C'entra il giusto col post, ma è una bella canzone.
Sul finire di Marzo venne infine deciso che era tempo di punire Uranio: troppo e in troppi modi egli aveva peccato, e la scuola doveva prendere adeguati provvedimenti.
E no, non sono sicura di ricordare con precisione il motivo ufficiale del contendere - credo che ci fosse di mezzo l'uso assai improprio del cellulare - ma Uranio in quei sei-sette mesi di scuola aveva collezionato un tal portfolio di infrazioni al regolamento scolastico di ogni taglia e peso che tutti da tempo ci eravamo convinti che non c'era altro da fare che mandare il cosiddetto segnale*, e arrivati a quella convinzione ci siamo anche accorti, ahimé, che in effetti il provvedimento avrebbe dovuto scattare ben prima. Ma a St. Mary Mead siamo un po' tordi e questo si sa.
Tuttavia, per sospendere un alunno la strada è lunga e abbastanza in salita - com'è giusto che sia dal momento che si tratta di un provvedimento piuttosto grave.
Il primo passo è consultare in via informale il Consiglio di Classe e il Dirigente Scolastico. Come ho già spiegato il Consiglio a quel punto brillava per unanimità e il Dirigente ha convenuto con noi che era senza dubbio tempo di intervenire.
La VicePreside ha parlato a lungo con la famiglia - più esattamente con la madre che è quella che tiene i contatti con la scuola; la quale madre si è cosparsa il capo di cenere e ha detto che sì, si rendeva conto.
Poi c'è stata l'elaborazione del Provvedimento. Sì, lo so, esistono ancora scuole che si limitano sobriamente a levarsi dai piedi per qualche giorno l'alunno sospeso e la classe può così tirare un sospiro di sollievo. Non noi: noi siamo una scuola inclusiva nonché un Istituto assai Comprensivo, e desideriamo tutelare il diritto dell'alunno all'apprendimento; perciò sospendiamo sempre con Obbligo di Frequenza, e così ci tocca stabilire un calendario parallelo dove la classe del Sospeso sta a farsi la vita sua, e il Sospeso fa delle lezioni individuali di carattere educativo - oppure didattico, nel caso specifico, perché Uranio durante quei sei-sette mesi era stato troppo impegnato a imperversare in lungo e in largo per pensare a questioni terrene quali seguire un po' le varie materie.
Ma anche così non ci basta, e allora in più cerchiamo di impegnare gli alunni sospesi in Lavori Socialmente Utili sul territorio - e per Uranio era stato stabilito di mandarlo alla cooperativa dell'Ape Laboriosa, vanto e fiore all'occhiello di St. Mary Mead. E tutto ciò richiedeva la disponibilità della cooperativa in questione e per giunta un protocollo particolare, e organizzare il tutto era perfino più impegnativo di preparare la scaletta per le lezioni individuali di cui sopra. Ma la VicePreside è sempre disposta a complicarsi la vita, e dunque il protocollo era infine stato avviato.
A questo punto c'era da convocare il Consiglio di Classe Straordinario, con tanto di Rappresentanti dei Genitori, sì come prevedeva la legge, e naturalmente anche il Sospendituro e la sua famiglia perché venissero tutelato il sacro diritto dell'Autodifesa.
E tutto ciò venne fatto nei modi stabiliti dalla legge - o così credevamo. Ma su ciò fornirò ulteriori dettagli più avanti.
E venne alfine il giorno del Consiglio Straordinario, convocato sì come vuole la legge con cinque giorni di anticipo, e nel giorno stabilito eravamo tutti lì: prima il Consiglio in versione ristretta (ovvero solo gli insegnati e il Dirigente) e in quella sezione dei lavori venne stabilito che l'alunno sarebbe stato sospeso per ben due giorni. Viste le circostanze io, nota e implacabile orchessa, mi attentai a chiederne tre, ma il Dirigente stabilì che due bastavano. E noi tutti chinammo il capo e dicemmo sì, va bene anche due.
Poi entrarono le Rappresentanti - c'erano tutte e quattro, ascoltarono con grandissima attenzione, presero appunti e dissero sì, va bene e prendiamo atto, e non nascosero del tutto una certa qual soddisfazione perché un buon numero dei peccati di Uranio avevano variamente danneggiato anche i compagni.
E venne infine il momento di chiamare Uranio e sua madre perché entrassero. Ma non entrarono.
Non per partito preso o per cattiveria, ma perché di loro non c'era nemmeno l'ombra. Come potevano entrare e partecipare al Consiglio Straordinario se non c'erano?
Il Dirigente guardò perplesso la VicePreside e la VicePreside telefonò alla madre; la quale madre rispose che lei non sapeva nulla di alcuna convocazione e che era a lavorare nella Piana Lontana.
E qui devo appunto dare quei dettagli accennati più sopra.
Nella scuola media di St. Mary Mead ormai da tempo le comunicazioni ufficiali avvengono attraverso il nostro Grandioso Registro Elettronico, che però una non piccola fetta dei genitori non consulta o consulta a modo suo: in tanti per esempio non si occupano di leggere le varie note disciplinari o generiche, oppure... le leggono ma non mettono la spunta di presa visione perché non avevano capito che andava messa la spunta. E allora noi glielo spieghiamo, che andrebbe messa la spunta, e loro dicono che sì certamente e poi continuano a non metterla. Difficile stabilire coin sicurezza se ci sono o ci fanno.
La triste verità, sembra, è che gli sta fatica aprire il registro e leggere, e questo si vede molto chiaramente quando vengono mandate le circolari o le richieste di autorizzazione. Per la verità le autorizzazioni e alcune delle circolari vengono lette, decrittate e spedite dalle Rappresentanti, ma c'è anche un piccolo gruppetto che si guarda bene dal consultare la casella di posta che hanno indicato nel registro elettronico appunto per le comunicazioni, e dunque siamo al punto di prima.
Nel caso specifico la Convocazione per la famiglia era un atto privato di cui le Rappresentanti non sapevano niente ed era stato spedito direttamente a lei dalla segreteria della scuola; ma la madre, pur sapendo benissimo che c'era una sospensione nell'aria, non si era preoccupata di dare ogni tanto una scorsa alla casella in questione, e a nessuno di noi - insegnanti, dirigenza e Segreteria - era venuto in mente di controllare che la mail fosse stata letta, anche solo con una semplice telefonata. Il che, ho scoperto dopo consultando una Addetta ai Lavori un tantino più scafata di me, è stata grave mancanza e trascuratezza da parte nostra, perché una convocazione ufficiale va controllato che sia stata ricevuta - in effetti, ho scoperto, molte scuole chiamano il genitore a ritirare questo tipo di convocazioni perché appunto firmi doverosa ricevuta. Non noi di St. Mary Mead, che siamo tutti anime davvero candide e AUPP**.
