva dei punti.
"Nel regolamento della scuola si dice che il tre si può dare, eccezionalmente, solo per i compiti consegnati in bianco" è insorta la Casini (che non fa parte del nostro Consiglio ma non ha fatto mai mancare a nessuno il conforto della sua opinione).
La Casini è anche responsabile di plesso. 
"Ma la Nuova l'ha avuto, il regolamento?" ho chiesto.
No, non l'aveva avuto. I nuovi arrivati non ricevono mai il regolamento - non per un disegno specifico dei poteri occulti, ma per pura disorganizzazione. Va detto però che si tratta di un regolamento piuttosto banale e che all'inizio della prima media di solito "tre" viene considerato un numero buono solo per i calcoli matematici. 
"Comunque, regolamento o non regolamento, la valutazione dell'insegnante è insindacabile" ho ricordato alla Casini.
Ai genitori ho cercato di spiegare che uno studio accurato era un buon rimedio per i quattro. D'altra parte è noto che alle elementari di St. Mary Mead fanno sì storia e geografia, ma in modo molto amichevole, e di interrogazioni come le intendiamo noi non si parla nemmeno - e infatti di solito l'insegnante di turno alle medie passa i primi mesi a imbeccare i primini e per qualcuno di interrogazioni si parla solo dopo Natale, o addirittura al secondo quadrimestre.

Ma, si sa, ognuno ha il suo metodo e i suoi criteri di valutazione, e ogni insegnante di Lettere è notoriamente detentore dell'Unico e Valido Metodo per insegnare Lettere. Intervenire sarebbe stato assai arbitrario e fuor di luogo da parte nostra, e infatti nessuno è intervenuto.
Nel frattempo la Prima Diligente ribolliva e faceva muro. Hanno provato anche a lamentarsi con me. Ho provato a spiegargli come funzionavano i libri e come dovevano studiare; soprattutto, gli ho ricordato con bel garbo che esisteva, appunto, il verbo studiare.
Il fatto è che con me hanno sempre studiato abbastanza, e anche con gli altri insegnanti.

Tuttavia ho realizzato la vastità della questione solo quando la prof. Marzapane (che fa  Matematica nell'Altra Prima della Nuova) si è lamentata accoratamente meco che non riusciva a comunicare con costei; e va detto che per non comunicare con la prof. Marzapane ci vuole un abilità non comune, trattandosi della persona più amichevole, cordiale e disposta al dialogo da me incrociata  in sedici anni di onesto servizio.
"E' la coordinatrice. Le ho spiegato che in questa scuola i posti li cambia il coordinatore.  I ragazzi si lamentavano perché dall'inizio dell'anno non hanno mai cambiato i posti, e dicono che non è giusto e che nelle altre prime i posti li cambiano spesso. Lei mi ha risposto che i ragazzi devono avere la maturità per stare accanto anche a qualcuno che non gli piace. Ho provato a dirle che cambiare i posti serve per amalgamare la classe, ma non ha fatto nulla. Alla fine i posti li ho cambiati io".

Poi c'è stata l'Epica Questione del Doppio compito: una bella mattina la Nuova aveva messo un compito "di punizione" nello stesso giorno in cui Matematica aveva fissato da una decina di giorni la sua verifica. Una processione di insegnanti, compresa la VicePreside, è andata a spiegarle che era meglio non fare due verifiche scritte in un giorno, specie in una classe con tre dislessici, ma senza sortire risultato alcuno. Alla fine è stata Matematica che ha spostato la sua verifica, ma era piuttosto irritata.

