Sappiamo che Attila aveva un atteggiamento molto assertivo verso la vita
Fermo restando che questa è una parte che andrebbe lasciata all'insegnante - perché il mondo è mutevol cosa per definizione, e quindi i confronti che si presentano più opportuni cambiano di anno in anno in modo assolutamente imprevedibile*, un approfondimento sensato e fatto con criterio non morde e sarà pur sempre una utile risorsa per l'insegnante (o anche solo per il singolo alunno che si sfoglia il manuale per conto suo) che deciderà in proprio se occuparsene o meno.
Purtroppo però la gran parte di questi confronti sembra fatta senza criterio alcuno.
Tanto per citare Vivi la storia!, manuale di cui già gran bene ho avuto occasione di dire, i primi due li ho trovati davvero agghiaccianti.
Editto di Rotari; ed ecco che parte l'approfondimento per spiegare come qualmente oggi si approva una nuova legge in Italia.
Per carità, se proprio un alunno fa una domanda specifica in proposito è giusto rispondere (molto a grandi linee), fermo restando che tutta la trafila di approvazione di una legge in un moderno sistema costituzionale non è proprio adattissimo a coinvolgere degli undicenni. Ma, insomma, l'editto di Rotari non era se non in minima parte una nuova legge: al contrario, si trattava di mettere per la prima volta in forma scritta un diritto nato per consuetudine - e allora, se proprio davvero vogliamo tirare in ballo il confronto con la società contemporanea, ci sarebbe magari qualcosa da dire sul diritto consuetudinario (che esiste ancora, ed è molto importante) e magari sulla Costituzione inglese, che a tutt'oggi non è scritta in forma completa ed è nata appunto per una serie di consuetudini accumulate a partire dall'XI secolo, ovvero dall'arrivo dei normanni.
Peggio che peggio l'altro esempio: un confronto, nientemeno, tra le migrazioni dei popoli barbari... e i migranti che arrivano in Italia in questi anni.
Qui non c'è solo un confronto fuor di luogo, ma che alla fine non morde e al massimo addormenta. Al contrario, c'è proprio un confronto tossico. La stravagante teoria che proclama che i barconi che approdano malamente a Lampedusa portano truppe di invasione è una roba che in una classe onorata non andrebbe sfiorata nemmeno col pensiero, e pazienza se nei centri sociali dell'estrema destra ne parlano, mi sembra davvero un caso da "lasciamo stare i bambini", che a undici anni difficilmente sono appassionati alla questione - e se lo sono, di solito lo sono perché se ne parla in famiglia, e meno ci si mette in contrasto apertamente con il modello educativo delle famiglie e meglio è, quando i ragazzi sono così giovani.
Ad ogni modo, da una parte abbiamo qualche centinaia (a volte qualche decina di centinaia, ma sempre e comunque alla spicciolata) di uomini, donne e bambini di varia provenienza che nel migliore dei casi sbarcano un po' straniti e a volte piuttosto malandati e non hanno con sé armi - qualcuno per restare in Italia, molti per andarsene altrove; dall'altra intere popolazioni con carri, provviste e bestiame al seguito e truppe di dieci-quindicimila armati guidati da uno o più re che vengono con intenzioni più o meno invasive e, come si usa dire in questi casi, con un progetto comune - o, quanto meno, con un itinerario comune.Quasi sempre via terra, ma questi son dettagli.
Certo, fai il confronto e dici che sono cose diverse.
Il punto è che sono veramente due cose diverse. E' come fare un paragone tra un colpo di stato militare e un referendum per una scissione politica del territorio; è verissimo che sono due cose diverse, e infatti non c'entrano nulla tra loro.
Già che ci sono ne approfitto per agganciarmi a un curioso dibattito storiografico attualmente in corso (spero solo in Italia) appunto sulle invasioni barbariche (di cui però va detto che Vivi la storia! è del tutto innocente).
Tale dibattito parte dalla constatazione che, al momento delle prime, vere invasioni (in sintesi: l'arrivo improvviso dei due popoli germanici tervingi e greutungi al confine dell'impero romano che chiedevano accoglienza in modo assai insistente nel 376), già da tempo i romani accoglievano o si procacciavano mediante deportazione gruppi piccoli o medi di popolazioni germaniche stanziati vicino al confine dell'impero, arruolandoli o usandoli come contadini.
Secondo alcuni curiosi individui, non troppo usi forse a frequentare libri di storia di una qualche qualità, questo deplorevole uso romano di flirtare con il potenziale invasore portò al disastro di Adrianopoli e in seguito alla caduta dell'impero romano. E dunque non va bene per noi accogliere i migranti sui barconi.
