Mentre scrivevo il recente post sulle scelte di alunni e insegnanti in merito ai cosiddetti quattro caratteri*, la settimana scorsa, mi è venuto in mente che magari, al limite, avrei perfino potuto prendere in considerazione l'idea di fare esprimere in proposito gli scriventi oggetto del contendere, ovvero gli alunni. E subito mi sono accorta di una cosa piuttosto curiosa: in una scuola che ha sempre mostrato di fare grandissimo conto dell'Inclusività, dell'Ascolto e financo dell'Empatia, e dove la questione del carattere di scrittura era oggetto di tante discussioni, a nessuna di noi (me compresa) era mai passata per l'anticamera del cervello l'idea di interrogare gli alunni su una questione dove in teoria avrebbero pur dovuto avere qualcosa da dire.
Ripensandoci ancor di più non è poi così strano perché, per quanto la scuola moderna ami straparlare di stesure di regole condivise e di coltivare il dibattito e la specificità individuale e tutto questo genere di bellissime cose, la tendenza a considerare i ragazzi come contenitori da riempire di fatti** è ancora molto forte: e dunque ci preoccupiamo assai di insegnargli le nozioni giuste, il metodo di studio giusto, la giusta scala di valori e il giusto modo di pensare, valutare e classificare nonché il giusto modo di intrattenere rapporti umani. Senza perdermi troppo in complesse questioni etiche e filosofiche, questo genera principalmente due problemi: il primo è che il nostro sistema di valori non sempre è perfetto (per quanto noi possiamo trovarlo perfettissimo e adatto a tutti) e magari nemmeno adeguato al singolo alunno, il secondo è che il mondo cambia e dunque i ragazzi crescono in una società diversa dalla nostra, e saranno loro a plasmare quella futura - e dunque il rischio di risultare portatori di un messaggio fuori dal tempo c'è sempre.
Tornando giù dai massimi sistemi, proviamo a riprendere la questione della scrittura.
Dalla mia piccola inchiesta, in cui ho domandato di raccontare la loro storia scrittoria, sono emersi alcuni fatti interessanti.
Primo: no, non è vero che alle elementari non insegnano a scrivere in corsivo. Tutti, come un sol alunno, hanno scritto che alle elementari gli è stato insegnato il corsivo. Alcuni anzi han detto che il corsivo gli piaceva ma a un certo punto lo hanno abbandonato.
Secondo punto: perché lo hanno abbandonato?
Qualcuno ha scritto serenamente che arrivato alle medie ha cominciato a scrivere in corsivo. Niente di strano per i miei alunni, perché sin dai primissimi giorni ho proclamato senza infingimenti che ognuno scrivesse pure come gli pareva, l'importante era che la scrittura fosse corretta sul piano ortografico: accenti, H e tutto questo genere di cose.
Aggiungo anche che la prof. Bipolar di inglese ha detto subito, anche lei senza infingimenti, che voleva solo il corsivo e niente storie - e qualcuno si è anche lamentato per questo, o comunque ha segnalato la cosa.
Tuttavia le colleghe che si lamentano che i ragazzi scrivono in stampatello perché non sanno scrivere in corsivo non hanno certo risposto come me (altrimenti non si lamenterebbero del fatto che i loro alunni non scrivono in corsivo). E' dunque possibile che qualcuno abbia giocato sporco e gniaulato che lui/lei non sapeva, non riusciva eccetera. Può darsi quindi che le mie colleghe non abbiano saputo mantenere con fermezza la loro richiesta. Ma teniamo conto che, certo, ognuno ha la sua storia, ma le nostre classi vengono tutte dallo stesso bacino delle elementari di St. Mary Mead e quindi tutti hanno avuto più o meno lo stesso addestramento, anche se i mesi del lockdown hanno certamente lasciato una traccia perché per un certo periodo i ragazzi hanno usato soltanto la tastiera e dunque solo lo stampatello.
Punto terzo: a un certo punto sono state proprio le maestre a dire a qualcuno di scrivere in stampatello. Non a suggerire garbatamente che, magari; no, c'è stato proprio un momento in cui ad alcuni è stato detto di passare allo stampatello.
