Il mio blog preferito

domenica 30 giugno 2019

Sui trasferimenti dei docenti, ovvero "Attento a quel che speri perché poteresti anche ottenerlo"

E' noto che la gran parte dei gatti vorrebbe essere contemporaneamente dentro e fuori da una porta chiusa, e per questo noi umani li prendiamo spesso in giro. Tuttavia corre voce che questo curioso modo di essere non sia limitato ai soli felini.
Come tutti i lavori, insegnare ha i suoi lati positivi e e tra questi c'è il fatto di poter facilmente cambiare scuola, comune, provincia e regione trasferendosi da un posto all'altro in modo indolore compilando alcuni moduli. Tuttavia anche insegnare, come tutti i lavori, ha i suoi lati negativi e tra questi c'è il fatto di non poter occupare la vecchia e la nuova sede contemporaneamente. Su questo vado appunto a narrare ora una breve novelletta.

Di recente la scuola media di St. Mary Mead è stata impreziosita da due eccellenti insegnanti di Arte tanto bravi e simpatici quanto ricchi di iniziative, che lavoravano in perfetta sintonia tra loro. Abbiamo così assistito ad una improvvisa impennata dei vari istituti artistici della zona tra le scuole scelte dai nostri allievi alla fine del triennio.
Quest'anno le nostre due perle di gran pregio han chiesto il trasferimento, dichiarando che le possibilità di ottenerlo erano piuttosto alte. Anzi una delle perle si è spinta a dichiarare, qualche settimana fa quando già ero tornata a scuola, che se non l'avesse ottenuto ci sarebbe rimasto piuttosto male.
Giuro, gliel'ho sentito dire, con queste orecchie ancora piuttosto funzionanti nonostante l'età ormai non più giovanissima.
Mercoledì, quando sono giunta a scuola per lavorare in biblioteca, in Sala Insegnanti c'erano soltanto la Perla che ci sarebbe rimasta male se non avesse avuto il trasferimento e la Custode Decana.
"Allora, si è saputo qualcosa sui trasferimenti?" si è informata la Custode "Se non ricordo male dovevano uscire oggi".
"Sì, si è saputo, mi hanno mandato la comunicazione stanotte sul cellulare. All'una e un quarto ho avuto la sentenza".
"E... dunque?"
"E dunque ho avuto il trasferimento".
Io e la Custode ci guardiamo. Ahimé, così è la vita. Vegliate perché non sapete né il giorno né l'ora. Breve è il tempo della felicità, eccetera eccetera eccetera.
"Prof, allora le dirò che sono contenta per lei" ha detto la Custode con bel garbo, mentre io mi stiravo le labbra in un sorriso di convenienza e cercavo in cuor mio mendaci parole di rallegramento.
"Io invece non sono per niente contento, ma proprio per niente!".
"Beh, certo, una scuola nuova, con colleghi nuovi...".
"No, i colleghi li conosco e mi ci trovo bene e in quella scuola ho già lavorato. Non è per quello".
"E perché allora?" domando incuriosita.
"Mi mancherà la stanza di Arte, che qui è molto più grande. E poi i ragazzi".
"Ehm... i ragazzi in una scuola sono di passaggio, li avresti persi comunque di qui a poco" provo a consolarlo "Poi la scuola dove vai è più grande, qui nel paesello con la scuoletta di tre sezioni l'ambiente è un po' ristretto...".
"E' proprio questo il problema, la scuola è più grande e amplifica i problemi, non c'è quell'intesa che c'è qui tra i colleghi...".
Tramecolo in cuor mio. Siccome la scuoletta è piccola e l'intesa tra i colleghi profonda, ho avuto modo di seguire nei dettagli anche dai miei numerosi letti d'ospedale* un notevole scazzo avvenuto in primavera con la nuova VicePreside, dove peraltro secondo me lui aveva tanta di quella ragione che se ne avesse venduta al mercato in quantità e ne avesse esportata all'estero in quantità ancor maggiore, gliene sarebbe rimasta tuttavia più che a sufficienza da esibire dietro eventuale richiesta. Più di uno infatti sospetta che proprio quella vivace discussione sia stata all'origine della richiesta di trasferimento, e io lo sospetto con loro, anche se entrambi avevano assicurato che la cosa era stata ampiamente assorbita e lui e la VicePreside erano rimasti in rapporti più che positivi dopo essersi porti reciproche scuse.
Provo a racconfortarlo spiegando che anche qui da noi c'era qualche problema, e il fatto che l'ambiente sia così piccolo non aiuta minimamente ad assorbirlo. Quanto all'aula di Arte più grande...
"Tra l'altro stanno facendo gli stessi lavori che dobbiamo fare qui, quindi troverò la scuola nel caos perché per Settembre non han certo finito, quindi saremo concentrati in mezza scuola"
"Sotto questo aspetto, anche qui non siamo messi benissimo" gli ricordo "e non credo che nei container ci sarà posto per una grande aula di Arte. Anzi, se non altro lì hanno già fatto una parte dei lavori, qui dobbiamo ancora cominciare".
Non attacca, e lui continua a lamentare la sua ria sorte. 
Per fortuna arriva qualche altro collega e le mie spalle vengono sollevate dal grave compito di portare conforto a chi non vuole essere confortato in alcun modo. Scappo in biblioteca e la Custode torna alle sue numerose incombenze.
La giornata è lunga, lo sconforto collettivo; giunge poi notizia che anche la seconda perla di Arte ha ottenuto il trasferimento, e anche lei non è per niente contenta. Se a questo aggiungiamo il fatto che neanche noi siamo per niente contenti, proprio no tesssoro, l'atmosfera non è delle migliori.
E qualcuno fa infine la domanda che frulla in testa a tutti noi: "Scusa, ma se non volevi il trasferimento, perché l'hai chiesto?"
"Ma mica pensavo che me lo dessero! L'ho fatto con grande leggerezza d'animo, giusto per non avere nulla da rimproverarmi, ma davvero non pensavo di ottenerlo!".
"Ma se l'hai chiesto perché non volevi rimpianti vuol dire che c'era qualcosa che ti attirava nella nuova sede. E se l'hai ottenuto contro tutte le aspettative, vuol  dire che è proprio là che devi andare" prova a confortarlo un Sostegno con venature new age.
"Lo spero" è la cupa risposta "ma non sono convinto nemmeno un po'".
Le lamentele sono andate avanti per due giorni, con ampie sedute di autocoscienza con i colleghi con cui era più in intimità. Addirittura, di questo suo pentimento è stato fatto perfino cenno nel Collegio finale da una Preside piuttosto divertita, che non aveva comunque fatto il suo nome; e lui è uscito allo scoperto senza esitare "Sì, è vero!".
D'accordo, è un insegnante e gli insegnanti si lamentano sempre e comunque. Lui no. Almeno, non fino a quando gli hanno dato un trasferimento dietro sua precisa richiesta, nella sola e unica sede dove l'aveva richiesto.
Certo, qualche garbata lamentela in questi casi è quasi doverosa: mi mancherete tanto, tutti, qui mi sono trovato tanto bene, vi lascio con rimpianto e tutto questo genere di cose. Ma una roba così in vent'anni non l'avevo ancora vista (e adesso non lo dico più).
L'anno si chiude dunque con un certo carico di rimpianti e nessuna informazione su chi prenderà il posto delle nostre perle... e della Preside, che aveva pur qualche difetto ma, considerando dopo chi veniva, non era nemmeno priva di qualche pregio ai nostri occhi.
Quanto a me, avrò ancora l'orario ridotto con qualche ora per la biblioteca e molte storie e geografie. Di sicuro, non posso lamentarmi che i problemi medici che ho avuto non siano stati presi nella dovuta considerazione - e se riuscirò a fare un primo giorno di scuola seduta in cattedra invece che circondata da medici e infermieri, mi considererò più che fortunata.

