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C'è anche una terza faccia: quella diabetica. In questo post non può mancare e dunque la metto nell'illustrazione di apertura.
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Per il mio Venerdì del Libro fantasma stasera avevo pensato a due fiabe. Per meglio dire è una settimana che ci penso, e il progetto originale riguardava solo la prima favola, quella crudele; poi, del tutto casualmente (per quanto possa essere casuale quel che trovi lanciando una ricerca a tema "fiabe di Natale") mi sono imbattuta nella seconda.
Restava il dubbio su quale mettere per prima; dopo un lungo pomeriggio in cui, sbrigando incombenze diversissime tra loro ho dibattuto la questione per lungo e per rovescio cambiando idea in media ogni cinque minuti, ho deciso per una volta di buttare a mare la mia tradizionale propensione per il lieto fine.
La prima è una fiaba di Natale, la seconda una fiaba di Capodanno.
Gli gnomi e il calzolaio
(Fratelli Grimm - Fiaba n. 39)
Un calzolaio s'era impoverito a tal punto che gli era rimasto solo il cuoio per un unico paio di scarpe. Le tagliò la sera, poi si mise a letto pensando di lavorarci il giorno dopo. Ma quando si alzò e fece per mettersi al lavoro, ecco che le scarpe erano già bell'e pronte sul tavolo. Presto arrivò anche un cliente, che le pagò così bene che il calzolaio potè comprare il cuoio per altre due paia, che al mattino erano di nuovo già bell'e pronte. E così via: quello che il calzolaio tagliava la sera lo trovava bell'e pronto al mattino, e così tornò ricco.
Una sera, poco prima di Natale, quando aveva tagliato un bel po' di pezzi e si voleva mettere a letto, disse alla moglie: "Faremmo meglio a restare svegli una buona volta per vedere chi fa il lavoro per noi di notte". E così accesero un lumino, si nascosero dietro degli abiti appesi in un angolo della stanza e rimasero all'erta. A mezzanotte arrivarono due minuscoli e graziosi omini, tutti nudi, e si misero al banchetto a lavorare con tale velocità e precisione che il calzolaio dalla meraviglia non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Non si fermarono finché le scarpe non furono pronte, poi saltarono via e ancora mancava un bel pezzo all'alba.
Al che la moglie disse al marito: "Quegli omini ci hanno fatto ricchi, dobbiamo mostrargli la nostra riconoscenza. Mi fa pena vederli andare in giro senza vestiti col freddo che fa; io cucirò per loro camicia, giacca, camiciola e calzoni, e farò a maglia un paio di calzettoni per ciascuno, e tu fabbricherai delle scarpine per tutti e due". Al marito l'idea piacque, e la sera, quando tutto fu pronto, sistemarono ogni cosa per bene; e siccome volevano vedere cosa ne avrebbero fatto gli omini, si nascosero di nuovo.
I piccoletti arrivarono come al solito a mezzanotte; quando videro i vestiti sembrarono molto contenti e si vestirono svelti svelti, e quando furono pronti cominciarono a saltellare, zompare e ballare, e a furia di ballare uscirono dalla porta per mai più ritornare.
Il primo tema della fiaba è quello della riconoscenza - sentimento natalizio quant'altri mai. E' la riconoscenza che spinge a ringraziare chi ci ha fatto un favore durante l'anno e non ha voluto ricompensa - qualche volta con un regalo impegnativo, qualche volta con la tradizionale cesta ma anche cercando di capire cosa potrebbe davvero essergli utile. A Natale si cerca di chiudere la contabilità dell'anno e anche in quest'ottica vanno considerate le tradizionali offerte ad associazioni che si son date da fare per soccorrere i bambini guatemaltechi, nutrire i poveri della città o assistere i malati di questa o quella patologia.
Tuttavia, per chiunque abbia letto Harry Potter la storia ha anche un altro significato: donando degli abiti agli gnomi il calzolaio e sua moglie li hanno liberati (da qui la lunga danza di gioia dei due omini); il calzolaio e sua moglie sono stati spinti solo dalla riconoscenza e dal desiderio di restituire un favore, e non pensavano di fare poi una cosa tanto importante; ma capita spesso che un gesto gentile, anche piccolo, fatto per buon cuore e senza particolari intenzioni oltre a quella di fare un favore, aiuti qualcuno al di là di ogni aspettativa e possa cambiare la sua vita. Le fiabe parlano spesso di questo.
