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venerdì 11 dicembre 2020

La vita, l'universo e tutto quanto - Douglas Adams


Terzo romanzo della serie della Guida Galattica, e il tema stavolta è assai vasto: nientemeno che "la vita, l'universo e tutto quanto".
Proprio questo picciol argomento era stato proposto a un grande computer per averne la risposta definitiva, tanto e tanto tempo fa; ma il tempo, abbiamo ormai imparato dopo il pranzo al ristorante al termine dell'universo, è un concetto assai scivoloso perché tutto avviene contemporaneamente, è già avvenuto e deve ancora avvenire - il tutto senza contare che la cosiddetta risposta definitiva (che era il numero 42) non appariva molto convincente perché, di fatto, la domanda era stata posta male, ma formularla meglio si era rivelato davvero problematico.
Comunque il terzo romanzo comincia dove abbiamo lasciato Arthur Dent e Ford Prefect, ovvero nella Terra preistorica, ma nel frattempo sono passati cinque anni (per lui, ma non per i lettori che si vedono arrivare il terzo romanzo nel 1982, due anni dopo il secondo). 
Senza sorprenderci troppo apprendiamo che nella Terra della preistoria la vita è scomoda, l'alimentazione tutt'altro che raffinata e procurarsi un abbigliamento elegante non è affatto facile - e del resto si sa che, davvero ,"il tempo è il posto peggiore per perdersi".
Come sempre, è inutile stare a raccontare la trama: che senso avrebbe narrare come un divano volante proveniente da una diversa dimensione passi a prendere i due protagonisti per poi riportarli nell'Inghilterra quasi contemporanea, nel bel mezzo di una partita di cricket, due giorni prima che la Terra venga distrutta?
Oppure le vicissitudini che due uomini appena piombati da un altro tempo trovano...
In realtà non ci sono particolari vicissitudini da vivere, su quel campo da cricket, in quel momento (ben diversa sarà la situazione alla fine del romanzo, quando Arthur salverà due volte l'intero universo in meno di un giorno e la partita di cricket risulterà molto più animata; ma forse non dovrei dirlo perché questo tipo di anticipazioni, dette spoiler sono molto criticate in certi ambienti). I due vengono prontamente soccorsi e teletrasportati da un progettista di pianeti che avevano già incontrato nel corso del primo romanzo, e si ritrovano così su una astronave molto particolare, arredata come... un ristorante italiano degli anni 70. No, non un raffinato ristorante italiano di quelli che han fatto la gloria del nostro paese fra i turisti di tutto il mondo e dove il jet set si contende i tavoli, ma uno di quei ristoranti di media tacca che pullulavano nella nostra penisola, veri trionfi della plastica e del pessimo gusto, pieni di tovaglie a quadretti e di "vari oggetti di ottone non bene identificabili", con colori che andavano dal verde scuro al marrone scuro. La mia età mi permette di riconoscerli e di apprezzare la descrizione, che è esatta al millimetro - e siccome ne ho frequentati parecchi, soprattutto quando andavo in vacanza con i miei genitori, garantisco che erano assolutamente come Adams li descrive;  va detto anche che in molti di questi ristoranti si mangiava bene, a volte anche molto bene, ma erano effettivamente brutti al di là del comprensibile (va aggiunto però che le case e gli uffici di quegli anni erano perfino peggio).
All'interno dell'astronave, una cabina di vetro racchiude il ristorante vero e proprio: una tavola lunga circondata da una dozzina di sedie di legno, con una tovaglia a scacchi bianchi e rossi sporca e alcune bruciature di sigarette... Vabbé, non è necessario abbondare nei dettagli, comunque ribadisco che la ricostruzione è impeccabile; e naturalmente certi aspetti dei ristoranti, come il Gran Mistero del Conto, sono intatti in tutti i ristoranti di tutti i tempi del multiverso indipendentemente dall'arredamento e dai suoi orridi colori.
Va aggiunto però che nel multiverso della Guida un ristorante non è mai un normale ristorante, e questo nello specifico è un raffinatissimo centro di calcolo che descrive (o determina? Descrive più che determina, direi) il corso dell'universo, e la nave viaggia grazie alla Propulsione Bistromatica, ovvero la nuova frontiera della matematica dopo il calcolo dell'improbabilità.
E da lì è possibile vedere la Storia dell'Universo.
E scoprire che un tempo la Galassia era un luogo felice, prospero e pacifico prima che i Krikkit, che erano sempre vissuti felici, prosperi e in pace con sé stessi e il loro mondo, scoprissero che l'universo non era limitato al loro pianeta.
Da questa scoperta, drammatica per loro ma ancor più per gli Altri, nacquero grandi affanni per la Galassia, ma ancora di peggiori stanno per sopraggiungere. E abbiamo la risposta - che non è una vera risposta, perché è difficile determinare la domanda - sul perché nascono il razzismo e la xenofobia. Dalla paura, forse? Ma no, non è così semplice; però la teoria di Adams - che non è una vera teoria - è davvero affascinante.

Al termine di questo mio lungo sproloquio sorge spontanea al lettore la domanda: "Ma in questo libro c'è una trama?".
Come sempre c'è, anche se è complicata da ricostruire; ma soprattutto c'è un Complotto, di quelli iniziatici e perseguiti per generazioni e generazioni da complesse società segretissime: uno di quei complotti dove si deve ricostruire un Oggetto mettendo insieme Tre Oggetti ognuno dei quali racchiude immenso potere, ma che riuniti insieme raccoglieranno in sé una tal strabordante quantità di potere da consentirgli di fare qualcosa di Grandioso e Tremendo, mai fatto prima - e che dopo, ovviamente, non sarà mai più possibile fare dopo perché...

