Di primo mattino, sorseggiando il caffè, navigavo placidamente su Facebook. Qualche gattino, qualche coniglietto, qualche draghetto...
E l'ennesima disamina sul Liceo Classico. Pòle, esso liceo classico, essere una buona scuola? Pòle formare le giovani menti? Ha un suo specifico surplus che lascia dentro ai giovinetti che lo frequentano quel certo nonsoché?
La Gran Questione del Liceo Classico viene fuori spesso, non soltanto nella stagione delle preiscrizioni. Stavolta mi ha toccato più da vicino perché ne parlavano persone di cui sono solita condividere le opinioni e che analizzavano la questione in modo più approfondito e sensato dei consueti richiami al latino che apre la mente e consimili.
Eppure, anche così, non ero d'accordo.
E quando mai sono d'accordo con qualcuno se si parla del Liceo Classico?
Di fatto il solo pensiero che esiste il Liceo Classico mi fa venire l'orticaria.
Eppure, ripensandoci, non mi sono poi trovata male a fare il liceo classico. E ho fatto un classico liceo classico, con tutta la gioventù bene di Firenze e anche con un sacco di gente che con la Firenze bene non aveva molto a che spartire.
Ho avuto fortuna, certo; ma con la scuola un po' di fortuna è indispensabile perché ci sono troppe varianti.
Ho avuto la gran fortuna di incrociare la prof. De Divinis al ginnasio, che era preparatissima e molto brava e assai empatica, ma che non era probabilmente un caso così raro. La prof. De Divinis ha anche molto ben amalgamato la classe, ma forse ci saremmo amalgamati lo stesso. E poi avevo un sacco di persone simpatiche, in classe - e lì si rientra nell'ambito della fortuna. Fossi finita nella classe parallela, ne avrei trovate ben di meno.
Studiavamo tutti abbastanza volentieri - beh, quasi tutti. E alcuni del gruppo dei simpatici son rimasti per strada perché sono andati in sciopero e l'unica cosa era fermarli. Anche allora, da alunna, capivo che i professori non avevano potuto fare diversamente. Alla fine non era gente irragionevole, e han sopportato tutti il mio notevole impaccio col greco con una certa comprensione, senza fermarmi.
D'altra parte io avevo un notevole dente avvelenato nei confronti della cultura classica, anche se a guardare la mia libreria non si direbbe. Di fatto, molti autori mi piacevano, ma deprecavo parecchie cose nella cultura classica; e poi per me il mondo cominciava con l'arrivo dei barbari. Del resto, ognuno ha le sue idiosincrasie.
Non ho mai capito nulla di filosofia, ma del resto nessuno me l'ha mai insegnata.
Mi seccava molto il fatto che mia madre mi avesse iscritta al liceo classico come si porta un pacco alla posta. Ai miei il fatto che io facessi proprio quel liceo classico che loro non avevano potuto fare perché le famiglie non avevano voluto rischiare piaceva molto. A me, molto meno.
Anche lì, idiosincrasie.
Deprecavo che ci fosse poca matematica, ma onestamente con l'insegnante che avevamo è stato meglio così perché comunque non avrei potuto imparare granché. E poi fisica mi annoiava a morte, anche se forse con un insegnante che ci capiva qualcosa magari ci avrei capito qualcosa anch'io. Gli insegnanti comunque sono un terno al lotto e secondo me lo saranno sempre, qualsiasi sistema di arruolamento si scelga.
Non ricordo che ci chiedessero niente di improponibile - anche se eravamo una utenza ben selezionata; tuttora però chi va al liceo classico ha una certa propensione allo studio teorico, a meno che i suoi genitori non siano dei perfetti idioti. Anche chi era stato mandato al liceo classico perché il liceo classico era l'unica scuola proponibile in società si arrangiò, bene o male.
Ai genitori tremebondi che mi chiedono "Vorrebbe fare il classico. Secondo lei è in grado?" rispondo di solito con un "Le assicuro che non c'è idiota che non riesca a raccattare una maturità classica". Per la cronaca, quelli che rimasero per strada e non riuscirono a prenderla non erano affatto idioti, e sospetto che soffrissero come me di idiosincrasia - più forte della mia, evidentemente; perché io deprecavo diverse cose della cultura greca e latina, ma alla fine la letteratura mi piaceva tutta e quindi quel che studiavo non mi dispiaceva.
