Uno studente supplica invano la prof. Legree per avere una piccola dilazione per i compiti.
Sullo sfondo il cotone, che si sforza di essere il più produttivo possibile nella speranza di evitare le sferzate
Sullo sfondo il cotone, che si sforza di essere il più produttivo possibile nella speranza di evitare le sferzate
Per la legge del contrappasso, dopo il prof. Blasio arrivò la prof. Legree. All'epoca costei faceva ancora le supplenze annuali, ma si era già conquistata una certa reputazione. Neanche a farlo apposta, la sua cattedra era a metà con il blasonato liceo scientifico dove andavano le mie amiche, così potemmo rimbalzarci pettegolezzi e voci di corridoio.
Costei era terribile. Una vera negriera. Avrebbe perfino messo alla frusta i semi del cotone, per farli produrre di più. Ed era strettissima di voti.
Beh, diciamo che non regalava niente. E che si era ritrovata con una classe all'ultimo anno che il grande e leggendario prof. Blasio aveva lasciato nelle secche della letteratura del Seicento. Era una fedele adepta della critica marxista, ma comunque qualsiasi scuola critica dà per scontato che per studiare l'Ottocento e il Novecento ci voglia una certa consapevolezza di quel che era andato maturando nella seconda metà del Settecento, né le accorte lezioni di storia del prof. Ruf riuscivano a soccorrerci a tal riguardo, quand'anche avessimo tentato di ascoltarle. Ora che ci penso, nelle prime settimane la Legree tentò effettivamente degli agganci introdotti dalla celebre frase "come avete fatto a storia", ma col tempo perse l'abitudine e si rassegnò a darci un po' di coordinate storiche che ci permettessero di seguire le sue argomentazioni.
Il primo impatto fu drammatico per tutti. Lei, quando scoprì dove eravamo arrivati col programma, sbiancò e mormorò un flebile "Non è possibile" (e ricordo di averla trovata davvero un po' esagerata, pur comprendendo il suo punto di vista: e la miseria, era un programma di Italiano, non una questione di vita o di morte. Saremmo sopravvissuti tutti quanti, giusto?).
Noi, alla consegna del primo tema, guardammo con orrore quei voti così mirabilmente bassi, e in molti casi addirittura insufficienti e ci domandammo quale sarebbe stata la nostra infelice sorte (anche lì, forte di un qualcosa intorno al sette che era comunque uno dei cinque voti più alti della classe, ricordo di aver trovato un po' eccessivo il gran lamentare che si faceva intorno a me: e la miseria, un periodo di adattamento ci voleva sempre, al cambio di un insegnante, giusto?).
Quell'anno la classe desiderava assai vibrare e tremare ed entrare in ansia: perché a Giugno ci aspettava nientemeno che la Maturità, terribile mostro a sette teste (che nel caso del liceo classico era una tigre di carta, perché passavano tutti) dove tutti noi saremmo stati impallinati senza pietà come quaglie alla riapertura della caccia. Tragedia, tragedia, terribile tragedia! E in qualche modo la nostra ansia veniva probabilmente anche dalla prof. Legree, vuoi che temesse di non essere all'altezza dell'immane compito di darci una preparazione adeguata, vuoi che, pur essendo un'ottima insegnante, tendesse comunque a drammatizzare un po' le cose.
La frusta schioccò sulle nostre teste e tutti noi chinammo il capo e cominciammo a studiare furiosamente. Appunti, appunti e ancora appunti. Tonnellate di appunti riempirono i nostri quaderni. Dopo un mese eravamo tutti esperti Settecentisti e si partì col programma vero e proprio - un programma un po' aggiornato, perché nel nostro arcaico Salinari mancavano diversi autori a quanto pareva imprescindibili - ad esempio Porta, Baudelaire, Verlaine - nonché testi imprescindibili - ad esempio l'introduzione al Didimo Chierico di Foscolo, che in verità non ci sembrò poi così imperdibile, e quella del Ritratto di Dorian Gray di Wilde, che in effetti mi convinse molto di più. E Germinal, che in molti lessero (ma io no, per una volta: perché avevo già preso in mano una volta un romanzo di Zola, e mi ero resa conto che non era pane per i miei denti). Fotocopie, fotocopie e ancora fotocopie, non solo di testi ma anche di saggi critici. Gramsci a colazione, pranzo e cena. Auerbach, Fubini, Spitzer. L'erlebte rede di Verga, col suo coro di parlanti popolari semireale, l'interpretazione figurale di Dante e l'onnipresente intellettuale organico, che invece di suonare l'organetto alle feste di paese o all'angolo di strada aiutava a prendere coscienza di sé la classe sociale che rappresentava. Croce per diritto e per rovescio (no, non il punto da ricamo, bensì il celebre critico e filosofo) e una barcata di altra gente. Arrivammo a Pirandello, un po' stremati, più dieci canti di Dante spiegati in modo davvero mirabile.
