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giovedì 24 febbraio 2022

Intorno a te, o albero / felici noi danziamo (anche a scuola, soprattutto a scuola)

Oleg Federov (Ucraina) - Fanny Cats

                  
Nel cortile della scuola media di St. Mary Mead ci sono alcuni alberi. Cipressi, soprattutto, ma anche uno di quegli alberi sempreverdi a forma di vero albero, con robusti rami che si aprono tutto intorno al tronco. E un giorno Vercingetorige mi ha chiesto il permesso di provare a salirci.
Sono quasi sicura che è vietatissimo arrampicarsi sugli alberi per i ragazzi, ma l'argomento non è stato mai sfiorato nelle varie discussioni legate al regolamento, come del resto non è mai stato detto che è vietato salire sul tetto. E quello, in effetti, è proprio il classico albero su cui ci si può arrampicare senza rischio né difficoltà, se appena si ha una vaga idea di come ci si arrampica sugli alberi. Così, dopo breve meditazione, ho detto di sì. In quel momento, come quasi sempre nel corso della vicenda, la classe era sola in virtù degli intervalli scaglionati che tuttora imperversano.
Con mia grande sorpresa Vercingetorige non riesce ad arrampicarsi. Mi guardo bene dal dare consigli perché il mio curriculum di arrampicatrice di alberi si limita ad un paio di olivi molto bassi quando ero ancora bambina e insomma non è un argomento in cui mi senta in grado di dar lezioni a nessuno e azzardo solo un vago "Beh, magari puoi riprovarci più avanti" rallegrandomi per aver scansato il pericolo, fatto bella figura con poca spesa e soprattutto non essere finita davanti alla corte marziale a rispondere della mia sciagurata imprudenza.

Ma già il giorno dopo Vercingetorige torna alla carica "Credo di aver trovato un sistema per arrampicarmi. Posso provarci?".
Impossibile dire di no, a quel punto. E con pochi e rapidi movimenti, partendo da un altro punto, la breve arrampicata viene conclusa stavolta con successo. Gli passo la merenda che mi aveva chiesto di tenergli, e la mangia sull'albero.
Comprensibilmente, è molto soddisfatto di sé anche se cerca di non darlo troppo a vedere.
Nick Gustafson - Cat In A Tree
Tutto bene?
Quasi, dal mio punto di vista. 
I compagni, che gironzolavano lì intorno senza dar l'aria di guardare, accorrono festosi. Lui scende, risale, gli fa vedere come si fa. 
E tutti vogliono riprovarci.
Lo spettro della corte marziale incombe su di me. Dalle finestre occhi curiosi ci guardano con aperto interesse. Pochi minuti e sarò bollata come il disonore della scuola, radiata dall'albo e mandata in prigione.
Tutti salgono con successo.
Come dio vuole, finisce l'intervallo.
Rientrata in classe spiego "Vedete, Vercingetorige oggi ci ha ricordato una lezione molto importante: quando non si riesce subito a fare bene una cosa, a volte è solo perché sbagliamo il punto di partenza. Lui ci ha pensato, ha riprovato e ci è riuscito. Le cose non riescono sempre alla prima, ma non per questo ci si deve scoraggiare e rinunciare". 
La classe ascolta interessata e tributa un piccolo applauso a Vercingetorige.
Con mia grande sorpresa nessuno dei colleghi mi rimprovera o rampogna. In effetti, nessuno mostra di essere al corrente di quanto è successo.
E tutti quegli occhi curiosi alle finestre? Nessuno dei ragazzi ha commentato ad alta voce?
Boh.

Il giorno dopo le ragazze vengono a chiedere di provare anche loro.
Come faccio a dire di no?
Del resto, sono anche più leggere.
Prima sale una, poi un'altra, una non ci riesce, le altre le danno consigli e alla fine ci riesce anche lei...
Di nuovo le finestre si popolano di occhi interessati.
Io però sono un po' meno terrorizzata. Ormai ci sono saliti quasi tutti, su quel benedetto albero, fosse permesso o meno dal regolamento. Posso almeno dimostrare con i fatti che la cosa non è poi così rischiosa. Magari non mi licenziano.