E insomma la madre, impegnandosi con tanta buona volontà, poteva quasi credibilmente sostenere che non era venuta perché non sapeva niente di niente della sospensione in agguato, mentre senza alcun dubbio noi della scuola di St. Mary Mead, senza impegnarci più di tanto, potevamo sostenere di essere assaissimo tordi e discretamente incapaci.
Le Rappresentanti si sono guardate più volte negli occhi poi una di loro ci ha accennato con bel garbo che, a dire il vero, loro non erano molto sorprese da quell'incidente, anche perché conoscevano Uranio e tutta la sua famiglia sin dall'inizio delle elementari. E tutto ciò offrì a tutti noi ampio motivo di riflessione, mentre il Dirigente era assai seccato, quasi che non avesse alcuna responsabilità delle procedure della scuola.
La seduta è dunque sciolta.
Io e la VicePreside prendiamo subitosto un calendario per stabilire la data della seconda parte del Consiglio Straordinario - il primo giorno dàbile, ovvero di lì a sette giorni. Una delle Rappresentanti mi chiede con garbo se potrebbero, magari, nel secondo Consiglio Straordinario far partecipare solo una di loro, perché riprendere ferie dal lavoro potrebbe essere un problema...
Assicuro che sì, certamente: il Consiglio Straordinario prossimo verrà considerato la seconda parte di quello di oggi, dove loro han già partecipato, e una modesta rappresentanza sarà più che sufficiente. La seduta si scioglie, lasciandomi un senso di abbacchiatura piuttosto forte. In serata mi concedo un piccolo commento un po' informale sulla bacheca del Consiglio di Classe: non proprio un meme, ma comunque una delle mie vignette preferite di Snoopy:
Due giorni dopo la mail riparte, la madre di Uranio viene convocata in Segreteria per firmare, poi le viene fatta anche la telefonata di rinforzo caso mai la memoria non la soccorresse in modo adeguato. Proprio in quella mattina, guarda caso, Uranio (la cui salute è sempre stata assai precaria) viene colto da gran mal di testa cui si aggiunge una leggera febbre. Guarda un po' i casi della vita; d'altra parte in quei giorni c'è un gran rifrullo di influenza, e chi siamo noi insegnanti (tutti dottori, certo, ma non in medicina)per mettere in dubbio che la sua non sia una malattia delle più genuine? Se il ragazzo sta male non verrà, e questo è quanto.
Così al secondo Consiglio Straordinario (che è in realtà la seconda parte del primo) di nuovo non abbiamo il Gran Colpevole ma solo una madre che si mostra adeguatamente comprensiva - con noi, non con il figlio, e che cosa pensa davvero in cuor suo sono solo e soltanto affari suoi di cui non è tenuta in alcun modo a renderci conto.
E alfine il provvedimento di sospensione parte, nel più rigoroso rispetto delle procedure previste dalla legge, e la settimana dopo avverrà infine il Grande Evento.
Nel frattempo...
Nel frattempo una mattina arriva la mail di una delle Rappresentanti: loro non han detto nulla a nessuno della sospensione, ma hanno notato che in classe nessuno dei professori ne ha parlato. Ritenevano però giusto che la cosa venisse esternata e resa pubblica, anche per dimostrare ai ragazzi che certe azioni portano a determinate conseguenze...
Comprendo il loro stato d'animo, ma la cosa non mi convince molto. Così, prima di rispondere, mi rivolgo alla solita addetta ai lavori in cerca di lumi. A St. Mary Mead, come si sarà capito da tutto questo racconto, di sospensioni non ne facciamo molte e io non mi ero mai trovata negli ultimi anni a farne una nella classe che coordino. Non ricordo però nessuna proclamazione ufficiale in classe.
L'Addetta ai Lavori mi schiarisce in fretta le idee: la sospensione è un provvedimento preso verso un alunno, non verso la classe - e dunque se ci saranno ricadute didattiche positive ben vengano, ma non è previsto che la classe venga informata più di tanto - tanto più che all'emanazione del provvedimento hanno assistito le Rappresentanti, cui però non è stato minimamente imposto alcun vincolo di segretezza. Quindi, vedano loro se vogliono raccontare o no la cosa, e certo non le possiamo obbligare, ma la Pubblica Gogna in classe non è in alcun modo prevista - al di là della semplice e banale constatazione che, essendo St. Mary Mead un paese piccolo e ciarliero, tutti sanno tutto di tutti indipendentemente dal fatto che questo "tutto" sia stato raccontato ufficialmente o meno.
Trasmetto quindi tale accorta risposta alle Rappresentanti, evitando con cura di corredarla con le mie personali considerazioni sul livello di ciarlierità eventualmente raggiunto dal paesello di St. Mary Mead.
E la settimana seguente, finalmente, Uranio è stato sospeso con tutto il corredo di lezioni didattiche appositamente organizzate per lui e i due pomeriggi di lavoro supplementare per la Festa della Fratellanza che in quei giorni l'infaticabile Cooperativa dell'Ape Laboriosa ha contribuito ad organizzare.
Con un po' di pazienza, anche gli imbranati ce la possono fare.
* che è il modo con cui in didattichese chiamiamo la sospensione
Un bel gattino patriottico festeggia il Quattro Luglio
Il 4 Luglio 1776, nella Convenzione di Philadelphia, venne letto e sottoscritto un documento decisamente innovativo, noto come The unanimous Declaration of the thirteen united States of America, ispirato ai più puri principi dell'illuminismo, in cui le tredici colonie inglesi in suolo americano dichiararono, appunto, la loro ferma intenzione a indipendentarsi dal regno di Inghilterra e di vivere d'ora in poi come meglio gli aggradiva.
Erano altri tempi: oggi la pubblica lettura di cotal documento sarebbe ripresa dalle emittenti televisive e trasmessa quasi in tempo reale a tutto il mondo, e nel giro di mezz'ora il sovrano inglese di turno e il capo del governo inglese sarebbero stati sollecitati da orde di giornalisti in cerca di reazioni e dichiarazioni di intenti.
All'epoca però il mondo era diverso: non c'erano televisioni, né telefono né telegrafo e le notizie viaggiavano con tempi più lunghi. Immagino che passassero intere settimane prima che la notizia varcasse l'oceano e che da Londra cominciassero a riflettere su come reagire all'assai impertinente annuncio.
Tale documento dichiarava, con sobria e altera sicurezza:
Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Entrava così nel linguaggio politico ufficiale un concetto nuovo: la felicità come diritto di tutti gli uomini, da perseguire in una ricerca individuale, anche cercando un governo che la favorisse e non più da aspettare come gentil concessione di un sovrano incaricato di governarli da Dio in persona; e poi c'era il concetto dei diritti inalienabili, che anche quello era piuttosto innovativo.
Le idee dell'illuminismo per essere applicate in Europa, dove pure erano state faticosamente elaborate, dovettero prima varcare l'oceano. Le tredici ex-colonie (ex per volontà loro, non perché la cosiddetta madrepatria lo avesse benignamente concesso) si diedero una agenda politica del tutto innovativa e, con qualche inciampo e difficoltà, riuscirono a portare la nave in porto nel giro di qualche anno.