Studiammo tutti, con devozione e con accanimento, in qualche caso (per esempio io, ma non solo) anche con una certa passione. Non ho mai preso molto sul serio la critica letteraria, ma con lei per la prima e unica volta ebbi l'impressione che forse non era solo un'esasperante serie di seghe mentali, ma poteva perfino servire a capire meglio un testo. La scintilla del Grande Amore comunque non scoccò mai, con nessuno, per quel che ne so.
Era all'apparenza piuttosto fredda, in cattedra - dico all'apparenza perché mi sembra che mettesse molta passione nel suo lavoro: in fondo ci fece un bel po' di ore in più aggratis, e una valanga di interrogazioni fuori classe, né si risparmiò mai in alcun modo; ma in classe, quando c'era lei, la temperatura emotiva era decisamente fredda. Era bassa di voti ed esigente e correttissima come la prof. Della Gherardesca, era elegante come lei, come lei non si allargava e non si intrometteva, ma certo con la prof. Legree non si stabilì mai nemmeno un'ombra di quella confidenza o di quella complicità che in un anno di stretta convivenza sono quasi inevitabili. Ad ogni modo io ne ho conservato un buon ricordo, perché quel che diceva mi interessava, e anche quando non mi interessava mi dava l'impressione che un giorno, in futuro, avrebbe potuto interessarmi e quindi lo ascoltavo comunque con attenzione.
Anche qui c'è un epilogo a sorpresa. Qualche anno fa mi telefonò Sary, annunciandomi che un nostro compagno di classe aveva iscritto sua figlia al nostro liceo, e lo aveva fatto al solo scopo di assicurargli la Legree come insegnante.
"Boh, è una scelta come tante" commentai "Era senz'altro una brava insegnante, però, dopo trent'anni non so se..."
"Sì, ma tu non la odiavi" ribatté Sary "E non cambiavi marciapiede quando la vedevi per non salutarla".
"Non penso proprio che l'avrei fatto" ammisi "Anche se in effetti non l'ho mai incontrata. Ma di sicuro non la odiavo, anzi ne ho un buon ricordo".
"Per l'appunto. Lui invece la odiava".
Il cuore umano è, invero, un curioso guazzabuglio - né, in effetti, il nostro comune compagno di classe ci è mai sembrato una persona particolarmente notevole per buon senso. Ma, se mai qualcuno dei miei alunni mi ha odiato o mi odierà, spero caldamente che si astenga dal mandarmi qualche suo figlio a scuola apposta perché mi abbia per insegnante. Lo troverei piuttosto inquietante, ecco.
Beh, diciamo che non regalava niente. E che si era ritrovata con una classe all'ultimo anno che il grande e leggendario prof. Blasio aveva lasciato nelle secche della letteratura del Seicento. Era una fedele adepta della critica marxista, ma comunque qualsiasi scuola critica dà per scontato che per studiare l'Ottocento e il Novecento ci voglia una certa consapevolezza di quel che era andato maturando nella seconda metà del Settecento, né le accorte lezioni di storia del prof. Ruf riuscivano a soccorrerci a tal riguardo, quand'anche avessimo tentato di ascoltarle. Ora che ci penso, nelle prime settimane la Legree tentò effettivamente degli agganci introdotti dalla celebre frase "come avete fatto a storia", ma col tempo perse l'abitudine e si rassegnò a darci un po' di coordinate storiche che ci permettessero di seguire le sue argomentazioni.
Il primo impatto fu drammatico per tutti. Lei, quando scoprì dove eravamo arrivati col programma, sbiancò e mormorò un flebile "Non è possibile" (e ricordo di averla trovata davvero un po' esagerata, pur comprendendo il suo punto di vista: e la miseria, era un programma di Italiano, non una questione di vita o di morte. Saremmo sopravvissuti tutti quanti, giusto?).
Noi, alla consegna del primo tema, guardammo con orrore quei voti così mirabilmente bassi, e in molti casi addirittura insufficienti e ci domandammo quale sarebbe stata la nostra infelice sorte (anche lì, forte di un qualcosa intorno al sette che era comunque uno dei cinque voti più alti della classe, ricordo di aver trovato un po' eccessivo il gran lamentare che si faceva intorno a me: e la miseria, un periodo di adattamento ci voleva sempre, al cambio di un insegnante, giusto?).
Quell'anno la classe desiderava assai vibrare e tremare ed entrare in ansia: perché a Giugno ci aspettava nientemeno che la Maturità, terribile mostro a sette teste (che nel caso del liceo classico era una tigre di carta, perché passavano tutti) dove tutti noi saremmo stati impallinati senza pietà come quaglie alla riapertura della caccia. Tragedia, tragedia, terribile tragedia! E in qualche modo la nostra ansia veniva probabilmente anche dalla prof. Legree, vuoi che temesse di non essere all'altezza dell'immane compito di darci una preparazione adeguata, vuoi che, pur essendo un'ottima insegnante, tendesse comunque a drammatizzare un po' le cose.