* negli ultimi tempi del mio ricovero ho cambiato letto, reparto e padiglione non meno di una volta a settimana, spesso anche due

giovedì 20 giugno 2019

Chi siamo? Dove andiamo? E che ne sarà mai di noi?

Gattini, ma non solo
L'anno scorso molte cose sono cambiate, nella scuola di St. Mary Mead: prima di tutto il Comitato dei Genitori, invadente ma munifico, è riuscito a fornirci di un vero laboratorio di informatica: i pietosi relitti sopravvissuti ai tempi passati erano stati infine spazzati via e rimpiazzati da una schiera di nuovi computer funzionanti, il locale era stato tinteggiato e una parete era stata perfino impreziosita da una di quelle citazioni di Steve Jobs che vanno tanto di moda (peccato che poi, proprio davanti alla citazione pazientemente dipinta da solerti mani fosse stato calato un grosso schermo su tela); a seguito dell'arrivo dei finanziamenti di un cospicuo PON* sull'intelligenza artificiale è nata una nuova aula pomposamente denominata "Atelier creativo" e dotata financo di stampante tridimensionale oltre che di svariate altre diavolerie e di una postazione informatica più che degna; grazie a una paziente raccolta di punti della Esselunga e della Coop e financo della Tamoil eravamo poi riusciti nella missione, apparentemente impossibile, di dotare ogni classe di una LIM ben funzionante e di carte geografiche aggiornate ed era infine arrivata Sua Maestà la Fibra, che aveva reso il collegamento in rete finalmente stabile rendendo infine possibile un regolare e rispettabile aggiornamento del Grandioso Registro Elettronico; per giunta i due insegnanti di Arte, tanto bravi quanto agguerriti, erano riusciti, dopo infinite difficoltà burocratiche e pratiche, a ripristinare il Forno non già per arrostirci gli alunni o fare il pane ma bensì allo scopo di produrre ceramiche e terraglie varie; e, a conclusione di tutto, le ultime due settimane dell'anno scolastico avevano visto le classi Terze intente alla realizzazione di un cospicuo murale che aveva trasformato il nostro scialbo pur se ampio atrio in una giungla di colori e di gattini, di balene bianche 
e serpenti tentatori o amichevoli col loro seguito di scimmiette
di mostri  e di unicorni selvaggi
e di tante altre belle cose
senza contare che la biblioteca della scuola aveva infine preso a funzionare con un ritmo costante, per non dimenticare un lussuoso Erasmus Plus con gemellaggio con una classe polacca che aveva coinvolto senza risparmio alunni sia delle elementari che delle medie.
Tutto insomma andava per il meglio (tranne la disastrata salute di alcuni insegnanti nel cui numero non mi rallegravo affatto di essere inclusa) e sembravamo finalmente avviati a diventare una scuola moderna, efficace ed efficiente, che viaggiava al passo coi tempi e cercava attivamente di fare dei suoi alunni dei ragazzi preparati ad affrontare il mondo moderno e ad esplorare le potenzialità di tanti loro talenti.
Quest'anno, mentre io languivo in un malinconico letto d'ospedale e ampi stormi di medici delle più varie specializzazioni cercavano di venire a capo della causa dei miei mali e la mia collega di Inglese combatteva validamente la sua lotta contro cruda malattia mentre la decana del Sostegno collezionava ossa rotte quasi fossero francobolli o piattini di Limoges, tutta questa roba aveva dispiegato il suo fulgore e dato interessanti frutti - specie ad Arte dove i due insegnanti una ne pensano e trenta ne fanno.
Poi è arrivata la primavera. La mia salute stava rifiorendo, i capelli ricrescevano e Inglese stava rimettendosi in forze, mentre la decana del Sostegno  si era infine applicata a fare qualcosa di più intelligente che continuare a fratturarsi ossa.
In un bel pomeriggio luminoso la mia più premurosa e fida collega tra le molte che mi avevano aiutato nei miei travagli mi aveva accompagnato a fare una spesa di dimensioni monstre e mentre io riponevo le varie derrate in cucina nei luoghi più acconci stava controllando le nuove notifiche sul cellulare, dove ha trovato un annuncio del Comune di St. Mary Mead dove il suddetto cercava un edificio adatto a fare da scuola media per l'anno successivo, quando la scuola suddetta sarebbe stata letteralmente rovesciata come un guanto per lavori relativi alla sicurezza, annuncio che una collega aveva visto per puro caso sul sito del Comune in questione e che aveva prontamente girato sul gruppo degli insegnanti su Whatsapp onde condividere con tutti loro il suo profondo sconcerto.
