A Long Expected Party - Inger Edelfeldt (ma in realtà Bilbo indossava un abito scuro)
Visto che Lo Hobbit aveva avuto un buon successo, l'editore suggerì a Tolkien di scrivergli un seguito, come usava assai nella letteratura per ragazzi. All'inizio Tolkien cercò di scantonare: ormai aveva detto tutto quel che sapeva sugli Hobbit, la storia di Bilbo era finita, che razza di seguito poteva farne?
C'erano centinaia di possibilità, naturalmente. Si poteva mandare a casa di Bilbo un'altra compagnia di nani, con qualche altro mostro da affrontare. Oppure una comitiva di Elfi. O tirare in ballo qualche altro hobbit.
Ma Tolkien si impuntò per cercare un vero seguito, qualcosa che il primo romanzo potesse avere lasciato da completare. E ripensò all'anello.
In origine era un normale anello magico, di quelli che nelle fiabe si trovano a tutti gli usci senza che nessuno si preoccupi mai di spiegarne origine e provenienza agli ascoltatori. Questo specifico anello rendeva invisibili e faceva capire il linguaggio degli animali - niente di particolare, in effetti. Ma da dove proveniva?
Ci accorgiamo subito, prima ancora di cominciare, che sarà proprio l'Anello il centro della vicenda: nella prefazione, insieme ad un sacco di note erudite sulla possibile origine degli hobbit e l'uso dell'erba-pipa, viene dedicato un capitoletto al suo ritrovamento, mentre della Cerca di Erebor ci si limita a dire che "l'impresa non avrebbe avuto molto rilievo nella storia o meritato più di un accenno nei lunghi annali della Terza Era" se non fosse stato per un piccolo incidente: il ritrovamento dell'Anello, appunto. Sul quale Bilbo prova a raccontare a Gandalf una strana storia che lo stregone faticherà a districare*.
C'erano centinaia di possibilità, naturalmente. Si poteva mandare a casa di Bilbo un'altra compagnia di nani, con qualche altro mostro da affrontare. Oppure una comitiva di Elfi. O tirare in ballo qualche altro hobbit.
Ma Tolkien si impuntò per cercare un vero seguito, qualcosa che il primo romanzo potesse avere lasciato da completare. E ripensò all'anello.
In origine era un normale anello magico, di quelli che nelle fiabe si trovano a tutti gli usci senza che nessuno si preoccupi mai di spiegarne origine e provenienza agli ascoltatori. Questo specifico anello rendeva invisibili e faceva capire il linguaggio degli animali - niente di particolare, in effetti. Ma da dove proveniva?
Ci accorgiamo subito, prima ancora di cominciare, che sarà proprio l'Anello il centro della vicenda: nella prefazione, insieme ad un sacco di note erudite sulla possibile origine degli hobbit e l'uso dell'erba-pipa, viene dedicato un capitoletto al suo ritrovamento, mentre della Cerca di Erebor ci si limita a dire che "l'impresa non avrebbe avuto molto rilievo nella storia o meritato più di un accenno nei lunghi annali della Terza Era" se non fosse stato per un piccolo incidente: il ritrovamento dell'Anello, appunto. Sul quale Bilbo prova a raccontare a Gandalf una strana storia che lo stregone faticherà a districare*.
Il romanzo vero e proprio si apre su Bilbo Baggins, introdotto con una lenta ma funzionale apertura in stile Agatha Christie che lo descrive attraverso le chiacchiere dei vicini. Sapevamo già dalla chiusa dell'Hobbit che i suoi giorni "furono eccezionalmente lunghi", e lo ritroviamo... immutato.
Fisicamente, almeno. Questa eterna giovinezza lascia perplesse le lingue lunghe del paese: "Non è secondo natura, e ci porterà dei guai". E sembra una classica chiacchiera tanto per fare, questa di prevedere sventure perché qualcuno non invecchia - ma alla fine risulterà che le lingue lunghe avevano ragione, e i guai arriveranno per davvero, anche se l'eterna giovinezza di Bilbo non è la causa dei guai ma solo uno degli effetti minori prodotti dalla vera causa.
Tra una chiacchiera e l'altra scopriamo che, se Bilbo era strano per parte Tuc (la famiglia della madre), nella Contea c'è gente ancor più strana dei Tuc: i Brandybuck, che addirittura maneggiano barche e vivono "dalla parte sbagliata del fiume". Bilbo non è imparentato con loro, ma suo nipote Frodo sì.
Dopo la sua Grande Avventura Bilbo non si è sposato ed ha vissuto da solo, senza grandi amicizie, frequentando gente strana: elfi, nani, stregoni. Ha legato solo, molti anni dopo, con hobbit giovanissimi, che amavano ascoltare le sue storie (a cui il resto del paese non aveva mai creduto).
Solo più avanti, quando Bilbo fa il suo vero discorso d'addio a Gandalf, scopriamo con una certa sorpresa che l'eternamente giovane e stravagante hobbit non ha vissuto una vita felice. Prospera e stravagante sì, ma non felice. C'era in lui qualcosa che gli rendeva sempre più insopportabile l'aria serena e assai provinciale della Contea, una strana inquietudine che lo faceva sentire osservato, troppo osservato. Dai vicini, dai Sackville-Baggins... e dall'Anello, quell'Anello che aveva da tempo deciso di lasciare a Frodo insieme a tutte le altre proprietà ma da cui non riesce a staccarsi, e che finisce per chiamare "il suo tesoro" (senza strascicare le esse, si spera). Per fargli infine abbandonare l'Anello Gandalf deve trasformarsi da amichevole stregone in minaccioso avversario.
