Qualche anno fa presi una supplenza in una delle Scuole Prestigiose della mia città che iniziava dal primo giorno di scuola e aveva possibilità di durare tutto l'anno (ma che invece terminò dopo poche settimane); i colleghi mi accolsero quindi come una simil-titolare.
La collega di lettere della mia sezione si presenta e mi spiega che l'insegnante che aveva avuto la classe l'anno prima, adesso felicemente in pensione, le aveva lasciato l'incarico di passarmi il suo cassetto - precauzione saggia, perché in quella sala insegnanti i cassetti erano merce abbastanza pregiata.
La ringrazio molto, tolgo l'etichetta della collega pensionata dal cassetto, ci metto il mio nome e vado in classe lasciando il cassetto vuoto.
Finita la lezione passo in segreteria a ritirare i registri e torno in sala professori per metterli appunto nel cassetto. Guardo dove mi sembrava di ricordare che fosse il mio cassetto, guardo nei dintorni, guardo nell'altra cassettiera ma, niente, il mio cassetto sembrava sparito.
Raggiungo la collega di sezione e chiedo se si ricorda qual era il mio cassetto.
Mi segue come un fulmine in sala professori. Scopriamo che il mio legittimo cassetto ha cambiato nome ed è stato pure chiuso a chiave.
"Ehm, a me un cassetto servirebbe" osservo io.
"Certo che ti serve" proclama la collega "E ora te lo troviamo. E' ora di finirla con questi insegnanti che occupano due o tre cassetti, adesso ne prendiamo uno a chi ce l'ha doppio".
Salta su una collega: che prima di tutto non è il caso di parlare in questo tono, che poi chi ha più di un cassetto ha le sue buone ragioni perché ci deve tenere questo e questo... Le due iniziano una piazzata in piena regola mentre io, con i miei registri in mano, mi domando come uscire da quell'impasse senza inimicarmi sin dal primo giorno almeno metà del corpo docenti.
Un collega di musica, mosso a compassione al mio triste caso, mi offre il suo secondo cassetto. Mi sento un po' in colpa perché musica ha nove classi, e se si prende due cassetti c'è il suo motivo, ma lui scansa le mie tenui obiezioni e in circa mezzo minuto svuota il cassetto.
Lo ringrazio, metto i registri nel cassetto, rifaccio l'etichetta col mio nome, chiudo a chiave il cassetto portando via la chiave e vado a telefonare ai rappresentanti perché mi mandino i libri lasciando le due colleghe ad accapigliarsi.
Tra una telefonata e l'altra mi raggiunge la vicepreside per spiegarmi che i compiti corretti si conservano in un grande cassettone, un cassetto per sezione, mettendo delle etichette con l'indicazione della classe per delimitare le sezioni.
Preoccuparmi già di dove conservare i compiti corretti mi sembra un filino prematuro, ma mi dico che prevenire è meglio che curare e che comunque sono tenuta a seguire le istruzioni dei superiori, così compilo l'etichetta e l'appiccico dove mi è stata indicata.
Nuova lezione. Quando torno in sala professori la collega di lettere della mia sezione cerca di mangiarmi per pane perché ho messo l'etichetta nel cassettone dei compiti dove non dovevo.
A quel punto gli estremi per una rispostina salata sullo strano rapporto che in quella scuola avevano con i cassetti c'erano tutti. Io però sono una damigella di corte molto educata e mi limito a rispondere che forse sarebbe il caso di chiarire la questione con la vicepreside. Poi prendo la borsa e scappo a casa: per litigare c'è sempre tempo, ma farlo il primo giorno di servizio non sempre si rivela una buona idea.
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