In Europa commemoriamo soprattutto il 14 Luglio di ventitré anni dopo, ma senza voler togliere niente all'eroico popolo parigino, e soprattutto alla bella e ardita Mademoiselle Oscàr, l'attacco di malumore di una folla esasperata parla meno al mio cuore di un gruppo di gentiluomini che leggono un testo davvero rivoluzionario per l'epoca fondando uno stato diverso da tutti gli altri esistenti all'epoca senza chiedere il permesso a nessuno.,
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, e oggi la gloriosa Costituzione degli Stati Uniti d'America mostra vistose crepe, mentre gli USA stanno diventando, nemmeno molto lentamente, una democratura, col consenso di buona parte della popolazione. Il tempo ci dirà se il processo si mostrerà irreversibile, almeno a tempi brevi, o se la prima repubblica moderna riuscirà a riprendersi la gloria passata. Nell'attesa, voglio commemorare un giorno che è stato davvero speciale nella storia.
Ci dicono che da quest'anno abbiamo una nuova giornata internazionale dedicata al gatto, e si festeggia il 24 Giugno
Ultimo collegio docenti dell'anno. Difficile descrivere la situazione termica senza ricorrere alle solite banali metafore a base di pentole a vapore, bollitori e saune; ma questo è un blog senza pretese letterarie e basta farsi capire: diciamo che nel Medio Valdarno dove St. Mary Mead si distende con grazia sinuosa la temperatura è alta, l'umidità è notevole e il sole del tardo pomeriggio che brilla in un bel cielo azzurro e senza nubi contribuisce al disagio collettivo validamente aiutato dall'edificio anni 60 del tutto privo di isolamenti termici, con l'unico pallido soccorso di una modesta ventola al soffitto. Qualche saggio insegnante si è comunque munito di un ventaglio. Non io, che notoriamente nel blasone di famiglia non ho una volpe.
Ventaglio o meno, tutti comunque grondiamo dignitosamente augurandoci che il tormento sia breve.
Il primo, avvincente argomento all'ordine del giorno è la confezione del diario scolastico della scuola. Arte infatti si è messa in testa di far preparare agli alunni di elementari e medie un diario di scuola con apposita copertina che ospiti disegni degli alunni, ma a fine anno si è accorta che non avrebbe fatto in tempo, anche perché soltanto qualche settimana fa si è accorta che sarebbe stato opportuno preparare due diversi diari, uno per le elementari e uno per le medie.
Il tema dei disegni, che nell'anno appena trascorso verteva sul rispetto (nobile concetto, invero, ma che ai miei occhi sprovveduti appariva piuttosto arduo da trasporre in un immagini) sarà per l'anno la gentilezza - e se disgraziatamente è vero che quest'anno entrambi i concetti, rispetto e gentilezza, si erano deplorevolmente segnalati tra gli alunni di St. Mary Mead per una carenza davvero notevole, in cuor mio ho sempre mai dubitato che a volte Arte si lasci prendere la mano da una certa qual tendenza ad indottrinare i ragazzi spiegandogli che devono essere buoni invece che cattivi e altri insegnamenti di cotal genere, che in verità non trovo eccessivamente convincenti nemmeno ora che ho raggiunto la cosiddetta età matura, e che ricordo benissimo che quando ero ragazzina mi innescavano una colossale orticaria.
Mi sono allora voltata verso la mia vicina, la stimabile prof. Therral, e ho borbottato qualcosa sul fatto che non mi pareva bello rovesciare una colata di buoni sentimenti sugli alunni e ancor meno annegarci dentro gli sventurati colleghi. La prof. Therral ha convenuto che sì, forse, in effetti, l'argomento avrebbe potuto essere adeguatamente esposto in un quarto circa del tempo, dal momento che già l'anno prima il Collegio aveva autorizzato il confezionamento di quella gran palla di diario.
Vivaddio tutto ha una fine, perfino i discorsi di Arte, e alla fine il Diario Della Scuola esce dalle nostre vite (almeno fino all'anno prossimo). Svariate Figure di Sistema (che nonostante la terrificante definizione sono esseri umani) si alternano riferendo sobriamente in merito all'Erasmus, alla gestione dei fondi del Piano Nazionale, all'inserimento di varie tipologie di alunni, alla gestione di determinati ambienti della scuola; finché tocca alla responsabile di Educazione Civica, che pacatamente accenna a un paio di modifiche da fare nel curriculum, ringrazia i colleghi per quel che han fatto durante l'anno, si raccomanda che collaborino con idee e suggerimenti...
...e poi spiega che per l'anno prossimo suggeriva come tema di lavoro comune nientemeno che LA PACE, aggiungendo al tutto qualche breve e innocua parola sulla necessità di farci tutti costruttori di pace e simili - ma, davvero, lo giuro, erano davvero pochissime parole, il minimo del minimo sindacale.
E come dall'esterno vedo un pensiero prendere forma con estrema chiarezza dentro di me, e la mia mano che si alza.
Vengo invitata a parlare.
"Scusate, da quattro anni a questa parte abbiamo una nuova guerra all'anno. Non sarebbe forse più opportuno parlare di guerra?".
"Di guerra e di pace" prova a mediare una savia collega. Invano.
"No, proprio di guerra, con tutte le sue implicazioni. La guerra non è assenza di pace, è una roba completamente diversa. I ragazzi non hanno la minima idea di come funziona, e nemmeno noi la conosciamo bene. Ma è un tema importante da affrontare".
La collega addetta all'Educazione Civica è piuttosto interdetta, ma sul momento sembra a corto di argomenti (come tutti noi, del resto, e anch'io mi domando da dove è saltato fuori quel mio improvviso sprazzo di vitalità).
"Bene, hai chiesto dei suggerimenti e questo è senza dubbio un suggerimento" osserva una collega con un certo sarcasmo nella voce. E così vengo ufficialmente ringraziata del suggerimento. E dopo si passa ai discorsi di addio delle pensionande, che quest'anno sono una vera infinità.
Tra un applauso e l'altro, in cuor mio medito sugli argomenti di cui parlare: la legge marziale, le restrizioni di movimento, i problemi degli stranieri, magari con cittadinanza doppia. La propaganda. Le misure di sicurezza. I bombardamenti sulle città...
Spero che mi passi presto. Sono in vacanza, ormai, ed è chiaro che di vacanze ho grandissima necessità.
Un povero micio sperso nell'albero di Natale. I suoi occhi perplessi e le sue orecchie allargate tradiscono la Grande Domanda "E mo' come esco da qui?"
