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giovedì 20 luglio 2023

Leggere, forte! - 2 - L'ora di lettura (che poi è una mezz'ora che diventa sempre quaranta minuti).

Anna Speshilova - Reading
Durante le vacanze di Natale mi sono preparata con cura al progetto "Leggere, forte!" dell'INDIRE. A tale scopo ho prima di tutto letto con tanta pazienza il manuale, il cui pregio maggiore non consisteva nella capacità di sintesi e il cui motto sembrava essere "Se un concetto resta valido dopo esser stato ripetuto cinquanta volte, perché non ripeterlo  altre cinquanta? Dopotutto, nel più ci sta il meno".
Ivi si spiegava e ri-spiegava fino allo sfinimento (del lettore) che la lettura ad alta voce fatta alla classe era bella, buona e portatrice di infiniti vantaggi e utilità; solo che, se ti ritrovi a leggere un manuale per la lettura da fare ad alta voce in classe, si suppone che tu parta dall'idea, magari un po' generica, che leggere in classe può apportare dei vantaggi - fosse anche solo quello di intrattenere e istruire i giovani ascoltatori e creare delle vibrazioni positive nel gruppo, e insomma sei già abbastanza convinto. Se il concetto base è che ai ragazzi piace ascoltare la lettura, basta ripeterlo una decina di volte, credo, anche senza riportare le dichiarazioni di trentasette insegnanti che ti spiegano che ai ragazzi la lettura fatta ad alta voce dall'insegnante piace.
Poi si spiegava che era opportuno leggere qualcosa che coinvolgesse gli alunni, e anche lì la buonanima di Catalano avrebbe approvato assai, perché certo è meglio leggere ai ragazzi un testo ben scritto e che li affascini piuttosto che qualcosa che gli sembra una palla micidiale, anche qualora ciò comportasse una certa noia da parte dell'insegnante perché il testo che piace ai ragazzi non gli piace.
Più avanti si passava a concetti un po' meno scontati, del tipo che poteva essere una buona idea tenere conto appunto del giudizio degli ascoltatori, non partire necessariamente dalla lettura integrale di Guerra e pace o I miserabili ma magari all'inizio scegliere testi un po' più corti, non rifilare delle schede di comprensione del testo alla fine della lettura ma magari parlarne un po' in modo informale sentendo cosa avevano da dire in proposito gli ascoltatori e simili. 
Anche sul fatto che si doveva cercare di fare una lettura abbastanza espressiva e un po' coinvolgente, ecco, sì, direi che siamo abbastanza d'accordo anche senza insisterci troppo, e ad ogni modo si spera che nessuno si metta volontariamente a leggere qualcosa ad una classe cercando di annoiarla a morte. D'altra parte nessuno di noi viene da un corso di arti drammatiche (il che probabilmente è un male, e non sarebbe sbagliato che gli aggiornamenti puntassero un po' di più su questo aspetto) e quindi, signori miei, si fa quel che si può, ma un po' di pratica e di ascolto ti portano comunque ad assimilare qualche elemento di base in proposito, anche a essere fatti di legno, e d'altra parte si suppone che partiamo  da una certa qual esperienza di lettura che ci permette se non altro di non inciampare nelle frasi un po' più lunghe.
Meno scontato, ahimé, era il principio che i ragazzi dovessero essere rilassati e in posizione comoda. Tale principio infatti è più facile da applicare alle elementari che alle medie, visto che alle elementari ormai da qualche tempo si parte dall'idea base che gli ambienti scolastici devono essere gradevoli, accoglienti e ricchi di cuscini e simili, mentre alle medie l'idea di base sembra quella di avviare gli alunni ad una educazione spartana, con banchi bassi e piccoli, sedie decisamente dure, classi dipinte in colori deprimenti, niente pale al soffitto per quando fa caldo eccetera. Ad ogni buon conto mi sono fatta un appuntino mentale e ho dato il permesso agli alunni di stare seduti sul banco, se volevano, o raggrupparsi, o ascoltare a occhi chiusi eccetera - ma più di tanto nelle aule delle medie di St.Mary Mead non si può fare. A questo proposito mi sono ripromessa di chiedere di allestire un angolo apposito provvisto di pouf e tappetini e simili nell'Aula Magna ma non sono affatto sicura che sì banale proposta andrà in porto.

Con un certo sollievo ho scoperto che il corso di aggiornamento non era obbligatorio  e quindi mi sono limitata a collegarmi un paio di volte, non ricavandone l'impressione che si trattasse di una roba imperdibile - e va pur detto che di letteratura per ragazzi ne ho sempre letta parecchia e quindi se consigliavano Gaiman  non è che il suggerimento cadesse proprio su un terreno del tutto asciutto, ecco.