Così gli insegnanti, me compresa, hanno scoperto di punto in bianco che l'anno prossimo avremmo avuto altra sede, non si sapeva quale, mentre la nostra amata scuoletta sarebbe stata invasa da torme di operai al lavoro.
Prontamente sono stati chiesti chiarimenti alla Preside, che ha assicurato che ne sapeva esattamente quanto noi, e più esattamente quel poco lo sapeva solo da noi, perché nessuno al Comune aveva ritenuto opportuno informarla del piccolo dettaglio che una delle scuole che dirigeva stava per essere messa a scatafascio.
L'alveare di St. Mary Mead ha cominciato tosto a ronzare e sono arrivate le prime supposizioni: saremmo andati di qua, no, di là, nemmeno, forse a Monculi di Mezzo? Non è facile trovare un edificio a norma che possa ospitare nove classi più relativi bagni, e fotocopiatrice e...
Ma se andiamo a Monculi di Merzzo devono mettere anche un servizio pullmann, in aggiunta a quello che hanno già per le elementari. Ce li hanno, in Comune, abbastanza pullmann?
Ovviamente no.
Oppure... (calo di temperatura, stalattiti di ghiaccio che colando dal soffitto, brividi di terrore, coro di prefiche ululanti in sottofondo) sarebbero arrivati i container. Uno per classe.
Nove container? E dove li avrebbero messi, nove container? Ci voleva un bello spiazzo, oltre che l'allaccio di acqua, luce eccetera.
Forse di qua, no, forse di là, forse a Monculi di Sotto... chissà?
Ma se li mettiamo a Monculi di Sotto devono mettere anche un servizio pullmann, in aggiunta a quello che hanno già per le elementari. Ce li hanno, in Comune, abbastanza pullmann?
Ovviamente no.
E gli insegnanti, poi. Tanto vengono in treno e Monculi di Mezzo e di Sotto sono lontanissimi dalla stazione. Devono metterci una navetta.
Ma se non hanno i pullmann come fanno a metterci la navetta?
Facciano loro, ma non possiamo andare a piedi fino a Monculi di Sotto, sono quattro chilometri!
Chiunque abbia fatto scuola in un container (io ho avuto questo dubbio piacere per qualche mese) sa che non è una prospettiva attraente: gelidi d'inverno, torridi d'estate, afosi in primavera, umidi in autunno e piccoli in ogni stagione, i container non hanno nulla che possa raccomandarli al gradimento della popolazione scolastica.
Passiamo tutti una notte inquieta. Io all'inizio mi domando con orrore "E la biblioteca? Che fine farà la mia povera biblioteca?". Poi mi rispondo "La inscatoleranno, certo. Non è difficile da sistemare, una piccola biblioteca di scuola. Metteranno le scatole nel sotterraneo e staremo per un anno senza biblioteca. Beh, a questo si può sopravvivere".
Ben presto però una ben più grave domanda comincia a strisciarmi nel cuore: E LE LIM? Le nostre amate LIM, finalmente funzionanti, che ne sarà delle LIM?
"Le impacchetteranno come i libri" mi rispondo "E passeremo un anno senza LIM".
Sarebbe stata una prospettiva da strapparsi i capelli, se non fosse che io i capelli li avevo quasi tutti persi (da allora per fortuna sono ricresciuti, ma mi sono molto cari perché ne ho sentito moltissimo la mancanza quest'inverno, e quindi penso che non me li strapperò. Non subito, almeno; senza contare che sono ancora così corti che dovrei farmi la ceretta, per strapparli, e la trovo una prospettiva piuttosto dolorosa). 
Delle LIM nessuno si era ancora preoccupato ma tutti convengono con me che no, nei container le LIM non le vedremo nemmeno col proverbiale binocolo. E attacca il coro delle lamentazioni.
Così ci hanno lasciato, tra color che son sospesi, per un buon paio di mesi, salvo occasionali voci di corridoio che dicevano che saremmo andati lì oppure là, che il Comune aveva già affittati i container, che a Monculi di Mezzo avevano già firmato il contratto, o che forse avrebbero fatto i lavori con noi dentro che ci spostavamo da una parte all'altra della scuola, oppure che...
Fin quando il Comune, stabilito che i container non crescono veloci come i cavolfiori e che a Monculi di Mezzo l'edificio che c'è non è in grado di ospitarci in modo congruo decide di congelare i lavori per un anno. 
Sembra. Pare. Dicono. Ne è convinta anche la Preside.
E che una parte dei lavori la faranno d'estate. 
Sembra. Pare. Dicono. Corre voce che.
In God We Trust. Ma siamo tutti mooolto preoccupati.
Ci aspetta una estate davvero interessante.