Il Consiglio Orientativo per gli alunni della Terza media è una vecchia istituzione, tanto che c'era già cinquant'anni fa, quando le medie le facevo da alunna. Con me lo risolsero con la formula riservata a quelli bravi può frequentare qualsiasi tipo di scuola. Voleva dire, immagino, che potevo andare sia al classico che allo scientifico visto che scrivevo molto bene e con la matematica me la cavavo onorevolmente*; a nessuno venne in mente che avrei potuto trarre un qualche frutto da tecnici o professionali, riservati notoriamente alle scartine.
Per quanto riguarda l'orientamento, ricordo che si risolse in un garbato appello della nostra insegnante di Lettere che ci ricordò che non esistevano solo i licei - un concetto certamente valido di per sé, ma la nostra era una scuola popolata per lo più da figli di laureati più che convinti che solo il liceo forma la mente, e soprattutto nessuno ci aveva mai detto alcunché su queste insulse scuole che non erano licei e perciò apparivano del tutto indegne della nostra bella presenza.
Immagino che oggi ci penserebbero un po' di più prima di mandarmi al classico a scatola chiusa - almeno, confido che mi avrebbero mi avrebbero per lo meno fatto qualche questionario e presentato un po' di scuole alternative, perché l'orientamento ormai viene affrontato piuttosto seriamente e lo spettro del Consiglio Orientativo incombe maestoso su tutta quella parte dell'anno scolastico della Terza che precede Natale.
Come funziona adesso la formulazione del Consiglio Orientativo?
Il Consiglio (di Classe) si riunisce, sfoglia la lista degli alunni e stabilisce quale scuola gli alunni in questione dovrebbero frequentare a parer loro. Naturalmente prima viene chiesto più volte agli alunni in questione dove vorrebbero andare e cosa vorrebbero fare, se n'è parlato con le famiglie - anzi non è raro che le famiglie in questione si consultino con gli insegnanti valutando in lungo e in largo la questione - e insomma, dietro c'è un certo lavoro di preparazione che è cominciato già in Seconda. Nel frattempo i ragazzi seguono il corso di orientamento, vanno a visitare scuole, si consultano tra loro e con fratelli e amici, discutono in famiglia eccetera. Ma alla fine il Consiglio si ritrova alle prese con la lista dei nomi e una gran serie di punti interrogativi in testa e i punti interrogativi vengono discussi con pazienza. E non voglio dire che sia complicato come eleggere il presidente della repubblica, ma insomma non è cosa che venga presa alla leggera.
Ordunque il Consiglio, sennato o meno che sia, viene alfine formulato e a quel punto si tratta solo di consegnarlo alle famiglie che ne faranno quel che meglio credono - perché appunto di consiglio si tratta; e se è vero che ci sono sempre in ogni classe famiglie dure come le pigne verdi che rifiutano di ascoltare la voce della ragione e del buon senso, nella gran parte dei casi c'è sincera collaborazione con gli insegnanti, perché certo nessuna delle parti in causa desidera che l'uccellino, colomba, falchetto o aquilotto che sia condotto nel nido sbagliato o lasciato implume e indifeso in balìa degli animali da preda.
Quando ho cominciato a insegnare, sull'orlo del Duemila, il Consiglio Orientativo era una strisciolina di carta da compilare che veniva poi consegnata dal Coordinatore alle famiglie nel corso del Gran Ricevimento di Natale. Anzi, non di rado il Coordinatore disponeva di qualche gentil collega che compilava le striscioline per lui - insomma, il confezionamento materiale del Consiglio era di gran lunga la parte più semplice della faccenda.
A quei tempi, poverini noi, non avevamo ancora la gran fortuna di avere il registro elettronico Argo.
Adesso invece lo abbiamo.
Non solo, abbiamo anche una nuova VicePreside, che è una perfetta incarnazione dello Spirito della Complicazione Butocratica. Costei ha arricchito il nostro lessico - per esempio abbiamo imparato che le recite o le mostre al termine dei vari laboratori non sono, appunto "recite" o "mostre", bensì "restituzioni"* - e cavare da lei una risposta semplice a una domanda semplice, del tipo "Vuoi un panino con il prosciutto?" "No" è probabilmente impossibile (va detto però che io ci sto provando da soli sei anni, anche perché prima costei lavorava altrove). A lei dobbiamo una fioritura di moduli piuttosto contorti e una lunga serie di comunicazioni, scritte o vocali ricche di periodi in sospeso e di oscuro significato. Non sono rari i casi in cui, verso il quarto inciso e la sesta subordinata ho letteralmente urlato in mezzo alla strada "Soggetto, predicato e complemento oggetto!" rovinandomi così la reputazione presso la popolazione indigena di St. Mary Mead, che dopo quasi vent'anni che insegno lì ormai sa benissimo chi sono e cosa faccio di mestiere.
Non tutte le complicanze dei moduli con cui noi e le famiglie degli alunni combattiamo tutti i giorni sono colpa sua, naturalmente: lo spirito della Brutale Semplificazione scorre assai debole nel corpo insegnanti, altrimenti non starei a fare questa serie di post. Tuttavia, nel caso del modulo del Consiglio Orientativo l'autrice è proprio lei.
Ed ecco, in spregio ad ogni elementare norma di riserbo istituzionale, una fedele riproduzione del prezioso schema per il Consiglio Orientativo
ISTITUTO COMPRENSIVO di St. MARY MEAD
CONSIGLIO ORIENTATIVO
A.S. 2024/2025
Il Consiglio di classe tenuto conto di:
- strategie di apprendimento, abilità di studio e metodo di lavoro acquisiti
- attitudini e inclinazioni evidenziate
- interessi e motivazioni espressi
- competenze acquisite
- progressi di apprendimento e di sviluppo cognitivo e relazionale personale, evidenziati nel corso degli studi
- attività di recupero e/o potenziamento in corso
ritiene che per l’alunno/a _____________________________________ della classe ___________ possano meglio rispondere alle esigenze personali di crescita, sviluppo e maturazione la tipologia di scuola sotto indicata:
Difficile immaginare un modo più farraginoso di introdurre un consiglio orientativo: il malcapitato alunno di cui ci si ricorda di dire il nome solo dopo la lunga sbrodolata ha acquisito strategie di apprendimento, abilità di studio e metodo di lavoro - e già qui ci sarebbe parecchio da discutere: ci siamo occupati di farlo lavorare? Cosa si intende esattamente per "lavoro", nell'ambito di una scuola media? Li abbiamo mandato a raccogliere le olive? (Sì, ogni tanto lo abbiamo fatto, ma dubito che in tutto il corpo docenti della nostra scuola ci sia qualcuno in grado di insegnare granché a riguardo: qualcuno di noi magari a Novembre va nel podere di famiglia a raccogliere olive per la spremitura con qualche parente, ma lo fa in modo assai amatoriale; stesso discorso vale per la coltivazione dell'orto della scuola e per le scaffalature dipinte nel laboratorio artigianale).
Poi la creaturina ha anche acquisito "competenze", ma ci ricordiamo di dirlo solo due righe dopo.
