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sabato 23 aprile 2022

Haeretica - Ulteriori raffinatissime considerazioni sull'insegnamento della storia a scuola (ormai giunte ad un livello di raffinatezza davvero incommensurabile)

Esistono vari tipi di propaganda.
Questo rientra in un genere raffinato, direi quasi subliminale.

Come ho già raccontato, mi sono spesso chiesta come mai nella della scuola dell'obbligo è contemplato anche l'insegnamento di storia. 
Tutte quelle teorie sulla storia che ci racconta chi siamo, donde veniamo e anche quale sia nostro codice fiscale* non mi hanno mai convinto granché**:  chi siamo è un concetto scivoloso perché cambiamo in gran fretta, donde veniamo qualche volta ha un suo peso, ma oltre che dal passato*** siamo abbastanza plasmati dal presente, che pure quello cambia di giorno in giorno, e quanto al nostro codice fiscale l'anagrafe nazionale è molto più informata in proposito dei più prestigiosi istituti di storia patria.
La risposta mi è apparsa nella sua luminosa evidenza mentre ascoltavo un minicorso di storia ucraina in cui un ucraino raccontava, tra l'altro, i vari tentativi russi di russificare tale territorio - tentativi che peraltro non sempre hanno sortito un effetto duraturo, se stiamo ancora a parlare di russificare l'Ucraina al giorno d'oggi. Tale risposta, detto per inciso, non c'entra un accidente con la storia ucraina.
La risposta è: propaganda, semplice propaganda.
In sintesi ogni governo si preoccupa di insegnare ai suoi cuccioli (ma anche agli adulti) appunto chi siamo e donde veniamo secondo la narrazione più in voga al momento, che guarda caso è quella che il governo in carica trova più valida (e forse potremmo spingerci a dire la più opportuna).
Anche in Italia?
Sì, certo, anche in Italia. E anche negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Olanda e via dicendo, mica solo nelle dittature.
La storia è un elemento che sfida qualsiasi tavola periodica: cambia di valenza a seconda della prospettiva con cui la guardi e lo fa anche in tempi molto rapidi. I buoni e i cattivi cambiano posizione a velocità sbalorditiva, e infatti lo Storico Prudente si riconosce anche dall'attenzione con cui cerca di smussare gli angoli: i cattivi non erano poi del tutto e solamente cattivi, i buoni talvolta picchiavano i bambini eccetera. 
Per smussare questi angoli non importa truccare le fonti, a volte basta semplicemente scoprirne di nuove - perché la storia non è una scienza esatta, piuttosto un caleidoscopio.

