La tragedia greca, come la conosciamo, era rappresentata all'interno delle feste dedicate a Dioniso. Raccontare quindi una storia su Dioniso e la nascita del suo culto in una tragedia greca è un po' come fare un film che racconta di gente che fa un film, oppure un lavoro teatrale che racconta di gente che allestisce un lavoro teatrale o un'opera che racconta di gente che allestisce un'opera - praticamente una tragedia al quadrato.
"Tragedia", come mi hanno insegnato al liceo, deriva da due parole greche che significano rispettivamente "canto" e "capro".
Canto del capro? Canto per il capro? Canto in onore del sacrificio del capro?
Non si sa, o almeno non si sapeva con certezza quando ho fatto il liceo.
Il capretto era l'animale sacrificale per eccellenza da consacrare a Dioniso, che a sua volta era stato un dio sacrificale e pure sacrificato: un dio che muore smembrato e poi rinasce.
Ma anche il dio dell'ebbrezza, dell'estasi dionisiaca (che è un tipo particolare di estasi) e del delirio mistico. Un dio che è anche un alterfaccia di Zeus (e da Zeus appunto è stato generato, per meglio confonderci le idee). Ma non ha niente a che fare col dio dei morti.
E' anche il dio del vino, che dà gioia agli umani e sollievo alle loro pene.
Figura complessa, senza dubbio. Non a caso i suoi riti erano "misteri": la parola per tutto quello che ci sconcerta perché non lo capiamo è stata inventata per lui.
Cosa succedeva nei riti dionisiaci?
Non lo sappiamo, perché erano segreti (di nuovo, per meglio confondere le idee ai posteri, immagino).
L'unica tragedia che conosciamo dedicata a Dioniso è stata scritta da Euripide prima di morire all'incirca di vecchiaia (andava ormai per gli ottanta). Suppongo che sia morto proprio per evitare di dare spiegazioni su qualcosa di inspiegabile.
Si intitola Le Baccanti.
In una tragedia greca il titolo è dato dal protagonista, oppure dal coro (il coro de Le Trachinie per esempio è formato da donne della città di Trachis) e qualche volta anche dalla vicenda (per esempio Edipo a Colono che racconta cosa fa Edipo quando arriva a Colono). Nel caso delle Baccanti il titolo corrisponde a tutte e tre le possibilità: la storia racconta un rito dionisiaco (dove le baccanti avevano gran parte), il coro è composto da baccanti e sono loro le protagoniste della vicenda perché oltre che cantare nel coro fanno anche parecchie altre cose.
La vicenda di questa tragedia è, appunto, un lungo canto in onore del sacrificio di un capro, e il capro canta parecchio e cantano parecchio anche parlando di lui (le tragedie erano, almeno in parte, cantate).
L'inconsapevole capro sacrificale è Penteo, eletto a questo nobile incarico sin dall'inizio e abilmente condotto da Dioniso brano per brano (della tragedia) fino al punto in cui le baccanti lo faranno, appunto, a brani.
L'officiante è Dioniso in persona, che lavora sotto falso nome per portare Penteo in trappola.
A sbranarlo saranno tutte le baccanti, ma prima tra tutti la madre di Penteo.
Mai si vide e mai, credo, si vedrà tragedia più tragedia di così.
Piccolo particolare aggiuntivo: Penteo, sua madre eccetera sono tutti parenti di Dioniso.
Dioniso è l'unico dio che Euripide manda in scena. Ufficialmente ne manda in scena molti altri, ma sono figure abbastanza scialbe e mai, assolutamente mai, fanno qualcosa di commendevole. A Euripide, in sostanza, gli dei stavano antipatici. Gente irritabile e irritante, che tiene il muso per un nonnulla, ordina sacrifici a destra e a manca e alla fine passa a spazzare via i resti. Capuffici annoiati, in sintesi.