Ho poi scoperto che questi gnomi sono fratelli o cugini dei nisser scandinavi, di cui ha parlato anche Una penna spuntata in uno dei suoi post natalizi di quest'anno. Infine: Natale è una festa di liberazione per eccellenza per i cristiani perché si festeggia la nascita del Grande Liberatore, colui che ha liberato l'umanità dal peso del peccato originale.
Le feste hanno anche un'altra faccia: quella dell'infelicità e dell'indifferenza che spesso incontra mentre tutti sono troppo occupati a festeggiare per pensare a chi soffre. La seconda fiaba parla appunto di questo.
Non è una vera fiaba di Natale perché si svolge l'ultima notte dell'anno; tuttavia ci sono tutti gli ingredienti del Natale germanico: l'albero di Natale con le luci, l'oca arrosto e il calore di una casa ben riscaldata. O meglio non ci sono: vengono sognati / immaginati / intravisti. Quello che c'è davvero sono altri due ingredienti molto classici dell'inverno del Nord: il freddo e la fame, con in più due ingredienti tipici dell'infelicità: la solitudine e l'indifferenza.
Hans Christian Andersen - La bambina dei fiammiferi
C'era un freddo terribile, nevicava e cominciava a diventare buio; e era la sera dell'ultimo dell'anno. Nel buio e nel freddo una povera bambina, scalza e a capo scoperto, camminava per la strada; aveva le ciabatte quando era uscita da casa, ma a che cosa le sarebbero servite? erano troppo grandi per lei, tanto grandi che negli ultimi tempi le aveva usate la mamma. E ora la piccola le aveva perdute subito, quando due carri che passavano a forte velocità l'avevano costretta a attraversare la strada di corsa. Una ciabatta non riuscì più a ritrovarla, e l'altra se la prese un ragazzo, dicendo che l'avrebbe usata come culla quando avesse avuto dei figli.
Ora la bambina camminava scalza, e i suoi piedini nudi erano viola per il freddo; in un vecchio grembiule aveva una gran quantità di fiammiferi e ne teneva un mazzetto in mano. Per tutto il giorno non era riuscita a vendere nulla e nessuno le aveva dato neppure una monetina; era lì affamata e infreddolita, e tanto avvilita, poverina!
I fiocchi di neve si posavano tra i suoi lunghi capelli dorati, che si arricciavano graziosamente sul collo, ma lei a questo non pensava davvero. Le luci brillavano dietro ogni finestra e per la strada si spandeva un delizioso profumino di oca arrosto: era la sera dell'ultimo dell'anno, e proprio a questo lei pensava.
A un angolo della strada formato da due case, una più sporgente dell'altra, sedette e si rannicchiò, tirando a sé le gambette, ma aveva ancora più freddo e non osava tornare a casa. Temeva che suo padre l'avrebbe picchiata, perché non aveva venduto nessun fiammifero e non aveva neppure un soldo.
E poi faceva così freddo anche a casa! Avevano solo il tetto sopra di loro e il vento penetrava tra le fessure, anche se avevano cercato di chiuderle con paglia e stracci.
Le manine si erano quasi congelate per il freddo. Ah! forse un fiammifero sarebbe servito a qualcosa. Doveva solo sfilarne uno dal mazzetto e sfregarlo contro il muro per scaldarsi un po' le dita.
Ne prese uno, e "ritsch," contro il muro. Come scintillava! come ardeva! era una fiamma calda e chiara e sembrava una piccola candela quando lo circondava con le manine. Che strana luce! La bambina credette di trovarsi seduta davanti a una stufa con i pomelli d'ottone, e il fuoco bruciava e scaldava così bene! No, che succede? stava già allungando i piedini per scaldare un po' anche quelli, quando la fiamma scomparve. E con la fiamma anche la stufa.
E si ritrovò seduta per terra, con un pezzetto di fiammifero bruciato tra le mani.
Subito ne sfregò un altro, che illuminò il muro rendendolo trasparente come un velo. Così potè vedere nella stanza una bella tavola imbandita, con una tovaglia bianca e vasellame di porcellana e un'oca arrosto fumante, ripiena di prugne e di mele! All'improvviso l'oca saltò giù dal vassoio e si trascinò sul pavimento, già con la forchetta e il coltello infilzati nel dorso, proprio verso la bambina: ma in quell'istante il fiammifero si spense e davanti alla bambina rimase solo il muro freddo. Allora ne accese un altro. E si trovò ai piedi del più bello degli alberi di Natale. Era ancora più grande e più decorato di quello che aveva visto l'anno prima attraverso la vetrina del ricco droghiere; migliaia di candele ardevano sui rami verdi e figure variopinte pendevano dall'albero, proprio come quelle che decoravano le vetrine dei negozi.