*Chiamasi così una sorta di divinità europea che finanzia costosi progetti multitask e multidisciplinari atti a fornire ai nostri alunni familiarità con le nuove tecnologie e i nuovi studi che vanno più di moda al momento. Questo era, niente meno, che sulla cibernetica.

venerdì 14 giugno 2019

Evelina - Fanny Burney


L'immagine a sinistra è la copertina della prima edizione italiana di Evelina pubblicata da Fazi nel 2001, dove viene riprodotto il ritratto fatto all'autrice da tal Edward Frances Burney e conservato alla National Portrait Gallery. E' l'edizione che ho in casa e che mi costò ben 38.000 lire nonostante l'aria pudica da tascabile del volume. Fu un salasso cui mi sottoposi volentieri perché sapevo che si trattava di un romanzo molto famoso in Inghilterra e ricordavo che Jane Austen l'aveva citato ne L'abbazia di Northanger. La prima volta che lo lessi però non mi fece una particolare impressione; va detto però che la lettura avvenne nel corso di alcune notti insonni dovute a una broncopolmonite particolarmente memorabile e probabilmente le condizioni piuttosto malandate non mi permisero di gustarne appieno tutte le raffinate sfumature. Stavolta è andata meglio, probabilmente perché è più facile godersi un buon romanzo (o qualsiasi altra cosa) quando si respira senza particolari difficoltà.
L'immagine a destra invece è stata una piacevole sorpresa, perché proprio in queste settimane è uscita la nuova edizione (l'altra era ormai esauritissima da anni). Il prezzo rimane lo stesso o quasi (20 euro) ma è cambiata la copertina, che adesso riproduce lo stesso quadro di Fragonard che Feltrinelli ha usato per I legami pericolosi e che qui ci sta come il tradizionale cavolo a merenda perché mai, in nessun punto della storia, la protagonista ha motivo di ritrovarsi a leggere una lettera con quell'espressione furbetta e maliziosa, anche perché malizia e furberia sono del tutto estranee alla sua natura (il che le crea un sacco di problemi).
Tutto questo preludio in sintesi sta a dire che il libro è stato finalmente tradotto in Italia vent'anni fa e adesso l'hanno ripubblicato e quindi chi vuole può procurarselo senza fatica. Amen.
Fanny Burney era una donna di buona cultura e di condizione sociale piuttosto elevata e per un certo periodo fu anche dama di corte della regina d'Inghilterra; quando parla del bel mondo e dell'alta società dunque sa bene quel che dice. Evelina è il suo primo romanzo (pubblicato anonimo nel 1778, quando la signora aveva 26 anni) e porta come sottotitolo "l'ingresso in società di una giovane signora". Il romanzo ebbe un grande successo e l'autrice viene considerata una delle madri del romanzo inglese; inoltre tutti hanno sempre lodato l'umorismo del libro e il suo stile brillante. Non io.
In tutta sincerità, qua dentro mi sembra che l'umorismo non compaia nemmeno per una visita di cortesia, anzi devo dire che entrambe le letture mi hanno lasciato con un certo senso di oppressione.
Evelina è una cara e bellissima ragazza di origini nobili; ma il suo perfido padre a un certo punto negò di essere mai stato sposato con sua madre, che ne morì di dolore. In seguito il padre si pentì amaramente della sua cattiveria, ma a quel punto era davvero troppo tardi per rimediare perché la bambina, per preciso desiderio della madre, venne presa in carico da un amico di famiglia che la allevò in campagna sotto falso nome e si guardò bene dal cercare di contattare il vero padre. Per una serie di circostanze verso i diciassette anni Evelina fa un viaggio da amici e si ritrova così senza averlo previsto a Londra nel bel mezzo della stagione mondana. Il suo non è un vero "ingresso in società" quanto un ritrovarsi in mezzo alla suddetta società senza l'ombra di un apprendistato o uno straccio di guida che sappia consigliarla e proteggerla. Aggiungiamo che si tratta di una ragazza di eccezionale bellezza; succede così che numerosi esponenti del bel mondo decidano che una così bella ragazza, ingenua e senza protezione, è una preda eccellente e provino a catturarsela a pro loro senza ombra di ritegno o riguardo, ricorrendo ai peggiori espedienti. A peggiorare la situazione della poverina, che per giunta madre natura ha dotato di un carattere estremamente dolce e fiducioso, c'è il fatto che l'unico uomo che sarebbe tenuto a proteggerla, ovvero il suo ospite, è troppo occupato ad architettare scherzi di più che dubbio gusto per prendersi a cuore i suoi problemi, arrivando pure, per mettere in atto i suoi scherzi del menga, ad allearsi col più accanito dei persecutori della fanciulla. Sua moglie, per quanto più consapevole della situazione, non sembra avere la forza d'animo di intervenire in difesa della poveretta opponendosi al marito (che sinceramente sembra una grandissima ed esimia testa di cazzo dalla prima all'ultima pagina in cui compare*), il suo padre adottivo è lontano e pure impelagato in questioni legali legate appunto ad Evelina... insomma, la poverina è molto sola.
