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sabato 16 settembre 2017

In famiglia - Hector Malot

Hector Malot è il padre di uno dei più famosi orfanelli della letteratura ottocentesca, ovvero Remi, protagonista del libro Senza famiglia. Meno conosciuto in Italia invece è In famiglia (pubblicato in Francia nel 1893) che pure ha anche lui alle spalle un cartone animato giapponese della fine degli anni '70, trasmesso in Italia a partire dal 1980. Però il cartone di Remi era della Tokyo Movie Shinsha e venne trasmesso su Rai1, mentre la storia di Peline finì sui circuiti privati ed era fatto dalla Nippon, con un disegno meno accattivante, almeno ad occhi occidentali, ed ebbe il dubbio privilegio di un doppiaggio decisamente avventuroso, dove la protagonista ebbe la voce di ben quattro diverse doppiatrici, due delle quali si alternavano anche nelle stesse puntate.
All'epoca comunque io scansavo le storie di orfanelli e preferivo astronavi e robot che combattevano intrepidamente contro gli invasori. Insomma, di Peline ricordo poco più della sigla, che aveva comunque la caratteristica, davvero insolita in una sigla italiana di cartone animato giapponese, di corrispondere fedelmente al contenuto. 
Ho sempre scansato come la peste il romanzo di Remi, ma avevo invece incrociato con una certa soddisfazione la storia di Perrine (poi traslitterata in Peline dai giapponesi in base al loro particolarissimo rapporto con la erre) per averla incontrata alle elementari in una edizione ridotta; mi era piaciuta soprattutto la parte dove si era scelta una capanna come casa, organizzandosi una vita à la Robinson, organizzandosi con grande abilità tanto da invitare a cena la sua amica e offrirle un pasto completo, dalla zuppa al dolce. Avevo anche molto riflettuto sul fatto che a undici anni c'era chi già lavorava in fabbrica, un tempo (imparai in seguito che c'era anche chi aveva avuto il mirabile privilegio di lavorarci a sette o otto anni, e con orari decisamente improponibili).
Ho cercato diverse volte il libro per comprarlo, o almeno rileggerlo, ma le biblioteche offrivano solo vecchie edizioni di dubbia completezza. Quest'anno però Salani l'ha rimandato in libreria, corredato con una bella prefazione di Bianca Pitzorno, e mi sono precipitata a comprarlo e rileggerlo scoprendo che era anche meglio di come lo ricordavo.

