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mercoledì 27 gennaio 2021

God bless the rains down in Africa - Geography On Demand

 

Versione live molto suggestiva e piovosa del celebre brano dei Toto

Africa: continente complicato, sottovalutato ma soprattutto sconosciuto, nei libri di testo di Geografia: un po' di colore locale, un po' di deprecazioni sulla fame e lo sfruttamento dei bambini, con box sulla desertificazione (a volte) e le guerre dell'acqua (che stan passando di moda nel geografichese d'ordinanza), e nemmeno mezza riga sul tanto criticato olio di palma, (responsabile da qualche anno di tutti i mali ma anche colonna portante nell'economia di parecchi paesi malridotti).
Per carità, non si pretende di capire a fondo i problemi di un continente nel giro di due-tre mesi, ma magari non addormentarcisi su potrebbe essere già qualcosa - magari approfondendo un minimo la parte di geografia fisica, che è davvero spettacolare.
Anni fa, con una Terza un po' andante, tentati la carta della ricerca: uno stato per uno, da riferire, per cercare di formare un quadro più completo.
Funzionò così-così: certi stati erano e sono davvero complicati, a cominciare dalla Libia che colleziona governi in contemporanea e dal Corno d'Africa che colleziona guerre civili, e gli alunni non erano di quelli che ci perdono il sonno se non fanno un lavoro eccellente. E poi, insomma, ascoltare una carrellata di stati è un po' una palla.
Quest'anno ho tentato una strada diversa. 
Secondo me in Africa gli stati non contano molto, anche perché vanno e vengono - d i quelli che ho studiato alle medie ne saranno rimasti una decina, e parecchi han cambiato nome due volte, oltre che confini. Mi sono fatta l'idea che invece per l'Africa contino soprattutto le aree geografiche: bacini dei fiumi, foreste, punti di sfruttamento delle risorse. Magari si poteva partire da quelle.
Di solito, quando arriva un continente nuovo, faccio una bella lezione di geografia generale e interrogo diversi alunni alla carta del continente appesa alla parete.
Ma quest'anno è complicato farlo: le classi sono piccole, la bacchetta va sanificata ogni volta, anche per me andare alla carta in fondo alla classe per spiegare è un azzardo perché stare lontana due metri dai banchi diventa impossibile, senza contare il rischio da un giorno all'altro di tornare a lavorare a distanza.
Così ho deciso di prendere tempo.
"Da quale stato volete cominciare?".
La risposta è stata unanime: il Sud-Africa.
Bene, niente problemi: c'era sul libro, poi c'è la storia dell'apartheid - che comincia ad essere un po' datata ormai, visto che l'apartheid è finita quasi trent'anni fa. Ad ogni modo qualsiasi insegnante di Lettere che abbia almeno sei mesi di esperienza alle spalle sa improvvisare senza problemi una lezioncina sulla Repubblica del Sud Africa: ci sono i Monti dei Draghi e il deserto Kalahari e il fiume Orange e il Vaal e le tre capitali e Nelson Mandela...
Lezioncina, le canoniche tre interrogazioni ed ecco fatto.
Però la parte fisica dell'Africa è davvero splendida, ed era un peccato sacrificarla.
Così ho assegnato a ognuno un fiume, una catena montuosa, un lago, la Rift Valley, un deserto... Ognuno avrebbe fatto la sua ricerchina e l'avrebbe esposta a modo suo: a immagini, a presentazione, a gesti, insomma come gli pareva. Poniamo di riuscire a fare l'esame nel solito modo, e poi era sempre un esercizio utile.
Giusto il giorno dopo la prima lussuosa esposizione sulla Rift Valley siamo entrati in quarantena.
Io nella Didattica a Distanza non interrogo. 
Cioè, non interrogavo.
A questo punto però, con le ricerche già fatte, non potevo fare altro.
E così ci siamo sciroppati tutte le ricerche sull'Africa fisica in remoto, col collegamento che perdeva colpi eccetera.
Ci siamo arrangiati, il collegamento ci ha abbastanza assistito e tutto sommato non è andata male. Ma, certo, erano nate come prove di esposizione e sono diventate spesso delle prove di lettura. Pazienza, la vita a volte va così, però vedere le cascate Vittoria o il Kilimangiaro proiettato in un francobollino sul computer non è proprio la stessa cosa che vederli sul grande schermo della LIM, tesssoro, proprio no.
"Bene, avete fatto le vostre ricerche, adesso tocca a me. Che stati  volete?".
Hanno scelto Congo, Malawi (perché gli era piaciuto il lago) e Burundi (gli piaceva il nome. Lo capisco, perché è sempre piaciuto molto anche a me. E ricordo che quando ero ragazzina c'era l'ancor più fascinoso Ruanda-Burundi, che adesso si è separato, il Ruanda da una parte e il Burundi dall'altra, e non è stata una separazione indolore).
"Ci vuole anche uno stato mediterraneo" ho detto "Almeno uno dobbiamo farlo, è previsto nel contratto".
Hanno scelto il Marocco.
Non uno di questi quattro stati era sul libro, e in seguito ho capito perché (a parte il Marocco, che a volte c'è e onestamente non morde, ma è spesso soppiantato dall'Egitto che in questo periodo mi sta mortalmente antipatico).

