Nella scrittura ad uso personale, le regole esistono solo per dormirci su
Navigando per i vasti oceani della rete capitai un giorno nel bel mezzo di una scheda che tal Giovanna Cosenza (professore associato di semiotica presso l'Università di Bologna) aveva preparato per l'antologia per il biennio della scuola superiore I sentieri delle parole, di Roberdo Fedi e Marco Francini, prevista in uscita nel 2009 by Zanichelli.
La scheda mi sembrò la conuseta raccolta di banalità generaliste malamente semplificate che da sempre infestano certe sezioni delle antologie (come talune folli sezioni dedicate al cinema o al fumetto, o quelle sconclusionate serie di regole per la forma-diario e la forma-lettera), ma scorrendo i commenti incrociai la mia amata Gamberetta, che sembrava per l'ccasione pensarla esattamente come me. Il tutto mi è sembrato molto interessante non solo per le teorie sulla scrittura in sé, ma anche e soprattutto per le teorie che trasparivano sui libri di scuola in generale.
E veniamo al merito.
In sintesi, la scheda spiega come si dovrebbe scrivere un blog: oggi viene spesso usato uno stile "oraleggiante" con interiezioni, esclamazioni, puntini di sospensione, parolacce, espressioni gergali e colloquiali che rendono il tutto "bamboleggiante" oppure "sciatto, pesante o volgare", altrimenti c'è lo stile "presuntuoso", con lunghi periodi involuti "parole dotte e ricercate, metafore ardite" e via dicendo.
Siccome un blog viene letto prevalentemente sul monitor, l'autrice consigliava la buona vecchia paratassi, con frasi brevi, parole semplici, prevalenza dell'indicativo e post brevi, magari intervallati da immagini e interlinea doppi.
Il resto della scheda era dedicata all'analisi di due siti letterari con in mezzo un breve excursus sulle fanfiction (piuttosto decoroso).
La prima domanda che mi è sorta spontanea è "ma questa roba, a che serve?". Cioè: esiste una sia pur remota possibilità che uno studente del biennio legga le prime tre cartelle, quelle dedicate genericamente alla "scrittura in rete" e ne tragga stimolo, interesse, informazioni utili?
Informazioni utili no, perché si tratta di sciocchezze malamente assemblate. Quanto allo stimolo e all'interesse...
Dunque, io sono un quindicenne. Se non ho il computer non lo uso, perciò sapere che esiste la scrittura in rete mi serve solo come informazione generica - e infatti nella scheda siamo proprio sul generico, ma generico davvero, del tipo "brevi cenni su dio e l'universo".
Se invece il computer lo adopero e ci navigo, so benissimo che c'è la scrittura in rete, perché la leggo abitualmente, e so anche che in rete ognuno scrive come cazzo gli pare, a seconda di un'infinità di motivazioni e in virtù del suo personale back-ground culturale, sociale, intimistico, tecnico-bocciofilo e via dicendo.
Qualora decidessi di avviare un blog, saprò già che un blog è prima di tutto un contenitore, e all'interno di quel contenitore mi regolerò come meglio credo - e dunque se ci infilerò un'infinità di parolacce o di periodi complessi e lunghi come la fame sarà una scelta mia; e il "successo" o meno del mio blog sarà determinato, più che dalle parolacce in sé, dal modo in cui le gestisco, che a sua volta sarà finalizzato a quello di cui voglio parlare e da un'infinità di altri fattori.
Qualora decidessi di avviare un blog, saprò già che un blog è prima di tutto un contenitore, e all'interno di quel contenitore mi regolerò come meglio credo - e dunque se ci infilerò un'infinità di parolacce o di periodi complessi e lunghi come la fame sarà una scelta mia; e il "successo" o meno del mio blog sarà determinato, più che dalle parolacce in sé, dal modo in cui le gestisco, che a sua volta sarà finalizzato a quello di cui voglio parlare e da un'infinità di altri fattori.
Inoltre: se sono un quindicenne che vuole mettere su un blog, non sta scritto da nessuna parte che non possa avere una notevole competenza linguistica, che mi permetterà di gestire periodi involuti e parolacce (anche insieme, anche nella stessa frase) nel migliore dei modi.