Alla base di tutto c'è un giovane figlio di un magnate delle industrie tessili, un po' scapestrato e mandato in India a lavorare per la ditta paterna, con l'idea che così rimetterà la testa a posto e diventerà un degno erede per le industrie paterne. Il figlio però si innamora di una giovane angoindiana - non un'indiana purosangue, nota bene, ma un'indiana solo a metà, per giunta cattolica.  
Il padre dà di fuori di matto, disereda il figlio e si fa un film in cui "quella donna" lo ha costretto al matrimonio che non è un matrimonio valido in Francia (il particolare in seguito non viene mai chiarito, ma mi sembra strano che un matrimonio contratto liberamente da un francese possa non essere legalmente riconosciuto in Francia) e adesso lo tiene lontano dalla sua famiglia. Anche la nipotina (che è Perrine) non viene minimamente considerata perché legalmente "non è sua figlia". Il padre tuttavia è disposto al perdono se il figlio piantasse la sua sposa illecita e la figlia altrettanto illecita. Ma, vedi un po' la sorpresa, il figlio non ne vuole nemmeno sentir parlare. Tuttavia il padre, diventato nel frattempo nonno suo malgrado, continua a vivere nella sua fantasia che presto il figlio tornerà.
Passano gli anni, i due coniugi "illegali" hanno le loro disavventure e infine il figlio decide davvero di tornare in Francia, ma con moglie e figlia al seguito, viaggiando come fotografo ambulante su un carro trainato da un simpaticissimo asino. Poco prima dell'inizio del romanzo però il padre muore e anche se nel cartone animato per un buon terzo la serie madre e figlia continuano il loro viaggio tra avventure tristi e liete, nel libro troviamo la madre moribonda e nella miseria più totale.
Perrine ha undici anni e nelle prime cento pagine del romanzo perde la madre, poi è costretta a vendere l'asino e il carro e infine continua il viaggio a piedi, col tocco finale di perdere i suoi ultimi cinque franchi. Sola, affamata ma irrimediabilmente onesta viene soccorsa sull'orlo della morte per inedia prima dall'asino, e poi dalla donna che ha comprato quell'asino e che porterà infine Perrine fino al paese dove abita il nonno e dove Perrine deve, come le ha chiesto sua madre, guadagnarsi il suo affetto in modo discreto.
Perrine si inventa un nuovo nome, si procura un lavoro da operaia e si organizza la vita in una capanna di cacciatori rifacendosi un po' di guardaroba e di stoviglie e amministrandosi con una oculatezza davvero ammirevole. Più avanti, grazie a una serie di fortunate circostanze - perché alla fine perfino gli orfanelli dei romanzi dell'Ottocento hanno diritto a un po' di fortuna, dopo essere stati perseguitati in modo davvero perverso dai loro autori - diventa l'interprete del nonno, poi la sua segretaria e confidente. Infine il nonno la riconosce e i due si riuniscono, e grazie al benefico influsso della nipote il ricco industriale diventa il più filantropico e amorevole degli imprenditori.
Il romanzo, edificante e commovente in giusta misura, si fa leggere con grande interesse e una adeguata dose di batticuore e di ansia. Non so quanto possa apprezzarlo oggi un ragazzino dell'età di Perrine (tra gli undici e i dodici anni) anche se proverò ad ammanirne un assaggio alla mia attuale Terza; ma è di sicuro adatto ai lettori adulti appassionati di romanzi dell'Ottocento e offre molti spunti di riflessione.

Con questo post partecipo, sull'orlo del filo di lana al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture in questo fine settimana piovoso dal sapore autunnale, dove un bel romanzo da leggere a lume di candela quando salta la corrente per via dei temporali è particolarmente piacevole (ma si legge volentieri anche con la luce elettrica, garantisco).

15 commenti:

dolcezzedimamma ha detto...

Mi hai riportato all'infanzia! Libro letto, riletto, amato. Indimenticabile la scena del fornaio ("non mi potrebbe dare un panino più grande, non importa se è raffermo") o quella in cui il nonno le chiede come mai non è mai andata a servizio ( perché evidentemente fare la cameriera è questione di dna). Ha accompagnato molti miei pomeriggi, in tutte le stagioni. Grazie x avermelo ricordato.

minty ha detto...

Oh, Peline! Uno dei ricordi più vividi della mia infanzia!
Parlo dell'anime, ovviamente! XD Che, stranamente, ricordo molto più di quello di "Remì". Sarà che qui le tv locali l'hanno replicato per anni.
Tuttora la sigla di "Peline Story" (cantata da Giorgia Lepore, mica cotiche!) è una di quelle che più mi fa effetto madeleine e mi commuove: appena sento "Marcondirondirondirondero/Cigola la ruota sul sentiero", vado un attimo in trance da spleen nostalgico ^^

Quanto al libro, ne possiedo una riduzione della Mondadori illustrata proprio con le immagini del cartone animato (uno dei miei tesori dei bei tempi andati!), che ho consumato, a furia di leggere e rileggere!
Anni dopo, dopo avventurosa ricerca (ché non era facile da trovare neanche allora, mi sa), me ne comprarono una versione "normale" (forse integrale? Mi sa che il libro è finito nello scaffale altissimo della libreria e non posso controllare ^^;) edita da La Sorgente nel 1980. Ma a essere onesta non ricordo con chiarezza se l'ho mai davvero letta: sapevo a memoria l'altra versione, ormai... XD
Mi sa che dovrei arrampicarmi sullo scaletto e verificare, ché ho il tremendo sospetto che Perrine/Peline potesse essersi trasformata in Pierina, in quell'edizione... °_°

Eva ha detto...