Nel frattempo gli alunni, bontà loro, hanno anche espresso ed evidenziato attitudini, inclinazioni, interessi e motivazioni. Dal canto nostro, ci siamo anche occupati di recuperarli e potenziarli.
Si potrebbe dire in modo più elegante e meni ripetitivo?
Certo che si potrebbe, e anzi davvero si dovrebbe: che schifo di italiano dimostriamo di avergli insegnato, scrivendo in questo modo?
Ecco, il vero problema secondo me è proprio l'italiano, inteso come uso corretto della lingua: il Consiglio infatti, dopo tutto questo gran prendere atto... ritiene che per l'alunno POSSANO a meglio rispondere LA TIPOLOGIA di scuola sotto indicata.
La concordanza tra soggetto e verbo (ovvero: se il soggetto è singolare il verbo ha da essere al singolare, se il soggetto è al plurale altrettanto al plurale dovrà essere il verbo) viene di solito insegnata già alle elementari, di sicuro alle medie lo ripetiamo... no, la VicePreside non insegna Lettere, ma ha ovviamente compiuto studi superiori se è arrivata in cattedra. Lo stesso vale per chiunque abbia visto o intravisto quello sciaguratissimo testo, e nella commissione dell'orientamento almeno una insegnante di Lettere c'è di sicuro.
D'accordo, l'errore di grammatica si può correggere in corsa, e così abbiamo fatto. Detto questo il documento è sgradevole, e anche quel nome nascosto all'interno di una frase così arzigogolata secondo me è un grosso errore di comunicazione.
Ad ogni modo mettiamoci nei panni degli sventurati genitori: dopo un lungo periodo circonvoluto e che non hanno (si spera) degnato di uno sguardo, arriva finalmente 'sto cazzo di Consiglio Orientativo, che a Delfi per trasmettere il responso di Apollo la facevano meno lunga?
Ebbene no, almeno non subito. A meno che tuo figlio non sia stato ritenuto meritevole di fare un liceo.
Mi guarderò bene dal ripetere la tabella che inseriamo nel nostro modulo, anche perché sarebbe un vero spreco di spazio, e mi limiterò a una breve descrizione: essa comprende un elenco di tutte le possibili opzioni - no, non tutte le possibili opzioni per il singolo e specifico alunno, ma proprio per tutti gli scolari della Repubblica Italiana.
Naturalmente per prima viene citata l'Istruzione Liceale, poi c'è quella tecnica, quella professionale e infine l'Istruzione e formazione professionale, ovvero i corsi triennali, e per quelli non è specificato niente, ché sia chiaro che si tratta di un generico ghetto dove i genitori pescheranno a casaccio. Insomma tutte le possibilità vengono presentate nel più tradizionale degli ordini gerarchici.
Ora, io figli non ne ho, non ho studiato psicologia e di marketing so davvero pochissimo; e tuttavia mi sorge il sospetto che per il genitore di turno non sia propriamente gratificante dover scorrere tuttol'elenco, lungo l'equivalente di tre paginate su carta, per scoprire infine che l'amata prole è relegata nel ghetto dopo tutti gli altri ordini possibili. Inoltre, non riesco proprio a immaginare che chi viene consigliato di far fare a suo figlio, poniamo, un rispettabile tecnico agricolo, sia poi così interessato a conoscere tutte le altre possibilità a disposizione che ormai, volente o nolente, ha imparato a conoscere nei tre mesi dedicati all'orientamento.
Il fortunato compilatore comunque deve pure lui scorrerle tutti gli ordini di istruzione, alla caccia della crocetta che gli indica cosa consigliamo e che magari può pure sfuggire a una prima lettura. Confesso comunque che l'anno scorso, oltre a correggere l'errore del verbo al plurale e dell'istituto al singolare ho allargato il carattere, messo il grassetto e pure un bel colore rosso che spicca in mezzo a tutta la trafila.
Una volta compilati i moduli poi il file va trasformato in un PDF, e il PDF va caricato sul registro Argo - il quale registro Argo ha un modo tutto suo e perversissimo di raccogliere i file, perché per ognuno va aperta una cartella, da inserire in una particolare area, con una serie di manovre non prive di una loro complessità, e infine condiviso nella classe, ma facendo attenzione che lo possano leggere solo i diretti interessati. Per una classe di una ventina di alunni se ne va una buona oretta.
E' mai possibile che non esista un sistema più rapido per trasmettere alle famiglie il frutto delle nostre fatiche orientative? Viene da pensare che sì, sia possibile.
Quest'anno comunque il Ministero dell'Istruzione (e del Merito) ha deciso di prendere in mano la situazione e di elaborare un proprio e personale modulo che valesse per tutte le scuole italiane.
L'ho trovata una bella iniziativa perché, quand'anche il modulo fosse un vero cimitero di errori ortografici e sintattici, o costruito in modo da trasformare la ricerca del Consiglio Orientativo in una sorta di caccia al tesoro, in tutti i casi la colpa di tutto ciò sarebbe da imputare appunto al Ministero, e nessun disdoro ne verrebbe a noi poveri insegnanti né alla nostra specifica scuola.
Unico inconveniente: il modulo è arrivato quando i Consigli erano già stati pazientemente compilati e dunque il coordinatore di turno ha dovuto rifarli tutti, dal primo all'ultimo, seguendo lo schema del Ministero.
Non io, per mia buona sorte. E mi piacerebbe poter esprimere un giudizio e cenciare anche il modulo ministeriale ma Argo ha deciso che non posso vederlo, nemmeno a titolo di semplice curiosità, perché quest'anno non coordino una Terza.
Che ci sarebbe di male a vedere il modulo, anche se non devo compilarlo? Loro mica lo sanno che mi sono messa in testa di coprire di insulti tutta la modulistica scolastica usando allo scopo il mio blog.
Ma, niente, non posso vederlo. Immagino che chiederò comunque in gran segreto a qualche collega di farmelo vedere: dopotutto, un modulo ministeriale non dovrebbe essere protetto dal segreto professionale.
* il liceo linguistico ancora non esisteva, e dubito che mi ci sarei fatta onore, visto che mi arrangiavo con una certa difficoltà anche in inglese; di fatto non avevo alcun talento per le lingue, come si vide chiaramente quando affrontai il greco, e anche in latino non mi ero certo coperta di gloria.
** probabilmente il concetto di base dietro quest'insolito uso del vocabolo sta ad intendere che, dopo aver accumulato nuove competenze, abilità e percezioni nel corso delle attività didattiche, le RESTITUISCE agli sventurati genitori e parenti che verranno ad assistere al frutto delle loro fatiche; almeno, ho finito per farmi questa idea ma ho evitato con ogni cura di approfondire la questione con la diretta interessata, perché se si fa una domanda c'è sempre in agguato dietro l'angolo il pericolo di ricevere una risposta. Lunga e contorta.