Un po' suo malgrado, un po' impaurito, Bilbo riesce però ad abbandonare volontariamente l'Anello, unico tra tutti i portatori a parte Sam (che però lo tiene solo per poche ore). In sessantadue anni l'Anello non è mai riuscito ad esercitare su di lui altro che una blanda dipendenza, ed è dall'Anello e dallo strano potere che ha preso su di lui che Bilbo scappa nella notte verso le Montagne, sentendosi sollevato non appena è riuscito a cederlo.
Del resto, si sa, con gli hobbit l'Anello non avrà mai un gioco facile; e Bilbo è l'unico Portatore che, subito dopo esserne entrato in possesso, ha compiuto un atto di misericordia del tutto gratuito e dettato solo dalla compassione.
Una volta ceduto l'Anello, Bilbo si tirerà fuori dalla vicenda, e da questo momento si limiterà ad osservarla da lontano, né più né meno di quel che fa il lettore.
*e che era in realtà la storia contenuta nella versione originale de Lo Hobbit. In seguito Tolkien riscrisse il capitolo sull'incontro con Gollum per adattarlo alle vicende successive.
Fisicamente, almeno. Questa eterna giovinezza lascia perplesse le lingue lunghe del paese: "Non è secondo natura, e ci porterà dei guai". E sembra una classica chiacchiera tanto per fare, questa di prevedere sventure perché qualcuno non invecchia - ma alla fine risulterà che le lingue lunghe avevano ragione, e i guai arriveranno per davvero, anche se l'eterna giovinezza di Bilbo non è la causa dei guai ma solo uno degli effetti minori prodotti dalla vera causa.
Tra una chiacchiera e l'altra scopriamo che, se Bilbo era strano per parte Tuc (la famiglia della madre), nella Contea c'è gente ancor più strana dei Tuc: i Brandybuck, che addirittura maneggiano barche e vivono "dalla parte sbagliata del fiume". Bilbo non è imparentato con loro, ma suo nipote Frodo sì.
Dopo la sua Grande Avventura Bilbo non si è sposato ed ha vissuto da solo, senza grandi amicizie, frequentando gente strana: elfi, nani, stregoni. Ha legato solo, molti anni dopo, con hobbit giovanissimi, che amavano ascoltare le sue storie (a cui il resto del paese non aveva mai creduto).
Solo più avanti, quando Bilbo fa il suo vero discorso d'addio a Gandalf, scopriamo con una certa sorpresa che l'eternamente giovane e stravagante hobbit non ha vissuto una vita felice. Prospera e stravagante sì, ma non felice. C'era in lui qualcosa che gli rendeva sempre più insopportabile l'aria serena e assai provinciale della Contea, una strana inquietudine che lo faceva sentire osservato, troppo osservato. Dai vicini, dai Sackville-Baggins... e dall'Anello, quell'Anello che aveva da tempo deciso di lasciare a Frodo insieme a tutte le altre proprietà ma da cui non riesce a staccarsi, e che finisce per chiamare "il suo tesoro" (senza strascicare le esse, si spera). Per fargli infine abbandonare l'Anello Gandalf deve trasformarsi da amichevole stregone in minaccioso avversario.
Un po' suo malgrado, un po' impaurito, Bilbo riesce però ad abbandonare volontariamente l'Anello, unico tra tutti i portatori a parte Sam (che però lo tiene solo per poche ore). In sessantadue anni l'Anello non è mai riuscito ad esercitare su di lui altro che una blanda dipendenza, ed è dall'Anello e dallo strano potere che ha preso su di lui che Bilbo scappa nella notte verso le Montagne, sentendosi sollevato non appena è riuscito a cederlo.
Del resto, si sa, con gli hobbit l'Anello non avrà mai un gioco facile; e Bilbo è l'unico Portatore che, subito dopo esserne entrato in possesso, ha compiuto un atto di misericordia del tutto gratuito e dettato solo dalla compassione.
Una volta ceduto l'Anello, Bilbo si tirerà fuori dalla vicenda, e da questo momento si limiterà ad osservarla da lontano, né più né meno di quel che fa il lettore.
*e che era in realtà la storia contenuta nella versione originale de Lo Hobbit. In seguito Tolkien riscrisse il capitolo sull'incontro con Gollum per adattarlo alle vicende successive.
3 commenti:
Adoro le coincidenze. Ho ricominciato a leggerlo anche io, stavolta dalle appendici, per capire meglio e di piú.
Sarà, ma da qualche giorno, mi sento come... a casa.
Mi sono imbarcata in un'impresa davvero davvero ardua, mi sento come Bilbo che continua a pensare alla sua confortevole grotta con la dispensa piena di cibo...insomma, tutto questo per dire che sto preparando per il VDL la recensione del Signore degli Anelli in tre puntate. Ho cominciato ad agosto, forse per Natale c'è la faccio (le lectures su i-tunesU finiscono a inizio dicembre).
A proposito di coincidenze! :-)
@Linda:
Ma che meraviglia di coincidenza ^__^
Sì, anche per me è sempre come tornare a casa.
@ Alice:
vedo che le coincidenze si moltiplicano. E chissà che non c'entri qualcosa l'arrivo di un certo film, tra un mesetto...
Hai avuto un'ottima idea, e sono sicura che te la caverai nel migliore dei modi, proprio come Bilbo
Intanto, buon lavoro ^__^
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