Dioniso è, decisamente, qualcosa di diverso. Prima di tutto sta in scena un sacco di tempo, partecipando direttamente alla vicenda e dirigendola punto per punto. Ma soprattutto è un vero dio: grandioso, terribile, orrendo, potentissimo e comunque posto su un piano del tutto incomprensibile per un mortale, anche quando gioca a fare il bel ragazzino smanceroso. La catarsi certo non manca - mai tragedia fu più catartica di così - ma lascia addosso un senso di paura tutt'altro che spiacevole: quella paura che nasce davanti a qualcosa di incomprensibile e bellissimo.
Il coro canta canti splendidi, ma del tutto folli: le baccanti sembrano del tutto incapaci di seguire un filo logico che intessa un accidente di discorso senza contraddizioni interne di dimensioni enormi. Chiaramente, la coerenza del discorso è l'ultimissima delle ultime cose che può interessare una baccante. Sono in un rito dionisiaco, che vuoi coerentare? Si insegue un'impressione, poi un'altra, e un'altra ancora, in una follia grandiosa, e alla fine il lettore (e ancor più, immagino, lo spettatore) non sa più né di cosa si sta parlando né in che modo se ne sta parlando - e va benissimo così, anzi sarebbe strano se ci fosse una qualche logica.
Dopo tutto questo mio straparlare che, limiti letterari a parte, sarebbe senz'altro adatto come base per un coro da baccanti, passo a raccontare un po' di trama - giusto per spiegare su cosa sto delirando.
Siamo a Tebe, qualche tempo dopo la nascita di Dioniso. Sua madre Semele è morta*, ma restano Cadmo (fondatore di Tebe, quello che seminò i denti di drago, nonché padre di Semele e di Agave, che generò con la sua sposa Armonia), Agave, appunto, figlia di Cadmo e sorella di Semele nonché madre di Penteo, e infine Penteo, inconsapevole capretto sacrificale già consacrato agli dei.
Dioniso sta affermando il suo culto, che proprio a Tebe incontra ostacoli: infatti le sorelle di Semele (tra le quali c'è Agave, madre di Penteo), per invidia, rifiutano di ammettere che l'amante della sorella fosse un dio e il frutto di questo amore un dio a sua volta, e avversano il culto.
Penteo invece è schifato anche dal culto in sé: tutte queste donne che abbandonano il focolare domestico per andarsene nei boschi a folleggiare, presumibilmente per fare sesso illecito in modo del tutto scomposto e col primo che passa... robaccia, tutta robaccia. Le donne hanno da stare a casa a fare la calza e soprattutto vivere castamente.
Risultato: Dioniso ha invasato le sorelle di Semele, che adesso vanno a fare le baccanti come tutte le altre. Nel corso della vicenda ci rendiamo conto che ha gradualmente invasato anche Penteo, che è il capo della città e che al culto reagisce stizzosamente con gli argomenti perbenisti già sopra elencati, vantandosi assai del fatto che lui no, non si fa prendere in giro, e anzi prenderà seri provvedimenti contro quel ragazzino arrivato da fuori per istituire quel falso culto che è solo una scusa per fare sesso illecito eccetera - una lagna da non dirsi, perché il concetto viene ripetuto non so quante volte anche se qualcuno ogni tanto osserva che le donne, sia di giorno che di notte, non han certo aspettato l'istituzione del culto di Dioniso per darsi al bel tempo, mentre d'altro canto una donna di savio comportamento non cambierà improvvisamente abitudini e costumi solo perché diventa baccante (cosa, quest'ultima, che in effetti si rivela vera soltanto in parte).
Invano Cadmo e pure Tiresia, indovino di lungo corso e dal passato piuttosto movimentato, lo avvisano in tutti i modi che contrastare gli dei è piuttosto pericoloso e che rifiutarsi di riconoscere un dio non è sufficiente a far sì che il dio in questione svanisca nel nulla. I due riconoscono Dioniso come dio senza farsi alcun problema, e vanno a fare "i baccanti" al grido di "lo vuole il dio, e noi facciamo quel che vuole il dio". Comportamento assai savio, se mai qualcosa nel culto dionisiaco può richiamare la saviezza, ma che non basterà a proteggere Cadmo e la sua famiglia - che è poi anche la famiglia di origine di Dioniso, come già detto.