A questa strampalata corrente di pensiero se ne contrappone una seconda, composta se non altro in parte da persone che qualche volta e in un qualche momento della loro vita una scorsa a qualche libro di storia tardoromana l'han data (pur se, vien da dire, senza gran costrutto) che sostiene che per molto tempo il sistema funzionò a meraviglia e che infatti l'impero romano è stato a lungo una fiorente società multietnica (entrambe affermazioni senz'altro valide, all'attuale stato delle nostre - tuttora scarse - conoscenze del periodo); e che dunque accogliere i migranti non comporta per noi alcun pericolo e anzi è nostro dovere e fonte di salvezza.
Fermo restando che sul fatto che è nostro dovere (come ci dice la Costituzione) sono d'accordo, e che al momento grossi pericoli non ne vedo neanch'io all'orizzonte, entrambi i ragionamenti mi sembrano parimenti accampati per aria e basati su presupposti piuttosto balordi - per tacere del fatto che il collegamento tra orde barbariche e barconi di migranti stressati mi sembra all'altezza di quello che legherebbe il culo con le quarant'ore, e visto che il blog è mio e lo gestisco io ne approfitto per spiegare perché tutti costoro mi sembrano delirare, da una parte come dall'altra.
E' verissimo che l'impero romano è stato a lungo una fiorente società multietnica, e qualsiasi manuale (compreso il tanto da me deprecato Vivi la storia!) lo afferma senza mezzi termini. Del resto, impero giapponese a parte - che, come tutto ciò che è giapponese funziona con regole tutte sue - gli imperi sono sempre stati per definizione società multietniche, altrimenti si chiamerebbero regni monoetnici. Qualche volta han funzionato bene, qualche volta male, ma quello sono. E, molto spesso, questi imperi funzionano che tutti sono abbastanza uguali ma l'etnia fondante dell'impero è molto più uguale delle altre, anche se può includere larghe percentuali di altre etnie, purché ben addomesticate agli usi e costumi dell'etnia dominante. Nel caso dell'impero romano, infatti, non importava se eri greco, numida, tervingio o quant'altro, se facevi (o meglio, se tuo figlio cresciuto in ambiente romano faceva) il normale corso di studi e di formazione romana, potevi arrivare anche alle cariche più alte ed eri un romano a tutti gli effetti; altrimenti potevi scegliere di restare nella zona grigia, mantenere usi e costumi e lingua della tua gente e venivi usato per la manovalanza.
E' altrettanto vero che i piccoli contingenti di barbari venivano spesso accolti, e talvolta anche cercati, quando appunto serviva un po' di manovalanza supplementare - soprattutto nell'esercito, che a partire dal III secolo era spesso a corto di personale perché erano aumentati i nemici (cioè i persiani rompevano assai).
Il massiccio arrivo di turvingi e greutingi (causato da un vivo desiderio di queste popolazioni di sfuggire agli unni, piombatigli addosso all'improvviso come disgrazie) era però un caso molto diverso, principalmente perché stavolta i barbari erano davvero tanti.
Le fonti non sono facilissime da interpretare, ma quel che appare chiaramente è che, mentre fino a quel momento i romani facevano grandissima attenzione a rispettare un protocollo che mettesse sempre i barbari in condizione di assoluto svantaggio, stavolta il protocollo saltò, principalmente perché i richiedenti asilo erano davvero troppi per essere gestiti nel solito modo. E insomma entrarono, scorazzarono e non si riuscì a fermarli. Il risultato finale fu la battaglia di Adrianopoli.
Col tempo, la pazienza e un grande uso delle armi si finì per venirne a capo in un qualche modo. Quando però tutto sembrava riavviato verso il meglio, arrivarono gli unni - anche loro tanti, ma anche molto ben armati e con tecniche di guerra più efficienti di quelle delle popolazioni di origine germanica. Da lì l'impero non riuscì più a riprendersi, anche se in più di una occasione sembrò che le cose si fossero riavviate per il meglio.
In pratica, le migrazioni diventarono pericolose quando smisero di essere migrazioni alla spicciolata e diventarono invasioni. Tuttavia, con le invasioni i romani non flirtarono proprio per niente - semplicemente i nemici erano troppi (e continuava in più ad esserci l'onnipresente problema dei persiani).
L'impero romano quindi non cadde per eccesso di ospitalità o soverchio buonismo, cadde perché venne sconfitto dopo aver tentato di resistere con le unghie e con i denti.
Due considerazioni si affacciano, in questa curiosa discussione che avrebbe la pretesa di avere qualcosa a che fare con la storia:
1)Ma tutti quei popoli al confine, non si poteva pensarci prima e sorvegliarli con più attenzione invece di fidarsi tanto?
