Ho scoperto questo libro grazie al gentil consiglio di una frequentatrice del gruppo di ucronia in cui sono iscritta su Facebook, e per puro caso mi sono ritrovata a leggerlo proprio nei giorni in cui ricorreva il 70° anniversario dell'indipendenza indiana (e pakistana).
La data precisa è il 15 Agosto, a mezzanotte - perché il 15 Agosto per gli astrologi indiani era una data infausta, mentre il 16 Agosto era ritenuta abbastanza valida. Lord Mountbatten, il viceré inglese che stava gestendo il complicato affare non aveva pensato a informarsi sulle congiunture astrali, che in India sono tuttora ritenute importantissime - e già questo dettaglio la dice lunga sulla conoscenza della cultura indiana da parte degli inglesi.
Un grande libro per un grande paese (anzi due) e quando dico grande non mi riferisco solo allo spessore storico: è proprio lungo, più di 500 pagine belle fitte, e non perché gli autori si sono divertiti ad allungare il brodo.
E' stato pubblicato nel 1975, quando dal gran giorno erano passati solo 28 anni, ed oggi ne sono passati 42 dalla sua pubblicazione - insomma, oltre che un libro di storia ormai è anche un libro storico, e vede le cose nella prospettiva degli anni in cui fu scritto. Inoltre i documenti a disposizione erano ancora limitati, credo, visti i pochi anni passati.
E' anche un libro scritto in gran parte dal punto di vista inglese: le fonti citate sono in grandissima parte inglesi, a partire dal prode Lord Mountbatten che partecipò con grande disponibilità nel ruolo di fonte orale, visto che all'epoca era ancora vivo e pure in buona salute.
Fonti inglesi, dicevo; e d'altra parte, per un evento come la partenza dall'India (e dal Pakistan) dei governatori inglesi, della classe dirigente inglese e dell'esercito inglese le fonti sono per forza di cose inglesi. Tutta la documentazione sull'avvenimento è inglese, e anche i burocrati indiani erano tutti di formazione inglese, e anche i principali protagonisti indiani del movimento indipendentista, ovvero Gandhi, Nehru e Jinnah, si erano formati nelle università inglesi.
Certo, ci sono un sacco di racconti di contadini indiani, profughi indiani, parenti di vittime indiane (e pakistane), ma manca un contraltare puramente indiano: gli indiani avranno scritto diari, memorie, raccolte di impressioni? Ed erano facilmente rintracciabili all'epoca, o disponibili a lasciarle vedere? Non saprei, ma probabilmente un libro del genere oggi sarebbe scritto in modo diverso. Forse il santino di Lord Mountbatten sarebbe meno edificante e le sue azioni sarebbero valutate diversamente, forse da allora anche dagli archivi inglesi sono usciti documenti nuovi.
In ogni caso è un gran bel libro, molto scorrevole e interessante, specie per chi, come me, dell'evento sa che "nel 1947 l'India diventò indipendente", che è più o meno tutto quel che ci dicono i libri di testo delle medie, aggiungendo però sempre un bel box su Gandhi e la sua lotta non violenta.
Ci viene raccontato nei dettagli il modo che gli inglesi hanno avuto di vivere l'India, ammirandola a tratti, tenendosene isolati il più possibile e avendo gran cura di sfruttarla economicamente, dandoci una visione molto occidentale ma anche molto interessante del Grande Sogno Indiano.
Una bella sezione (ma non un santino edificante di quelli che ci rifilano con tanta facilità) viene dedicata a Gandhi e alla sua storia. Ho imparato quindi che costui, al momento del suo assassinio, anche se ormai avanti negli anni e un po' malandato in salute, era ancora estremamente vitale e aveva un enorme influsso sulla popolazione, tanto da riuscire a placare tumulti e fermare stragi con un semplice sciopero della fame.
Il tema centrale del racconto è la mitica spartizione, ovvero come e come mai venne presa la folle decisione di separare la parte indù da quella musulmana (in sintesi: perché sembrava impossibile fare diversamente e perché la parte pakistana lo volle con tutte le sue forze, ma anche perché da un paio di anni indù e musulmani e sikh avevano cominciato a picchiarsi dopo secoli di pacifica convivenza) col risultato di dar vita a uno stato diviso in due parti che distavano tra loro svariate migliaia di chilometri, con in mezzo l'attuale India nella sua parte più larga.