Il bel ragazzo licenzioso mandato a istituire il culto di Dioniso è, naturalmente, Dioniso in persona e lo spettatore se ne accorge ben presto, per quanto possa essere duro di comprendonio. Penteo no, non lo capisce, e figurarsi se capisce di essere stato designato al sacrificio, anzi è beatamente convinto di essere lui a guidare il gioco. Fa catturare il bel giovane, lo affronta in un dialogo in cui promette che farà sfracelli di Dioniso e del suo presunto culto e infine lo fa incatenare in una stalla al buio - o almeno così crede.
In realtà Penteo non lo ha nemmeno incatenato: Dioniso gli ha già confuso la mente e Penteo ha legato... un toro. Poi Dioniso lo scuote con visioni, fantasmi e prodigi vari e Penteo fa una sciocchezza dopo l'altra finché Dioniso, libero e sorridente, gli riappare.
Arriva un messaggero, che è stato mandato a spiare le baccanti, e racconta quel che fanno: no, niente sesso, anzi dormono tranquille come bambine, quando dormono. Da sveglie però, pur facendo attenzione a mantenere decorose le vesti, fanno scaturire sorgenti di acqua e vino, attingono latte e miele direttamente dalla terra graffiandola... e fanno a brani gli animali selvatici che incontrano, così, a mani nude o a colpi di rami di edera. Gli animali selvatici, o domestici, ma... anche i bambini.
Così Penteo insorge e chiama le guardie armate:
Si va in guerra
darem battaglia alle Baccanti! No,
questa è cosa che va oltre ogni limite,
che delle donne facciano di noi
quello che fanno, e noi le sopportiamo
E insomma facciamoci valere, siamo o non siamo uomini?
Così il povero Penteo, con grandissima boria, promette che sì, sacrificherà al dio, ma sacrificherà le baccanti.
Dioniso si offre di aiutarlo a coglierle di sorpresa. Perché prima di tutto Penteo le vuol vedere, anche se sa che soffrirà vedendole ubriache...
L'assai scarso raziocinio di cui aveva dato prova fino a quel momento vacilla vieppiù. Avvolto ormai nella rete degli inganni, Penteo si lascia vestire da baccante, con un abito da donna, una parrucca, una pelle di cerbiatto... e in questa insolita tenuta traversa la città, ma senza rendersi conto che tutta la città lo vede - perché Dioniso gli ha promesso che lo farà passare per strade poco frequentate, e dunque cosa mai potrebbe andare storto?
Docile come un agnellino, Penteo si avvia docilmente al sacrificio (il suo): perché si sa che un vero sacrificio prescrive che la vittima sia consenziente.
Raggiunti i boschi le cose vanno come devono andare: la vittima sacrificale si ritrova improvvisamente abbandonata da Dioniso e circondato di baccanti festose, che allegramente lo sbranano - e la prima a sbranarlo sarà Agave, sua madre, che all'alba ritorna a palazzo tutta contenta portando come trofeo la testa del "leoncello" (che all'inizio è un "vitellino", in barba a ogni logica - ma è stato già detto e ridetto che alle baccanti la logica scarseggia assai) da lei sbranato. Suo padre deve essere ben fiero di lei, che ha compito questa bellissima impresa da cacciatrice, anzi l'intera città deve lodarla per questa sua prodezza!
E suo padre, in una delle scene più belle e sconvolgenti del teatro umano e divino di tutti i tempi, prima la ascolta, poi grado per grado, mentre la luce cresce, la riporta alla realtà facendole capire quel che ha fatto.
Poi c'è da fare la cerca del resto del corpo del "leoncello", sparpagliato a pezzi per i boschi. E quanti sono i pezzi, e quanto distanti l'uno dall'altro!
Dioniso infine ritorna in scena a spiegare tutto e ad assegnare punizioni: Cadmo e le sue figlie andranno in esilio e avranno una sorte piuttosto complicata, ma alla fine Cadmo si ricongiungerà con la sua sposa nella Terra dei Beati**.