Oh mamma mia che ricordi!Mai guardato il cartone di Peline ma Remi purtroppo si....e smisi quando i lupi gli uccisero i cani...se non tornare a guardare l'ultima puntata,perché ha un lieto fine...se ben ricordo...
Sono però affezionata ad "Anne di Green Gables"....ma anche stavolta il tuo riassunto mi ha commossa e credo aggiungerò questo libro alla lista.Grazie

Pellegrina ha detto...

oho oh questo mi sa che mi piace! e poi me lo posso leggere direttamente in vo!!!

Murasaki ha detto...

@Dolcezze:
orbene, la prima citazione è esatta, nel senso che l'episodio c'è pari pari anche nel libro. La seconda invece manca: Perrine non è mai andata a servizio perché non c'è stata occasione né tempo per farlo, almeno nel libro: tra la morte della madre e la sua assunzione come operaia passano meno di due settimane...

@Minty:
è un caso in cui nel libro c'è meno che nel cartone animato: un buon terzo è dedicato ai viaggi col carro, che si sono dovuti inventare di sana pianta. E sì, esiste almeno un'edizione in cui la poverina è tradotta in Pierina, che in italiano suona buffissimo anche se è una traduzione piuttosto fedele... in quella di Salani comunque mantiene il suo nome originale, anche se perfino per me in realtà il suo vero nome è Peline.

@Eva:
Sì, appunto, ho scansato Remi appunto per quello. Anche Peline nella prima parte è triste, ma meno tragico. Comunque anche Remi va a finire bene, mi sembra che ritrovi proprio la sua famiglia originale, non solo il nonno (anzi, non so nemmeno se il romanzo di Remi abbia dei nonni).

@Pellegrina:
Oh sì, dovrebbe piacerti ^_^

Eva ha detto...

Infatti ricordo proprio che nell'ultima puntata Remi si sposava!
Vai buona notte a tutti...io sono di nuovo..."al super-pigio"😂😀☺😕😢

dolcezzedimamma ha detto...

La seconda citazione dovrebbe (se la memoria non mi inganna) essere alla fine PRIMA del riconoscimento definitivo. Il nonno chiede se , nel bisogno in cui si trovava, fosse mai andata a servizio e lei sdegnosamente risponde di non averci mai pensato. Anche questo diventa un indizio x il riconoscimento. Io non ho visto il cartone e per me lei è Pierina.

Aliceland ha detto...

Rémi...célo
Pelìne...célo
Ricordo che a una mia cugina era stato impedito di guardare Rémi perché piangeva come una fontana e i suoi genitori giustamente decretarono che se una bambina doveva guardare la televisione per stare male, forse non era il caso.
Invece io li guardai entrambi...e si capiscono tante cose allora... ;-)

Bridigala ha detto...

Remi l'ho amato moltissimo, anche perché oltre al tristissimo cartone ho letto anche il romanzo, in una versione antiquata. (Già quand'ero bimba) che aveva ricevuto mio padre da bambino, e che lui e gli altri coetanei leggevano a voce alta la sera in stalla durante il filo', commovendosi e facendo il tifo. Purtroppo Perrine non ho avuto modo di conoscerla, in compenso ho letto con enorme soddisfazione Otto giorni in una soffitta, di cui però non conosco l'autore. È' stato commovente leggere La misteriosa fiamma della regina Loana, di U.Eco (peraltro libro abbastanza inutile) e riconoscere nella sua infanzia molti libri che, nelle versioni ormai quasi sfasciate ereditate dai miei genitori, hanno costruito anche la mia. Il piccolo Trott di Andrea Lichtenberger e' meraviglioso, pur avendolo gustato in una traduzione anni trenta assolutamente cosparsa di termini desueti .

Priscilla ha detto...

