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venerdì 17 aprile 2020

Natura morta - Antonia S. Byatt


Il secondo volume della quadrilogia  viene pubblicato nel 1985, a sette anni di distanza dal primo ma si snoda su un percorso di qualche anno.
Continuiamo a seguire le vicende del  drammaturgo Alexander Wedderburn, che stavolta si dedica alla scrittura di un dramma incentrato su Van Gogh - si tratta quindi senza dubbio di un romanzo dove il giallo limone e il blu notte predominano e contrastano con ogni altro colore, dove si parla molto di pittura e di sbalzi di umore e di problematiche legate all’espressione del genio e dove la luce si rifrange con molta forza, soprattutto nei paesaggi provenzali così spesso evocati nella loro luce abbagliante, ma anche visitati e abitati, in un fascinoso intrecciarsi di relazioni e di ricordi.
Seguiamo poi in parallelo  le vicende delle due sorelle Potter: Stephanie, assorbita e assorta nella sua parte di moglie innamorata e madre prolifica e affettuosa, immersa in una felicità naturale cui è stato però pagato un pedaggio piuttosto forte: quello delle parole, con un vocabolario che si è andato contraendo e dove la tensione verso l’infinito è stata necessariamente ridimensionata a favore delle occupazioni più concrete e terrene. La gioia di essere madre, e una madre felice, si lascia dietro un carico di rinunce, a volte impreviste, a volte definitive.
Frederica, ormai sempre meno acerba, compie invece un complesso apprendistato sentimentale, sociale, culturale e sessuale che la porta a diventare un personaggio di rilievo, nel bene come nel male, della cerchia intellettuale di Cambridge, dove cercando di ritagliarsi uno spazio personale finisce per riscriversi le regole su misura cominciando a costringere gli altri a regolarsi su di lei e non viceversa. 
Tra un amante e l’altro, una relazione intellettuale e l’altra, un esame e l’altro, un articolo di critica letteraria e l’altro, un circolo letterario e l’altro pian piano la trasmigrazione alchemica si compie permettendo di intravedere il materiale originale di cui Frederica è costituita.
Il quadro dei personaggi si amplia, ospitando gradualmente la vivace corte che le si forma intorno. E tuttavia, pur nell’originalità di un percorso così variegato, lo sbocco finale previsto sembrerebbe quello canonico: il matrimonio, quasi mai citato se non nei suoi pensieri, quando si rende conto che lì inevitabilmente sembra destinata ad approdare, pur non desiderandolo esplicitamente, pur non vedendolo come uno sbocco naturale, pur non sentendolo come necessario… e pur non avendo in effetti nessuno con cui effettivamente desidera sposarsi. Perché, quale altro destino può sigillare la storia di una ragazza pur così originale e diversa dal canone consueto? Alla fine è lì che si dve arrivare: è una donna, e la carriera accademica per lei non è prevista. Potrebbe, forse, sposare un professore di letteratura. Oppure...
Le pagine scorrono, i capitoli si susseguono e la lettrice si domanda il perché di quello strano titolo, in una storia dove tutti i protagonisti sembrano decisamente vitali, e cosa accidenti ci sta a fare la citazione di Beda che apre il romanzo e parla di un pettirosso che entra per caso in una stanza.
La risposta arriva vicinissimo alla fine, brutale e sconcertante come solo la vita riesce ad essere. Perché le sorprese hanno per l'appunto questa caratteristica, e cioè di arrivare in modo sorprendente, scuotendo il lettore all'improvviso.
Su questa nota cruda il romanzo si chiude, lasciando la lettrice un po' stordita. Ma sapeste i personaggi!

Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homemademamma e gaiamente mi accingo ad un ennesimo fine settimana a base di lezioni e di programmazioni - stavolta tutto in rete. Ma non per questo mi farò mancare delle lunghe sedute di lettura. Molto, molto lunghe.

2 commenti:

Pellegrina ha detto...

OT: non so se hai una terza, ma trovo emozionante questa roba qui:
https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k127931s?rk=236052;4
Ciao

Murasaki ha detto...

@ Pellegrina
Ho una terza ma non gli faccio storia.
Ma non saprei nemmeno dire se è emozionante o no, perché più che riconoscere chi parla (visto che gentilmente me lo scrivono) non sono capace di fare. Quando ha parlato? Cosa diceva?