Il prof. Blasio, qui ritratto mentre preparava le sue lezioni
Sulla carta era uno dei Grandi Nomi del nostro glorioso Liceo, nonché uno dei motivi di vanto della nostra gloriosa sezione. Era in effetti un nome di un certo peso, e non solo a livello cittadino. Molti suoi alunni lo hanno indicato come il loro insegnante di riferimento, e quando è morto ne hanno lodato senza mezze misure la preparazione, la grande cultura, la competenza ma anche e soprattutto quella capacità di rendere viva la materia e di appassionare le scolaresche scolpendo nelle loro tenere menti non solo versi e brani e analisi critiche, ma anche e soprattutto parametri di giudizio e coordinate culturali. E pare fosse anche un'ottima compagnia nelle escursioni fuori scuola che a volte organizzava.
"Eh, adesso che siete al liceo avrete il prof. Blasio" - ci dicevano i nostri colleghi dell'ultimo anno "Vedrete, vedrete le meraviglie". E sembrava quasi che ce lo invidiassero, il grande privilegio di riaverlo al primo anno del triennio.
A noi non fece né caldo né freddo. E siamo ancora qui a domandarci che cosa ci avessero trovato, di tanto mirabolante, gli altri.
E' chiaro che il prof. Blasio per noi è stato un'occasione persa, ma come abbiamo fatto a perderla non l'ho ancora capito. Certo non per colpa di pregiudizi, perché se mai su di lui ne avevamo, erano a suo favore.
Ma non funzionò sin dalle primissime lezioni.
In cuor mio ho sempre coltivato la personalissima teoria che alla base ci fosse prima di tutto un problema di genere; eravamo infatti verso la fine degli anni '70, cioè in quegli anni in cui la gran parte del genere maschile* scoprì che quasi tutto quel che pensava e diceva sulle donne era sbagliato. In molti si sforzarono di rimediare a quest'increscioso stato di cose, ma per alcuni disincagliarsi da vecchie pastoie si rivelò piuttosto difficile se non impossibile.
In classe eravamo 21 ragazze e buona parte dei 7 ragazzi erano stati fin dall'inizio espulsi all'esterno del gruppo per manifesta inadeguatezza. Inoltre, specie dopo due anni di ginnasio in cui la De Divinis ci aveva fatto da maestra unica, il concetto che la conoscenza si trasmetteva per via femminile era in noi saldamente ancorato - per abitudine, più che per convinzione, né il prof. Ruf aveva fatto molto per riequilibrare le nostre idee in proposito. E il prof. Blasio trattava noi fanciulle con un blando paternalismo di cui era beatamente inconsapevole, ma che noi percepivamo con chiarezza e che ci irritava assai. Ci colpì molto ad esempio il racconto che ci fece, di quando, anni prima, leggeva in classe l'Ariosto Spinto** dopo aver allontanato l'unica alunna femmina in biblioteca. Era chiaro di come non si rendeva conto che una classe composta per tre quarti di fanciulle rampanti non era in grado di apprezzare nel migliore dei modi una storia del genere.
C'era poi il fatto che fumava. Ora, all'epoca a scuola tutti fumavano senza problemi - ma in corridoio. In classe c'era un bel cartello con su scritto "VIETATO FUMARE", proprio dietro la cattedra. Quando una fanciulla del primo banco (che tra l'altro aveva problemi di nausee ricorrenti e non sopportava il fumo) osò protestare, si sentì rispondere che la multa era di 10.000 lire e lui era disposto a pagarla - e per meglio dimostrarlo tirò fuori una bella banconota croccante da 10.000 lire e la poggiò sulla cattedra in un silenzio di gelo. Quando poi un'altra fanciulla accanita fumatrice suggerì che, in tal caso, tutti avevamo il diritto di fumare, si sentì rispondere di no - non ricordo se in osservanza del divieto, che per noi valeva, per qualche oscuro motivo, o se perché noi eravamo ventotto mentre lui era uno o, più semplicemente, perché lui era lui e noi non eravamo un cazzo. E non son gesti e risposte che predispongono a tuo favore una scolaresca***. Anche il fatto che Sabato, nella stagione di caccia, lui fosse regolarmente assente non contribuì a entusiasmarci nei suoi confronti****.