Sono nata quando la Repubblica Italiana era già consolidata. Nel corso della mia ormai non breve, ma nemmeno eccezionalmente lunga esistenza ho assistito a diversi cambiamenti nel modo di raccontare la storia di questo e di quello nei manuali usati a scuola. Cito i primi che mi vengono in mente.
Il Risorgimento: quando ero bambina era una favola a lieto fine, dove Dio un bel mattino si era svegliato e aveva stabilito che l'Italia aveva da riunirsi e a tal scopo aveva operato in maniera che quello che in partenza era un eroico gruppetto di uomini lungimiranti diventasse un grandioso fiume in piena che aveva finito per travolgere il consunto impero asburgico. 
In seguito il Risorgimento è diventato un movimento storico che è andato a buon fine ma avrebbe potuto insabbiarsi in qualsiasi momento, e comunque la spedizione dei Mille ha avuto le sue zone d'ombra e la piemontesizzazione fu una stupidaggine bella e buona che portò un bel po' di problemi. 
(In anni recenti  si è parlato anche di un prospero regno delle Due Sicilie biecamente colonizzato e impoverito dal barbaro invasore; in contemporanea nacque la teoria che i popoli dell'Italia Settentrionale avessero subito la barbara annessione di un regno di nullafacenti e nullapensanti che li aveva depredati senza pietà. Ma niente di tutto questo è approdato nei libri di storia per la scuola anche se sono stati introdotti piccoli elementi sparsi dell'una e dell'altra visione, che contengono entrambi alcuni granelli basati su elementi oggettivi, almeno allo stato attuale degli studi).
Le invasioni barbariche sono passate da momento di disastrosa devastazione dove tuttavia la forza della cultura classica e del Cristianesimo riuscì col tempo ad ingentilire le belve umane, a salutare iniezione di nuove forze vitali in un tessuto stanco e decadente, per diventare ai giorni nostri una occasione di incontro tra popolazioni e culture diverse che ha portato a proficui scambi culturali.
La nascita dell'impero islamico un tempo era un elemento sostanzialmente neutro ma di recente è stato guardate con decisa antipatia come dimostrazione di una irresistibile tendenza dei popoli di religione islamica a sottomettere i popoli di religione cristiana (il cosiddetto scontro di civiltà) e molto si è insistito negli ultimi anni sul tema della guerra santa.
La conquista dell'America che quando ero bambina era considerata tutto sommato in chiave positiva e come un vantaggio per gli indigeni che avevano potuto in tal modo conoscere la religione cristiana nonché il progresso occidentale; oggi invece si depreca assai il deplorevole trattamento subito dagli indigeni sia del Nord che del Sud America. In particolare i cosiddetti indiani d'America han conosciuto una netta rivalutazione in quanto popoli di alta sensibilità ecologica e animati da nobili valori morali. Questo fenomeno si è risolto in un certo beneficio a vantaggio dell'immagine dei popoli indigeni australiani, di cui fino a pochi decenni fa non si parlava affatto nei manuali, né male né bene.
L'impero romano, un tempo fiore all'occhiello della nostra storia e autentico vanto della civiltà, si è in seguito molto ridimensionato: era un impero, appunto, e un tantino guerrafondaio (tutti gli imperi lo sono, dopotutto), con una classe dirigente piuttosto corrotta. Nel primo ciclo adesso se ne occupano le elementari, mettendone in risalto soprattutto la notevole capacità organizzativa, la tolleranza religiosa e i molti scambi commerciali. All'arrivo del cristianesimo, la palla passa alle medie che se la sbrigano abbastanza in fretta perché il medioevo incombe. E spesso ci si ricorda adesso di far cenno al fatto che all'epoca c'erano anche altri imperi al mondo - ad esempio quello persiano e quello cinese.
Le crociate han conosciuto un certo declino che le ha viste gradualmente ridimensionate: si insiste molto meno sulla loro portata spirituale e più su quella commerciale (ormai è difficile trovare un manuale di storia che non citi la frase di LeGoff L'unico frutto pregiato delle crociate è l'albicocca) e le vicende del regno di Gerusalemme sono ridotte in poche righe.
Le migrazioni verso l'America di fine Ottocento cui un tempo erano dedicate a malapena un paio di righe sono oggi approfondite con laboratori, ricerche e testimonianze di vario tipo, con la prospettiva di favorire un atteggiamento più accogliente verso i migranti moderni che arrivano da noi (ma che contemporaneamente sono anche parte integrante dello scontro di civiltà).