Volendo, avrebbe forse potuto avere un minimo di senso presentare le varie tipologie di blog - o meglio alcune tra le più comuni tipologie. Ma è una cosa che funziona meglio in laboratorio (a questo proposito gli e-book potrebbero avere qualcosa da dire se fossero e-book e non libri scritti per essere stampati e poi passati in rete. Ma sto divagando).
La scheda come la leggiamo oggi ha subito qualche ritocco rispetto all'originale, ma molti di più avrebbe potuto subirne. Gamberetta, di cui nella versione originale l'autrice sostiene che "meriterebbe di lavorare - strapagata - nella miglior casa editrice del mondo" prova a mettere un po' di puntini sulle i. Cito alcuni passi del suo primo commento, precisando che qui e dopo corsivo e grassetto sono sempre solo e soltanto miei.
Blog non vuol dire: «sito (web) che tiene traccia (log)»(sic). Blog è la contrazione di Web log, ovvero «Diario(log) sul Web».
“Captain’s Log, star date…”
“Diario del Capitano, data stellare…”
È importante mantenere il termine “diario” perché in maniera chiara e specifica indica cosa sono attualmente i blog. Ovvero quei siti che pur strutturati in una certa maniera mantengono un tipo d’impronta personale, tipica del diario. Il sito dell’ANSA o della CNN può avere la forma e le funzionalità del blog, ma difficilmente lo si definirà tale, proprio perché manca quest’aspetto personale.
* Il blog non è un programma! Sarebbe come dire che un diario è una penna! Esistono programmi e servizi che aiutano a scrivere i post per un blog o a gestire il blog stesso, così come esistono le penne, le gomme e le cartolerie. Ma dire che il blog è un programma è insensato. Al massimo il blog è una “convenzione”: quando si ha di fronte un sito web con certe caratteristiche si può dire che su tal sito sia ospitato un blog. Così come se ho in mano un quaderno e vedo le varie date e i vari appunti posso dire che su quelle pagine c’è un diario.
(...)
Lo dico solo qui ma vale anche altrove: mancano i riferimenti. Tipo che nasce un blog al secondo nel 2006. Dove? Come? Quando? Fonte? Il fatto che il testo sia pensato per i licei e non per l’università non deve esimere dal fornire precisi riferimenti bibliografici e/o Internet. Vale anche per tutti i siti citati: vanno riportati anche gli indirizzi
La replica dell'autrice a modo suo è davvero illuminante:
Gamberetta, pur ringraziandoti per le precisazioni e per il tempo che chiaramente ci hai speso, preciso a mia volta che:
(1) Sono perfettamente consapevole di tutti i tuoi accaniti distinguo, delle relative fonti e di cosa puoi avere in testa quando specifichi una cosa piuttosto che l’altra. Però li trovo inutili e superflui, alcuni in assoluto, altri relativamente al contesto cui è destinata la scheda, anche considerando i limiti in cui sarà inserita.
(2) Ti ricordo che la semplificazione rende necessarie, a volte, alcune approssimazioni e omissioni. Il che non è un delitto.
(3) I criteri di rilevanza e le scelte di contenuto di questa scheda sono miei e del mio editore, punto.
(4) Non so quanti fra i destinatari della scheda (ragazzi fra i 14 e 15 anni) sarebbero invogliati a leggere o scrivere fan fiction se le cose fossero loro presentate con un atteggiamento come il tuo.
(5) Il mio editor leggerà questa discussione e ne trarrà, se lo desidera, opportune conseguenze per gli opportuni cambiamenti. "
"La semplificazione rende necessarie, a volte, alcune semplificazioni e omissioni. Il che non è un delitto".
D'accordo, nella vita si va avanti a semplificazioni e omissioni, altrimenti non riusciremmo a combinare quasi nulla. Ma scrivere che un rospo è un uccello, o che un blog è un programma, più che semplificazioni sembrano balle pure e semplici, esattamente come quando assicuro che la panna non l'ho mangiata io.
Sempre in tema alimentare: che tipo di cibo intellettuale dobbiamo servire alle giovani generazioni? Cibo di buona qualità, magari semplice, cibo manipolato, cibo lavorato in condizioni di scarsa igiene e che non ha subito controlli sanitari? E' lecito passargli gli scarti di produzione soltanto perché il loro apparato digerente è più fresco ed energico del nostro, oppure confidando che il piatto non gli risulti appetibile e che quindi aspettino, per mangiare, di tornare a casa dove sanno di trovare le tagliatelle fatte a mano dal prozio Crodegango?
