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mercoledì 23 dicembre 2020

La routine di scuola ai tempi della pandemia - Bilancio di fine trimestre


Approfitto di questo post per esprimere la massima solidarietà ai colleghi delle scuole superiori che quasi subito sono finiti a fare la Didattica A Distanza. Mi rendo perfettamente conto che al loro confronto alle medie siamo dei privilegiati.
Sono altresì riconoscente perché, grazie al fatto di lavorare in presenza, posso dare il mio piccolo contributo alla collettività: le lezioni in presenza sono preziose perché tengono occupati i ragazzi con una routine che ha una sua parvenza di normalità, gli permettono di uscire di casa e di non fondersi il cervello passando troppe ore davanti a uno schermo e trasmettono questo lieve senso di normalità alle loro stressatissime famiglie - e anche a noi, naturalmente: in certi brevi momenti pare quasi di essere a scuola a far lezione e per un po' l'Onnipresente Covid viene lasciato fuori dalla porta. Son cose, queste, che fanno bene a tutti.
Detto questo, garantisco che non sono tutte rose e fiori.
E passo qui a descrivere una normale mattinata di scuola a St. Mary Mead, al netto dei micidiali lavori in corso che ufficialmente sono finiti da tre settimane, e infatti le impalcature davanti alle finestre non ci sono più, ma ugualmente siamo perseguitati da muratori, imbianchini e trapani e gru e betoniere che continuano a ricordarci che nonostante siano finiti, i lavori imperversano tuttora. 
E andiamo a incominciare.

Ben avvolta nella mia mascherina entro a scuola, salutando i ragazzi davanti all'ingresso che da dietro le loro mascherine mi augurano il buongiorno. Perché adesso gli ingressi sono due e una parte degli alunni entra dal portone principale e non più dal grande piazzale sottostante.
Saluto la custode mascherata e l'ausiliaria di cui ignoro il nome, mascherata pure lei.
Passo in Sala Insegnanti per firmare il registro. Mi tolgo il cappotto e lo infilo nella mia custodia personalizzata con nome e cognome - questo sono una delle poche a farlo, in quanto la maggior parte degli insegnanti non si toglie proprio niente e va in classe con piumino e sciarpa, e del resto va pur riconosciuto che la situazione climatica da noi non è delle più calorose, anche perché i termosifoni emanano solo un vaghissimo tepore e in effetti nei corridoi e nei locali più grandi fa un freddo cane.
Alle otto entrano le Terze, alle 8.05 le Seconde, alle 8.10 le Prime. Almeno in parte, perché i ragazzi sui pullmini (detti "i Trasportati" in scolastichese) arrivano nei successivi dieci minuti.
A seconda della composizione geografica della classe dunque può succedere che le cosiddette risorse umane non siano al completo prima delle 8.25, e fino a quell'ora niente appello.
Accendo il computer e la LIM. Saluto i ragazzi via via che arrivano. Chiedo notizie degli eventuali ammalati. Apro il registro elettronico. Apro la piattaforma, dove ho caricato il materiale per la lezione.
Predispongo il foglio per le uscite al bagno e il foglio per gli assenti.
Di solito questa fase va abbastanza liscia ma talvolta ci sono intoppi di vario tipo, per esempio il sistema ha improvvisamente deciso di autoaggiornarsi e in quel caso non c'è verso di convincerlo a rimandare la cosa al pomeriggio. Di fatto, i nostri computer sono un po' allo stato brado: continuano a offrirci meravigliosi aggiornamenti di MacAfee, il sistema di protezione che nei computer delle mie classi ho (vanamente tentato di) cancellato, e in quel caso mi offre di autoreinstallarsi. Gli aggiornamenti arrivano alla cazzo di cane e sempre nel momento meno opportuno. Qualche volta la password è lunatica e non vuole entrare, qualche volta ad essere lunatica è la tastiera. Eccetera.
Se mi riesce avvio una musichetta di ingresso mentre gli alunni arrivano alla spicciolata: Smoke on the water se a scuola piove, l'introduzione dell'Oro del Reno se facciamo i fiumi europei, una canzoncina natalizia se siamo sotto Natale, cose così.
Avvio l'appello - una cosa piuttosto rapida, se ci si limita a contare i banchi vuoti invece di chiamare i ragazzi uno per uno come sono invece costretta a fare quando siamo in quarantena. Poi segno gli assenti anche nell'apposita tabella, dove devo suddividerli tra Assenti Per I Cazzi Loro e Assenti Forse Per Covid.
A quel punto sarei pronta per un caffè supplementare, magari con un paio di biscottini; invece la lezione deve ancora cominciare.
Qualche minuto per predisporre la lezione (andate a pagina 86, oggi si interroga, stamani ci sono le ricerche sulla Belle Epoque eccetera).
E si parte, per un po', salvo interrompersi quando qualcuno vuole uscire per segnarlo sull'apposita tabella.