Ho scelto con cura i testi da proporre. Prima di tutto un racconto di assaggio, ovvero La foca bianca di Kipling. Come credo di avere già scritto, la Seconda Sfigata è una classe molto animalista, ed ero sicura che la triste storia del massacro delle foche a scopo di raccolta pelli che poi diventava l'eroico racconto di una foca che portava i suoi amici nella Terra Promessa lontano dagli uomini e dalle loro insidie sarebbe piaciuta. Me la sono riletto, poi l'ho letto ad alta voce e ho cronometrato i tempi: con due sedute di poco più di mezz'ora in due giorni consecutivi ce l'avrei fatta. Sarebbe stato un buon modo per aiutare quella ripartenza un po' a diesel che ritengo opportuna dopo un periodo di vacanze.
La foca bianca è piaciuta molto: quando mi sono fermata a metà il primo giorno han chiesto (in realtà preteso) che continuassi ma sono convinta che dividerla in due sia stata una buona idea, perché è un racconto piuttosto lungo. Qualcuno ha chiuso gli occhi, qualcuna si è messa giù, con aria molto rilassata e dopo la lettura sembrava uscita da una nuvoletta. Molto carino.
Finito il racconto tutti han dichiarato di averlo molto gradito. Abbiamo fatto una rapida analisi dei temi presenti nel racconto (che sono una infinità) ma Romeo ne ha tirato fuori uno che non avevo mai considerato: l'uomo forte al comando - più esattamente la foca forte al comando, che risolve i problemi per tutti ma pretende di essere obbedita, anche a suon di botte se necessario. Ammetto che avevo sempre visto Kotick più che altro come un Predestinato - ma non c'è dubbio che è anche molto autoritario (ero invece rimasta colpita dal fatto che della fidanzata di Kotick non sappiamo niente, nemmeno il nome, solo che promette di aspettare il suo foco che deve seguire la sua missione; nelle letture precedenti non ci avevo mai fatto caso, probabilmente perché ancora abbastanza immersa in un certo tipo di mentalità in cui la brava foca femmina non crea problemi al suo foco e sa aspettare).
Il giorno dopo, finita la lezione di Storia, Peggy ha chiesto "Non si potrebbe continuare il racconto di ieri?".
Dopo un attimo di silenzio interdetto qualcuno le ha spiegato con bel garbo che il racconto era finito e non c'era altro da leggere in proposito. 
Peggy ci è rimasta molto male. "Speravo in un seguito". Ma purtroppo il seguito non esiste, per quel che ne so.
Kipling ha sempre raccattato bene, con quella classe. In effetti Kipling ha sempre raccattato bene in qualunque classe abbia provato a proporlo e sospetto che sia un po' sottoutilizzato, a scuola.

La settimana dopo si parte con Il piccolo popolo - e mai si vide libro più adatto a quello per essere letto dall'insegnante, perché una delle poche copie disponibili nella provincia di Firenze era in mano mia, il formato digitale non esiste e insomma non l'avrei potuto mai scegliere come libro di narrativa. Inoltre abbondava in agganci ai temi ecologici di tutti i tipi, oltre che al colonialismo e all'incontro con il diverso che in questi tempi è considerato a scuola tra i temi portanti e importanti. E considerato che l'unica copia a disposizione me la portavo su e giù da casa per provare la lettura e calcolare i tempi, era anche un libro adattissimo a essere letto da una sola persona - nel caso specifico, io.
Come ho già scritto è un bel romanzo, ma con qualche punto morto qua e là e un po' troppi personaggi, per giunta quasi tutti con nomi anglosassoni e quindi facili da confondere. Ho rimediato nominando ogni settimana un paio di segretari che doveva segnare i personaggi nuovi e via via incolonnarli tra i Buoni e i Cattivi, con possibili cambi di colonna nel corso della lettura. Tutto ciò è poi servito per il tabellone finale che è venuto molto bene, con un bellissimo Tuttopelo disegnato da Pisola e colorato da Carl Palmer, la scheda dei dati essenziali (titolo, autore, anno della prima pubblicazione, tempo e  luogo della vicenda, una breve sintesi ecc.) un paio di citazioni scelte, i personaggi divisi a gruppi e qualche opinione sparsa.
La lettura ha richiesto circa cinque settimane ed è terminata alla fine di Febbraio.