Il giorno dopo all'intervallo piove, e stiamo al chiuso.
Due giorni dopo non piove ma ha piovuto tutto il giorno precedente e tutta la notte.
Stavolta rispondo alla richiesta con un bel no "Il tronco è scivoloso e bagnato, secondo me non è una buona idea".
Passa qualche giorno e il tronco è di nuovo asciutto.
E Vercingetorige torna a chiedere il permesso di arrampicarsi.
"Ma sì, vai pure".
Nuova sorpresa: non ci riesce.
Ci rimango male.
"Ma secondo me l'altra volta non partivi da lì. Dovresti fare come hai fatto la settimana scorsa".
Gli altri danno consigli. Vercingetorige ci riprova con successo. 
La classe intorno approva. Ma...
"Professoressa, non riesco a scendere".
"Ma certo che ci riesci, ci sei sempre riuscito!" ribatto indignata.
Ma no, ha paura.
Tutti danno consigli. I minuti passano.
A un certo punto comincio a prendere seriamente in considerazione il fatto che alla fine ci toccherà chiamare i pompieri. E già mi vedo a spiegare "No, non si tratta di un gatto, è  un ragazzo di prima media".
I commenti dei pompieri cerco di non immaginarli, ma sospetto che dopo la Preside non verrà a farmi i complimenti per le mie innovative tecniche didattiche.
Come dio vuole, Vercingetorige alla fine scende. Ed è piuttosto scosso dall'avventura.

E questa è la fine della Saga dell'Albero. Nessuno ha chiesto più il permesso di salirci e dunque può darsi che alla fine il mio stato di servizio non subirà grossi danni e nessuno si sentirà moralmente obbligato a portarmi le arance in prigione.
Probabilmente questa storia reca in sé un insegnamento, ma davvero non saprei dire quale.

Due giorni dopo sono stata aspramente redarguita da una collega perché gli permettevo di giocare con una piccola palla morbida.
Che è permessa dal regolamento.
"Ma non è abbastanza morbida! E poi quando giocano urlano e disturbano le altre classi che fanno lezione!"
"Guarda che durante l'intervallo urlano sempre. E lo stesso vale per le altre classi".
"Ma facciamo che quando giocano a palla fanno più rumore? Se non giocassero a palla ne farebbero meno"
"No".

9 commenti:

Paola ha detto...

Mi piace sempre leggere quello che scrivi e sono contenta che abbiano potuto arrampicarsi su un albero. Davvero vedo che i ragazzi sono sempre meno capaci di fare semplici attività motorie come arrampicarsi, camminare in equilibrio su un muretto, rotolarsi su un prato, fare una capriola (che tecnicamente si chiamerebbe capovolta) per terra. Nell'arrampicarsi su un albero c'è anche il contatto con l'albero, cosa di cui anche penso ci sia bisogno. Per cui sono felice di leggere che ci abbiano provato e riprovato, anche se per ora non lo chiedono più.
Io sono di quelle mamme che vengono guardate male nei parchi perché i miei figli, se lo chiedono, stanno scalzi, entrano nelle pozzanghere e camminano sui muretti. Credo che faccia bene.
Paola

pensierini ha detto...

Molto divertente, specialmente la lezioncina morale che hai tratto dalla prima parte dell'avventura di Vercingetorige, anche se, alla prova dei fatti, questa non si è dimostrata molto azzeccata: non è sempre vero che 'chi la dura, la vince'! :-D Professionalmente parlando, non credo che i regolamenti d'Istituto contemplino la possibilità di arrampicarsi sugli alberi del giardino, attività che dovrebbe essere quantomeno autorizzata dalle famiglie. Ti sei cacciata in un bell'impiccio! Caio

Murasaki ha detto...

@ Paola:
Bentrovata, sorella di elezione!
Sì, sei un caso piuttosto raro, oggi la gran parte dei genitori si preoccupa moltissimo sempre e comunque per qualsiasi cosa un minimo diversa che i bambini possano fare; mi sembra più di un tempo, quando a preoccuparsi erano soprattutto i nonni - ma forse generalizzo.
I ragazzi di città, di cui faccio parte, hanno poche occasioni esercitarsi in quelle che chiami "semplici attività motorie", un po' perché non li lasciano quasi mai da soli, un po' perché mancano le occasioni: per esempio nel mio viale c'erano un sacco di bellissimi platani che non saprei nemmeno calcolare quanto erano alti ma insomma per salirci ci sarebbero volute le ventose. Però ripensandoci in questo condominio semicampagnolo ci sono un sacco di alberi di vario tipo e anche diversi olivi, ma gli unici che ci si arrampicano sono i gatti. Oggi quasi tutti fanno sport m non è la stessa cosa perché sono movimenti sempre tesi a uno scopo, non per entrare in contatto con l'ambiente. D'altra parte oggi invece è chiarissimo a (quasi) tutti che l'albero è una forma di vita con cui entrare in contatto e non una roba che sta lì fermo a fare decorazione.
E secondo me i tuoi figli sono più fortunati della media ^__^?