E c'è stata la piazzata che mi sono presa per non averla celermente avvisata che per il 5 Maggio era in programma (forse) un uscita al Palazzo Rinascimentale, data da confermare.
"Io non sapevo nemmeno che c'era un uscita al Palazzo Rinascimentale!".
"Veramente ne abbiamo parlato in due diversi Consigli di Classe, e di uno hai fatto anche il verbale".
"Non è vero!".
"Scusami, un po' vero è. Però la data è da confermare, aspettavo che fosse definitiva."
"Ma io devo organizzarmi, sapere chi sono gli accompagnatori".
"Ma non lo sappiamo nemmeno noi, e poi siamo a metà Febbraio...".
"In questa scuola non c'è comunicazione. Nessuno avvisa, nessuno dice niente!"
Tra tanti difetti che può avere la scuola media di St. Mary Mead, lamentarsi che "nessuno dice niente" quando tutti non facciamo che parlare dei fatti (didattici) nostri dall'alba al tramonto mi è sembrato un rilievo abbastanza infondato. 
Comunque, proprio nello stesso giorno, la prof. Casini si è presa un altrettanta piazzata dopo averle comunicato  prontamente data, orari e accompagnatori di un uscita dell'Altra Prima alfine organizzata, perché "lei era la coordinatrice e nessuno l'aveva avvisata che c'era quell'uscita".
La Casini ha tentato di ricordarle che, appunto in qualità di coordinatrice, a Novembre costei Nuova Arrivata  aveva compilato l'elenco delle uscite e attività della classe (copiandolo pari pari da quello della prof. Therral), elenco in cui quell'uscita c'era; ma la Nuova ha ribattuto sdegnosamente che in questa scuola nessuno le diceva mai niente e non c'era organizzazione né comunicazione.
(E sul fatto che l'organizzazione non sia il punto di forza della nostra scuola tutti i torti non li ha, dobbiamo pur dirlo. Ma NON per quel che riguarda le uscite).

Giusto dopo la doppia piazzata, comunque, costei è riuscita a combinare un notevole casino organizzando l'uscita per il Museo Storico.
"Beh, tutti possiamo sbagliare" ha detto la prof. Therral che non ce l'ha come collega ma aveva avuto la sventura di fissare l'uscita con lei, e ha dovuto chiedere alle famiglie la cifra dell'uscita tre volte e con tre importi diversi.
"Certamente" ho convenuto io con un angelico sorriso.

Da tempo ormai, per distrarci dopo le lunghe giornate di lavoro, ci raccontiamo le ultime prodezze della Nuova (ogni settimana c'è qualche nuova perla). Abbiamo imparato a viverla in scioltezza da quando abbiamo capito che molto probabilmente l'anno prossimo sarà perdente posto; nessuno cerca più di parlare con lei, e ci ingegniamo di scansarla cautamente.
Tuttavia dubito che se ne sia accorta; in effetti i rapporti con lei non hanno subito grandi mutamenti: la Nuova continua a non parlare con noi, salvo per rampognarci.
Quanto a me, in cuor mio le ho giurato eterno (e silenziosissimo) odio perché dall'inizio dell'anno non ha ancora portato i ragazzi in biblioteca in quanto "è tutto tempo perso" (testuali parole che qualche anima buona si è premurata di riferirmi) e nemmeno ci va da sola, in biblioteca, in cerca di testi per le sue lezioni. Ma non ho disvelato questo mio sentimento a nessuno, anche perché credo che tutti se lo immaginino benissimo anche da soli.
Però ogni tanto, seduta accanto al fuoco all'imbrunire, mi domando: possibile che il torto sia solo e soltanto dalla sua parte? Di solito non è così.
E anche:
Possibile che una persona che se ne frega in modo così totale e completo di chi ha intorno, immune e impermeabile tanto alle difficoltà dei suoi alunni quanto alle esigenze dei colleghi (nonché a quello che i suddetti colleghi dicono ai Consigli di Classe) insomma, a chiunque non sia sé stessa medesima, trovi sensato imbarcarsi in un lavoro come l'insegnamento, e per di più alle medie - un lavoro modestamente retribuito, scarsamente valutato sul piano sociale, assai esigente sul piano emotivo (...beh, non per lei, immagino; almeno in apparenza) e di cui non c'è nemmeno una gran richiesta?
E non trovo risposta né all'una né all'altra domanda, né riesco a capire dove abbiamo (ho) sbagliato.

