Tutto ciò che è culturale è, per lunghissima tradizione, molto serio.
E anche tutto ciò che è scolastico è, per tradizione più giovane nel tempo ma molto salda, molto serio.
Ci aspettiamo che i nostri alunni abbiano modi rispettabili, che intervengano a tempo e in modo rispettoso, che vengano a scuola con i vestiti giusti, che accantonino nelle ore scolastiche la loro inevitabile irrequietezza giovanile e i lazzi e frizzi con cui si beano durante il tempo libero (e che spesso sono di una inaudita idiozia, ammettiamolo) - insomma che considerino la scuola un posto serio e che affrontino gli studi in modo serio. E tutto ciò è cosa buona e giusta (anche se personalmente sono dispostissima a lasciare che si vestano come meglio gli pare e intervengo sempre con molta decisione in difesa dell'alunno quando ai Consigli di Classe si comincia a discutere di come si vestono Epicarmo o Adalgisa) e assolutamente indispensabile per tirare avanti la baracca e impedire che la classe si trasformi in una bolgia infernale.
In più ci aspettiamo che sì seri alunni considerino con grande serietà le materie che cerchiamo di propinargli e gli insegnamenti che tentiamo di instillargli sul viver civile, ma nel contempo che vivano la scuola come un posto domestico e affettuoso, dove si sentano liberi di esprimersi e si appassionino a tutte quelle tematiche serie che con loro affrontiamo - salvo poi addolorarci che si annoino a morte e percepiscano la scuola come una gabbia, e di passione manco a parlarne - a meno che non si intenda la passione nel suo senso letterale di "sofferenza".
Quelli che soffrono, allora, sono gli insegnanti; soprattutto quelli di Lettere, ovvero coloro che tanto hanno amato la letteratura nelle sue più varie forme da essersela scelta come mestiere e di conseguenza sono convinte che qualsiasi persona sana di mente, non importa di quale età, non può che amare a sua volta con gran foga la letteratura.
"Non gli è piaciuto Leopardi" "Non gli è piaciuto Montale" "Non gli piace assolutamente Manzoni" sono frasi sconfortate che capita spesso di sentire in Sala Insegnanti. E se è vero che di questi tempi Manzoni è oggetto di antipatia quasi universale anche quando è fatto nel migliore dei modi, Leopardi di solito non dispiace e Montale nemmeno; peccato che il "di solito" dipenda in maniera imprevedibile non soltanto dal modo in cui viene fatto, ma anche dal tempo, dalle circostanze esterne e da una tale infinità di variabili che nemmeno Silente sarebbe in grado di calcolarle. Non esiste l'autore che piacerà sempre, non esiste il brano musicale che piacerà sempre eccetera, perché ogni classe e ogni alunno son fatti a modo loro, e per giunta cambiano di momento in momento peggio di un caleidoscopio.
Ci sono tuttavia molte cose che piacerebbero se fatte nel modo giusto.
E quale sarebbe, questo "modo giusto"?
Precisiamo: nel "modo giusto" per quella classe in quel momento e in quelle circostanze. Non ci sono ricette universali, occorrono buon senso, attenzione, cautela, buona volontà, antenne lunghe e soprattutto parecchio culo.
Qualcosina però si può fare per intervenire sul metodo. Anche lì, non c'è una ricetta universale ma una certa larghezza di vedute può aiutare e soprattutto prevenire il burn-out, flagello che colpisce tanti di noi.
Il primo video presenta una scena di risveglio: viene dal film Dister Act, in cui una sventurata cantante soul, per una serie di disgraziati accadimenti, si ritrova a dover vivere per un paio di mesi in un convento di clausura sotto protezione della polizia. Guarda caso, si tratta di un convento dove il coro canta malissimo anche se sia le suore che la direttrice del coro si impegnano con passione: del resto, si suppone che per una suora di clausura cantare il suo amore per Dio sia opera che si prende a cuore con grande passione.
La Madre Superiora, un po' per tenere buona la non-suora che in convento scalpita alquanto e un po' per vedere di nascosto l'effetto che fa la manda appunto in quel coro e nel giro di pochi minuti la cantante si trova a dirigerlo.
Piccolo particolare: le suore sono tutte bianche, tranne la cantante soul. E sappiamo che i neri hanno una tradizione di canti sacri cantati in modo magari un po' informale alle nostre orecchie abituate a Cherubini e Mozart, ma molto, molto trascinante. Così la non-suora, dopo aver messo in atto un paio di accorgimenti tecnici del tipo raggrupparle le suore per registro vocale, le spinge a un canto molto appassionato.