Evelina  è un romanzo epistolare del tipo più classico, dove le lettere vengono usate quasi soltanto per illustrare al lettore i vari spostamenti dei personaggi. Gli autori delle lettere sono tutti amici di Evelina e la grandissima maggioranza delle lettere sono scritte da lei medesima al padre adottivo - una specie di diario di viaggio, insomma, in cui la ragazza lo tiene al corrente nel dettaglio di tutte le sue vicende per averne consiglio o per deprecare i pasticci in cui riesce regolarmente a infilarsi. Ne viene fuori il ritratto di una ragazza molto cara, molto buona ma quasi completamente sprovvista della capacità di reagire in modo aggressivo con i suoi numerosi persecutori. Certo, Elizabeth Bennet o Emma Woodhouse saprebbero rimettere tutte quelle colle di pesce al loro posto con grande facilità, ma sono ragazze molto protette e in posizione sociale molto alta nella loro piccola cerchia - e anche la dolce Fanny di Mansfield Park, che pure si distingue per dolcezza di carattere e fa la parte della parente povera, ha comunque alle spalle Mr. Bertram che è sì disposto ad appoggiare Henry Crawford anche se Fanny non sembra volerne sapere, ma solo come pretendente e Henry sa benissimo che qualsiasi tentativo di seduzione finirebbe decisamente male per lui.
Insomma, più che il racconto dell'ingresso in società di una giovane dama Evelina sembra un manuale sulle molestie sessuali e su quanto sia difficile evitarle se sei indifesa e c'è qualcosa di agghiacciante nell'impudenza con cui la quasi totalità dei personaggi maschili (e parecchi di quelli femminili). I molestatori inoltre, quando vedono che le loro intenzioni non arrivano a buon fine, lungi dallo scusarsi o ritirarsi in buon ordine rimproverano assai la poverina per la sua presunta durezza di cuore (un po' come succede in Pamela di Richardson), dimostrando a tutti gli effetti di considerarsi in diritto di ricevere una positiva accoglienza - un atteggiamento senza tempo, a quel che sembra, che nonostante certi tratti della trama, come dire, piuttosto romanzeschi ne fa una narrazione a tutt'oggi piuttosto attuale.
Il quadro generale che il cosiddetto bel mondo offre di sé (compresa la vivace tendenza agli scherzi idioti e alle scommesse ancora più idiote) non è dei più attraenti e non c'è niente di strano agli occhi della lettrice (almeno quando la lettrice sono io) se Evelina per gran parte del romanzo vagheggi un ritorno alla tranquilla campagna dov'è cresciuta; tuttavia ci sono tre personaggi maschili che mostrano di considerare la fanciulla qualcosa di più di una preda di cui approfittare senza farsi problemi o di cui Infischiarsi alla grande: il padre adottivo, un personaggio che sta attraversando una grave crisi depressiva dovuta a un concorso di circostanze altamente sfavorevoli e che Evelina aiuta, dimostrando così di avere un carattere dolce ma non debole quando si tratta di intervenire per aiutare qualcuno, e  il principe azzurro di turno, un compito e nobile gentiluomo, che anche se inizialmente considera la ragazza una povera sciocca ben presto cambia idea e soprattutto, durante tutto il corso del romanzo, non compie una sola azione disonorevole ma anzi mostra di conoscere molto bene il significato di parole come "educazione", "discrezione" e simili. Con lui Evelina si sposerà alla fine del romanzo dopo averlo amato con grande ardore per più di quattrocento pagine e da quel momento non le mancheranno né la protezione né la libertà di andarsene tranquillamente in giro senza dover temere insidie ad ogni passo.
Lettura consigliata, istruttiva, interessante, piacevole... ma non così divertente come la raccontano di solito, a mio avviso. 

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture, finalmente sotto un albero, in un giardino in fiore, o magari perfino al mare, con un po' di cautela per chi ha la pelle delicata e sensibile perché il sole finalmente arrivato scotta alla grande, con tutto il calore e lo sfolgorìo che ci si può aspettare a metà Giugno.