Dopo le vacanze di Pasqua ho avviato un esperimento misto: Il mistero del London Eye è stato adottato come libro di narrativa. Visto che, al contrario de Il piccolo popolo lo si trova in giro con estrema facilità chi voleva se l'è comprato (anche alla Mostra del Libro), chi voleva l'ha comprato in formato digitale da leggersi sul lettore di casa e chi non voleva comprarlo poteva prenderlo in prestito alla biblioteca di St. Mary Mead, che una volta esaurite le sue due copie l'avrebbe richiesto alle altre biblioteche del circuito della provincia*. In tutti i casi dovevano averne una copia tra le mani.
Le prime cinquanta pagine sono state lette da me, chi voleva seguiva sul libro - ma ho notato che per lo più ascoltavano. Passata la prima settimana sono cominciate le (rullo di tamburi) prove di lettura. Ho stilato la tabella di marcia, capitolo per capitolo; a ognuno spettavano tre prove di lettura assegnate a mio insindacabile giudizio e che tenevano conto delle caratteristiche individuali**. Ogni tanto leggevo anch'io o l'insegnante di Sostegno - diciamo un giorno noi e un giorno i ragazzi. Per primi hanno letto quelli bravi***, per mostrare agli altri con l'esempio pratico cosa voleva dire leggere bene, ovvero intrattenendo l'ascoltatore, scandendo bene le parole, mantenere un bel timbro di voce facilmente udibile, seguendo attentamente la punteggiatura, i corsivi, le pause eccetera. In effetti quella classe, dove certo nessuno soffre di afonia, anche ragazzi provvisti di eccellenti organi fonatori e che gridavano in libertà e sembravano del tutto incapaci di assorbire il concetto di parlare a bassa voce, giunti al momento della pubblica lettura sembravano improvvisamente entrare in un confessionale o leggevano ad una velocità spaventosa, nemmeno stessero facendo un campionato per riuscire a infilare il massimo numero di sillabe in un minuto. Anche ai DSA erano state assegnate le prove, ma avevano il diritto di tirarsi indietro anche all'ultimo momento, visto che nei loro PDP erano esentati dalla lettura ad alta voce (anche se poi, ove richiesti con bel garbo e sempre con tre congiuntivi e condizionali, han sempre letto tutti senza farsi grandi problemi, o addirittura han chiesto più volte spontaneamente di farlo). Nel caso avessero scelto di non leggere li avremmo sostituiti io o Sostegno. Il problema però non si è minimamente presentato, anzi si sono tutti preparati con particolare cura e determinazione.
La prima prova è andata nel complesso abbastanza bene, la seconda e la terza sono andatate a meraviglia, e addirittura quando mancava qualcuno dei lettori ufficiali del giorno**** alcuni si sono offerti di sostituirli leggendo all'impronta. Alla fine del libro tutti avevano imparato a leggere ad alta voce in modo molto rispettabile, compresi i DSA, facendo caso alla punteggiatura, senza inventarsi all'impronta la pronuncia dei nomi stranieri di volta in volta secondo l'ispirazione del momento e seguendo l'arcata espressiva della frase. Così ho potuto distribuire una bella pioggia di voti alti nella lettura, che hanno alzato la media di italiano a tutti.
In conclusione: non si può dire che la mia personale interpretazione del progetto Leggere, forte! sia stata proprio quella prevista dall'INDIRE, ma nel complesso devo dire che ho tratto un buon frutto da questa esperienza e conto di ripeterla (magari, se mi riesce, in un modo un po' più collegiale; chissà?).

* quando scelgo il libro di narrativa ho sempre cura di prenderne uno molto presente nelle biblioteche, appunto per consentire a chi non vuole di non comprarlo. Nel caso specifico se lo sono comprato quasi tutti, e credo che nessuna famiglia abbia rimpianto i suoi soldi.
** in pratica, chi leggeva malino, maluccio o così-così  aveva i capitoli più brevi o più facili.
*** quelli bravi nella lettura, che non necessariamente erano anche i più bravi a Italiano.
**** cosa che è successa spesso, perché tra le caratteristiche della Seconda Sfigata c'è che ogni mattina ne mancano da due a quattro. No, non sempre gli stessi. La cosiddetta frequenza assidua nei giudizi di fine anno ce l'hanno in due. Ed è sempre stato così, sin dai primi giorni della Prima. 

2 commenti:

Filippo ha detto...

Se posso dare un consiglio, mi dirigerei sulla letteratura italiana contemporanea. C'è un gruppo di scrittori, prevalentemente emiliano-romagnoli, che ha sviluppato una scrittura simile al parlato. La prova del nove per decidere se un testo funziona per loro è proprio la lettura. I loro testi sono fatti per essere letti. Le traduzioni da altre lingue invece non hanno questa attenzione. Alcuni nomi: Ermanno Cavazzoni, Luigi Malerba, Daniele Benati, Paolo Nori, Ugo Cornia, Vitaliano Trevisan. Prova!

Murasaki ha detto...

Ti ringrazio molto per la segnalazione, stamani sono andata in biblioteca a fare un sopralluogo e ho messo da parte un paio di possibilià, poi guarderò nel catalogo provinciale per gli autori di cui non ho trovato niente. Non è che in quel gruppo c'è anche qualche scrittrice? Sai, è per le quote rosa ^__^
A dire il vero guardando il Broccolo per scegliere un po' di brani per la programmazione mi sono accorta che arriva a malapena a lambire l'inizio degli anni 70, che ormai è mezzo secolo fa, e mi ero ripromessa di chiedere qualche suggerimento alle colleghe, tutte molto più ferrate di me nella letteratura italiana contemporanea - ma mi RIFIUTO di farlo a metà vacanze. Invece penso che a quella classe un po' di buona prosa italiana contemporanea farebbe bene.