La replica di Gamberetta è piuttosto indignata:
D’accordo, però, io e i miei amici quando scriviamo e revisioniamo gli articoli per i Gamberi ci sbattiamo sul serio perché ogni cosa sia precisa e corretta. E proprio pensando che forse verranno letti da chi sa poco o niente dell’argomento e dunque ha bisogno d’informazioni più veritiere possibile.
Dunque, chiedo umilmente che ogni riferimento a me e al sito dei Gamberi siano tolti dal testo. Non ci teniamo a comparire in mezzo a una marea di vaccate (scusa, scusa, “necessarie semplificazioni”).
P.S. Un ragazzo di 15 anni ti ride in faccia quando gli vieni a raccontare che “il sito che tiene traccia è un programma”.
Chi non sa ha bisogno di informazioni più precise di chi sa, soprattutto se vogliamo che si fidi di una fonte di informazioni. Senza contare che esiste una razza assai infida di lettori, ovvero Quelli Che Sanno. Sotto questo aspetto, i ragazzi sono terribilmente inaffidabili, com'è noto a chiunque si attenti ad insegnare: anche gli alunni più sprovveduti e incolti sono drammaticamente capaci di segnalarti impietosamente la pur minima imprecisione, sub specie maximae innocentiae, perfino su argomenti all'apparenza del tutto estranei ai loro interessi - e figurarsi se l'argomento è la Grande Rete.
Ma, al di là del considerevole rischio di essere smascherati ed esposti nudi o cosparsi di piume e catrame davanti alla scolaresca tutta se si dicono vaccate, ci sarebbe anche, ahimé, una questione etica: è legittimo sparare vaccate su chi non sa, confidando nella sua ignoranza? E' giusto prendere uno stipendio a fine mese, o incassare diritti d'autore da un libro, per contare balle?
Cara Gamberetta, mi dispiace molto registrare tutta questa aggressività da parte tua.
Sinceramente faccio fatica a capirne i motivi: non ho mai detto che le tue osservazioni e integrazioni fossero sbagliate, solo superflue per il contesto cui è destinata la mia scheda.
Ma soprattutto faccio molta fatica a capire perché mi stai mancando di rispetto, visto che ho dimostrato almeno in un paio di occasioni di avere molto rispetto per il tuo lavoro. (...)
PS: ho preso in serissima considerazione tutte le tue osservazioni, e in particolare quella sul weblog. Ma ho deciso di evitare il riferimento al diario, optando per una più generica “traccia” (a cui potrei eventualmente decidere, dopo queste riflessioni, di aggiungere “cronologica”), proprio perché volevo dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica a cui spesso viene associato. Nelle scheda volevo restituire ai ragazzi gli aspetti positivi, costruttivi e creativi della narrativa in rete, pur mettendoli in guardia da certe facilonerie.
Si sa, la faciloneria è una brutta bestia. E' opportuno mettere gli altri in guardia contro di essa, guai se per caso dovessero ritrovarsi, gli altri, a peccare in tal senso! Perché se lo facciamo noi, sono "necessarie approssimazioni e omissioni", se le fanno gli altri è un problema di faciloneria.
Ad un animo polemico come il mio verrebbe magari da domandarsi anche perché è così importante "dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica cui viene spesso associato" (associato da chi? E cosa c'è di "banale" nella diaristica di per sé?) e se è davvero necessario restituire ai ragazzi gli aspetti costruttivi della scrittura in rete (da dove risulterebbe che gli sono stati rubati, e dunque che è opportuno restituirglieli?).
E forse si potrebbe anche parlare dell'aggressività dell'implacabile - per quanto, è risaputo che chi ci critica insistendo su argomenti pertinenti è sempre mosso da indicibile aggressività nei nostri confronti, e noi, che siamo di natura tanto sensibili e ben educati, non possiamo che dispiacerci per lui nel vederlo preda di tanta aggressività, poverino.