Richiesti di un parere sul proprio lavoro, se si interrogheranno cento insegnanti si avranno almeno ottanta risposte diverse*: chi loderà il gran piacere che gli viene dal rapporto con le giovani e fresche energie del futuro, chi deprecherà la mancanza di principi dei giovani d'oggi, chi lamenterà il problema delle strutture fatiscenti, chi deprecherà l'eccesso di uso delle cosiddette nuove tecnologie e chi criticherà la difficoltà di uso delle medesime, qualcuno si dispiacerà delle criticità dei rapporti con le famiglie, altri piangeranno sulla mancanza di fondi e così via; quasi tutti però alzeranno un gran lamento sull'eccesso di burocratizzazione della scuola.
È, questa, una lamentela fondata?
Ritengo di poter affermare senza tema di smentita che lo è.
Ci sono dei colpevoli?
Ovviamente sì, ci sono: la scartoffia non esiste in natura. In natura abbiamo coppie monogame, unioni plurisessuali, partenogenesi, genitori che sopprimono la prole, partner che si sopprimono, animali metamorfici e tanti altri fenomeni strani e meravigliosi, ma non risulta attestato in alcun modo il caso di un modulo che si autogeneri o si autoproduca dal niente. La scartoffia esiste solo e soltanto qualora qualcuno la fabbrichi e ne imponga l'uso ad altri esseri. È una perversione prettamente umana, e per forza di cose nasce solo dopo l'invenzione della scrittura e della burocrazia, ovvero un ceto appositamente addestrato a gestire documentazione su carta, pergamena o argilla.
La scartoffia esiste perché gli esseri umani l'hanno inventata, e nemmeno il modulo più insignificante è nato di sua spontanea volontà senza intervento umano. Dietro ogni richiesta, presentazione, attestazione ci sono sempre uno o più esseri umani che si sono seduti da qualche parte a riflettere scervellandosi sul Gran Problema "Come posso complicare ancora un po' questa procedura?" - e quasi sempre trovano ispirazione grazie al benevolo intervento di una Forza Superiore che lo pervade o a un/una collega che premuros* lo soccorre.
E dunque passo alle scartoffie legate all'insegnamento - che a ben guardare sono tante, e che un tempo non c'erano. Non parlo di ieri o dell'anno scorso, ma di quando ero bambina. Ai genitori arrivava un voto, più o meno preventivato, un qualche tipo di giudizio a fine ciclo e una sobria comunicazione che attestava se l'alunno era stato promosso o bocciato.
Bei tempi?
Non ne sono molto sicura. Come ho già raccontato sono una figlia d'arte e a quanto mi è sembrato di capire non è che quando lei ha cominciato a insegnare si condividesse molto, né con i genitori né con i colleghi, tantomeno con gli alunni, e il Preside era un'entità piuttosto intrusiva. Il singolo insegnante poteva in cuor suo riflettere sull'essere umano X o Y che gli era stato dato in balìa, e magari anche parlarne con qualche collega con cui era particolarmente in armonia confrontandosi e cercando magari di sgusciare l'ostrica per cavarne fuori la saporita polpa, ma era un procedimento affidato soprattutto alla buona volontà del singolo - che non avendo molte occasioni per confrontarsi magari prendeva delle belle cantonate. Sì, vale anche per le elementari. E non è che siccome insegni tu sia automaticamente un genio della psicologia.
La cosiddetta burocrazia scolastica è nata negli anni 70 del secolo scorso, quando i Decreti Delegati applicarono un principio non esplicitamente scritto ma tuttavia implicito nella Costituzione: la scuola è libera, e libero è l'insegnamento ma gli alunni sono liberi cittadini e come tali vanno trattati. E dunque sia loro sia chi ne è responsabile (ovvero i genitori) vanno tenuti al corrente del processo di apprendimento e domesticazione in corso.
Ai docenti vengono dunque richieste poche ma essenziali cose:
- una programmazione che spieghi cosa l'insegnante si propone di fare nel corso dell'anno riguardo alla sua materia
- una relazione che illustri poi il cazzo che è effettivamente riuscit* a fare**
- un giudizio cumulativo compilato secondo una griglia che vale per tutta la scuola e che sintetizzi come procede il percorso di apprendimento e domesticazione di cui sopra, compilato a metà anno e a fine anno per ogni alunno dal Consiglio riunito al gran completo***; poi un voto per ogni alunno in ogni materia a metà e a fine anno più un voto per Educazione Civica, che è una materia trasversale. In caso di profitto non sufficiente si tratta di indicare cosa c'è che non va e cosa l'alunn* dovrebbe fare, e in caso di bocciatura c'è una formula un po' complessa da scrivere sul verbale dello scrutinio dove in sintesi viene precisato che il Consiglio ha provato a evitare l'increscioso passo ma non ci è riuscito.
Tutto qui?
No, non proprio: per l'eventuale alunno certificato ci sono un paio di riunioni supplementari alll'anno dove sono coinvolti anche i genitori e lo staff esterno che si occupa dell'alunno, più un piano individualizzato (di cui talvolta ma non sempre si occupa soprattutto l'insegnante di Sostegno); e infine ci sono i PDP per gli alunni DSA, stranieri o che abbiano altro tipo di problemi, e detti PDP sono di numero e soprattutto di complessità di compilazione variabile.
In teoria si tratta quindi di una mole non eccessiva di documentazione che racchiude in sé sempre e comunque una certa dose di utilità. Non è insomma come scrivere 500 volte "non devo più raccontare bugie" scrivendolo col (proprio) sangue****.
E tuttavia queste scartoffie sono spesso e volentieri un vero inno all'assurdo e una perfetta esemplificazione del rendere il facile assai difficile attraverso l'inutile.
Tutto ciò tuttavia è da imputare non tanto alla cattiva sorte o alla perversità del Ministero dell'Istruzione (non sempre almeno) ma principalmente all'italico genio. Non scordiamoci che siamo l'unico paese (almeno spero) del globo che, invece di timbrare il biglietto prima di salire sul treno o quando è sul tram preferisce obliterare il titolo di viaggio.
Che titolo e che viaggio?
Mistero insondabile.
Addirittura, siccome qualsiasi turista davanti alla richiesta di obliterare eccetera esplicitata nella sua lingua manderebbe, giustamente, tutti quanti a Fanculo, gli avvisi in lingua straniera (inglese sempre, talvolta anche francese, tedesco e spagnolo) invitano con grande sobrietà gli stranieri a timbrare il biglietto.
Ma noi siamo fatti così, dobbiamo obliterare il titolo di viaggio. E' una cosa che ci viene spontanea perché siamo un popolo dalla grande cultura e dall'eloquio raffinato, e riteniamo nostro preciso dovere quando affrontiamo un tema di una qualche serietà, complicare il facile rendendolo difficile attraverso l'inutile. Vidimiamo la scheda elettorale (invece di votare) obliteriamo il titolo di viaggio (invece di timbrare il biglietto) ed evinciamo questo e quello dal testo di una circolare; meglio ancora, pretendiamo che i genitori dei nostri alunni evincano*****; anche gli stranieri, anche i genitori che si sono fermati alla licenza elementare.
