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venerdì 22 novembre 2019

Queen Opera omnia. Le storie dietro le canzoni - Roberto De Ponti



C'è sempre qualche scriteriato che accusa gli appassionati di questo e di quello di farlo solo "perché è di moda" (che poi, quand'anche fosse vero, non capisco proprio cosa ci sia di male. Quante cose belle e piacevoli ho scoperto solo perché "erano di moda" e altrimenti non avrei mai nemmen saputo che esistevano?).
A tutto però c'è un limite, e ammetto di essere rimasta parecchio perplessa e anche un po' scandalizzata quando su Facebook ho trovato qualcuno che deprecava "tutti quei fan dei Queen che prima che uscisse il film nemmeno sapevano che cos'erano i Queen".
In Italia, non su Marte.
Giù, proprio vero, prima che uscisse il film Bohemian Rhapsody i Queen in Italia non se li filava nessuno, e infatti tutti dissero "Oh guarda, un film che parla di gente sconosciuta mai sentita nominare e di cui non mi importa un bel nulla, mi precipiterò a vederlo", e tanto lo dissero che il film su questa gente sconosciuta di cui nessuno si interessava diventò campione di incassi in un batter d'occhio e lo rimase per un pezzo.
Quando il film uscì io ero all'ospedale (in quel periodo ero sempre all'ospedale) e ricordo benissimo torme di infermieri e assistenti vari che si proponevano di vedere il film quella sera o l'indomani, o lo avevano visto la sera prima e ne riferivano a colleghi e pazienti, i quali a loro volta se erano stati ricoverati pochi giorni prima ed erano sotto gli ottanta anni si informavano su com'era e se valeva la pena andarlo a vedere una volta usciti da lì (tranne me uscivano quasi tutti in pochi giorni e già pronti ad affrontare il mondo) - e senza alcuna difficoltà lessi tonnellate di recensioni assai entusiaste e discussioni varie sulle licenze che si erano presi gli sceneggiatori, la bravura degli attori eccetera, e tutti a parlare dei Queen come se ci avessero preso insieme il latte da bambini. 
Sostenere che i Queen prima dell'uscita del film erano un fenomeno di nicchia, apprezzati da un piccolo manipolo di fedeli fan è davvero assurdo. Io che scrivo li seguivo con un certo interesse sin da ragazzina e ho diversi dischi su vinile più qualcosa su CD, ma gran parte dei fan dei Queen sono molto, molto più giovani di me e i Queen li hanno conosciuti e ascoltati dopo la morte del compianto Freddie Mercury - che ormai ci ha lasciato da quasi trent'anni.
Semplicemente, i Queen hanno bucato le generazioni e sono sempre stati ascoltati. Non è un culto di nostalgici, è un fenomeno che ormai imperversa da una cinquantina d'anni: il loro primo disco è del 1972, ma in Italia arrivarono un po' più tardi, nel 1976, con Somebody to love
e da allora hanno continuato a imperversare con grande regolarità - ho già raccontato il mio sbalordimento quando per la prima volta trovai una classe che batteva sui banchi il ritmo di We Will Rock You, ma posso aggiungere il mio ulteriore sbalordimento quando lessi su Facebook il post di un mio alunno che citava "l'unica canzone che puoi scrivere anche senza le parole" (sempre We Will Rock You, che infatti riconobbi facilmente dal tum-tum-clap scritto dal ragazzo in questione. O era una ragazza?).
E, tanto per continuare a ricordare episodi che mi hanno sbalordito, di questo libro ho avuto notizia... da Radio Radicale, che a volte presenta libri, ma di solito si tratta di raccolte di saggi sulla Costituzione, analisi di movimenti politici o simili,  perché non è esattamente una emittente accentrata sulla musica rock.
Comunque presentarono il libro, con una bella chiacchierata di mezz'ora. E visto che all'epoca (poco più di un mese fa) ero ormai ampiamente uscita dall'ospedale, mi precipitai a telefonare alla mia libreria di fiducia perché me lo procurassero a gran velocità perché - dissi testualmente - DOVEVA essere mio nel più breve tempo possibile.