Beh, tutti quei popoli al confine per molto tempo non c'erano. Forse i romani avrebbero dovuto sorvegliare meglio non tanto la frontiera (quello lo facevano già) quanto i territori interni - anche se, naturalmente, è molto facile dirlo standosene in poltrona a fare la calza in un mondo dove i social ti mettono in contatto quando vuoi con buona parte del globo terracqueo. All'epoca si viaggiava a piedi o a cavallo, fuori dall'impero le strade erano quel che erano... e soprattutto le infinite e piccolissime popolazioni germaniche solo raramente avevano dato dei veri problemi, e in quelle rare occasioni erano state ben rimesse in riga. Che senso aveva preoccuparsi di quattro straccioni accampati più o meno in prossimità del confine?
In effetti, forse avrebbe avuto senso, considerando che nel corso delle generazioni anche gli straccioni si evolvono e imparano a confederarsi eccetera. Magari si può dire che fra le concause della caduta dell'impero romano c'è anche stata la convinzione dei romani che "tanto da lì grandi problemi non ne venivano". Un eccesso di confidenza, forse. Ma, di sicuro, non un eccesso di ospitalità.
2) Ma tutta questa confidenza, non spingeva i barbari ad andare nell'impero, dove tanto sapevano che sarebbero stati ben accolti?
Non so, a me sembra piuttosto normale che, dal momento che l'impero romano era là, non troppo lontano, i germani pensassero di andare lì piuttosto che dagli atzechi. E d'altra parte dalla zona in cui si trovavano i barbari era abbastanza difficile andare da qualche parte che non fosse l'impero romano o il Polo Nord.
Va comunque riconosciuto che i romani non cercavano in alcun modo di tenere nascosta la loro esistenza, e nel caso dei germani sarebbe stato invero piuttosto complicato, dopo essersi tanto azzuffati sui confini con loro.
In conclusione: la tarda antichità e l'alto medioevo sono epoche assai interessanti da studiare per moltissimi motivi, ma l'utilità di questo studio per affrontare certe questioni strettamente contemporanee mi sembra abbastanza discutibile.
* Vogliamo parlare degli infinitissimi approfondimenti su peste del Trecento e la peste ne I promessi sposi nonché sull'improvvisa ondata di spagnola dopo la prima guerra mondiale che in tanti abbiamo fatto, spesso anche a gran richiesta della platea, negli ultimi 18 mesi, laddove fino a due anni fa si trattava di argomenti che riscuotevano sì un certo successo di pubblico, ma offrivano scarsissimi raffronti con la vita quotidiana contemporanea?
5 commenti:
Ognuno prende dalla storia quello che vuole per adattarlo alle proprie idee. Giusto per fare un esempio: mi è stato fatto notare che l’accoglienza di Didone e Latino rivolta ad Enea e ai suoi (profughi di guerra) non portò molto bene ad entrambi…
E' una tendenza dilagante ovunque, quindi bisogna essere cauti. Illustrare al meglio le dinamiche storico-culturali del passato non significa appiattirle sul presente, ma la semplificazione regna sovranissima.
Insomma dici che la Historia non è tanta magistra e non ci insegna a capire meglio l'attualità? Certo, se la si comprende alla luce di quello che vuoi farle dire, allora hai ragione. Però secondo me un'idea di quello che sta accadendo o potrà accadere, ce la può dare.
A proposito oggi il supplemento di Repubblica "Robinson" è dedicato al Medioevo. Sicuramente ti potrebbe interessare!
Historia docet.....
@ Dolcezze:
Ottimo esempio della capacità di vedere solo quel che vuoi vedere a dispetto di tutto: con tutti quegli dèi che han scritto la trama e guai anche solo a TENTARE di opporsi! Nel caso di Latino poi è proprio un discorso ingiusto: tutte le rogne per i poveri laziali indigeni nascono solo e soltanto dallo sciagurato tentativo di opporsi a un matrimonio già scritto da gran tempo nelle stelle...
@ Mel:
E se regnasse solo nell'interpretazione storica, ancora ancora... (sospiro)
@ Romolo:
Come dici tu, qualche idea può anche darla (cfr. il classicissimo esempio di Hitler che invade la Russia). Ma con cautela, e soprattutto guardando le cose a posteriori.
Grazie della segnalazione, andrò a guardare in biblioteca ^_^
@ Ornella:
Historia homines docet nullum esse imperium tutum, nisi benevolentia munitum, immagino.
Uno dei casi in cui, effettivamente, Cicerone torto non ce l'aveva ^__^
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