Io da qualche parte ho l'edizione di quando mia mamma era piccola! E' tutto consumato a forza di leggerlo. Oltre al prezioso consiglio, oggi ti ringrazio perché mi hai fatto rivivere un bellissimo ricordo!

Murasaki ha detto...

@Eva:
Coza diafolo ezzere "super-pigio"?!?

@Dolcezze:
Avevo capito che parlavi del cartone animato!
Il fatto è che ho riletto il libro in tempi DAVVERO recenti, e della questione di andare o meno a servizio non si accennava nemmeno di striscio, o almeno io non l'ho notato.Tra l'altro il nonno era un imprenditore che si era fatto da solo, grazie al duro lavoro... perché lui e Perrine avrebbero dovuto disapprovare l'onesta scelta di andare onestamente a servizio da parte di una ragazza povera in canna? Misteri degli adattatori, forse... oppure quel passo mi è sfuggito?

@Aliceland:
Oh, non sarò io a criticare, dall'alto dei miei robot spaziali (con cui, volendo, si piangeva moltissimo parimenti!)

@Bridigala:
Otto giorni in una soffitta? Mi ricorda vaghissimamente qualcosa, ma non l'ho mai letto. Tra l'altro i miei venivano da una storia di vari traslochi, sfollamenti ecc. e insomma della loro infanzia avevano conservato solo un "L'altra guerra del Piccolo Alpino", romanzo di squisita ispirazione fascista di Salvator Gotta, su cui un giorno o l'altro devo provare a mettere le mani ma che ormai è scomparso dalla libreria, non so perché. La misteriosa fiamma è da diverso tempo nella mia lista di vaghi proponimenti proprio per quella ricostruzione, e per me sarebbero tutte novità :)

@PriscillaX:
WOW!

Eva ha detto...

Cara Murasaki,giustamente ignara del bruttissimo,orrido, dialetto aretino:...essere "al pigio" vuol dire "spremuti"...al lavoro soprattutto😂😂😂😂😂😉😉
Siamo di nuovo nel periodo di campionario...il famigerato
campionario invernale 😂😂😂😂...ma anche😢😢😢😢...che terminerà ai primi di gennaio...c'est la vie😘
Ci leggiamo!!!!

dolcezzedimamma ha detto...

ARGHHHHHHH! Mi è appena venuto in mente che non era andare a servizio, ma chiedere l'elemosina!
Che vuoi, l'età avanza, la memoria vacilla e, a mia giustificazione, ho letto questo libro l'ultima volta non meno di 40 anni fa. (Ricordi questo particolare oppure mi confondo con qualche altro libro dell'infanzia? Comincio a dubitare di me stessa)

Murasaki ha detto...

@Eva:
Non c'è niente di orrido nella nobile espressione "pigio", anche se vedo che i vostri campionari finiscono solo per lasciar posto ai nuovi... mi hai ricordato quando lavoravo ad una bibliografia che usciva tutti gli anni. Vedevo la rredazione che usciva stremata ogni giorno, nelle ultime settimane, e una volta mandato il tomo in legatoria... incominciava subito quello dell'anno successivo. Dico "subito" e intendo "subito". Auguri!

@Dolcezze:
Ah, ECCO. Mendicare sì, poteva essere piuttosto disonorevole per una figlia e nipote di onesti lavoratori, e lei assicura di non averci mai nemmeno pensato. Ma è un dialogo che avviene prima dl vero riconoscimento, quando lei gli racconta la sua storia. Niente di strano che tu non te lo ricordi bene, e non devi incolpare la tua memoria: la mia è più fresca per quel che riguarda il libro, ma ho finito di rileggerlo circa mezz'ora prima di scrivere il post, è normale che mi ricordassi meglio tutto l'insieme :)

Eva ha detto...

Eh si....a voler fare "la filosofa" pare un "eterno ritorno"😂😂😂😂ma è molto poco poetico e tanto prosaico...è il lavoro e va bene anche così😊Ciao, ci leggiamo😊