E veniamo allo spinoso intervallo, di solito una pratica dolorosamente breve ma che in tempo di Covid è diventata una piovra che invade qualsiasi ora, e in ogni caso nella tua c'è sempre.
Abbiamo due intervalli di dieci minuti - che, con sei ore in classe, è veramente il minimo sindacale. Le Terze intervallano dalle 9.45 alle 9.55, le Seconde dalle 9.55 alle 10.05 (con in mezzo il cambio dell'ora) e le Prime, non sono riuscita a capire perché, dalle 10. 45 alle 10.55, cioè verso la fine della terza ora.
A suo tempo provai a dire che, a lume di logica, il primo intervallo andava fatto fare alle Prime e che è assurdo farle intervallare alla fine della terza ora. In tanti si dissero d'accordo con me, venne presentato il punto all'ordine del giorno del Collegio di Plesso... e arrivati al dunque, quegli stessi che si erano detti d'accordo con me dissero che no, non importava.
Nel frattempo, sin dal primo giorno, era stato stabilito che alle prime sarebbe stato concesso un piccolo spazio negli ultimi dieci minuti della seconda e della quarta ora per mangiare, visto che dopo due ore avevano fame.
Questo spazio della prima colazione si è misteriosamente dilatato diventando "dieci minuti alla fine della seconda ora" che poi quando arrivi per fare la terza ora i ragazzi stanno ancora mangiando e mangeranno per altri dieci minuti. Non solo, i ragazzi ci han preso gusto e han cominciato a dire che avevano fame già alla fine della prima ora.
Di conseguenza la terza ora comprende il tempo per il cibo e anche l'intervallo, il quale intervallo finisce ai cinquantacinque minuti e non è che in quegli ultimi cinque minuti si raccatti 'sto granché. 
In sintesi, la terza ora (e pure la quinta)  si trasformano in trentacinque minuti, quaranta se l'insegnante a un certo punto chiede che la piantino di mangiare; e aggiungo che, non so come se la cavino i miei colleghi, ma personalmente ho un sacco di remore a strappargli il pane di bocca perché sono fermamente convinto che lo studente deve nutrirsi, tanto e bene, ma persino io comincio ad essere stufa di questa storia.
La questione degli intervalli si ripete pari pari tra la quarta e la quinta ora, pausa supplementare per mangiare per i primini compresa.
Poi, chiaramente, con gli intervalli sfalsati c'è l'intervallo della tua classe e l'intervallo delle altre classi che ululano in corridoio - perché, abbastanza giustamente, è stato ribadito che i ragazzi han da sfogarsi visto che in classe devono star fermi come acciughe nella scatola e per giunta mascherati, però in certi casi ottenere, non dico una gran concentrazione da parte degli alunni chiusi in classe mentre fuori gli altri ululano, ma almeno un minimo di possibilità per i suddetti alunni chiusi in classe e, al limite, anche per il docente di turno, di farsi sentire, diventa spesso piuttosto difficile.
E arriviamo alla sesta ora, l'unica senza intervalli... ma con l'uscita. E i pulmini partono prima, per evitare di creare resse. 
Naturalmente i ragazzi trasportati devono fare la cartella, e pazienza quando hai tre trasportati silenziosi e discreti che raccolgono le loro cose e sgusciano via in dignitoso silenzio, ma quando i trasportati sono dieci o dodici su una classe di ventuno, ecco, la faccenda è un po' caotica.
Resta infine la Grande Domanda: nell'ultimo quarto d'ora, a ranghi ridotti, che si fa?
Poco, ovviamente. Certo non si può spiegare, e alla fine della sesta ora è difficilino anche interrogare. Nella Prima che mi è toccata in sorte rimedio mettendoli a spazzare e a ripulire la classe, che hanno la deplorevole tendenza a ridurre come uno stalletto per maiali. 
Che dire? A modo suo è anche quella una attività didatticamente valida, ma insomma...