lunedì 14 marzo 2016

Welcome back my friends to the show that never ends


Negli anni 70 del secolo scorso imperversava il progressive rock, dove gruppi blasonatissimi di grandi strumentisti suonavano brani sontuosamente lunghi e sontuosamente orchestrati nonché eseguiti con grande sfoggio di strumentazione elettronica. A me piaceva alla follia e anche se all'occorrenza spelluzzicavo un po' di tutto apprezzavo soprattutto i Pink Floyd e gli Emerson, Lake and Palmer.
I Pink Floyd hanno avuto una storia decisamente lunga e variegata, mentre la cometa degli Emerson, Lake and Palmer bruciò in una decina di anni (il resto sono stati soprattutto strascichi) lasciando però una traccia profonda e incancellabile nel mio cuore.
Oltre che per le loro composizioni (che non sempre capivo o apprezzavo completamente)   mi piacevano molto le loro rivisitazioni della musica cosiddetta classica; e nelle loro abili mani, brani che mi erano sempre sembrati un po' incompleti prendevano nuova vita e nuovo ritmo risultandomi improvvisamente godibilissimi. E per quanto mi piacesse molto la voce di Greg Lake e riconoscessi che Carl Palmer era un grandissimo batterista, il mio prediletto era Keith Emerson, autentico virtuoso della tastiera elettronica (ma che se la cavava molto bene anche con il piano).

In tempo reale riuscii a seguire solo il loro ultimo album Works, dove una facciata su quattro era dedicata a un concerto per piano scritto ed eseguito da Keith Emerson  che tante volte ho ascoltato, senza mai riuscire a decidere se mi piaceva davvero o no. Andavo invece matta per la loro versione di Fanfare for the common man di Aaron Copeland (molto meglio di quella eseguita con l'orchestra tradizionale, secondo me)

così come ho sempre preferito la loro versione dei Quadri di Mussorsgky a quella per orchestra

Ma in effetti, dove c'è un Moog a cosa serve un orchestra?
(Senza contare che gli orchestrali non vestono quasi mai di broccato).

Dicevo del pianoforte. Ecco, il pianoforte è uno strumento che non mi ha mai troppo entusiasmato, anche se qualche concerto per piano e orchestra lo ascolto volentieri. A dirla tutta preferisco il clavicembalo, o la spinetta.
Ci sono comunque molti tipi di pianoforte, e molti modi di suonarlo. Emerson era un virtuoso dalle dita veloci che sapeva scegliersi il repertorio, oltre che scriverlo.
Così in Italia molti lo ricordano soprattutto per due brani che furono le sigle finali di Odeon, trasmissione televisiva di gran pregio di quegli anni: Honky Tonky Train Blues, un simpatico brano che usa miliardi di note per descrivere l'ingresso di un treno in stazione


e Maple Leaf Rag di Scott Joplin, qui in versione elettronica.


Gli anni passano e la vita fa il suo corso, ma la musica resta.

giovedì 10 marzo 2016

Gran Torneo delle citazioni (stavolta poetiche)


Il torneo di citazioni organizzato l'anno scorso dalla povna mi era rimasto nel cuore, così all'inizio dell'anno scolastico avevo chiesto alla Prima Diligente, con cui faccio solo italiano, di portarmi una citazione qualsiasi da un libro che gli fosse piaciuto, giusto per conoscerli meglio e farmi un idea del retroterra culturale; e gli avevo pure messo il voto - per familiarizzarli con l'idea che "li valuto anche per come respirano". Naturalmente gli avevo messo dei voti piuttosto alti, per familiarizzarli con l'idea che la prof. Murasaki era buona e comprensiva e non si nutriva di carne umana, ma nel complesso non ne era venuto fuori granché - il retroterra culturale non sembrava dei più alti; anche se i ragazzi leggevano molto e volentieri, non sembravano letture di particolare livello.