Le suore accettano con entusiasmo e nel giro di pochi giorni si scoprono cantanti eccellenti. Il piacere fisico con cui cantano il loro amore e la loro devozione per la Vergine Maria è non solo evidentissimo, ma estremamente contagioso e tutti i fedeli apprezzano moltissimo (tranne la Madre Superiora, che comunque alla fine cambierà idea). In questa versione un po' personalizzata l'inno a Maria non cambia le parole né la musica, si limita a ritoccare i tempi - ma la musicista ha spinto le suore a tirare fuori, appunto, la loro passione e l'entusiasmo che provano per Maria e tutte le sue virtù.
Il secondo video è, a tutti gli effetti, una canzonetta, scritta nel 1939 da un musicista zulu che utilizzò un'aria tradizionale della sua gente. Il musicista in seguito morì povero in canna, il che è una grandissima ingiustizia perché da allora la canzone ha fruttato enormi quantità di soldi ai moltissimi che l'hanno ripresa e ai moltissimi cori più o meno amatoriali che l'hanno cantata - e non scordiamo il piacere di chi se l'è ballata in discoteca negli anni 70. Personalmente ci vado pazza e me la canto spesso, sia in italiano che in inglese, sin dalla tenera età di quattro anni quanto per molti giorni tirai scemi i miei poveri genitori cantandola e ricantandola senza tregua.
Il brano è delizioso e qualsiasi coro è ben lieto di cantarlo, credo: qui però il l'arrangiatore, musicista di gran rinomanza, ha avuto una pensata geniale: inserirla nella giungla. I coristi partono con rumori assai giungleschi, che occasionalmente riprendono nel corso della canzone con un effetto raffinato che probabilmente è stato piuttosto complicato da ottenere - ma immagino che si siano divertiti tutti come pazzi, nel corso delle prove, e impegnati a sangue. L'insieme è ulteriormente impreziosito dall'aspetto dei giovani coristi, impeccabilmente vestiti con completo blu e tanto di cravatta papillon, i piccoli come i più grandi, che con l'aria più seria imitano i più vari animali. Con grande determinazione il coro ha affrontato un compito che di solito a un coro non spetta, ovvero quello di imitare gli animali della giungla, e sospetto che non sia stata una passeggiata - ma si sa che con l'impegno e il duro lavoro si ottengono spesso grandi risultati.
Tutto questo serve in classe?
Sì e no, dipende da tante cose. Come molti insegnanti hanno imparato a loro spese, svegliare la passione sopita in una classe semiaddormentata può essere pericoloso e fare uscire la classe completamente fuor di controllo, e solo un gruppo di alunni profondamente seri in cuor loro possono affrontare con la necessaria determinazione l'imitazione della risata della scimmia e dello strisciare del serpente, per tacere del cospicuo rischio che la classe pretenda di andare avanti tutto l'anno a fare la risata della scimmia e lo strisciare del serpente*, anche quando l'insegnante tenta di affrontare il teorema di Pitagora. Tuttavia la scuola è piena di esperimenti azzardati che hanno ottenuto un travolgente successo e hanno trasformato una classe di amebe in un gruppo di adolescenti vivi e creativi.
Di fatto tutti sappiamo che qualsiasi cosa esca dalla routine è destinato a rimanere molto più impresso del normale tran tran quotidiano, e sono questi i ricordi che un giorno i ragazzi ormai diventati adulti rispolvereranno chiacchierando con gli amici o i figli; e infatti tutti noi siamo sempre a caccia di modi nuovi e alternativi per fare questo o quello. Il problema è che questi modi alternativi
1) sono studiati da esperti di didattica che ci fanno su appositi corsi, e molto spesso è roba da far venire il latte alle ginocchia anche a un serpente maschio
oppure
2) sono stati inventati da altri insegnanti assai diversi da noi per modo di fare e di insegnare e, soprattutto, che hanno altre classi - perché nessuno ha la nostra classe, e il rapporto che noi abbiamo con la nostra classe, e insomma è bene lavorarci su per adattarli - sempre con l'aiuto del buon senso, della cautela, della buona volontà eccetera e soprattutto sperando intensamente di avere molto, molto culo.
Cosa può fare insomma l'aspirante Bravo Insegnante per porre in modo appetitoso le varie portate del suo non sempre entusiasmante menù?
Una cosa, di sicuro: allargare le sue vedute. Andare a caccia di curiosità. Cimentarsi in campi nuovi, non necessariamente legati alla sua materia o agli interessi dei ggiovani d'oggi, curare la sua interiorità, andare a vedere spettacoli insoliti o meglio ancora parteciparci, spendere il bonus saggiamente elargitoci a questo scopo dal MIUR - sperando che continuino a darcelo - insomma ricordarsi prima di tutto di essere un individuo ancora in crescita e in formazione (lo siamo fino a un minuto prima di morire, tutti) e in secondo luogo di essere stato anche lui un giovane che all'occorrenza si trasformava in un giovane idiota.
E se idiota non è mai stato, nemmeno un minuto in vita sua, né ha mai avuto la benché minima tentazione ad esserlo?
In quel caso sarà bene che usi la sua luminosa intelligenza per cercarsi un altro lavoro. Al più presto.