E partiamo col Congo.
Primo problema che ho trovato del Congo:  ce ne sono due - la Repubblica del Congo e la Repubblica Democratica del Congo, uno da una parte e l'altro dall'altra parte... del fiume Congo. E non era per niente facile capire di quale parlassero i vari siti geografici che spulciavo. Ho comunque scoperto che il primo era l'ex Congo Francese, e il secondo l'ex Congo Belga.
Ma dopo tre pomeriggi passati a impazzire sui due Conghi ho stabilito che un Congo bastava e avanzava per tutti, e ho optato per l'ex Congo Belga, che era più grande.
Mi sono resa conto ben presto di aver trovato una specie di gallina dalle uova d'oro.
C'era davvero di tutto:  il crudelissimo Leopoldo II del Belgio, tanto per cominciare, che se l'era preso come possedimento personale avendo pure il coraggio di chiamarlo Stato Libero del Congo (e figurarsi se fosse stato prigioniero!).
Leopoldo II era quel discutibile re di cui quest'estate, durante i tumulti del Black Lives Matter, i belgi avevano imbrattato e distrutto le statue (e han fatto benissimo). Mi sono studiata la storia, che è davvero orripilante, e ho scoperto che i suoi crimini erano stati denunciati tra l'altro da Conrad e da Conan Doyle, e ci aveva partecipato l'integerrimo eroe vittoriano Livingstone.
Poi c'era la dittatura di Mobotu, grande appassionato di diamanti, che gli aveva cambiato nome in Zaire (antico nome del fiume Congo, ho scoperto).
Bene, io dello Zaire sapevo solo una cosa: esisteva quando studiavo alle medie e ci avevano fatto una bella canzone che mi piaceva molto e che con mia grande sorpresa ho scoperto essere cantata da un bianco (statunitense); ero convinta che fosse un qualsiasi inno al nuovo stato cantato da un musicista almeno di origini africane. Invece no, è dedicata al Rumble in the Jungle.


Il quale Rumble in the Jungle era qualcosa che in realtà conoscevo benissimo, e cioè il leggendario incontro tra Classius Clay e Foreman per il titolo mondiale dei pesi massimi. Perfino in casa nostra, dove del pugilato ce ne fregava assai meno che zero, avevamo seguito la vicenda della lotta di Cassius Clay, depredato dal titolo perché non aveva voluto fare la guerra in VietNam, contro il perfido bianco Foreman, ovviamente parteggiando per Clay (anche se Foreman si limitava a fare il suo mestiere e non era poi così perfido).
Poi c'erano le guerre civili, di cui ho detto solo che c'erano perché, per pietà, c'è un limite anche per la Terza Brillante.
I dati economici, che erano davvero agghiaccievoli.
La storia dei bellissimi parchi naturali, usati dagli abitanti come riserva di caccia perché i dipendenti, stufi di non essere pagati, avevano lasciato il lavoro.
La foresta pluviale che è la seconda più grande del mondo dopo l'Amazzonia.
I leoni, che fanno sempre un bell'effetto.
Le miniere di coltan e cobalto (due utilissimi minerali per fare i cellulari, che si estraggono con procedure decisamente pericolose), con al seguito il tema dello sfruttamento del lavoro minorile. E che sfruttamento! Abbondavano i video di denuncia delle associazioni umanitarie.
Frugando bene ho trovato anche un pallido articoletto piuttosto recente che suggeriva agli imprenditori italiani di investire nella Repubblica Democratica del Congo, che prometteva di riavviarsi benino.
A tutt'oggi comunque le agenzie turistiche suggeriscono di evitarlo per i viaggi di piacere perché l'assistenza medica è molto bassa anche per gli standard africani. Che è un vero peccato, perché è un posto davvero splendido.
Ho montato il tutto in una graziosa presentazione senza effetti speciali - che non riesco a fare, anche se, ripensandoci, qualche dissolvenza almeno avrei potuto provare a mettercela - con poche scritte e immagini efficaci, giusto per predicare con l'esempio che in una presentazione il testo deve essere ridotto al minimo ma se scegli bene cosa scrivere poi puoi chiacchierare quanto vuoi.
E' venuta bene e mi sarei data un voto discreto, devo dire.
Poi gli ho assegnato un po' di argomenti su cui fare un testo, servendosi della mia presentazione, del materiale caricato sulla piattaforma - e niente gli impediva di cercare qualcosa in proprio, e qualcuno l'ha pure fatto.