Sembrava guardassero verso di lei. La bambina sollevò le manine per salutarle, ma il fiammifero si spense. Le innumerevoli candele dell'albero di Natale salirono sempre più in alto, fino a diventare le chiare stelle del cielo; poi una di loro cadde, formando nel buio della notte una lunga striscia di fuoco. «Ora muore qualcuno!» disse la bambina, perché la sua vecchia nonna, l'unica che era stata buona con lei, ma che ora era morta, le aveva detto: «Quando cade una stella, allora un anima va al Signore».
Accese un altro fiammifero che illuminò tutt'intorno, e in quel chiarore la bambina vide la nonna, lucente e dolce!
«Nonna!» gridò «oh, prendimi con te! So che tu scomparirai quando il fiammifero si spegne, scomparirai come è scomparsa la stufa, l'oca arrosto, l'albero di Natale!»
E accese tutti gli altri fiammiferi che aveva nel mazzetto, perché voleva mantenere la visione della nonna; e i fiammiferi arsero con un tale splendore che era più chiaro che di giorno.
La nonna non era mai stata così bella, così grande. Trasse a sé la bambina e la tenne in braccio, insieme si innalzarono sempre più nel chiarore e nella gioia. Ora non c'era più né freddo, né fame, né paura: si trovavano presso Dio.
La bambina venne trovata il mattino dopo in quell'angolo della strada, con le guance rosse e il sorriso sulle labbra. Era morta, morta di freddo l'ultima sera del vecchio anno. L'anno nuovo avanzava sul suo piccolo corpicino, circondato dai fiammiferi mezzo bruciacchiati.
«Ha voluto scaldarsi» commentò qualcuno, ma nessuno poteva sapere le belle cose che lei aveva visto, né in quale chiarore era entrata con la sua vecchia nonna, nella gioia dell'Anno Nuovo!
La bambina dei fiammiferi, conosciuta in Italia anche col titolo di La piccola fiammiferaia prima ancora di essere una fiaba è, come quasi tutte le fiabe di Andersen, una categoria dell'anima ed è quindi passata tra i modi di dire: tutti ci siamo sentiti piccole fiammiferaie, a volte.
Qualcuno, ho scoperto con gran sorpresa, la considera una fiaba a lieto fine. A me, sinceramente, non sembra.
Andersen la scrisse sulla scorta di qualche fatto di cronaca? E' davvero credibile che in una città una bambina stracciata abbia passato la giornata a (non) vendere fiammiferi senza che nessuno cercasse di aiutarla in qualche modo?
Piacerebbe essere sicuri che no, non è assolutamente possibile; ma sappiamo che cose del genere capitano ogni giorno e non solo ai bambini, e non importa arrivare fino in Africa per trovare posti e situazioni dove non manca solo l'oca arrosto e l'albero illuminato, ma anche lo stretto indispensabile.
Il Senso di Colpa del Natale ci fa comunque compagnia (anche durante il resto dell'anno).
2 commenti:
Conoscevo la fiaba degli gnomi calzolai ma non avevo mai fatto il collegamento con Harry Potter e gli elfi domestici, che non vanno in giro nudi solo perché ora nelle storie per bambini si evita. Alla piccola fiammiferaia poteva anche andare peggio, considerate le cose brutte che si leggono nei gialli scandinavi, ma proprio lieto fine non direi.
Il collegamento con Harry Potter e i suoi elfi domestici mi è venuta in mente solo mentre la rileggevo, anche perché la cosa non è mai spiegata in nessuna versione della fiaba; forse perché per il lettore tedesco la cosa è assolutamente ovvia? Oppure col tempo questo aspetto della questione è stato dimenticato? Vai a sapere. Comunque per il lettore italiano non c'è nulla di scontato nella presenza di un elfo/gnomo/folletto, quindi non ha idea se debba essere nudo, vestito o che altro.
Non avevo considerato nemmeno il motivo per cui gli elfi di Harry Potter non vanno in giro nudi, anzi meglio ancora non avevo nemmeno pensato che potesse esserci un motivo. Da quel genio che è Rowling ha sfruttato questo divieto implicito per mostrare la differenza di sfruttamento degli elfi da parte dei vari proprietari.
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