La frusta schioccò sulle nostre teste e tutti noi chinammo il capo e cominciammo a studiare furiosamente. Appunti, appunti e ancora appunti. Tonnellate di appunti riempirono i nostri quaderni. Dopo un mese eravamo tutti esperti Settecentisti e si partì col programma vero e proprio - un programma un po' aggiornato, perché nel nostro arcaico Salinari mancavano diversi autori a quanto pareva imprescindibili - ad esempio Porta, Baudelaire, Verlaine - nonché testi imprescindibili - ad esempio l'introduzione al Didimo Chierico di Foscolo, che in verità non ci sembrò poi così imperdibile, e quella del Ritratto di Dorian Gray di Wilde, che in effetti mi convinse molto di più. E Germinal, che in molti lessero (ma io no, per una volta: perché avevo già preso in mano una volta un romanzo di Zola, e mi ero resa conto che non era pane per i miei denti). Fotocopie, fotocopie e ancora fotocopie, non solo di testi ma anche di saggi critici. Gramsci a colazione, pranzo e cena. Auerbach, Fubini, Spitzer. L'erlebte rede di Verga, col suo coro di parlanti popolari semireale, l'interpretazione figurale di Dante e l'onnipresente intellettuale organico, che invece di suonare l'organetto alle feste di paese o all'angolo di strada aiutava a prendere coscienza di sé la classe sociale che rappresentava. Croce per diritto e per rovescio (no, non il punto da ricamo, bensì il celebre critico e filosofo) e una barcata di altra gente. Arrivammo a Pirandello, un po' stremati, più dieci canti di Dante spiegati in modo davvero mirabile.
Studiammo tutti, con devozione e con accanimento, in qualche caso (per esempio io, ma non solo) anche con una certa passione. Non ho mai preso molto sul serio la critica letteraria, ma con lei per la prima e unica volta ebbi l'impressione che forse non era solo un'esasperante serie di seghe mentali, ma poteva perfino servire a capire meglio un testo. La scintilla del Grande Amore comunque non scoccò mai, con nessuno, per quel che ne so.
Era all'apparenza piuttosto fredda, in cattedra - dico all'apparenza perché mi sembra che mettesse molta passione nel suo lavoro: in fondo ci fece un bel po' di ore in più aggratis, e una valanga di interrogazioni fuori classe, né si risparmiò mai in alcun modo; ma in classe, quando c'era lei, la temperatura emotiva era decisamente fredda. Era bassa di voti ed esigente e correttissima come la prof. Della Gherardesca, era elegante come lei, come lei non si allargava e non si intrometteva, ma certo con la prof. Legree non si stabilì mai nemmeno un'ombra di quella confidenza o di quella complicità che in un anno di stretta convivenza sono quasi inevitabili. Ad ogni modo io ne ho conservato un buon ricordo, perché quel che diceva mi interessava, e anche quando non mi interessava mi dava l'impressione che un giorno, in futuro, avrebbe potuto interessarmi e quindi lo ascoltavo comunque con attenzione.
Anche qui c'è un epilogo a sorpresa. Qualche anno fa mi telefonò Sary, annunciandomi che un nostro compagno di classe aveva iscritto sua figlia al nostro liceo, e lo aveva fatto al solo scopo di assicurargli la Legree come insegnante.
"Boh, è una scelta come tante" commentai "Era senz'altro una brava insegnante, però, dopo trent'anni non so se..."
"Sì, ma tu non la odiavi" ribatté Sary "E non cambiavi marciapiede quando la vedevi per non salutarla".
"Non penso proprio che l'avrei fatto" ammisi "Anche se in effetti non l'ho mai incontrata. Ma di sicuro non la odiavo, anzi ne ho un buon ricordo".
"Per l'appunto. Lui invece la odiava".
Il cuore umano è, invero, un curioso guazzabuglio - né, in effetti, il nostro comune compagno di classe ci è mai sembrato una persona particolarmente notevole per buon senso. Ma, se mai qualcuno dei miei alunni mi ha odiato o mi odierà, spero caldamente che si astenga dal mandarmi qualche suo figlio a scuola apposta perché mi abbia per insegnante. Lo troverei piuttosto inquietante, ecco.
6 commenti:
Io trovo inquietante di per sè che comincino ad arrivare i figli dei miei ex-alunni ;-)
(per il ritratto è proprio bello :-)
@La Prof:
altroché, se non è inquietante!
Ecco a una così affiderei mio figlio!
Troppa melassa scorre nelle classi.
Certo meglio la Legree della Permaflex, che addirittura questionava sulla nostra vita sentimentale...
(Mel, è successo un miracolo: il tuo commento NON ERA NELLA SPAM!)
Evviva! Pensa che nel blog di Lanoisette i miei commenti finiscono direttamente nella pattumiera.
Gr grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!
Chi disprezza compra, e chi odia poi ama. C'è un tempo per la sedimentazione e il vostro compagno di classe si deve essere reso conto che tutto sommato meglio una severità rigorosa ch uno stolido laissez faire.
Bellissimo ritratto, anyway!
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