*senza offesa per le teste di cazzo, è solo un modo di dire: anch'io, come Evelina, ho un carattere dolce e cerco di moderare il mio linguaggio perché ben di peggio avrei da dire su quell'uomo come su quasi tutti i personaggi maschili del romanzo.

giovedì 13 giugno 2019

Pace, calma e tranquillità (ultimo giorno di scuola)

Ritratto della prof. Murasaki l'ultimo giorno di scuola del più strampalato anno scolastico della sua carriera
(almeno, si spera che sarà il più strampalato) 
Con scarsissimo buon senso il calendario di quest'anno prevedeva la fine delle lezioni di Lunedì, onde garantire agli insegnanti una utenza ancora perfettamente inquadrata nella vita scolastica e ancora non minimamente proiettata verso le vacanze. E nelle altre scuole non so come se la siano cavata, ma da noi qualcuno ha avuto una vera e autentica idea geniale: gran finale dei grandiosi tornei sportivi della scolaresca delle medie al palazzetto dello sport di St. Mary Mead, e mattinata che chiude alle undici.
Lunedì il mio orario prevede che entri alla seconda ora.
"Ci raggiungi al palazzetto, Murasaki?"
"Io non sono su nessuna classe, e nessuno mi ha parlato di nessun palazzetto. Vado a scuola e questo è quanto".
Così sono arrivata, nemmeno molto puntuale, poco dopo le nove. La scuola era silenziosa, silenziosa e deserta. Pareva la quiete dopo la tempesta.
Ho firmato, riordinato qualche pendenza della Mostra del Libro e poco dopo è arrivato il libraio a riprendersi i libri invenduti. La sera prima ero passata a lasciare l'incasso con tanto di lista degli omaggi. Avevano controllato i conti e andavano bene, anzi c'era un misterioso di più di ben trenta centesimi. Li ho infilati nella scatolina dei Fondi Neri, che uso quando vado per mercatini e trovo a buon prezzo libri altrimenti introvabili.
Due chiacchiere col libraio, poi tolgo i teli dai tavoli e li ripiego.
Raccatto gli omaggi e salgo in biblioteca a catalogarli.
Mezz'ora dopo rientrano torme di scolari ruggenti che imperversano su e giù per la scuola per un po'. Poi suona la campana della terza ora. Nuovo ruggito, e i ragazzi escono - senza gavettoni, a quel che ho capito, perché quando sono rientrati a scuola hanno trovato i rubinetti bloccati. Sospetto che la cosa sia illegale ma non è affar mio, e so che nessuno me ne chiederà conto.
Finita la catalogazione scendo e chiacchiero con i colleghi per qualche minuto. Sistemo un po' di scartoffie, saluto tutti, tutti mi salutano e poi, paciosa e tranquilla, torno a casa.
Anzi no, non torno subito a casa: decido di ricompensarmi con un bel pranzetto al ristorante asiatico di Lungacque, che è ottimo e a pranzo fa l'all you can eat a un prezzo veramente stracciato.
Entro nel ristorante asiatico, che di solito Lunedì è un posto assai tranquillo e silenzioso... e ci trovo torme si scolaresche urlanti che lo riempiono fino all'inverosimile.
E qualcuno viene anche da St.Mary Mead.
"Ciao, prof!" "Salve, prof!".
Mi imbucano in un tavolino molto appartato - nei limiti del possibile, si capisce.

Evidentemente non sono stata l'unica ad avere l'idea di festeggiare con un gustoso pranzetto cino-giapponese la fine dell'anno scolastico...

domenica 9 giugno 2019

Sono Pazzi Questi Insegnanti


Quarto giorno della Mostra del Libro. Trovandomi impossibilitata a dare il resto per mancanza di spiccioli a un alunno che aveva appena acquistato un libro mi sono scusata e gli ho detto di andare in classe, ché sarei passata quanto prima a portargli quangogli spettava. 
Sono poi andata nella pasticceria davanti alla scuola dove il gentilissimo commesso di turno mi ha spicciolato l'ennesima banconota da venti euro*. 
Munita della somma necessaria mi sono così recata in Seconda B a pagare il mio debito. Ma la classe era vuota.
"Mi scusi" domando alla custode "Dev'è adesso la Seconda B?"
"Non lo so, prof. La stavo cercando anch'io, perché un genitore è venuto a prendere suo figlio, ma non riesco a trovarla". Il tono della Custode è quello,  vagamente sconsolato, di chi proprio non ricorda dove ha appoggiato le forbici, eppure le aveva in mano fino a un momento prima, e non di chi ha appena perso venti ragazzi venti, tutti ampiamente minorenni.
La Custode è una persona coscienziosa quanto giudiziosa, e d'altra parte una classe non è roba che possa essere finita per sbaglio in un sacchettino o roba del genere, né la scuola media di St. Mary Mead ha mai goduto della sinistra fama del Triangolo delle Bermuda che vanta al suo interno la sparizione di intere navi e aerei di linea, passeggeri ed equipaggi compresi.Tuttavia questo tipo di scene si è ripetuto con una certa regolarità per tutta la settimana appena trascorsa**. 
Come ho già avuto modo di spiegare, la fine dell'anno scolastico presenta dei momenti di criticità che spesso e volentieri atterrano e attappetano lo sventurato docente ormai stremato da un anno di fatiche. Tuttavia, per puro amore di giustizia, occorre ammettere che non di rado lo stimato docente ci aggiunge anche del suo.
Quest'anno una ventata di follia sembra essersi abbattuta sugli insegnanti di St. Mary Mead nessuno escluso, a partire dalla sottoscritta che ha deciso, ancora convalescente, del tutto spontaneamente e di suo genio di imbarcarsi nell'organizzazione della Mostra del Libro, ovvero un complesso tour de force che ha dovuto gestirsi completamente da sola e che le ha divorato l'ultima settimana dell'anno scolastico. 
E perché proprio l'ultima settimana?
Perché qualche bello spirito le ha suggerito "Falla l'ultima settimana, quando facciamo anche la Festa della Scuola, così c'è più movimento".
Ed effettivamente, sul fatto che ci fosse molto movimento non c'è da discutere.