Qualche giorno fa mi è venuta l'idea di ripetere l'esperimento, ma con citazioni poetiche. Un po' spaventati, molti mi hanno detto che non conoscevano poesie, anche se poi è risultato che di poesie alle elementari ne avevano lette una barcata, e pure imparate parecchie a memoria.
"Cercatene qualcuna" avevo ordinato "Vanno benissimo anche quelle delle elementari. Poesie, filastrocche e canzoni. Trovatemi una citazione che per voi significa qualcosa e spiegate perché l'avete scelta. Stavolta non metterò il voto ma sceglierò quella che mi è piaciuta di più".
Stabilito che la canzone dovevano solo leggerla, e non cantarla, e che l'unico divieto erano le poesie che avevano letto con me, hanno chiesto che portassi anch'io la mia brava citazione.
Ho accettato con serena incoscienza, confidando nel mio ricco carniere di letture d'ogni sorta, ma tutto quello che mi veniva in mente mi sembrava improponibile: le citazioni da canzoni e libretti d'opera erano spesso difficili o astruse, e parlavano di temi per loro ancora incomprensibili (sono una Prima ancora implume, che non ha ancora compiuto il salto verso l'adolescenza, come tutte le prime di questa nuova mandata, e il loro lessico non è particolarmente ricco), Dante, Guinicelli e Leopardi mi sembravano ostici, Pascoli troppo lamentoso, le poesie di guerra troppo dure, quelle di Tolkien mi piacciono solo in inglese, greci e latini richiedono sempre un po' di introduzione, questo non andava bene e quello nemmeno... 

Infine il Gran Giorno è arrivato, e ha portato bei frutti. Solo un paio si sono nascosti dietro improbabili scuse, e solo uno (piuttosto distratto quando do le istruzioni per i compiti) ha portato un pezzo in prosa. Ed essi sono stati rampognati.
Molti hanno raccontato di essersi messi a frugare nei libri di poesie che c'erano a casa e di avere pescato da lì (che era la mia segreta speranza), qualcuno è ricorso per assistenza ai fratelli maggiori e ai loro libri di scuola, qualcuno ha navigato in rete a caccia di ispirazione e qualcuno ha riesaminato il repertorio dei suoi cantanti preferiti. Abbiamo avuto un Leopardi e un Pascoli - letti assai male per i problemi di cui sopra, e anche inutilmente lunghi, ma ho fatto finta di niente; e anche uno Shakespeare spurio (il celebre La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere calpestata che la rete gli ha regalato ma che sembra attribuibile al Talmud o, a scelta, a un poeta inglese del Settecento, ma di ciò ho evitato con cura di fare parola) poi, in ordine sparso: un poeta sardo nonno di un alunno, che si era scritto da vivo una poesia per la sua tomba - e la poesia è stata filologicamente letta prima in sardo e poi in italiano - un sonetto di Trilussa contro il razzismo dedicato a un simpatico cane, due filastrocche marine, la vita che non è una scala di cristallo di Hughes, l'inno della Juventus, alcune fascinose poesie italiane che non avevo mai sentito prima, una poesia in siciliano, una ninna nanna, versi di Mengoni, Tiziano Ferro e Fedez, Avrai di Baglioni e altre cose che non ricordo.
Abbiamo passato un ora assai piacevole e ognuno ha tirato fuori qualcosa di sé.
Alla fine, dopo avere elargito gran copia di complimenti ho premiato il presunto Shakespeare con scelta politicamente corretta perché eravamo a due giorni dalla festa della donna e qualcosa sulla pari dignità della donna e contro la violenza ci stava assai bene, ma quella che mi ha colpito di più è stata Diritto al gioco di Tognolini, che non conoscevo e che secondo me andrebbe scolpita all'interno di ogni Sala Insegnanti, per ricordare a tutti  noi l'importanza che ha trovare quel che non si stava minimamente cercando.
In fondo è quel che è successo a noi stamani, perché avevo sì qualche obbiettivo didattico, ma piccolino piccolino - non una cosa seria come i miei amati pronomi.
Ho concluso con la mia personale citazione: Eliot, naturalmente, e proprio non so come ho fatto ad avere dei dubbi nella scelta:
Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile, effabile,
effineffabile,
profondo e inscrutabile unico NOME.
Naturalmente ho dovuto spiegare sia ineffabile che effabile ma in fondo era una lezione di italiano e dovrò pure fare qualcosa ogni tanto per guadagnarmi lo stipendio.