Tutto ciò presenta alcuni inconvenienti, e conto di illustrarli nei prossimi post della serie.
* è una statistica generale: qualora si interrogassero cento insegnanti di lettere i pareri si alzerebbero di numero, secondo una forbice che va dai 130 ai 150 pareri tutti diversissimi tra loro. Se invece si provassero a sondare cento insegnanti di Matematica otterremmo un numero di opinioni che oscilla tra le cinquanta e le sessanta.
** entrambi i documenti sono stati mirabilmente sintetizzati da una amica e collega, il primo nella formula "si farà icché si póle" e il secondo in "e s'é fatto icché s'è potuto", entrambe formule assai mirabili per sobrietà, senso della misura e sincerità.
*** Durante il quale Consiglio quasi inevitabilmente salta fuori che l'alunn* è una specie di Giano bifronte: angelico, pestifero, dolce, razionale, ragionevole, capriccioso, lamentoso, brillante o disperatamente stupido a seconda del momento, della materia e della compagnia che si ritrova intorno, per tacere degli sbalzi di umore tipici della crescita.
**** Cfr. Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
***** ed essi devono evincere, mai eperdere; questo perché siamo una scuola positiva ed evitiamo di sottolineare sconfitte o perdite.
Quel che segue è il fedele resoconto del mio primo incontro col ristorante giapponese di Lungacque, specializzato in sushi ma che prepara anche accettabili piatti di cucina cinese.
Quando iniziò la mia vera convalescenza, nel 2019, capitava spesso che uscissi la mattina per andare a passeggio per le strade del paese: guardavo le vetrine, mi fermavo sulle panchine sotto gli alberi ad ammirare il paesaggio e gli scorci pittoreschi e non avevo altri impegni che quello di rientrare a casa dove avrei passato il pomeriggio a leggere e ricevere telefonate di amici e congiunti in cerca di buone notizie.
In uno di questi giretti intravidi una bella mattina di primavera l'insegna del ristorante giapponese che aveva aperto da poco. Per il pranzo apriva a mezzogiorno, guarda caso era giusto mezzogiorno e qualche minuto e così entrai.
In quei tempi felici andavano ancora di moda i menù su carta. Siccome c'era la formula all you can eat mi spiegarono che dovevo compilare il modulo con le richieste e io lo compilai con somma attenzione:a quei tempi non potevo ancora mangiare proprio tutto ma godevo già di una certa libertà. Evitai quindi i fritti, ci andai molto cauta con il curry ma (avevo avuto cura di informarmi dal plotone di nutrizionisti che mi seguiva all'epoca) mi affidai con fiducia al wasabi e allo zenzero, che avevano una certa forza disinfettante, e abbondai col riso, il pesce crudo e anche gli spaghettini di riso e di soia - cioè, abbondai è una parola grossa: diciamo che presi un buon numero di assaggi. Del resto, il menù avvisava che il cibo non andava sprecato e quindi ciò che il cliente non fosse riuscito a mangiare sarebbe stato fatto pagare a prezzo pieno - una regola piuttosto consueta nei ristoranti orientali che fanno l'all you can eat e che ho sempre trovato molto ragionevole. Però sapevo anche che le porzioni dei ristoranti giapponesi erano piccole, per consentire al cliente di provare molte cose, e appunto molte cose volevo gustare.
Passarono a ritirare il modulo; poco dopo arrivò un cameriere che mi spiegò che secondo lui avevo ordinato troppa roba.
In quel periodo ero afflitta da una fame cosmica: il mio organismo scalpitava per recuperare almeno un po' dei chili perduti e soprattutto per ricevere cibi saporiti, dopo due anni di patate al vapore e bracioline di manzo cotte male. Addirittura, i nutrizionisti si raccomandavano che per carità mi guardassi bene dall'andare sotto le razioni che mi avevano prescritto. E io mangiavo, naturalmente. Tutti si raccomandavano che mangiassi, ero incline a mangiare, perché mai avrei dovuto rifiutarmi di contentare tante brave persone preoccupate del mio benessere e stufe di contarmi gli ossicini?
Guardai serenamente il cameriere, cercando di non sganasciarmi dal ridere: dopotutto si preoccupava del mio benessere e di non sprecare cibo, ed entrambe erano cause molto rispettabili; poi va pur ammesso che, con le mie clavicole sporgenti e le braccine rinsecchite, non avevo certo l'aria di una buona forchetta. Non era giusto dileggiarlo per questo. E quindi, con una certa fatica, riuscii a non ridergli in faccia.
"Credo che riuscirò a mangiare quel che ho ordinato" provai a rassicurarlo col mio tono più garbato.
Il cameriere scosse la testa "Non è questione di credere" disse, assolutamente convinto che fossi una perfetta imbecille. E del resto, che ne sapeva della mia storia clinica e dei miei mesi di quasi digiuno?
Alla fine mi propose di andare a scaglioni: mi avrebbero portato una parte di quel che avevo ordinato, e dopo avrei deciso se confermare qualcosa di altro o no. Accettai con un luminoso sorriso, continuando in cuor mio a ridere come una pazza e pregustando il piacere di far ridere anche amici e parenti con quel delizioso racconto.
Spolverai serenamente la prima serie di portate, e naturalmente anche la seconda. Sui piatti non rimase né un seme sì sesamo né un chicco di riso né alcuna traccia delle foglie di insalata e prezzemolo né dei riccioli di carota che vengono talvolta usati per le guarnizioni.
Evitai però di ordinare altro cibo, un po' per non traumatizzarli troppo ma soprattutto perché mi era stato suggerito di procedere a piccoli pasti. Quello non si poteva certo definire un piccolo pasto, ma conservavo comunque qualche angolino da riempire. L'avrei riempito più avanti nel pomeriggio, magari con del gelato o della frutta.
Da allora nessun cameriere in quel ristorante ha mai osato suggerirmi una riduzione del numero delle portate. E tuttavia, tornando indietro con la memoria, credo di non avere mai più fatto una ordinazione così massiccia. Ma quello è stato un periodo davvero particolare.
La scena, già mentre la vivevo, mi ha sempre richiamato uno dei migliori episodi di Lamù di Rumiko Takahashi, dove si racconta una sorta di sfida che un ristorante organizza e dove se il cliente riesce a mangiare tutto quel che gli portano non paga il pranzo. A vincere è la bella Sakura, che non solo mangia assolutamente tutto quel che le portano
ma che alla fine dell'immane pasto ha ancora una pancia assolutamente piatta.
Nel manga è la puntata 45 "Diet Wars" (si trova nel volume 8 del mensile Young intitolato Sapore di sale nell'edizione Star Comics, che sospetto sia ancora l'unica) e nell'anime è l'episodio 13 Avventura alle Hawaii che si trova facilmente su YouTube.