*anche se ricordo con piacere Arisu, che dopo una gita scolastica in un parco nazionale aveva imparato a imitate molto bene il richiamo della civetta, che da allora risuonava ogni tanto nel mezzo della lezione dando un pregevole tocco naturalistico a tutto l'insieme.
10 commenti:
Adalgisa libera!
La scuola come ogni posto non manca certo di frustrati morbosamente eccitati dall'abbigliamento altrui.
Per quanto riguarda gli animali, il 1939 arriva tardi.
Nel 1608 ci aveva già pensato Adriano.
Ovviamente nel contesto della sua epoca, quindi niente giungla e molta polifonia per una sera di carnevale, ma la cultura non è mai nata per essere grave e noiosa.
In realtà sul musicista è molto meglio questa voce del Dizionario biografico degli italiani, online, opera ingiustamente trascurata ma approfondita e utile.
Con tutto il necessario rispetto e la meritata considerazione e stima per te, mi permetto di risponderti: - Balle! Non è vero che siamo in maturazione e in progressione positiva fino alla morte. Dopo la maturità, invece, siamo tutti su uno scivolo, sull'arco discendente di una parabola, e sarà bene che ce ne accorgiamo in tempo, prima di renderci patetici e ridicoli coi nostri studenti. Cerchiamo di mantenere un briciolo di dignità, in classe, e di invecchiare con compostezza.
@Pellegrina:
bene, giusto qualche giorno fa mi domandavo come si chiamava quella composizione tutt'altro che seriosa e dedicata alla preparazione di un festino... un tempo era argomento comunissimo tra i miei amici e avevo anche in casa il CD, ma gli anni sono passati e non ricordavo né l'autore né il titolo preciso, solo l'inizio di un brano: Nonnono, tonno nono...
Era Banchieri, naturalmente. Il brano non l'ho ritrovato ancora ma col tempo e la pazienza si rintraccia tutto.
Quanto alla cultura... beh, magari non è nata per essere noiosa, ma certo parecchia ce l'hanno fatta diventare. Non per colpa degli artisti, certo ^_^ Anche se per ammazzare "Il leone d'è addormentato" ci vuole parecchio impegno.
@Pensierini:
Ho parlavo di "crescita", intesa come "evoluzione", e magari può essere anche negativa; anche se, nel quadro di una evoluzione individuale, stabilire cos'è "positivo" e cosa non lo è non è facile e soprattutto è inutile perché nessuno ti dà un voto più alto se ti evolvi "positivamente" anche perché il "positivo" è un concetto individuale. Ma continuiamo, tutti, a cambiare, sempre. Sedersi in un angolo pensando "ormai posso solo decadere" è una scelta come tante, magari anche valida per determinate persone, ma non per questo chi la fa smetterà di cambiare.
Per gli insegnanti comunque tutto questo resta un discorso teorico perché al momento andiamo in pensione a 67 anni, che non è certo una età incompatibile con una "crescita" nel senso più comune del termine.
Quanto al rischio di renderci patetici e ridicoli coi nostri studenti,ahim*, è un rischio che corriamo tutti i giorni tutti quanti, e fai molto bene a ricordarcelo ^_^
Restando in tema cinematografico il massimo per me resta il prof dell'Attimo fuggente, anche se penso resti un'utopia.
Per quanto mi riguarda invece, trent'anni e passa dopo, ho ancora negli occhi la mia prof di greco che spiegando la Medea di Euripide si mette a urlare in classe recitando come se fossimo stati nell'anfiteatro di Atene! Indimenticabile!
Bellissimo articolo / riflessione.Grazie❤
E soprattutto molto culo ;-)
@ Romolo:
E io ho un bellissimo ricordo del professore di filologia romanza che ci spiegava che l'esametro funzionava come un valzer... ballandolo. Cosa che rifaccio puntualmente ogni volta che per qualche motivo spiego l'esametro, perché è davvero molto efficace!
In realtà il professore dell'Attimo fuggente è un po' l'ioncubo di tutti gli insegnanti, perché è il classico caso in cui la situazione sfugge di mano. La classe reagisce bene, diventa viva e vitale, si sveglia... e uno si sveglia anche troppo e siccome non riesce ad affrontare il padre si uccide. Era troppo debole per andare avanti? La crisi sarebbe comunque scoppiata oppure, di lì a qualche anno, il ragazzo sarebbe stato più forte? Impossibile dirlo.
Certo, se il professore si fosse fermato un po' prima... ma prima quando? Ah, saperlo, saperlo!
@ Aliceland:
Sì, appunto: il culo è l'elemento base, come ben sappiamo...
Molto divertente il video della canzone del leone! Il ragazzino che fa la scimmia secondo me si diverte tantissimo! XD
@pensierini come si rende un insegnante ridicolo e patetico?
@Kuku:
Ma DI SICURO si è divertito come un pazzo!
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