Gli inglesi non volevano, Gandhi non voleva, Nehru men che meno, ma sembrava impossibile evitare di farlo per paura di tumulti e guerre civili; inoltre Jinnah, futuro capo di stato pakistano, e tutto il movimento che gli stava dietro lo voleva eccome. Ad ogni modo sul piano economico non si rivelò una pensata delle migliori, e tumulti e stragi non mancarono comunque, complicando assai un esodo di massa di dieci milioni dieci di persone che andavano su e giù per la penisola oltre a picchiare e farsi picchiare con assoluta equanimità ma senza alcun risultato costruttivo.
Sarebbe stato meglio fare diversamente? Ah, saperlo, saperlo. Certamente tutto sarebbe andato meglio se il Signor Monsone, vero e unico sovrano del subcontinente indiano, quell'anno non avesse fatto i capricci lasciandosi desiderare per molte e molte settimane - perché il caldo secco rende particolarmente irragionevoli e favorisce la violenza, oltre a complicare parecchio la vita.
Invece non viene detto molto di come gli indiani si organizzarono. Leggi, costituzione, parlamento, governo spuntano nel testo come funghi ma si suppone che ci sia stato un qualche tipo di lavoro preliminare con una qualche partecipazione da parte dei cittadini - e la costituzione non si sarà scritta da sola, oso pensare. Chi votò e quando? Com'erano composti i parlamenti? Chi era la ministra indiana che fece parte del primo governo indiano una trentina di anni prima che Tina Anselmi diventasse la prima donna ministra in Italia? Come si era organizzato il Pakistan?
Anche con queste lacune gli argomenti comunque non mancano, e ci viene raccontato nei dettagli come fu gestita la presenza di varie centinaia di principati e sultanati vari, come vennero divisi gli strumenti musicali delle bande militari, le armi dell'esercito, la cancelleria, le scrivanie e le macchine da scrivere (pensa un po' che strano, sparì nel nulla un sacco di roba) e come venne organizzato l'attentato a Gandhi (forse la sezione più sbalorditiva), gestito talmente male che nemmeno io avrei saputo far di peggio, fallito la prima volta per un purissimo caso, portato a buon fine pochi giorni dopo grazie a una serie di coincidenze imprevedibili e grazie a una deplorevole mancanza di coordinamento della polizia indiana, che pure lavorava con grande abilità nei singoli comparti - una mancanza di coordinamento talmente grande da lasciare piuttosto insospettito anche il più fiducioso e candido dei lettori.
Un gran bel libro, che risponde a tante domande e ne fa affiorare molte di più - come ogni buon libro di storia dovrebbe fare - molto dettagliato ma scorrevole. Una lettura perfetta per questa estate così secca, perché permette di immedesimarsi molto bene nei poveri indiani assai accaldati che vagavano per il Punjab e il Bengala in cerca della loro futura casa - ma credo che risulti una buona lettura in qualsiasi stagione, purché si abbia a disposizione un po' di tempo.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e rendo gloria al monsone che tutti aspettiamo con ansia e forse oggi arriverà - rinnovando gli auguri alla signora India (e al signor Pakistan nonché al signor Bangladesh) per un anniversario così importante.
3 commenti:
Lettura decisamente impegnativa...e con la fine delle vacanze i libri lunghi non vanno più bene.Comunque l'appunto, non si sa mai.
@ Murasaki ed Eva
Assolutamente fuori argomento (ma necessario 😩 )
"Finalmente piove......e si ricomincia " Tanto per cambiare, si passa dal secco desertico ai nubifragi. Come va dalle vostre parti ?
Mica tanto OT, visto quanto è importante il monsone per l'India...
Qua tutto molto bene, per ora: molta pioggia, non troppo sgarbata, e le piante respirano. A Firenze so che è successo un gran casino, ma nulla rispetto ad altre città.
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