Allora: il blog è un diario sul web. Questo è quello che è, che è diverso da quello che tu vorresti che fosse.
Così stanno le cose. Io lo so. Un quindicenne sveglio lo sa. Tu no. Però tu scrivi testi scolastici, e questo, sì, mi fa incazzare.
Insomma, qui non è solo questione del limite di spazio: è anche che stiamo parlando di un argomento che nei libri di testo delle scuole non sono stati mai trattati, che io sappia. Questa scheda (non saggio) è destinata ad un libro del biennio, inserire tutti gli aspetti delle narrazioni in rete in un solo testo, destinato a lettori che di sicuro in maggioranza non ne sanno niente, serve solo a confondere.
Insomma, già ne parliamo e questo è un merito, non vorrete mica che stiamo a spaccare il capello in quattro e le palle in sedici a questi poveri ragazzetti ignoranti?
E di nuovo questa strana idea che i ragazzi non sappiano cosa c'è in rete se non andiamo noi adulti a raccontarglielo nell'antologia del biennio. Certo, esistono ragazzi che della Grande Ragnatela sanno poco; ma siam proprio così sicuri che siano "in maggioranza"? E destinati a restarci, in maggioranza? Qualche dubbio sorge spontaneo.
Gamberetta, pur ringraziandoti per le precisazioni e per il tempo che chiaramente ci hai speso, preciso a mia volta che:
(1) Sono perfettamente consapevole di tutti i tuoi accaniti distinguo, delle relative fonti e di cosa puoi avere in testa quando specifichi una cosa piuttosto che l’altra. Però li trovo inutili e superflui, alcuni in assoluto, altri relativamente al contesto cui è destinata la scheda, anche considerando i limiti in cui sarà inserita.
(2) Ti ricordo che la semplificazione rende necessarie, a volte, alcune approssimazioni e omissioni. Il che non è un delitto.
(3) I criteri di rilevanza e le scelte di contenuto di questa scheda sono miei e del mio editore, punto.
(4) Non so quanti fra i destinatari della scheda (ragazzi fra i 14 e 15 anni) sarebbero invogliati a leggere o scrivere fan fiction se le cose fossero loro presentate con un atteggiamento come il tuo.
(5) Il mio editor leggerà questa discussione e ne trarrà, se lo desidera, opportune conseguenze per gli opportuni cambiamenti. "
"La semplificazione rende necessarie, a volte, alcune semplificazioni e omissioni. Il che non è un delitto".
D'accordo, nella vita si va avanti a semplificazioni e omissioni, altrimenti non riusciremmo a combinare quasi nulla. Ma scrivere che un rospo è un uccello, o che un blog è un programma, più che semplificazioni sembrano balle pure e semplici, esattamente come quando assicuro che la panna non l'ho mangiata io.
Sempre in tema alimentare: che tipo di cibo intellettuale dobbiamo servire alle giovani generazioni? Cibo di buona qualità, magari semplice, cibo manipolato, cibo lavorato in condizioni di scarsa igiene e che non ha subito controlli sanitari? E' lecito passargli gli scarti di produzione soltanto perché il loro apparato digerente è più fresco ed energico del nostro, oppure confidando che il piatto non gli risulti appetibile e che quindi aspettino, per mangiare, di tornare a casa dove sanno di trovare le tagliatelle fatte a mano dal prozio Crodegango?
La replica di Gamberetta è piuttosto indignata:
D’accordo, però, io e i miei amici quando scriviamo e revisioniamo gli articoli per i Gamberi ci sbattiamo sul serio perché ogni cosa sia precisa e corretta. E proprio pensando che forse verranno letti da chi sa poco o niente dell’argomento e dunque ha bisogno d’informazioni più veritiere possibile.
Dunque, chiedo umilmente che ogni riferimento a me e al sito dei Gamberi siano tolti dal testo. Non ci teniamo a comparire in mezzo a una marea di vaccate (scusa, scusa, “necessarie semplificazioni”).
P.S. Un ragazzo di 15 anni ti ride in faccia quando gli vieni a raccontare che “il sito che tiene traccia è un programma”.