Tutto questo è stato molto influenzato dall'indirizzo politico di governi che sono andati e venuti e anche dalle nuove posizioni assunte dalla Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II: si cerca di andare verso posizioni più aperte e tolleranti verso le religioni e le culture "altre"; molto spesso inoltre ci si preoccupa di rintracciare origini molto lontane nei conflitti moderni (dove noi di tendenza stiamo dalla parte "giusta"). Starà poi all'insegnante decidere se porre l'accento sullo scontro tra civiltà o sul nostro passato di migranti, o magari mettere entrambe le questioni sul piatto e fare esporre ai ragazzi le loro opinioni in modo più o meno guidato e indirizzato - di fatto l'intervento dell'insegnante può fare una certa differenza anche in presenza di regimi piuttosto opprimenti, soprattutto se costui riesce a stabilire un rapporto di fiducia con gli alunni e se il preside di turno accetta di starsene un po' al suo posto.
Io però non sto parlando di dittature che riscrivono la storia buttando a mare ogni decoro e senso del pudore, ma della repubblica italiana, dove la Costituzione dichiara che L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento**** e dove il margine di manovra dell'insegnante è davvero ampio e limitato solo dalla dimostrabilità di quel che racconta. Posso avere dei problemi se decido di attribuire la causa della caduta dell'impero romano ad una invasione di rettiliani, ma non se decido di non occuparmi dei migranti o riassumo in due parole ci combattimenti nel Pacifico della Seconda Guerra Mondiale*****.
In tutti i casi la storia è una materia che si presta molto bene all'indottrinamento - anzi, è una materia dove è del tutto impossibile non infilare una certa dose di indottrinamento: con la scelta degli argomenti da mettere in rilievo, dei temi da approfondire e della visuale da cui trattarli. Tutte questioni davvero importanti ma che, per un insegnante di storia alla scuola media, sono decisamente in second'ordine rispetto all'onnipresente incubo del "pover* me quanto sono indietro col programma!".
Adesso che l'ho capito, finalmente so cosa rispondere a chi mi chiede "Ma perché dobbiamo studiare storia?" (ce n'è sempre qualcuno, in tutte le classi):
"Perché la storia è la materia con cui lo stato italiano spiega ai cittadini come sono, come dovrebbero essere e come diventeranno un giorno; ma è anche quella materia che ognuno interpreta a modo suo, sia da insegnante che da studente. Benvenuti nel gioco degli specchi".
Quantomeno sarà una risposta un po' più originale del  mio consueto "Non saprei, davvero. Però a me piace".
Non vedo l'ora di sconcertare la prossima prima che mi passa tra le mani.

* (da una vignetta di Altan, disegnata appunto ai tempi in cui venne istituito il codice fiscale, ove era raffigurato un pensieroso bagnante che nuotava ponendosi queste essenziali domande. Non sono riuscita a trovarla in rete.
** più esattamente le classifico automaticamente nella categoria "ciarpame".
*** che la totalità di noi conosce ben poco, anche se magari chi ha studiato a lungo storia può avere qualche vaga idea in proposito, che comunque è costretto a rivedere a scadenze più o meno regolari.
**** articolo 31.
***** le due parole naturalmente con cui riassumerli sono, naturalmente, "ci furono".

5 commenti:

Tenar ha detto...

Io insegno in un comprensivo che comprende, con un bel lago al centro, tre plessi di secondarie che si fanno più o meno la guerra da un decennio. Nelle imminenti trattative di pace, probabilmente baratteremo l'abbandono del libro di antologia, cosa per cui noi docenti del plesso ci siamo miracolosamente unite, con lo scorporo della classe di lettere in Italiano e Storia e Geografia. Se così sarà, a meno di un colpo apopleticco dei piani alti, suppongo di diventare io Storia e Geografia, avendo quella formazione, e lasciare alla mia collega laureata in letteratura comparata Lettere (oh, la logica in queste questioni poi ha sempre poco a che fare, quindi chissà cosa accadrà). Quindi "Perchè studiamo storia?" è un mio problema. Alla fine ho deciso per una linea d'azione semplice. Per il nostro corso di studi un fatto sarà tanto più approfondito quanto più ha un effetto sul nostro presente (nostro inteso come gruppo classe, come che mi ha impelagato nella storia della dana quando ho avuto la classe delle ballerine e che ora mi sta portando in Nigeria e in Albania). La storia è propaganda, certo, sempre. O, meglio, quello che chiedono di fare a noi è, tecnicamente, insegnamento della Memoria, cioè di una conoscenza condivisa e portatrice di valori. Non sono neppure del tutto contraria alla fino a quando posso filtrare anche alla luce dei miei valori. Per fortuna è anche fonte di stupore, fascino, affabulazione e rischio concreto che qualche disgraziato, poi, decida di proseguire i suoi studi proprio in quest'ambito.