Così vengono puniti tutti, colpevoli e innocenti, per volere di Zeus e dello stesso Dioniso, e sia Cadmo che Agave escono da questa vicenda piuttosto amareggiati ma non è che ci sia molto da discutere.
E dunque: la vendetta del dio è stata davvero fuor di misura, e gli dei non ne escono benissimo sul piano etico. Ma che gliene frega?
Sono molte le forme degli eventi.
Contro la nostra attesa spesso l'opera
degli dei si rivela.
Quello che si credeva non s'avvera,
e un dio trova la via
a cose in cui fede non s'aveva.
Così questa vicenda è terminata.
canta il coro di chiusura.
La critica è molto divisa sull'opera (pur ammettendo che è molto bella), ma ho l'impressione che alla critica sfugga abbastanza il punto centrale, che non mi sembra una posizione di Euripide sulla religione e gli dei, ma una semplice constatazione che gli dei a volte ti sovrastano e chissà, forse hanno ragione a farlo anche se agiscono in modo del tutto al di fuori delle normali concezioni di bene, male, premio e punizione. Gli dei sono un'altra cosa, e gli uomini non li capiscono né possono farlo altro che con un atto di sottomissione, che comunque non sempre basta. Un'opera religiosa, dunque, ma non un'opera che parla di religione: un rito messo in scena, con tanto di sacrificio - ma senza una vera soluzione finale.
Lettura consigliata a chi è in cerca di qualcosa di forte e ha fame di domande che non abbiano una risposta. Ma va bene sempre e comunque, perché è davvero bella.
Con questo post segnalo per l'ultima volta l'esistenza del Venerdì del Libro di Homemademamma, che ormai ha tolto financo l'etichetta dal suo blog. Io comunque mi tengo il tag e continuerò a recensire le mie letture solo di Venerdì, così come parlerò di film solo di Lunedì perché ormai mi sono abituata così.
Buon fine settimana a chi passa di qui e buone letture a chi ama leggere, perché la stagione davvero si presta ed è tornato il tempo del buon libro accanto al caminetto, o sotto il kotatsu, tisana fumante in mano e piattino di dolcetti a lato.
* fulminata dall'apparizione di Zeus, cui aveva chiesto di apparirle in tutta la sua potenza. Zeus ormai aveva promesso e dovette mantenere e Semele morì incenerita ma Zeus riuscì a salvare Dioniso, bambino ancora in formazione nel grembo materno, cucendolo all'interno della coscia e inventando così l'incubatrice. Il piccolo ebbe una infanzia travagliata, dove venne smembrato e poi ricomposto; poi diventò un gran bel ragazzo, istituendo un suo proprio culto con caratteristiche del tutto insolite.
** una strana specie di serraglio, o forse di discarica, dove finiscono quasi tutti gli eroi greci al termine delle loro strampalate e complesse vicende.
6 commenti:
Sono abbastanza sicura di avere visto in TV una versione con Edward Fox come Penteo ma non riesco a trovare niente.
Ti invidio. A me piacerebbe molto vederla, ma non ho mai avuto l'occasione :(
Dopo molto rovistare sull'internet e indubbiamente grazie alla benevolenza di Dioniso in persona, ho trovato il pezzo su you tube. Fox fa Penteo e come Dioniso c'è Terence Stamp. Quello che devo aver visto è un programma del 1982, All the world's a stage, dove c'è il pezzetto che ricordavo, con Penteo irretito e convinto a vestirsi da donna da un Dioniso con tanto di treccine di cui non ricordavo niente
Trovato!
https://www.youtube.com/watch?v=ge4ynDhFVsg
E accidenti se sono bravi, tutti e due
(e molto bravi anche costumisti e truccatori)
Raccontare la trama delle Baccanti con la leggerezza della tua ironia e con la profondità degli spunti di riflessione, seppure avvolti dal mistero, non è cosa facile. 👍🏻🤩🤩🤩
@ Mel:
Ma grazie davvero! :)
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