Gli aiutanti di Babbo Natale, in cerca dei migliori modelli di pigiama da regalare ai bambini buoni
L'orario su cinque giorni a settimana che usiamo da qualche anno alla scuola media di St. Mary Mead presenta alcuni inconvenienti, tra cui quello di ridurre i giorni-jolly di vacanza da utilizzare a nostro piacimento nel corso dell'anno. Quest'anno poi avevamo anche il santo patrono che cadeva con rara opportunità a metà settimana invece che di Sabato o Domenica come si era sentito obbligato a fare negli anni scorsi, e insomma la nostra disponibilità si riduceva a due magri giorni che sembrava quasi obbligatorio usare nei ponti di primavera. Tutta questa introduzione per spiegare come, per la prima volta da quando insegno, le vacanze di Natale quest'anno sono iniziate proprio il 23 Dicembre, proprio come quando a scuola ci andavo da alunna.
A questo punto occorre anche aggiungere che quest'anno il 23 Dicembre si ritrova in una posizione piuttosto infelice: di Lunedì, nientemeno. Un'intera scolaresca ormai profondamente immersa nel clima natalizio, reduce dall'ultimo fine settimana prima di Natale ricolmo di vetrine illuminate, progetti vacanziferi, luminarie per ogni dove si ritrova dunque in classe in balia di un'orda di insegnanti reduci dall'ultimo fine settimana prima di Natale eccetera eccetera, e che per giunta ha in gran parte passato quei due giorni non già a riposarsi o ad andar per compere, che già di per sé è un lavoro non dei più leggeri, ma a combattere con l'organizzazione del cenone della Vigilia o del pranzone di Natale con tutti i suoi annessi e connessi.
Già così suona abbastanza male come prospettiva, ma c'è di più, e arrossisco a dirlo: il 23 Dicembre per noi non sarebbe stata una lectio brevis, santa abitudine che ha salvato la pelle a tanti di noi, bensì una normale giornata di normali sei ore - che già sull'idea che una normale giornata di scuola possa essere di sei ore filate con due pause quasi invisibili a occhio nudo ho tutta una serie di teorie personali, figurarsi se la giornata in questione è nientemeno che il 23 Dicembre.
Come mai la scuola media di St. Mary Mead si è ritrovata in questo pasticcio?
La risposta, molto semplicemente, è "Perché la gente è scema". La lectio brevis, infatti, per quanto sia uso e costume saldamente insediato negli orari di scuola in certe ricorrenze, rappresenta pur sempre una variazione rispetto all'orario normale, e quindi per esistere va votata dal Consiglio di Istituto.
Ora, penso che saremo tutto d'accordo che il consiglio di Istituto può votare solo quel che qualcuno gli propone. Se nessuna delle rappresentanze chiede una lezione breve per il 23 Dicembre, il Consiglio non può cavarsela dalla testa - almeno, così mi risulta.
Sta di fatto che nessuno si è posto il problema e una bella mattina il corpo docente della scuola media di St. Mary Mead si è trovato ad affrontare l'amara verità: Lunedì 23 Dicembre ci sarebbero state 6 ore 6 di scuola - e di conseguenza anche 6 ore 6 di lezione.
Nei normali giorni prevacanze che durano tre ore di solito la mattinata si sbanca consentendo con fare di degnazione il permesso agli alunni di fare piccole festicciole di classe. Tutto si risolve in un gran volare di zucchero a velo e frammenti di patatine che le pazienti custodi spazzeranno dopo l'agognato suono della campanella, le porte delle aule si aprono e frotte di alunni vanno e vengono per i corridoi componendo trenini, cantando canzoncine natalizie, tirandosi innocui proiettili e simili, mentre in alcune classi si gioca a tombola e in altre a dama o a carte ( ari tipi di carte, anche fantasy). Il tutto molto presto sfugge al nostro controllo in un immane confusione, ma va bene così e tutti siamo assai di buon umore, in trepida attesa di Santa Campanella (e tu non domandare per chi suona la campanella, perché essa suona anche per te).
Niente di tutto questo è nemmeno lontanamente possibile con una mattinata di sei ore, e l'unica alternativa decorosa era fare lezione, con fpgrande pazienza e determinazione perché, strano ma vero, in quel tipo di giornate la scolaresca non è mai particolarmente ricettiva (e dargli torto).
Così Venerdì 20 quando un alunno della Prima Smemorina ha alzato la mano e ha detto con bel garbo che mi voleva fare una richiesta a nome della classe per l'ultimo giorno di scuola ho dato per scontato che volessero chiedermi la tradizionale festicciola e ho detto, come recita il titolo di questo post "La risposta è no, ma domanda pure".
"Volevamo chiederle se potevamo venire a scuola in pigiama"
"Oh? Ma certo che potete" rispondo, completamente spiazzat, spiazzandoli a mia volta.
Qualcuno prova a convincermi spiegando che la cosa è permessa in tutte le scuole della zona. Ribadisco che non ho niente in contrario e Lunedì, quando entro in classe e me li trovo davanti chiedo "Ma siete effettivamente in pigiama?" perché non riesco a notare una particolare differenza, e il cuore mi ritorna a una conversazione avuta qualche mese prima con l'ormai ex Terza Sfigata.
"Sapete, io non sono molto brava a vedere certe differenze. Magari riesco a riconoscere con certezza che dei jeans come quelli che indossa Rotari non sono parte di un pigiama...".
"È solo perché mia madre mi ha obbligato" precisa Rotari in tono amareggiato. Lo ripete un paio di volte, segno che la cosa lo ha irritato assai. Lo capisco perché avrebbe irritato molto anche me (che per il triennio del liceo sono venuta a scuola sventolando un mantello a mezza ruota di loden nero con tanto di cappuccio modello Darth Vader che non solo i miei non si sognarono nemmeno di impedirmi, ma che era stato confezionato dalle amorevoli mani di mia nonna).
"...oppure una tuta come la vostra" aggiungo indicando Beda e Colombano seduti in prima fila.
"Sono dell'Adidas" spiegano pazienti i due.
"Sì, appunto, tute dell'Adidas" convengo con loro, pur meravigliandomi in cuor mio che insistano su un particolare così insignificante. Va bene l'amore per le marche, ma...
"Sono pigiami di marca Adidas" insistono i due.
Li guardo sconcertata, domandandomi per quale strano motivo la Adidas si è messa a fare pigiami identici alle tute. Ma alla fine quelli sono affari dell'Adidas e non miei, se lo fanno avranno senz'altro un qualche tipo di convenienza, così come affar mio è invece spiegar loro il Gran Mistero dei monosillabi accentati; e a quello decido di dedicarmi con grande intensità ma sempre più convinta che al giorno d'oggi il vestito è soprattutto uno stato d'animo.