Murasaki ha detto...

Grazie di questo bellissimo commento!
Ricordo benissimo un post dove ti eri posta la Grande Domanda "perché insegniamo storia", e quel post ha generato il mio presente e anche un altro di qualche anno fa, sempre dedicato alla stessa questione.
"quello che chiedono di fare a noi è, tecnicamente, insegnamento della Memoria, cioè di una conoscenza condivisa e portatrice di valori" mi sembra una definizione eccellente e penso che la inserirò nel post. Quanto ai Valori, di fatto, sono quelli della Costituzione che in qualità di insegnanti arruolati dallo stato o secondo regole più o meno stabilite dallo stato anche nella scuola privata siamo tenuti a condividere e propagandare, naturalmente filtrati dal nostro giudizio personale.
Mi piace molto anche l'idea di insistere sulla storia particolare della classe.
Facci sapere come procede l'esperimento di dividere le materie: da noi non se ne è mai parlato ma so di altre scuole che stanno cercando di fare questa scelta.
Quanto all'abolizione di Antologia, mi sembra una bellissima idea!

Elena ha detto...

Molto interessante questo post grazie, non avevo mai ragionato sulla questione!
Un po' off topic: perché è un vantaggio eliminare l'antologia? Quando arrivano i libri prima dell'inizio della scuola mi leggevo subito tutti i testi dell'antologia, a me piaceva leggere stralci di libri diversi!

Romolo ha detto...

Punto di vista interessante e assolutamente condivisibile. In un primo momento storia la raccontano sempre i vincitori, poi con il tempo emergono anche gli altri punti di vista e così scoprono aspetti inizialmente dimenticati o volutamente nascosti. In ogni caso la trovo sempre un grande arricchimento e ho paura di chi non la conosce perché invece conoscerla forse farebbe evitare errori già commessi da altri

Murasaki ha detto...

@ Elena:
Anch'io, ma ai miei tempi l'antologia era una roba più corposa, con brani lunghi, scelte interessanti... quelle di oggi sono spesso volumi molto pesanti, con brani molto brevi e molto riadattati, tonnellate di commenti insulsi che ti spiegano come devi leggere il brano e cosa devi pensare, esercizi davvero insulsi eccetera.
Ad essere sincera quella che mi è passata tra le mani quest'anno mi sembra effettivamente un'antologia vecchio stile: i brani continuano ad essere corti ma almeno sono scelti bene. Però anch'io sono in grado di partorire una bella selezione di brani, o meglio di racconti e so anche pescare dalla rete molto di quel che mi serve. Insomma, ci penserò.

@ Romolo:
Il punto è che, per come la vedo io, nessuno, nemmeno gli addetti ai lavori, conosce davvero la storia, perché si tratta di qualcosa in continua trasformazione. In questi giorni sto seguendo a pezzi e bocconi il convegno sui Franchi a Spoleto (lo danno in streaming), ed è incredibile come sia diverso il modo con cui è cambiato in questo decenni il modo con cui consideriamo i Franchi, e anche com'è cambiato il modo di interpretare le fonti. Quanto al problema di ripetere gli errori... che cosa dobbiamo pensare di Putin, che a distanza di una novantina di anni ha fatto esattamente la stessa manovra di Hitler salvo meravigliarsi se poi l'Europa gli è saltata addosso? Senza il precedente nazista non credo che gli stati europei avrebbero avuto una linea di condanna ma anche di reazione inviperita così decisa. Alla fine, la storia è come decidi di interpretarla. Naturalmente sono d'accordo che conoscere la storia è sempre interessante - di fatto non ho mai smesso di studiarla proprio per questo motivo.