Nei ritagli di tempo tra un intervallo e l'altro e tra un pulmino e l'altro, ecco, sì, ci sarebbe anche da fare lezione, perché c'è pur sempre una programmazione da tirare avanti. 
Ma non una programmazione normale, bensì una programmazione double face, che possa da un momento all'altro essere trasbordata nella classe in quarantena o impelagata nella tanto odiata Didattica a Distanza, e che riesca a concentrare l'essenziale in lezioni piuttosto brevi, sempre senza dimenticare che le creaturine devono esporre e fare anche qualche verifica scritta. Le interrogazioni sono affidate a una serie di escamotage e le verifiche scritte perennemente sospese all'inquietante possibilità di una quarantena, per tacere degli alunni che da un momento all'altro possono venirti scippati senza preavviso per parcheggiarli a casa nella malinconica attesa di un tampone che a volte ha pure la sfrontatezza di rivelarsi positivo. 
Per tacere poi delle Terze, che a tutt'oggi non sanno come sarà l'esame - si spera di farlo in modo normale, ma vai a sapere come sarà la situazione a Maggio, qua si naviga a vista.
I ragazzi nel complesso collaborano, ma l'insieme è davvero complicato, e in tutto questo gran frullare di precauzioni, regole e controregole, anche quando siamo in presenza di scuola se ne fa poca, e di tempi distesi per l'apprendimento si è proprio persa la memoria.
L'impressione che spesso provo è di essere una giocoliera impegnata in qualche esercizio particolarmente complesso, più che una insegnante - e alla fine di ogni spettacolo sono abbastanza stremata.

2 commenti:

Pellegrina ha detto...

Bellissima cronaca della vostra quotidiana fatica e soprattutto bellissima idea quella dell’introduzione musicale alla giornata e all’argomento. L’inizio dell’Oro del Reno è uno dei pochissimi brani di Wagner che riesco a sopportare e abituarli a sonorità classiche è una splendida idea.
Anche a me sfugge in base a quale criterio i poveri bimbetti di prima debbano aspettare così tanto per mangiare, se non l’onnipresente e irrazionale sadismo istituzionale. Ricordo scuole medie con crampi di fame, senza dubbio esasperati dalla noia e dall’oppressione che pervadevano certe lezioni, e fughe a tentare di farci comprare i sandwich delle macchinette, peraltro allora assai buoni al nostro gusto, farciti con cose proibite come würstel e maionese, dagli studenti del professionale del piano di sopra, ai cui corridoi noi non avevamo accesso. Questi ci guardavano con un misto di compassione e di sopportazione. Non ti dico scoprire alle superiori che i bidelli vendevano cestini di krapfen e cornetti vari! Poi furono proibiti anche quelli. non ci restò che sfuggire a comprare la pizza del fornaio. In terza eravamo praticamente liberi di farlo, se si era conosciuti per esseri responsabili che sarebbero rapidamente tornati indietro. E allora cominciarono a chiedere a noi di portare dentro qualcosa anche per gli altri.
Dio mio, perché tante follie?

Murasaki ha detto...

Altri tempi, Pellegrina, oggi se appena i ragazzi osassero mettere la punta di un piede fuori dal sacro cerchio scolastico scatterebbe come minimo la mannaia.
Sul sadismo... ecco, di tendenza la nostra non è una scuola sadica, tant'è vero che si è provveduto a mettere le pause-cibo in aggiunta agli intervalli. Ma sono rimasta sorpresa ricordando che, ad esempio quando ancora c'era il tempo prolungato, le prime mangiavano dopo quattro ore e non cinque come le seconde e le terze, e questo li rendeva molto più maneggevoli nel pomeriggio.
Sta di fatto che adesso in prima non si fa più una sola e singola ora di sessanta minuti che sia una, e questo è abbastanza scomodo.
Ma TUTTO quest'anno è scomodo, e per quanto possa essere scomodo è senz'altro preferibile alla micidiale Didattica A Distanza che tutti temiamo come le fiamme pennaci dell'inferno.