Non so se davvero il liceo classico forma le persone e non sono affatto sicura che garantisca un metodo di studio: quando arrivi all'università le cose cambiano parecchio e il metodo liceale non funziona granché. Ad ogni modo il mio metodo di studio me lo sono formato appunto all'università (dove ho sempre fatto piuttosto bene) ed è strettamente individuale; e poi nel frattempo ero cresciuta.
Sull'effettiva utilità del liceo, classico o non classico, nutro parecchi dubbi ma non c'è dubbio che, come tutti i licei, sia un utile parcheggio che aiuta i ragazzi a capire meglio chi sono, cosa vogliono eccetera - anche se, a dirla tutta, non ci sono grosse garanzia nemmeno in quel senso e magari cinque anni di impostazione liceale possono perfino impedirti di capire che il tuo campo è in quelle lande che il liceo non accosta nemmen di lontano. Comunque, è una onesta possibilità.
Non sono sicura che manderei volentieri i miei figli (che non esistono) al liceo; ma se fossero esistiti e avessero voluto fare il liceo non avrei mosso un dito per impedirglielo. A che titolo, del resto? L'indirizzo di studio è sempre un terno al lotto.
Mentre rimuginavo questi e molti altri pensieri profondi (talmente profondi che il rischio di annegare nell'acqua calda era davvero molto forte) mi sono tuttavia sovvenuta di un piccolo e insignificante dettaglio di cui nessuno sembra tenere conto: quando compri il liceo classico, o l'istituto alberghiero o la scuola d'arte, compri un pacco il cui contenuto è tutto da scoprire.
Non esiste il Liceo Classico. Esistono una serie di scuole che hanno la targhetta con su scritto "Liceo Classico" e che contengono di tutto. E, soprattutto, esiste il singolo alunno che ha fatto il liceo classico in una determinata classe, con determinati insegnanti e con determinati compagni in un determinato ambiente sociale, culturale e storico. Io ho fatto il classico negli anni di piombo, altri lo hanno fatto nei ruggenti anni 80, o negli anni immediatamente successivi al 68 (dove gran parte degli insegnanti si dettero una notevole e assai salutare regolata) o alla fine della Guerra Fredda o con l'arrivo delle prime ondate di stranieri o in tempo di pandemia. Quel che succede fuori dalla scuola influisce sempre molto su quel che succede dentro la scuola.
Le declinazioni latine o i quattro tipi di periodo ipotetico sono piccoli accidenti inseriti in un contesto molto più complesso. Una scuola è quel che i docenti provano a insegnarti (con alterne fortune), più tutto quel che succede intorno a te più le novità che arrivano, anche quando vieni da una famiglia tranquilla e vivi in ambiente protetto (per quanto quasi nessuna famiglia è davvero tranquilla e quasi nessun ambiente è davvero protetto); e una scuola è anche la tua vita in quegli anni, nel bene e nel male. Quando entri in una scuola superiore non sai cosa ci troverai, cosa ci vorrai trovare e come cambierai in quegli anni*. E dunque una scuola inventata da Napoleone due secoli e passa fa - e che inaugurò comunque il concetto del giovane virgulto che studiava un tot di anni invece di tirare avanti a precettori o seminari - può avere un senso ancora oggi, probabilmente. Quel che conta davvero è avere una certa inclinazione ad andarci, e soprattutto avere un po' di fortuna.
Che poi oggi puoi anche cambiare idea a metà percorso senza troppi danni, e questa secondo me è una cosa molto, molto buona**.
* sì, è così anche per i primi ordini di scuola; ma quelli sono unificati e quindi non c'è niente da scegliere, ti capitano in sorte e basta
** comunque, se proprio deve essere liceo, secondo me lo scientifico è meglio. A meno che non si abbia una grande e profonda affezione per la grammatica e la linguistica. Allora sì, il Liceo Classico è la scelta giusta e farà di te una persona felice quando apri i libri di scuola per ben cinque anni.