Il mio blog preferito

venerdì 14 luglio 2023

Le volpi del deserto - Pierdomenico Baccalario

Ho adocchiato questo romanzo alla Mostra del Libro, me lo sono preso tra gli omaggi e me lo sono pure portata a casa per leggerlo con calma. Ho trovato molti motivi per dirne bene, a cominciare dalla copertina.
Ebbene sì, perfino la Mondadori può azzeccare una copertina! E questo dimostra che davvero c'è speranza per tutti. Non solo, ma mi accorgo che è la terza copertina di fila di cui mi ritrovo a dire bene. Che si stia aprendo un nuovo corso nell'editoria, almeno in quella per ragazzi? 
Sarebbe davvero molto bello.
Il titolo è altamente evocativo e pure un po' ingannatore: volpe del deserto è il celebrissimo soprannome dell'ancor più celebre Erwin Rommel, generale del Terzo Reich noto per le sue grandi qualità di stratega ma anche per la sua astuzia. Se si guardano le sue foto si deve ammettere che non era un brutto uomo, ma certo niente a che vedere con la sfolgorante bellezza della volpe del deserto propriamente detta, ovvero il fennec.
Ecco qui una pucciosissima cucciolata di fennec:
Piccolo ma surreale dettaglio: è una cucciolata di allevamento. E capisco che il fennec è carino, capisco anche che possa nascere un legame di amicizia con un fennec se vivi ai bordi del deserto, così come può capitare di fare amicizia da noi con un riccio, uno scoiattolo o un merlo, ma andarselo a comprare... sembra però che si lasci più o meno addomesticare. In molti stati comunque è illegale possederlo, e mi sembra giusto così: chi vuole per amico un animale selvatico secondo me se lo deve guadagnare, con la pazienza, l'amicizia e qualche piccolo dono o aiuti concreti, grandi o piccoli che siano. Fine della tirata.
La copertina presenta comunque non un fennec, ma una vera e propria volpe, di quelle che si trovano con relativa facilità anche nei nostri boschi o in campagna; questa volpe se ne sta nel deserto su una duna a guardare... un sommergibile che vola nel cielo. Normale, no? 
Nel cielo comunque c'è anche un aeroplano, di quelli da seconda guerra mondiale.
Dunque una storia ambientata nella seconda guerra mondiale nel deserto africano con Rommel tra i protagonisti?
Niente affatto: come ho detto la copertina è deliziosamente ingannatrice.
Non c'è l'ombra di un fennec in tutto il romanzo.
Non si parla di sommergibili che volano (e a questo, magari, il lettore arriva abbastanza preparato).
La storia è ambientata nel 1986 in Corsica - che, per quanto goda di un clima caldo di tipo Mediterraneo, col deserto non ha nulla a che vedere.
La volpe di copertina evoca però irresistibilmente una delle volpi più celebri della letteratura: quella del Piccolo principe di Saint-Exupéry, di cui troviamo una citazione proprio prima dell'inizio - il celebrissimo passo dove la volpe spiega al principe i pregi della domesticazione.
Di Rommel e di Saint-Exupéry in effetti si parla molto, e c'è anche un piccolo accenno a Dahl, ben più di un piccolo accenno a Bormann e perfino qualcosa su Hitler.
La storia però  è ambientata in Corsica, nel 1986 e racconta la prima estate passata in Corsica da un ragazzino di dodici anni con la sua famiglia - una famiglia francese abbastanza normale per l'epoca, padre e madre piuttosto simpatici e tre figli: il protagonista, che si chiama Morice, secondogenito, una sorella maggiore che studia lingue e una sorellina più piccola. Della famiglia fa parte anche Fabrice, che è una sorta di fantasma del fratello gemello che Morice si porta dietro - no, non è un vero spoiler, Fabrice entra in scena già alla terza pagina e quasi subito capiamo che i genitori di Morice non vivono con grande entusiasmo la presenza di questa sorta di amico immaginario (Morice comunque se ne frega, giustamente).
La famiglia di Morice viene dal continente, ovvero dalla Francia. Il padre si è abbastanza stufato del suo lavoro e ha deciso di dare una svolta alla sua vita: ha visto un albergo abbandonato (dal non troppo originale nome di Napoléon, che come sanno anche i sassi era appunto di origine corsa), se n'è innamorato e ha deciso di comprarlo, restaurarlo e riavviarlo. La moglie è piuttosto favorevole all'idea, i figli non sono contrari.
Un albergo abbandonato, nemmeno si sa bene perché, vicino a un piccolo e semidisabitato paesino di nome Dautremere, una famiglia di francesi che arriva lì portata dalla piena...
Dautremere è un classico paesino da romanzo giallo o dell'orrore: tutti si conoscono benissimo e tutti (come apparirà ben presto) condividono immani quantità di segreti. A questo punto può arrivare qualche misteriosa morte da indagare o qualche spettro  da esorcizzare o sotto cui soccombere. Ma non succede né l'una né l'altra cosa - oppure, in un certo senso, succedono entrambe, ma il tema portante non è quello; e non si tratta nemmeno, se non in piccola parte, di un vero romanzo di formazione. Naturalmente nel corso della vicenda il protagonista crescerà e imparerà una serie di cose su sé stesso, ma questo succede in qualsiasi romanzo che abbia un protagonista giovanissimo - oppure in qualsiasi romanzo, punto.
Il romanzo afferisce a un genere letterario particolare e relativamente nuovo, anche se ha dei precedenti nella narrativa dell'Ottocento: è un romanzo da Complotto, dove viene ricostruita una vicenda storica con gran pezze di appoggio storiche e ricostruzioni storiche e grandi interventi di personaggi storici (nel frontespizio viene citato Christian Hill che ha svolto appunto le indagini storiche) il tutto per raccontare qualcosa che magari si è svolto in un qualche universo parallelo ma che nella nostra linea storica non risulta. Il genere Codice da Vinci, per intendersi; ed è un genere che, quando è scritto bene, mi piace molto. Vedere la storia in una luce diversa e scoprire misteriose sottotrame...
Per esempio: è cosa piuttosto nota che Roal Dahl ha collaborato con i servizi segreti inglesi durante la guerra come spia e come propagandista. Ma sapevate che anche Saint-Exupéry ha lavorato come spia?
Probabilmente no, visto che non esiste uno straccio di prova a riguardo; tuttavia  per una serie di circostanze si creò questa reputazione. Ma se Il piccolo principe fosse stato un romanzo a chiave, usato per trasmettere informazioni segrete solo a certi lettori? Informazioni, per di più, che riguardavano non tanto attacchi nemici o basi segrete bensì notizie su un grandissimo tesoro che...
Ecco, anche questo probabilmente non lo sapevate. In realtà l'ultima volta che mi sono ritrovata a scorrere Il piccolo principe mi sono convinta che è effettivamente un testo a chiave, di quella razza di racconti genericamente definiti "iniziatici" - come Il serpente verde di Goethe, per intendersi. Niente di legato allo spionaggio, ma una storia che racconta per simboli un'altra storia legata allo sviluppo e al perfezionamento dell'individuo. E con la trama che ha e quei numeri strani piazzati qua e là si presta bene a tanti tipi di interpretazione pur avendo anche una trama, diciamo così, "esterna" che funziona benissimo anche da sola (meglio del Serpente verde in effetti).
L'estate di Morice se ne va così, ricostruendo una storia del passato del tutto sconosciuta agli storici ordinari, un tassello per volta e i tasselli sono veramente tanti. E il sommergibile (che non vola) ha una parte molto importante.