La Festa della Scuola è una tradizione locale usualmente organizzata e gestita dal Comitato dei Genitori e si tratta in sintesi della solita festicciola dove le classi mangiano e ballano e fanno gran confusione mentre i genitori servono da mangiare e da bere, gestiscono malamente un impianto sonoro e fanno gran confusione. Quest'anno è stato deciso di aggiungerci varie attività didattiche allo scopo di mostrare ai genitori in questione che belle cose abbiamo fatto insieme ai loro figli. In sintesi: una esposizione di vari elaborati per Arte e Immagini (tra cui una fascinosa collezione di similvasi greci), pacchettini di biscotti (no, niente arti domestiche per noi, solo cucina molecolare - almeno così ho capito) e lettura di brani da Inferno, Purgatorio e Paradiso nella loro sede naturale, ovvero Inferno nei sotterranei, Purgatorio al piano terra appena dopo la Mostra del Libro, Paradiso al secondo piano, con ragazzi bianchi, rossi o celesti a seconda dello status loro assegnato - con la prof. Murasaki che ha avuto il suo attimo di gloria quando ha esortato con voce forte e chiara "Giù! Chi deve andare all'inferno ci vada adesso!" - più lettura di haiku scritti dai ragazzi stessi medesimi in un angolo della scuola giapponesizzato per l'occasione. Il tutto doveva durare dalle quattro alle sei, e naturalmente è andato avanti fino alle sette e mezzo quando l'ultimo dei ragazzi si è tolto il trucco rosso, dorato o celestiale e la bardatura nera, grigiolina o bianca assegnate al loro status ultraterreno.
Il giorno prima: concerto di Musica cantata di mattina, esposizione dei giochi del PON di Matematica nel pomeriggio - doveva finire alle cinque ed è andato avanti fin quasi alle sette.
Due giorni prima: montaggio della Mostra del Libro per tutto l'atrio.
Durante tutta la settimana: Mostra del Libro che imperversava, con relativa Visita Turistica delle due quarte e delle due quinte dalle elementari.
Durante tutta la settimana: tornei sportivi di tutta la scuola in non so quante discipline, con gare negli interni e negli esterni e torme di alunni che andavano e venivano ovunque.
E per concludere in gloria, Venerdì pomeriggio grande Tornata di Scrutini per tutte le classi delle medie di St. Mary Mead e di Crifosso.
ll tutto ulteriormente condito dall'improvviso arrivo di un caldo prettamente estivo dopo due mesi di tardo inverno.
Di conseguenza durante tutta la settimana nessuno è riuscito a impostare una decente ora di lezione, pochi hanno dormito, tutti abbiamo lavorato come castori e il tasso di inquinamento acustico della scuola ha toccato vertici mai visti ma certamente ben uditi da chiunque abitasse nel paese mentre non c'era un singolo insegnante che fosse uno che avesse mantenuto il ben dell'intelletto - anche se si potrebbe giustamente osservare che il fatto stesso che tutta questa roba fosse stata messa in campo in contemporanea dimostra in modo inequivocabile che il ben dell'intelletto già da tempo ci aveva abbandonato tutti quanti.

Conclusione: per quanto i ragazzi si siano divertiti moltissimo, che è una bella cosa, purtuttavia l'anno prossimo sarà forse più assennato, oltre che più prudente, scaglionare con cura tutte queste belle attività, non fosse che per evitare di stressare troppo i poveri genitori che alla fine della settimana avevano l'aria suonata almeno quanto noi.
La Mostra del Libro va ancotra smontata, ma questi son dettagli.

*"E non potevi portarti un fondo cassa con un po' di spiccioli invece di disturbare i negozianti dei dintorni?".
Oh sì che potevo, e me lo sono portato dietro per ben tre volte, ma è stato fagocitato. Quest'anno di soldi a quella Mostra ne sono circolati meno del solito, ma tutti tagli interi. Il trionfo della banconota da 50 euro, terrore di ogni negoziante.
**Per la cronaca, la Seconda B si è poi rimaterializzata dal nulla all'ora successiva. Dopo un paio di domande andate a vuoto ho deciso di sospendere le indagini - e del resto cos'è e come funziona un corridoio interdimensionale  lo sappiamo tutti, giusto?

lunedì 3 giugno 2019

Documenti fantastici e dove NON trovarli

Per risolvere misteri grandi non basta un investigatore grande: ci vuole un grande investigatore
Alla fine dello scorso anno scolastico avevo lasciato in Segreteria una bella richiesta di libri per la biblioteca di scuola. Inoltre, dall'ospedale, a Maggio mi era stato richiesto di scegliere cinque romanzi da una lista di dieci perché il Libronauta ce li offriva aggratisse - e io, previa complessa consultazione telefonica con le colleghe di Lettere, avevo fornito la lista. A Ottobre, poi, durante  uno dei miei rari soggiorni a casa, mi erano stati chiesti una ventina di titoli da richiedere, e sarebbero stati pagati da una qualche associazione partigiana perché la scuola aveva partecipato ad un concorso legato ai valori della Resistenza. Frugando tra le liste di desiderata che conservato sparpagliate qua e là, grazie una collega che si era infilata in biblioteca tra le mie carte e con l'aiuto di qualche ricerca in rete e delle solite colleghe di Lettere avevo fornito anche quella lista in circa tre giorni. Inoltre, a Maggio dell'anno scorso avevo lasciato, sempre in Segreteria, la richiesta di partecipazione al Giralibro, che in cambio di quella letterina di poche righe ci manda tutti gli anni una ventina di titoli di un certo pregio.
Al mio rientro ai primi di Maggio mi aspettavo dunque di trovare, oltre a un certo casino in biblioteca, svariati pacchi di libri in paziente attesa di catalogazione e un bel pacco pieno di fermalibri e cancelleria varia, come giusto premio per la mia incrollabile dedizione alla nobile causa bibliotecaria che né le vicissitudini mediche né le difficoltà logistiche avevano potuto piegare.
Invece ho trovato un pacco solo: quello con gli omaggi degli editori per #ioleggoperché e i libri acquistati dai genitori.
Come mai proprio quello?
Perché in #iopleggoperché la Segreteria non interviene in alcun modo, e gli organizzatori trattano  soltanto con i bibliotecari. Sanno loro perché.

Così, già il primo giorno del mio epico ritorno, recuperate le varie liste di richieste e di promesse, sono scesa nella Segreteria in questione e, dopo i doverosi mirallegri, e la trovo bene professoressa,  e che piacere rivederla e analoghe frasi di circostanza ho chiesto dov'era scomparsa tutta la roba che mi aspettavo di trovare.
Grandi cascamenti dalle nuvole, non sanno, non ricordano, non c'erano... (beh, una davvero non c'era perché è arrivata a Settembre, e "di tutto questo non sapeva niente". Non ho avuto alcuna difficoltà a crederle, considerando come lavorano lì dentro).
Eh, una richiesta fatta a Giugno... è difficile ritrovarla... anche la lettera per il Giralibro...
Sono rimasta calma e sorridente e sono andata a tirare Maestra Tina per la coda. Lei può tutto, non so come mai. E non so nemmeno perché simpatizza con me e con la biblioteca delle medie, ma è l'unico filo affidabile che posso tirare.
E come sempre Maestra Tina ha fatto il miracolo e tutte le lettere sono rispuntate - anche perché una gliel'ho portata io.
Ma in cuor mio mi domando: come accidenti è possibile che sia "difficile" trovare traccia di qualcosa spedito l'anno scorso? Un registro del protocollo ce l'hanno, visto che mi avevano mandato la fotocopia corredata appunto di numero di protocollo di una di quelle lettere.
Possibile che non abbiano un titolario per classificare la corrispondenza? Mi sembra incredibile, ma è l'unica spiegazione visto che già altre volte si sono mostrati in difficoltà nel ritrovare carte di vario tipo, e non certo solo con me.
Comunque, anche senza titolario ufficiale, anche con una classificazione fatta a occhio e con lo spannometro, i documenti di una scuola dovrebbero ritrovarsi con una certa facilità; dopotutto siamo  sì un comprensivo con vari plessi, ma a quel che ho capito passiamo di poco i mille alunni, e le categorie in cui dividere la corrispondenza di una scuola come la mia non sono poi infinite. Non siamo un Istituto Superiore con settecentotrenta indirizzi diversi, tre lingue e via dicendo. Siamo due materne, due elementari e due medie.
Torno alla scuola media e mi metto a fare colazione. Intorno a me tutti si interrogano sulle solite grandi questioni: chi siamo? Donde veniamo? Qual è il nostro codice fiscale? E, soprattutto: rispetto all'anno scorso le competenze degli alunni sono cambiate? Perché ormai i prescrutini incombono e sarebbe il caso di lavorarci un po' su...
"Qualcuno ha chiamato la Segreteria?"
"Io l'ho chiamata" sospira la VicePreside. Ha l'aria Triste&Stanca. Ce l'ha sempre, quando riferisce le sue conversazioni con la Segreteria "Hanno detto che non lo sanno e chiederanno alla Preside. Ci faranno sapere".
"Se non ne sanno niente vuol dire che dal Ministero non è arrivato niente di nuovo, nel qual caso basterà che mandino quelle dell'anno scorso".
"Seee, se sanno dove trovare il modulo..."
In quel momento capisco che i miei problemi sono solo una goccia nel profondo fossato che circonda la scuola di St. Mary Mead.
"Qualcuno ha conservato una copia del modello dell'anno scorso?"
Tutti scuotono la testa melanconici. Qualcuno mi guarda con aria speranzosa.
"No, io butto sempre via tutto quando ho finito di inserirlo" assicuro "ma ricordo di aver visto il file sul computer". 
Ricordo anche di essermi domandata "A che ci serve tenere il file ora che gli scrutini sono finiti?" ma non lo dico. Adesso lo so, a cosa serve.
Non è necessario essere stati archivisti per quattro anni per conservare le copie dei documenti più strani. Basta essere in questa scuola da qualche tempo, e avere imparato come (non) funziona la nostra Segreteria.
E infatti il modulo delle competenze salta fuori.
E, col tempo, sono saltati fuori anche i libri che avevo ordinato.
Quanto al Giralibro... ho chiamato facendo un pianto greco che non finiva più, e la mia malattia, e l'ospedale, e la richiesta che era scomparsa... e alla fine mi hanno riammesso almeno per quest'anno, anche se la domanda era ormai scaduta.
Perché siamo in Italia e, per quanto le leggi siano strampalate, a volte basta un pianto greco per risolvere tutto. 
A volte.