Da quando ho imparato a leggere, a cinque anni e senza che nessuno abbia capito come ho fatto visto che non era stato tentato in alcun modo di insegnarmi prima del tempo, ho sempre sofferto di una certa dipendenza dalla lettura. Se per qualche motivo passo due o tre giorni senza immergermi in qualche libro avverto una sorta di fastidio di fondo che provvedo a curare al più presto con una seduta di lettura di parecchie ore. E' una cosa che ho ereditato da mia madre e che caratterizzava anche mia zia, ed entrambe l'avevano ereditata da mia nonna. Alla lettura ho sacrificato un buon numero di ore di sonno, qualche fettina della mia (non ricchissima) vita sociale e un bel po' di ore che avrebbero dovuto essere dedicate allo studio e alle faccende di casa. Anch'io, come Pennac, sono convinta che se si vuol leggere il tempo si trova - basta toglierlo a qualche altra attività, certo.
La piacevolissima sensazione che si prova quando si alza il ponte levatoio, si riesce a non avere intorno nessuno che ti disturba e ci si tuffa in un libro è, di fatto, quella che caratterizza qualsiasi altra forma di dipendenza; al contrario di molte altre dipendenze, questa di solito non è vista come qualcosa di negativo e talvolta è perfino incoraggiata o lodata - ma di dipendenza si tratta.
Quando arriva il momento in cui la nobile attività della lettura comincia a sconfinare con una fuga dal cosiddetto mondo reale?
Dipende. Il punto è che, godendo l'amore per la lettura di una certa approvazione sociale, la questione viene di solito ignorata e quelli che la conoscono meglio sono, di solito, proprio le persone che gestiscono la cultura, e che si guardano dallo svelare certi retroscena a chi non fa parte della loro confraternita. Tra l'altro il lettore compulsivo ha la grande caratteristica positiva di non rompere le scatole a nessuno, e questo ne fa un elemento prezioso in una società sovraffollata come la nostra.
Ci sono molti genitori che si preoccupano se i figli passano troppo tempo alla televisione o al computer, e qualcuno si impensierisce perfino se si esercitano troppo al violino, alla chitarra o alla batteria (soprattutto per i problemi che questo può creare con il vicinato). Se però il figlio in questione legge, quasi mai la cosa è considerata un problema.
Quasi mai.
Alec, il protagonista di questo bel romanzo, è per l'appunto un ragazzo di dodici anni che si è lasciato un po' prendere la mano da un passatempo generalmente ritenuto almeno innocuo, se non addirittura proficuo e degno di lode. Legge, gli piace leggere, passa tutto il suo tempo libero a leggere... anche durante le lezioni a scuola. Quando arriva al secondo gradi di istruzione (le nostre medie) il corpo insegnanti, avvisato dai colleghi delle elementari, stabilisce che la cosa va in qualche modo arginata prima di sfociare in un danno per il percorso di apprendimento del ragazzo.
I genitori di Alec sono persone di una certa cultura e di notevole intelligenza e apertura mentale, ma alla fine ammettono il problema e si accordano con il preside e gli insegnanti per una particolare sorveglianza che obblighi il ragazzo a concentrarsi su quel che avviene a scuola, e lo vincolano a raggiungere un certo livello di profitto scolastico se non vuole vedersi togliere i pochi altri divertimenti che ama oltre alla lettura.
L'arrivo di tutti questi paletti e sanzioni che lo distoglieranno (orrore!) da parecchio del tempo che il Nostro è uso dedicare alla lettura si sommano ad una particolare circostanza: per motivi di lavoro i genitori l'hanno iscritto al tempo prolungato, che prevede che nel pomeriggio i ragazzi si dedichino alle attività del loro club.
Quale club?
Vengono offerte diverse possibilità, ma gli alunni possono comunque fondare dei club a loro scelta che riguardi qualcosa che li interessa; l'unica regola per fondare un nuovo club è che abbia almeno due soci - che, va detto, è una pretesa più che ragionevole.
C'è un club che si dedica a fare i compiti per casa, un non ben definito club che si occupa della Cina, un club sportivo (molto gettonato), club di robotica, scacchi, Lego, disegno...
Famiglia e insegnanti premono perché Alec si segni per passare quelle tre ore preparando i compiti per casa. Alec invece - sorpresa! - è molto attratto dall'idea di fondare un club di lettura: ma non un classico club del libro dove si analizzano e commentano i libri letti, bensì un club dove ognuno legge quello che gli pare per tre ore di fila e non viene nessuno a rompergli le scatole.
Per funzionare bene quel club non deve avere troppa gente; minimo due, dice la regola. Per trovare la seconda firma Alec si guarda intorno e, dopo attenta osservazione, tampina una ragazza che è molto assorta nel suo libro.
Ovviamente la prima risposta che ottiene è qualcosa del tipo "Lasciami in pace e non disturbarmi", il che dimostra che ha scelto la persona giusta. Gli ci vuole un po' per farsi ascoltare ma infine i due si accordano e nasce il club. Per evitare che altri si iscrivano, Alec ha l'eccellente idea di chiamarlo Il club dei perdenti. Il nome non viene accolto con entusiasmo dagli educatori che gestiscono tutto l'insieme, ma alla fine passa. E così sia Alec che la sua compagna hanno tre ore da dedicare in silenzio alla loro attività preferita: leggere.
Naturalmente questo stato di beata solitudine e farsicazzipropritudine non durerà a lungo e sorgeranno varie questioni legate alla inderogabile necessità di avere a che fare comunque con degli esseri umani. Il club ben presto si allarga, inizialmente con persone desiderose di leggere in solitudine, poi con persone stufe del club sportivo dove c'è una gerarchia troppo precisa, poi da un gruppo di ragazze che desiderano leggere, ma che leggendo chiacchierano molto (per loro verrà istituito un tavolo a parte), da persone stufe del loro club che desiderano prendersi un po' di pausa (il meccanismo dei club è elastico e consente piccole digressioni e anche cambi di club) eccetera. La trama è molto gradevole e interessante, e devo dire che è un libro dove ci si tuffa con gioia alzando il ponte levatoio e sbattendo fuori a calci chiunque si azzardi ad interromperti.
Pian piano la dipendenza di Alec si smorza dalle punte più esasperate e il ragazzo si ritrova di buon grado a interagire con altri esseri umani e perfino a parlare con loro delle varie letture, e il giorno dell'Open Day, dove i club presentano le loro attività alle famiglie, finisce assai in gloria, come del resto avviene anche con la pagella di Alec.
Il romanzo ha un ottimo ritmo, non è molto lungo e soprattutto presenta una splendida caratteristica: non ha punti morti. Funziona bene sia che venga letto in poltrona e senza rompiscatole intorno, sia che venga letto sotto l'ombrellone con torme di ragazzini urlanti che giocano a pallone tampinati da genitori ansiosi.
Come lettrice un tantino compulsiva ho trovato diversi spunti di interesse, ma come insegnante mi sono trovata a pensare che il sistema scelto da quella scuola per il tempo prolungato presenta diversi aspetti positivi, e da questo romanzo anche gli insegnanti che leggono ogni tanto, ma senza farne una malattia se non gli succede di farlo tutti i giorni, possono trovare abbondante materia di riflessione.
Non so che effetto possa avere sui ragazzi - buono, credo; in ogni modo è uno dei libri che ho comprato alla Mostra del Libro per la biblioteca, e forse durante l'anno avrò qualche riscontro.
1 commento:
Grazie per la recensione! Non lo conoscevo. Vedo che in biblioteca c'è. Lo cercherò :)
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