Quindi: tutti hanno cominciato con il classico corsivo inglese ma qualcuno è stato incoraggiato a usare lo stampatello.
Alcuni stranieri, per esempio? Se hai un passato a base di ideogrammi cinesi o di scrittura in arabo è ovvio che qualsiasi insegnante di buon senso stabilirà che le 24 lettere della scrittura capitale bastano e avanzano, almeno all'inizio. Tuttavia i nostri "stranieri" sono quasi tutti cresciuti in Italia e con l'alfabeto hanno avuto un approccio molto simile ai nostri giovani concittadini. L'unico straniero arrivato in tempi molto recenti è un cubano che l'anno scorso scriveva in una desolante fusione primordiale di sillabe e parole variamente affastellate in corsivo e che con l'andare dei mesi ha sviluppato un corsivo molto normale ingentilito assai da una ragionevole separazione delle parole.
Poi ci sono i dislessici. Per legge i dislessici sono esentati dall'obbligo del corsivo ma di fatto scrivere in corsivo non gli è vietato, in teoria (e infatti alcuni, anche occasionalmente, scrivono in corsivo e non è che necessariamente venga fuori un disastro, anzi).
Alcuni di questi dislessici mi hanno raccontato storie insolite, del tipo a un certo punto la maestra mi ha detto di scrivere in stampatello perché in corsivo scrivevo male. Al momento la ragazza esibisce un grazioso stampato minuscolo molto aggraziato e decisamente di facile lettura.
Tutto ciò mi ha portato a immergermi in profonde riflessioni.
Da bambina ero molto disordinata, anche nella scrittura. Più esattamente non esito a dire che scrivevo come un cane arruffato (ammesso che ai cani arruffati sia mai venuto in mente di scrivere). Magari ci avevo un po' di disgrafia, chissà - del resto tuttora ho un rapporto decisamente complicato con la destra e la sinistra. Col tempo e con l'esercizio comunque mi placai e adesso posso esibire un corsivo che di sicuro non sembra un merletto, ma che è comunque di grande leggibilità anche se un po' scialbo. Fu un processo lungo e complesso, ma già in quarta elementare la mia scrittura non aveva niente di illeggibile. Del resto, ai miei tempi non c'era scelta e soprattutto il mio stampatello faceva pure quello abbastanza pena e a nessuno sarebbe venuto in mente di propormelo come rimedio per le mie difficoltà scrittorie.
Dunque può darsi che le maestre, pur avendo fatto coscienziosamente il loro dovere, abbiano difettato nella pazienza, oppure abbiano cercato di curare il prima possibile un male che magari aveva già in sé la sua cura.
Ultimo particolare sulle maestre: è possibile che, pur insegnando coscienziosamente il corsivo inglese, essendo figlie del nostro tempo si siano abituati a scrivere in quella specie di carolina (littera antiqua, per noi allievi del prof. Casamassima) un po' imbastardita da legature che già ai tempi della mia infanzia era il corsivo preferito dalle ragazze in crescita. Tra l'altro, mentre il corsivo per quel che si sa nacque spontaneamente, la scrittura carolina fu inventata in provetta appunto per fornire ai copisti dei monasteri un modello di scrittura chiara e facile da imparare e da usare.
Infine una piccola collezione di curiosità: qualcuno ha detto che per gli appunti preferiva il corsivo perché era più veloce, ma che per i testi da presentare preferiva lo stampatello perché aveva l'impressione di fare un lavoro meglio confezionato.
Un altro ha detto che sa benissimo che il suo corsivo è disordinato ma lui preferisce scrivere così, e per consolarsi ogni tanto si ricorda che esiste anche il corsivo cirillico (nel suo testo mi ha omaggiato di una vera rarità, ovvero una autentica H maiuscola con tutti gli svolazzi del caso - come questa, insomma:
anche se la sua era un po' più pasticciata).
Una ragazza ha spiegato che lei scrive rigorosamente in stampatello minuscolo ma con delle legature*** che le piace molto metterci.
Altri, appunto, hanno detto che gli piacerebbe scrivere ancora in corsivo ma preferiscono lo stampatello perché altrimenti si sentono troppo disordinati.