Ma, al di là del considerevole rischio di essere smascherati ed esposti nudi o cosparsi di piume e catrame davanti alla scolaresca tutta se si dicono vaccate, ci sarebbe anche, ahimé, una questione etica: è legittimo sparare vaccate su chi non sa, confidando nella sua ignoranza? E' giusto prendere uno stipendio a fine mese, o incassare diritti d'autore da un libro, per contare balle?
Forse per questo la risposta dell'autrice della scheda stavolta è inviperita, con una certa venatura sdrucciolosa (e intervallate da due smiley che ci stanno come il cavolo a merenda: ellamiseria, quando si litiga si litiga, le faccine sorridenti stridono)
Sinceramente faccio fatica a capirne i motivi: non ho mai detto che le tue osservazioni e integrazioni fossero sbagliate, solo superflue per il contesto cui è destinata la mia scheda.
Ma soprattutto faccio molta fatica a capire perché mi stai mancando di rispetto, visto che ho dimostrato almeno in un paio di occasioni di avere molto rispetto per il tuo lavoro. (...)
PS: ho preso in serissima considerazione tutte le tue osservazioni, e in particolare quella sul weblog. Ma ho deciso di evitare il riferimento al diario, optando per una più generica “traccia” (a cui potrei eventualmente decidere, dopo queste riflessioni, di aggiungere “cronologica”), proprio perché volevo dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica a cui spesso viene associato. Nelle scheda volevo restituire ai ragazzi gli aspetti positivi, costruttivi e creativi della narrativa in rete, pur mettendoli in guardia da certe facilonerie.
Ad un animo polemico come il mio verrebbe magari da domandarsi anche perché è così importante "dissociare il concetto di blog dalla banale diaristica cui viene spesso associato" (associato da chi? E cosa c'è di "banale" nella diaristica di per sé?) e se è davvero necessario restituire ai ragazzi gli aspetti costruttivi della scrittura in rete (da dove risulterebbe che gli sono stati rubati, e dunque che è opportuno restituirglieli?).
E forse si potrebbe anche parlare dell'aggressività dell'implacabile - per quanto, è risaputo che chi ci critica insistendo su argomenti pertinenti è sempre mosso da indicibile aggressività nei nostri confronti, e noi, che siamo di natura tanto sensibili e ben educati, non possiamo che dispiacerci per lui nel vederlo preda di tanta aggressività, poverino.
Comprensibilmente non placata da questa replica, Gamberetta risponde:
dimostrando con ciò una deplorevole tendenza ad inchiodarsi sui principi cardine di una discussione: sarà anche che la diaristica è banale, sarà che il buon pastore scolastico ha il precipuo dovere di distogliere i ragazzi dalle sirene allettatrici della banale diaristica, ma insomma un blog è un diario in rete e così va definito.
E aggressivamente conclude:
In effetti gli estremi per incazzarmi ce li trovo anch'io, più ancora ce li ritrova la scolara che sono stata, e che dietro il suo banchino si leggeva magna cum irritatione le immani quantità di cretinate che gli autori di libri (carissimi) di testo scolastici scrivevano su generi e forme letterarie e mode giovanilistiche di cui non sapevano e non capivano assolutamente nulla.
E infatti a giusta conclusione, nella discussione interviene tale Anghelos con una dissertazione sul tema blog/diario dove inserisce una frase a modo suo illuminante:
Insomma, già ne parliamo e questo è un merito, non vorrete mica che stiamo a spaccare il capello in quattro e le palle in sedici a questi poveri ragazzetti ignoranti?
E di nuovo questa strana idea che i ragazzi non sappiano cosa c'è in rete se non andiamo noi adulti a raccontarglielo nell'antologia del biennio. Certo, esistono ragazzi che della Grande Ragnatela sanno poco; ma siam proprio così sicuri che siano "in maggioranza"? E destinati a restarci, in maggioranza? Qualche dubbio sorge spontaneo.
Ad ogni modo l'editor di Zanichelli deve essersi messo una mano sulla coscienza perché diverse delle obiezioni di Gamberetta sono state accolte; tra l'altro nella scheda attuale la definizione di blog è abbastanza equilibrata e, anche se non si parla apertamente di diari, si evita il discorso delle "tracce" né si prova a spacciare un blog per un programma.
Le istruzioni su come scrivere un blog restano, comunque. Si vede che erano ritenute proprio indispensabili.
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