@ Pensierini:
Sì, per consentire l'arrampicata sugli alberi ci vorrebbe una di quelle scuole sperimentali americane di inizio Novecento, non una impauritissima scuola del XXI secolo che vede ovunque l'incubo del Ricordo e della Denuncia...
quanto alla lezione morale non so, e soprattutto non capisco cosa sia andato storto dopo quella settimana scarsa di pausa forzata. Forse anche lui (anche loro) in cuor suo l'ha vissuta come un'avventura pericolosa e alla fine ha avuto paura, non so. E nemmeno so cosa succederà a primavera, ma se davvero arriverà il gazebo forse all'albero non penseranno più...

Anonimo ha detto...

Questo resoconto mi ha fatto ridere di gusto, cosa di cui ti ringrazio di cuore,in questi momenti è cosa rara.
Chi come me ha passato l'infanzia seduta su di un ramo occupata a leggere (e come nessun gatto imparerà mai) sa che è più facile salire che scendere...
Simona

Paola ha detto...

"Sorella di elezione" mi è piaciuto molto e mi ha fatto molto piacere!
Io sono cresciuta in una bella periferia, e ci abito tutt'ora, per cui cose tipo camminare scalza sull'erba hanno sempre fatto parte della mia vita. Per diversi anni mi sono occupata di educazione ambientale, lavorando con tutti i tipi di scuole e facendo talvolta esperienze buffe e surreali. Mi colpiva sempre il fatto che, in molte realtà, solo la scuola dava ai bambini e ai ragazzi la possibilità di fare esperienze nella natura, che molto spesso c'era molta più familiarità con il centro commerciale che con un prato o un bosco e che (questa è la cosa che mi dispiaceva di più) la natura veniva percepita come una cosa aliena, ostile, pericolosa, sporca. I bambini venivano in gita terrorizzati di "sporcarsi" neanche le mamme fossero poi costrette ad andare alla roggia a lavare i panni. Senza dire che se vai a mangiare in un fast food e ti spatacchi, le macchie da pulire sono molto ma molto peggiori del fango che puoi tirare su in gita, ma non leggo queste preoccupazioni nei volti dei genitori quando i figli mangiano patatine fritte o robe simili. Per dire. Sono davvero convinta che questa percezione negativa sia un vero problema, credo che lo sia il non riconoscersi parte dell'ambiente naturale.
Adesso ho iniziato a fare supplenze (matematica e scienze alle medie) e sogno di fare lezione seduta su un prato, mi piacerebbe molto cercare di trasmettere un atteggiamento diverso, oltre a delle nozioni.
Apprezzo moltissimo quindi il fatto che, in questi tempi così complicati, tu non abbia considerato i regolamenti in merito al salire sugli alberi, né le eventuali lamentele, proteste o peggio dei genitori (e questo denota molto coraggio!) e che abbia permesso loro di provare.
Paola

Murasaki ha detto...

@ Simona:
Oh no, i gatti non lo sanno! ^__^

@ Paola:
Genitori che protestano... forse che sì, forse che no (ma quell'albero è davvero innocuo, garantisco); ma un genitore non informato non protesta, e non credo che la storia sia stata raccontata.
Può essere comunque che quello scheletro esca fuori dall'armadio, prima o poi.
In realtà ci sono molte scuole dove puoi fare lezione sull'erba, e qualche volta l'ho fatta anch'io. E alle elementari di St.Mary Mead hanno un bellissimo giardino.
Poi arrivi alle medie e ti trovi una specie di cortile da carcerati. Non sono mai riuscita a spiegarmelo.
Quest'anno però ci hanno promesso un gazebo. Sembra. Pare. Dicono...

Kukuviza ha detto...

Questi aneddoti (e come li racconti) mi fanno scompisciare! Ma perché poi non riusciva più a scendere? questo è un bel mistero comunque. Così come il fiassarsi della gente sulle cose che meno si sospetta (vedi palla)

Unknown ha detto...

Devi essere contenta perchè, come racconti bene, gli hai fatto sperimentare una cosa nuova che crea solidarietà, sperimentando, cercando nuove soluzioni! Certo, ti sei presa una bella responsabilità, ma anche questo ti fa onore

Murasaki ha detto...

@ Kuku:
Perché non riusciva a scendere davvero non lo so. Adesso però sono tornate alla carica le ragazze, che si arrampicano con grande entusiasmo. L'ultima volta si sono infilate in tre in quel povero albero, alla quarta l'insegnante di sostegno ha detto "NO, tre bastano!". E ci stavano così comode che si sono messe a fare merenda tra i rami.

@ Unknown:
Ti dirò: il primo giorno mi sembrava di aver fatto chissà che azzardo, adesso sono molto più tranquilla.
Ma del resto, il primo giorno non sapevo se ci sarebbero riusciti, mentre adesso le ragazze vanno in grande scioltezza.