Altri ancora che hanno abbandonato il corsivo con grande sollievo quando sono arrivati alle medie.
E qualcuno infine ha detto che gli piacerebbe scrivere in corsivo ma ha dimenticato come si fa.
Al termine della mia piccola inchiesta ho imparato che la questione era molto più complessa di quel che credevo e mi ha assalito perfino la tentazione di dedicare qualche ora a una specie di laboratorio del tipo "Inventa anche tu il tuo corsivo" o roba del genere, magari accordandomi con Arte. Dopotutto, il mio lassismo nasce principalmente dal desiderio di rimuovere ogni ostacolo meccanico alla scrittura intesa come momento espressivo, ma forse una corda di scorta per l'arco fa sempre comodo. Chissà?
** come teorizzato da Mr. Gradgrind in Tempi difficili di Dickens
** "Sì, io sono rigorosamente vegetariana. Certo, un pasto al giorno con la carne lo faccio sempre, si capisce"
4 commenti:
Oh, da prof di lettere dislessica arrivo giusto giusto a proposito sull'argomento! Ovviamente ho varie personalità:
Quelle da prof sono essenzialmente due.
La personalità istintiva: scrivete come vi pare, ma vi prego che si capisca.
La personalità istituzionale: si è deciso che lo scritto d'esame va fatto in corsivo. Dramma o no ripassiamo insieme il corsivo.
La personalità sociologa: spiega in un breve testo come preferisci scrivere e perché (le risposte sono state varie e articolare come quelle che tu hai riportato).
Da dislessica mi sento di dire due cose dall'interno: il corsivo nel dislessico puro, al netto di difficoltà di grafia pura e semplice è problematico per due motivi. Il primo è che scrivendo lettere che si fondono le une nelle altre rende più difficile distinguerle e auto correggersi gli errori. Io confondo le lettere sempre, ma se non uso il corsivo me ne accorgo prima. Il secondo è che porta a scrivere più velocemente e i percorsi mentali dei dislessici sono lunghi, articolati e contorti e non stanno dietro a questa velocità di scrittura, quindi aumenta ancora il rischio di errori di ortografia o anche di scrivere una parola per un'altra. Insomma un mio testo in corsivo sembra scritto con un correttore del cellulare creativo, che sostituisce lettere e parole a piacimento. Però la H maiuscola la faccio fare con tutti gli svolazzi del caso e di solito suscita entusiasmo e affetto, al punto che qualcuno mi scrive in stampatello, ma le maiuscole me le fa in corsivo perché "sono più belle"
Sono assolutamente convinta che "inventa anche tu il tuo corsivo" sarebbe un'iniziativa molto apprezzata dagli studenti, piacerebbe anche a me che non sono più studentessa da parecchio tempo ormai...
La mia posizione è "talebana": corsivo for ever. Nel corsivo c'è la soggettività dell'alunno nelle sue infinite sfumature, anche le cacografie "dicono" tanto. Se certificazioni ad hoc attestano, invece, la difficoltà oggettiva degli allievi, mi attengo rigorosamente alle prescrizioni.
@ Tenar:
Il tuo commento è particolarmente prezioso - tra l'altro mi ha fatto finalmente capire perché si fanno scrivere i DSA in stampatello - come ho già detto, non mi sono mai posta il problema: per me ognuno scrive come gli pare, e tuttavia garantisco che ci sono stampatelli decisamente ostici, specie quando, dio solo sa perché, ci mettono pure le legature.
@ Elena:
La prossima prima dove faccio italiano probabilmente giocherà un po' con le lettere.
Non rimpiango niente: l'anno scorso eravamo tutti troppo impasticciati per avviare, non dico un laboratorio, ma una lezione normale normalmente fatta in presenza senza alunni a casa che seguivano come potevano. Ma magari fra due anni le cose andranno meglio?
@ Mel:
Non ne dubitavo! Tuttavia venticinque anni di pazienti correzioni mi hanno insegnato che anche gli stampatelli hanno infinite sfumature e varietà e possono dire molto sulla personalità di chi scrive ^__^ (e sulla pazienza di una insegnante, anche).
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