Sfinita da tanto lavoro, ho deciso che gli altri tre stati li avrebbero fatti loro: li ho spezzati in tanti piccoli argomenti e li ho assegnati per una ulteriore prova di esposizione, stavolta fatta in classe.
Il Marocco è un bello stato molto pittoresco, mentre Malawi e Burundi si segnalano per essere di una povertà sbalorditiva. Così nessuno può dire che ci siamo fatti mancare qualcosa.
Qualcuno ci ha preso gusto e ha fatto delle mini-presentazioni con effetti speciali di dissolvenza e musiche in sottofondo.
Qualcuno ci ha preso troppo gusto e, richiesto di parlare dei monti del Marocco ha fatto una conferenza di un quarto d'ora.
E qualcuno ha fatto quel che mi aspettavo, cioè un intervento di tre-quattro minuti.
Alla fine abbiamo lasciato la bellissima Africa, senza troppi rimpianti ma tutti più acculturati e più saggi (tranne Fantomas che in quel periodo è praticamente sparito, tanto che lo stiamo abbiamo segnalato a Chi l'ha visto?).

Il mio sogno nel cassetto, che prevedo nel cassetto resterà, è convincerli a non portare per forza uno stato: climi, fiumi, foreste e deserti vanno benissimo e qualsiasi commissione li preferisce a dieci Giapponi e dieci Stati Uniti di fila.
Tutto ciò comunque è stato possibile solo grazie alla nostra bella piattaforma, su cui mai e poi mai avremmo messo le mani se non ci fossimo stati costretti dal lockdown.

(di nuovo Africa, stavolta nella versione ufficiale dei Toto che l'hanno scritta)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno professoressa,

posso permettermi di consigliare (a proposito di Sudafrica ed aparthaid) questo Vlog:
https://www.youtube.com/watch?v=KJ9ftSmeJuo
E' di un blogger, The Random Walker, che in questo video in particolare è stato a Johannesburg, ha intervistato una abitante dell'ex ghetto, lo ha visitato ed ha constatato le differenze urbane e sociali ancora esistenti
Piuttosto interessante ed attuale, e poi magari una modernità come un VLOGGER piace a sti ragazzini...
Cordiali Saluti e buon lavoro
Betty

Hermione ha detto...

Ho la sensazione, oggi come madre di studenti e in passato come studentessa, che spesso i libri di geografia siano in ritardo rispetto al mondo che devono raccontare. La geografia è sempre stata la Cenerentola delle materie, mal fatta e mal capita dagli studenti che (io per prima) spesso non la sopportano. Poi cresci e ti rendi conto di quanto sia bello e vario il mondo che abitiamo e che peccato non averlo studiato come meritava. Ecco, tornassi indietro mi piacerebbe affrontare la geografia con gli occhi di un turista, con la curiosità, insomma, che provo ogni volta che parto per un viaggio in un posto che non conosco. Il tuo approccio mi sembra molto interessante. Meno elenchi di nomi e barbabietole da zucchero e più conoscenza di un Paese.

Murasaki ha detto...

@ Betty:
Ottimo, ti ringrazio (naturalmente perfino nel libro si specifica che ancora non sono tutte rose e fiori, avendo la popolazione nera un grosso gap economico da superare. Ma in modo molto vago, certo)

@ Hermione:
Sì, ed è un peccato perché Geografia, come Scienze, sarebbe una materia estremamente agganciata al mondo contemporaneo. La barbabietola da zucchero è un nobile ortaggio, ma una volta spiegato che ha permesso a molti paesi di produrre in proprio lo zucchero ormai da due secoli, il discorso si chiude. Altri dettagli sono più importanti e hanno risvolti più recenti.