La storia è divertente, a tratti anche angosciosa - soprattutto quando ti accorgi che la conosci già, che l'hai vista accadere e letta e studiata e che davvero rappresenta una delle possibili spiegazioni per la Vita, l'Universo e Tutto Quanto.
La descrizione della società e della cultura del popolo di Krikkit da sola vale il prezzo del libro. Se siete appassionati di cricket comunque avrete un bonus extra di metafore e parabole, e non solo grazie alle due partite (che in realtà sono una sola).
Se vi piacciono le Storie di Complotti, questo è il vostro libro. Se ai complotti non credete, ma ogni tanto vi domandate perché l'umanità ama tanto complicarsi la vita fino all'inverosimile, questo è altrettanto il vostro libro.
Se avete sempre desiderato imparare a volare (a volare, non a guidare un aereo o un elicottero o un deltaplano) questo è vieppiù il vostro libro e potrete scoprire la migliore delle tecniche per impadronirvi di questa complessa arte anche se la sorte vi ha privato del possesso di due ampie ali  - e se poi avete visto il film La gabbianella e il gatto avrete comunque già ricevuto una piccola infarinatura che vi renderà più facile comprendere la tecnica. 
Se siete pieni di domande sulla vita, l'universo e tutto quanto e vi interessano le domande più che le risposte, di cui dubitate per principio, questo è assolutamente il vostro libro e diventerà il vostro preferito della saga.

Quella della Guida è una trilogia, questo è il terzo volume e dunque la trilogia è finita e le ultime pagine sono quelle conclusive della storia. Arthur Dent prende definitivamente stanza su un bel pianeta pacifico, dove d'ora in poi vivrà una vita piacevole e rilassata (volando moltissimo). Le domande restano senza risposta, ma appunto per questo ci sono molte cose su cui riflettere, con la piacevole convinzione di fondo che riflettere sulle Grandi Domande è un passatempo abbastanza fine a sé stesso (e che appunto per questo utilissimo).
Ma approfitto di questa temporanea conclusione (ebbene sì, ci sono altri due volumi. No, non sono dedicati alla Next Generation, né sono finali alternativi. E  si tratta di una trilogia in cinque volumi, come non manco mai di spiegare) per una piccola considerazione.
Ufficialmente il ciclo della Guida è ascrivibile al genere della fantascienza umoristica, anzi qualcuno sostiene che proprio da Adams questo sottogenere è stato inventato. La cosa non mi convince affatto; non solo perché, pur avendo letto poca fantascienza, sono già incappata in altri testi che possono (e vengono) classificati in questo senso, e tutti precedenti al ciclo, nonostante l'autore abbia più volte dichiarato che per lui all'inizio è stato molto difficile piazzare il prodotto perché i vari editori, finanziatori eccetera sostenevano che "fantascienza" e "comico" non andavano bene insieme; ma anche e soprattutto perché, sì, si ride o si sorride, in alcuni punti, ma la colonna portante di questo ciclo non è l'umorismo. Secondo me è la filosofia.
Ce n'è un sacco, sparsa a piene mani in tutti i romanzi, di quella abbastanza complessa. Filosofia matematica, filosofia scientifica, filosofia sociologica. Davvero si parla della vita, dell'universo e di tutto quanto, in modo decisamente complesso, e in molti punti non solo il ciclo, ma lo stesso Adams per come appare in certe interviste mi riporta in mente quei testi mistici orientali che non sono né religiosi né filosofici ma pure loro parlando della vita, dell'universo e di tutto quanto.
Alla fine (alla fine di tutti i cinque romanzi) mi sono ritrovata a guardare il mondo che mi circonda con occhi diversi e una certa inquietudine, e a dubitare praticamente di tutto - una sensazione che mi spiazza parecchio perché amo molto la rassicurazione delle cose concrete e della mia amata linea cronologica sulla quale imposto rigorosamente l'insegnamento della storia.
Ci vorrà del tempo prima che riesca a calarmi di nuovo nella mia ordinaria esistenza, e anche quando riuscirò a farlo un filo di dubbio mi resterà sempre, sospetto.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e dal mio salotto molto, molto natalizio auguro buone letture e un tranquillo Dicembre a tutti.

2 commenti:

Kukuviza ha detto...

Ho il sospetto che tante volte, quando un'opera è umoristica, si tenda a declassarla. Molte persone nom capiscono non solo quanto è difficile far sorridere, ma anche di quanto è difficile dire cose profonde facendo anche sorridere. E molti sorridono ma non si rendono conto che sotto c'è molto altro.

Murasaki ha detto...

Molto vero. Ma una lettura "umoristica" è spesso una lettura più facile, scorrevole - cioè da non prendersi troppo sul serio.
Un concetto molto diffuso è che per parlare autorevolmente di temi profondi devi essere di una noia incommensurabile, e se non lo sei funzioni al massimo come intrattenimento.
Ma ci son o temi troppo forti per essere affrontati in modo serio, e l'umorismo ti aiuta se non altro a sopportarli. L'idea del tempo che non esiste, per esempio, o che esiste dappertutto in contemporanea... non so, a me fa quasi venire gli incubi. Tuttavia dobbiamo pur ammettere che è una possibilità che esiste, o che comunque in tanti stan prendendo sul serio - e non da oggi, ahimé.