L'anno prossimo quasi quasi ci riprovo. Crescono in fretta, a quell'età.

lunedì 7 marzo 2016

Geografia economica e ippogrifi

(questo bellissimo ippogrifo è di ChrisQuilliams)

Nonostante i rutilanti effetti speciali che la Geografia consente con poca spesa ad un insegnante di utilizzare - cascate suggestive, fascinosi monumenti, foreste misteriose, pietanze tipiche dall'aspetto assai invitante (specie all'ultima ora), calciatori di fama mondiale - per me la parte più importante è l'economia. Dall'economia derivano le questioni ambientali, i conflitti etnici e razziali, le invasioni che spostano i confini eccetera eccetera. Su questo batto e insisto fino allo sfinimento collettivo.
Naturalmente i ragazzi delle medie sono giovani  e implumi, e di economia non sanno granché - cosa, quest'ultima, assai comprensibile dal momento che, in Italia, si ritiene del tutto disonorevole sapere alcunché di economia, e non solo a quattordici anni. 
Finché si tratta di spiegare i tre settori va tutto bene - anche se non riesco ancora a capire, dopo quindici anni di onorato servizio, come mai nessuno si ricorda mai che il grano è un cereale e tutti mi spiegano, al momento dell'interrogazione, che nel paese X si coltivano grano e cereali, quasi che il grano fosse un ortaggio. Ma col tempo e la pazienza tutti imparano all'incirca cos'è il PIL, cos'è la speranza di vita e cosa la può determinare e gli effetti negativi dell'erosione e della desertificazione - e anche se alla Grande Domanda, ovvero "Perché, se sono tanto poveri, invece delle armi per fare la guerra ai vicini non comprano qualcosa di più utile?" è sempre difficile se non impossibile dare una risposta che abbia un senso ai loro occhi (o anche ai miei).
Tuttavia la Seconda Effervescente, per quanto piuttosto studiosa e interessata, sotto questo aspetto si sta rivelando davvero coriacea. Così, dopo un epica lezione che si è rivelata un bagno di sangue in cui, in due interrogazioni su tre (programmate) sulla Svizzera si erano scordati di far cenno alle banche, che in Svizzera rivestono pure una certa qual importanza, e in tre microinterrogazioni su cinque sul Liechtenstein (non programmate)  non era stato fatto cenno alla parte finanziaria, su cui pure il libro di testo si era generosamente speso dedicandogli una colonnina e mezzo su tre, presa da profonda esasperazione ho ruggito "A quel che sembra questa classe è composta soprattutto da ippogrifi dell'Ariosto, che si nutrono di sola aria e luce; ricordate però che il resto del mondo è popolato da ippogrifi della Rowling, che invece si nutrono con grandi quantità di furetti, e se non hanno la loro bella dose di furetti per fare colazione, prima diventano molto nervosi, poi  si indeboliscono e infine muoiono di fame!" prima di assegnare una scarica di quattro e di cinque.
Mi hanno guardato con grandi occhioni spalancati ed espressione ferita: loro avevano studiato, loro. E infatti tutto il resto lo sapevano. Ma non l'economia. Cioè, sapevano che nel Liechtenstein c'era il turismo e che in Svizzera facevano orologi e cioccolato e medicine, ed evidentemente erano convinti che l'economia di questi due paesi fosse tutta lì.
Mi hanno chiesto quando potevano venire a rimediare.
"Nessuno di voi rimedierà un bel niente se non vi ficcate in testa che la gente mangia, e se non mangia diventa del tutto irragionevole e poi languisce e muore, proprio come gli ippogrifi! Non potete continuare a saltare la parte finanziaria come se fosse di nessuna importanza. Oppure potete, ma a fine anno vi ritroverete sulla scheda un voto  molto, molto basso".

Vediamo cosa succede domani con la Grecia. Ma non sono molto ottimista.
Anche se la questione degli ippogrifi di Ariosto li ha molto interessati.