Come si può evincere dalla foto, non è un picciol libro: cm. 24x17, 480 pagine scritte a caratteri non molto grandi e belle fitte, di cui meno di una decina dedicate a indici e bibliografie, sovraccoperta rigida bordeaux con sopra stampata la celebre corona inglese, niente fotografie o illustrazioni, solo testo, il tutto per 24 euro che mi sembra un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Niente testi delle canzoni, solo chiacchiere - ma tanto i testi li trovi con la massima facilità in rete, perfino quello di Mustapha ´(testo in inglese, arabo e gujarati, che è una lingua indiana, e nemmeno l'informatissimo Di Ponte sa di che accidente parli. Sembra che lo sapesse soltanto Freddie Mercury).

Si parla delle canzoni e solo di quelle, e dei relativi dischi, in ordine cronologico. Ogni canzone ha la sua storia, le sue curiosità, le sue discussioni (i Queen discutevano parecchio, in sala di incisione, senza lesinare sui litigi, ma in una ventina di anni di onorata carriera non si separarono mai né cambiarono formazione, e questo è un record). Abbiamo canzoni nate letteralmente nella vasca da bagno, canzoni partite da una base ritmica o una frase (no, non una frase musicale  - cioè sì, anche quello. Ma alcune sono nate proprio da una frase che continuava a ronzare in testa a uno dei quattro; canzoni dedicate ai gatti (no, non solo Delilah) eccetera eccetera.
Nel libro sono compresi anche i dischi ufficiali dal vivo e un inserto di diverse pagine dedicato alla loro esibizione al Live Aid che, ho scoperto per l'occasione, è considerata da molti la più grande esibizione dal vivo di tutti i tempi di una rock band.
Ho così scoperto come sono nati i titoli e le varie copertine, come i Queen curassero attentamente ogni dettaglio, come in certe canzoni gli autori sono genericamente "i Queen" perché certamente l'idea è partita da uno di loro quattro, ma alla fine dell'incisione ci avevano lavorato talmente in collegiale che nemmeno loro ricordavano chi l'avesse fatta partire, che il bassista John Deacon è l'unico che non ha mai fatto un disco da solista perché non sapeva cantare, che la bellissima Show Must Go On, canzone autobiografica di Freddie Mercury scritta poco prima di morire  non è stata scritta da lui pur essendo indubbiamente il suo testamento e che i mitici falsetti di Bohemian Rhapsody non sono cantati da Freddie ma da Brian May e tante altre cose.

Si può leggere dall'inizio alla fine, ma anche dalla fine all'inizio, per carotaggio, a spizzichi, saltellando qua e là. Per l'appassionato medio come me si tratta di un pasto abbondante e assai gustoso, anche se probabilmente i fan più specializzati conoscono giù buona parte del contenuto. Per tutti comunque c'è qualcosa da scoprire.
L'accento è molto più sulla musica che sulle vicende umane e i ricordi d'infanzia e le vicende private sono veramente ridotte al minimo. In compenso alla fine su quelle canzoni sappiamo veramente tutto quello che avremmo voluto sapere e anche molto di più.
Infine: una lettura perfetta se avete accanto un qualche cosa per ascoltare le canzoni di cui si parla, come faccio io con il tablet.

Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture per questo fine settimana.

5 commenti:

Romolo ha detto...

Li ho sempre adorati, avevo quasi tutti gli album in vinile. Quelli prima di The Game sono capolavori assoluti che fra 200 anni studieranno quando vorranno approfondire la musica del 900. Quelli dopo, tranne qualche felice eccezione, se ne potrà fare a meno!

Romolo ha detto...

P.S. com'è che non siamo amici di FB??? Questo è un invito ufficiale...dai su!

Murasaki ha detto...

@ Romolo:
Eseguito!

Anonimo ha detto...

Come ..nessuno li conosceva PRIMA del film????
Ma chi scriveva, un millennial?
Non li conosceva mia figlia sedicenne che ne è divenuta appassionata fan DOPO il film, ma una 2003 credo sia giustificata
Io sono del '70 e c'ero quando uscì "A Kind of Magic" come colonna sonora di Highlander- L'ultimo immortale, e ricordo benissimo le lunghe file al cinema e l'entusiasmo per le musiche dei Queen che conoscevano TUTTI...
Sono indignata per questa eresia!Anzi indinniata!!

Betty

Murasaki ha detto...

@ Betty:
Ma infatti, sono indinniatissima anch'io!