Il complotto è divertente se si scopre pezzo a pezzo, come il cioccolato dentro la stracciatella, e dunque non ne posso parlare. Mi limito a dire che la lettura è molto piacevole e quel che è successo in passato ha dei risvolti piuttosto neri.
C'è un altro aspetto cui non avevo mai pensato, ed è che non puoi sapere una storia, anche molto famosa, se qualcuno non te l'ha raccontata. Non importa un racconto a voce, va bene anche un libro o un film. Morice ha fatto un regolare corso di studi ma del nazismo e della seconda guerra mondiale conosce ancora solo qualche frammento sparso, ricavato da brandelli di conversazione, documentari, cose così. Alle elementari di certi argomenti non si parla troppo nel dettaglio. Sa che Hitler ha fatto delle cose orribili, ma le vicende della guerra non le conosce bene. In effetti è stato così anche per me, e direi per tutti quelli che sono nati dopo il 1950.
Per un insegnante di storia è sempre difficile stabilire se c'è una base su cui si può costruire o se ci si sta impaludando - senza contare il fatto che ogni individuo, ogni generazione e anche ogni gruppo ha i suoi singoli brandelli e scampoli - l'ultima prima sapeva un sacco di cose sul feudalesimo perché ha passato due anni a giocare a "Castelli e cavalieri", quella che hai davanti adesso ha passato quei due anni a giocare a tutt'altro e devi partire dalle basi. E tutto ciò è complicato e ogni volta richiede tecniche diverse, e a volte sbagli approccio.

Comunque il libro si legge molto bene, ha una bella trama e dei personaggi interessanti e sto coltivando una mezza idea di leggerlo in classe l'anno prossimo.
Comunque per ora l'ho letto io, e mi è piaciuto.
Credo si trovi in tutte le biblioteche pubbliche, e l'edizione Oscar te la danno per undici euro.

Nessun commento: