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martedì 4 febbraio 2020

Scrutini, ovvero Gli Implacabili Insegnanti di St. Mary Mead

Un implacabile insegnante agli scrutini di fine quadrimestre
(per rappresentare quelli di fine anno serve un modello più morbido)

Da qualche tempo medito sul deplorevole lassismo della scuola italiana. Sia chiaro che non sono di quelli che rimpiangono le scuole medie di un tempo, quando i ragazzi che ne uscivano  avevano una preparazione assai completa, pari a quella di chi oggi esce da un liceo di buon livello secondo Luca Ricolfi - ma lui non parla della scuola prima del 68, si rifà direttamente alla scuola media non unificata, quando la frequentavano pochi e scelti alunni di buona famiglia e qualche occasionale figlio di operai particolarmente brillante, come avvenne al mio signor padre che venne lì indirizzato dai suoi insegnanti dell'Avviamento, dove andavano le classi basse; quando andavano a scuola dopo le elementari, intendo.
Tuttavia la tesi sostenuta da Ricolfi sulla distruzione della scuola italiana perseguita negli ultimi anni, così come l'ha presentata insieme al suo libro a Radio Radicale mi ha fatto molto riflettere, anche se tornare a quella specifica scuola media, oltre che impossibile, mi sembra tutt'altro che raccomandabile.

Non posso fare a meno però di pensare che siamo andati decisamente un po' oltre: d'accordissimo che la scuola dell'obbligo deve essere inclusiva e accogliere e formare tutti, dal disagiato al disadattato al giovane immigrato appena sceso dal barcone al dislessico al disabile. È cosa buona e giusta (è veramente cosa buona e giusta) nostro dovere e fonte di salvezza e di benessere per tutti che sia così.
Tuttavia per conseguire tali nobili e giusti scopi e finalità servono una congrua quantità di soldi e personale variamente specializzato che affianchi gli insegnanti di turno; in Italia però si è preferito saltare questa tappa* e guardare accigliati gli insegnanti di turno che non riescono a conseguire ottimi risultati con tutti gli alunni. 
Siccome nessuna categoria professionale al mondo è disponibile a sentirsi in colpa financo per l'effetto serra quanto quella degli insegnanti, il metodo si è rivelato singolarmente efficace. Niente minacce, non servono - basta mandare a dire garbatamente che il Provveditorato non approva le bocciature attraverso il Dirigente Scolastico di turno, e a volte non è necessario nemmeno quello.
Ogni insegnante conosce il curioso fenomeno per cui, dopo aver passato settimane e mesi a lamentarsi di una data classe che non studia, non sa e non si impegna, improvvisamente agli scrutini la classe, a guardare i voti, risulta composta di alunni bravi e coscienziosi - e, tutto sommato, ogni insegnante contribuisce a quel curioso fenomeno.
Quest'anno ho quattro classi: una piuttosto brillante (non eccezionalmente, per il momento, anche se potrebbe diventarlo più avanti, ma brillante sì); una Terza di cui un buon terzo non è a rischio di abbandono scolastico, bensì assolutamente certa di non riuscire nemmeno a cominciare qualcosa per poi abbandonarlo una volta uscita dalla nostra scuola - salvo miracoli, che naturalmente possono sempre verificarsi (e a volte, nonostante tutto, davvero si verificano); una Prima che non mi convince neanche un po' - ma naturalmente non possiamo vessare una prima allo scrutinio del primo quadrimestre, e di questo sono saldamente convinta, a torto o a ragione, senza contare che, ognuno a modo suo, lavorano - e la Seconda Invasata, che a mio avviso, con qualche blanda fustigazione, potrebbe svasarsi e fare ottime cose. Sono classi che conosco superficialmente, visto che ci passo poco tempo (un po' di più quella brillante, dove faccio anche storia) ma dopo quattro mesi ho ben realizzato che la Seconda Invasata studia poco e male, impegnata com'è nelle sue beghe interne.
Geografia è una materia domestica, si può fare in tanti modi, anche molto creativi. Il mio obbiettivo comunque è una buona esposizione: la capacità di fare una bella chiacchierata su un argomento infarcendola di tutte le cose che non sono sul libro ma che conoscono dalla vita di tutti i giorni e anche dalle altre materie.
Gli Invasati all'inizio hanno visibilmente tirato a campare cercando di convincermi ad abbassare l'asticella. Dopo una bella seminata di cinque e di quattro hanno cominciato a darsi un po' da fare. Un po' di esercizi stravaganti ma divertenti li hanno in parte riportati a un ordine di idee un minimo studiereccio, tuttavia ancora non ci siamo, proprio no.
Così ho distribuito una valanga di sei, una manciata di sette e un otto - che non era un otto pieno, ma confido che lo diventerà. Mi sono sentita molto generosa, specie mentre trasformavo in sei un paio di cinque e mezzo pensando "gli farà bene avere almeno qualche sufficienza, povera stella, sennò si deprime e davvero non fa più nulla" e sentendomi la settima reincarnazione di Camillo de Lellis (santo particolarmente noto per la sua grandissima misericordia verso gli infermi) mi sono avviata verso gli scrutini assai compiaciuta di me e della mia sconfinata bontà. Perché io credo fermamente nell'utilità di un voto un po' ritoccato per aiutare chi si sente sperso e incompreso ma che sta cominciando a impegnarsi anche se tutto è ancora molto difficile per lui, e credo che Geografia sia particolarmente adatta per confortare questo tipo di infelicità, così come credo che un voto leggermente ribassato sia di grande sprone per chi non ha ancora imparato a vendersi bene ma sa di poterlo fare.

Dagli ululati dei colleghi da me collezionati nei Consigli e nelle conversazioni informali in corridoio immaginavo di trovarmi davanti a un cimitero dove i miei voti avrebbero brillato per soverchia generosità e mi ero anche preparata un discorsetto dove avrei fieramente affermato che, voti alla mano, veri cinque io non ne avevo - anche se in cuor mio ero perfettamente consapevole che, quando da parte della creaturina scrutinata c'è un po' di impegno, i voti volendo si possono anche un po' pilotare, per esempio allestendo prove semplici e ben guidate; e in verità, in questi quattro mesi, in quella classe mi sono sentita spesso una balia che imbocca pazientemente, un cucchiaino per volta. 
I voti della classe brillante, per intendersi, non sono affatto pilotati né c'era stato alcun motivo di farlo. E sono decisamente più alti. O mirabile potenza dello studio continuativo!
Ma ho scoperto, davanti al tabellone dei voti, che non avevo capito niente della vita e che in realtà si trattava di una classe dal profitto decisamente brillante.
Ora, non ci sarebbe niente di male se, semplicemente, la classe Invasata avesse stabilito che di Geografia non gli importava un accidente e la avessero schifata riservando tutte le loro energie a ben più meritevoli materie e insegnanti. Mi sarei dovuta fare magari un esame di coscienza, o ingoiare il triste rospo del fatto che non gli piacevo meditando su come rendermi più gradita. E del resto sono l'ultima arrivata, faccio due ore, che trascurino la mia materia ci può stare. Ma allora perché gli altri ululavano sul loro profitto, se con loro erano tutti sette e otto e pure parecchi nove?
E anche: io il voto lo do soprattutto sull'esposizione. Se questi benedetti figlioli espongono Storia (che è pure molto più difficile) da sette e da otto, perché quando sono con me fanno fatica pure a leggermi i confini sulla carta geografica? Lì non importa spremersi le meningi, basta guardare.
Sta di fatto che spesso e volentieri il mio sei buonista era l'unico malinconico sei in mezzo a uno sfolgorio di sette e di otto. Unica eccezione, i voti di Musica, che era arrivato armato di ben tre crudelissimi cinque ma se n'è rimangiati due senza alcuna pressione. E addirittura, in un paio di casi, sono stata garbatamente rampognata da Italiano (no, non dalla Preside Caramell) con una velatissima esortazione ad alzarli a sette, ma ho lasciato la velatissima esortazione ben avvolta nel suo velo. Intorno a me era tutta una gara al rialzo. Ho taciuto pudicamente, ma, gente mia, quando preparate i voti per gli scrutini a cosa pensate, per sbagliarne tanti?
Evvabbé, forse sono io che non gli piaccio, o forse è Geografia, oppure entrambe le cose. Perché, a quanto pare, vanno maluccio solo con me.
Quanto ai due poveri infelici e incompresi, a quanto pare gli altri li sanno comprendere meglio di me. Buon per loro (per gli incompresi, intendo).

Non oso immaginare cosa succederà con la Terza alla deriva, dove ho messo ben tre cinque, e uno è pure un quattro travestito.

Nota a posteriori:
Ho fatto lo scrutinio della Terza Alla Deriva, col gruppo di insegnanti con cui sono abituata a lavorare: i miei voti sono risultati perfettamente in linea con quelli degli altri e i cinque e perfino un quattro sono fioccati copiosi. Sono stata contenta di scoprire che gli anni della malattia non mi hanno incattivito e che continuo a dare i voti che ho sempre dato. Era solo il contesto ad essere cambiato.

* con la scusa che i soldi non ci sono. E allora se non ci sono i soldi ponetevi dei traguardi meno ambiziosi!

9 commenti:

dolcezzedimamma ha detto...

Sfondi una porta apertissima. Vengo da uno scrutinio in cui non si è fatta menzione (e ovviamente non si è sanzionato) un episodio di una certa gravità, perché i responsabili si sono pentiti e non l'hanno fatto più, poveri piccoli.
Sui voti, poi, c'è chi li cambia SEMPRE . Se ti ricordi ne avevo parlato qui
https://dolcezzedimamma.blogspot.com/2019/06/degli-insegnanti-allo-scrutinio.html?m=1

Murasaki ha detto...

Lo ricordavo e mi ci sono anche parecchio divertita. Abbiamo avuto anche noi il nostro Rompipalle, che ha cambiato un voto in extremis quando giù tutto era stato registrato (dopo averne cambiati già una mezza dozzina in corsa...)

dolcezzedimamma ha detto...

Noi abbiamo avuto anche il "cadutodallanaca(culla)" che, arrivato con mezz'ora di ritardo, ha esordito con:"ma avete cominciato in anticipo? E avete già fatto la condotta?"

Murasaki ha detto...

Da noi si dice "portato dalla piena", che mi è sempre sembrata una bellissima espressione. Anche la vostra però rende molto bene l'idea (abbiamo tutti qualche collega cascato dalla culla 😄)

romolo ha detto...

E' buffo leggere il dietro le quinte degli scrutini, perché noi poveri mortali li subiamo da alunni o da genitori di alunni, ignorando tutte queste trame. Da quello che racconti mi vengono in mente le valutazioni dei giudici alle gare di nuoto sincronizzato di mia figlia. Mi sono sempre chiesto come fosse possibile che su un determinato esercizio potessero esserci dei voti così differenti. Perché una certa disparità di valutazione è quasi naturale, ma delle volte, se per uno sei insufficiente, com'è possibile che qualcun altro ti trovi eccellente? Misteri!

Anonimo ha detto...

"lui non parla della scuola prima del 68, si rifà direttamente alla scuola media non unificata, quando la frequentavano pochi e scelti alunni di buona famiglia e qualche occasionale figlio di operai particolarmente brillante, come avvenne al mio signor padre che venne lì indirizzato dai suoi insegnanti dell'Avviamento, dove andavano le classi basse (quando andavano a scuola dopo le elementari, intendo)."
Cara Murasaki, non posso certo intervenire sulla vicenda scolastica di tuo padre, ma leggere quanto affermi sulla frequenza della vecchia scuola media ( o ginnasio, come fu definita dalla Riforma Gentile) mi ha fatto un poco sorridere. Io la frequentai,e come figlia di maestro elementare non ricordo di aver avuto come compagni di studio figli di avvocati o liberi professionisti o imprenditori. Sarà che abitavo in una zona della periferia industriale di Venezia? Cerchiamo almeno noi che nella scuola viviamo e vediamo, come dici, gli effetti deleteri di certo lassimo,di non alimentare certe "leggende" sulla severità e selezione sociale della scuola di un tempo. La quale, dopo tutto,e forse la storia di tuo padre lo dimostra,sapeva riconoscere e premiare meriti e capacità.
Ornella.

Tenar ha detto...

Devo dire di avere la fortuna di lavorare in una sorta di buco spazio temporale. Il paesello dove insegno non è mai uscito dagli anni '50. È una cosa buffa e un po' stranieante. Mi sono trovata a discutere con una classe se le ragazze potessero o no giocare a calcio e l'unico che propendeva per il "sì" era un ragazzo nordafricano che abituralmente giocava con la sorella (scandalo!). D'altro canto è un posto dove tutti ti salutano con "buongiorno, professoressa", dal barista al panettiere e dove si dà per scontato che a scuola (almeno un po') si lavori. E a fine anno si boccia. Non so se siano riaste tante altre scuole medie a bocciare in modo abbastanza sistematico sulla base di insufficienze. Non ho ancora capito dopo tre anni che sono lì se mi piaccia lavorare negli anni '50. Ma da un punto di vista meramente didattico ammetto che semplifica la vita (e migliora un po' anche la preparazione degli alunni).

Anonimo ha detto...

Dove sta questo paese che mi ci trasferisco??

Murasaki ha detto...

@ Romolo:
In realtà è molto comune che alla stessa prova (sportiva) vengano dati voti diversi... beh, magari LEGGERMENTE diversi. Per fortuna comunque ognuno di noi al Consiglio di Classe ha una materia differente, e che gli alunni abbiano voti diversi non è insolito.
Aggiungo però che quando mi sono ritrovata agli altri scrutini, dove lavoravo con le mie colleghe abituali, la mia crudeltà sembrava abbastanza allineata alla crudeltà degli altri colleghi e i miei tre cinque erano in buona compagnia, come i miei otto e nove.

@ Ornella:
Mio padre è nato nel 1930 - tu, sospetto, hai qualche anno meno di lui - e sua madre, lungi dall'essere maestra, aveva la quinta elementare, come quasi tutte le sue coetanee. Negli anni Quaranta l'ascensore sociale lavorava pochino, mentre già dal primo dopoguerra fino a tutti gli anni Settanta si diede un gran da fare. Ogni zona geografica e ogni scuola inoltre hanno la loro storia: la scuola media che ho frequentato nei primi anni Settanta era piuttosto salata, e ho visto fermare ragazzi per i quali nessun Consiglio di cui ho fatto parte avrebbe mai nemmeno preso in considerazione la possibilità di una bocciatura, mentre mia zia, che lavorava in una "scuola di frontiera" alla periferia di Firenze (oggi un pacioso quartiere residenziale tutt'altro che problematico) applicava criteri decisamente più morbidi. Le medie che abbiamo frequentato erano comunque composte da materiale molto più selezionato di quello su cui lavoriamo oggi: i disabili stavano a casa, gli elementi problematici erano filtrati alle Differenziali e appositi istituti si occupavano di particolari casi sociali.
Anche così, comunque, dalle medie da cui sono uscita io (che erano, ripeto, piuttosto salate) col cavolo che uscivano ragazzi con le competenze di un buon liceale odierno.

@ Tenar:
Ecco, è proprio la preparazione degli alunni il punto dolente, secondo me. Trovo molto giusto tenere tutti in un calderone, e anche tenere conto delle varie problematiche e non pretendere l'assurdo e l'impossibile. Ma la certezza della promozione impedisce a molti alunni potenzialmente molto validi di farsi un po' le ossa e imparare quel che gli serve. In pratica oggi studia solo chi ha voglia di farlo, alle medie. È sorprendente e anche lodevole che nonostante tutto molti in effetti si impegnino e conseguano buoni risultati, ma una bella fetta della tanto deprecata dispersione scolastica dipende dal fatto che, arrivati alle superiori (dove bocciano parecchio, e non per cattiveria) molti di quelli che hanno lavorato ben al di sotto delle loro possibilità "perché tanto poi passano lo stesso" non sanno letteralmente dove mettere le mani.