Può darsi dunque che qualcosa di non troppo facilmente quantificabile da parte nostra non gli abbia dato il giusto slancio - resta il fatto che con noi non faceva una sega.
Lo abbiamo avuto negli ultimi due anni della carriera. La quale carriera, sembra, dice, narrano, si fosse incagliata sulle secche di una cattedra universitaria non ottenuta in barba ai suoi numerosi titoli, togliendogli l'entusiasmo e la verve che abitualmente profondeva nel suo lavoro; e dire che, comunque, la cattedra non gliel'avevamo negata noi non serve a nulla perché l'entusiasmo, come il coraggio, se uno non ce l'ha non può darselo.
Può darsi che fosse semplicemente stufo. Può darsi che boh. Comunque, con noi lavorò ben poco, e noi con lui; il che contribuì vieppiù a innervosirci perché eravamo una classe molto ben disposta verso la letteratura italiana.
Un po' di poesia delle origini (fatta piuttosto bene, devo dire), un po' di Dolce Stil Novo e poi Dante, due lezioni su Petrarca senza interrogazione (fatte bene pure quelle, mi accorsi quando ripresi in mano Petrarca alla SSIS), Boccaccio da studiare durante l'estate e archiviato con un'oretta di ripasso generale all'inizio del secondo anno.
L'anno dopo un pizzico di Dante, un po' di Ariosto spelluzzicato (compreso qualche bocconcino dell'Ariosto Spinto), un vago accenno al Seicento, e morta lì. L'unico autore fatto a dovere fu Machiavelli, anche perché c'era la richiesta tassativa di recitare la Mandragola a fine anno. Noi non avevamo nessuna voglia di recitare la Mandragola, ma nessuno osò dirlo apertamente e quindi per tutto l'anno una volta alla settimana restammo un'ora in più in classe a provare - il che ci permise forse di rafforzare il nostro buon rapporto come classe ma, garantisco, non ci trasformò in attori men che canini.
Si raccontavano cose mirabolanti delle Mandragole di fine anno del prof. Blasio, sui prodigi di scenografia, allestimento, costumi e non so che altro. Della nostra, meno si parla e meglio è (con l'eccezione delle musiche: una delle due musiciste della classe trovò delle musiche del Cinquecento e improvvisò un piccolo coro con una mezza dozzina di soprani con cui vennero cantate le canzoni. Il risultato era davvero gradevole. Peccato durasse circa sette minuti complessivi mentre la rappresentazione toccava le due ore).
Anche se una cosa merita di essere ricordata, di quella Mandragola: la favolosa parodia che Sary fece di un monologo di Lucrezia (il personaggio che interpretava) e che qui trascrivo fedelissimamente:
"Io ho sempre mai dubitato che la voglia che messer Blasio ha di fare la Mandragola non ci faccia fare qualche errore; e per questo sempre che lui ci ha parlato d'alcuna cosa ne sono stata in gelosia e sospesa, massime poi che m'intervenne quel che voi sapete per andare a Borgunto*****. Ma di tutte le cose che si sono tentate questa mi pare la più strana, di avere a sottomettere la faccia mia a questo vituperio, ed esser cagione che il Blasio muoia (dalle risate) per vituperarmi; che io non crederei, se noi fussimo i soli attori rimasi al mondo, e da noi avesse a risurgere l'umano teatro, che ci fusse tal schifo concesso"******
Intendiamoci, nessuno di noi aveva niente contro la Mandragola, anzi. La trovavamo assai ben scritta e molto divertente; e avremmo tanto voluto che la recitasse qualcuno in grado di renderle maggior giustizia.
L'anno finì e il prof. Blasio andò in pensione; come regalino d'addio ci lasciò tutti i voti alzati di un punto e metà del programma non fatto.
La storia ha un curioso epilogo. L'anno dopo c'era l'esame di maturità, e pur gemendo tutti quanti sotto il peso delle valanghe di compiti che ci assegnava la prof. Legree, a qualcuno venne in mente di andare da lui a chiedere lumi perché "certe cose del programma non erano molto chiare".
Quali fossero queste cose non molto chiare francamente non saprei dire - ma naturalmente mi infilai nel gruppo, un po' per vedere cosa ci avrebbe scodellato quell'uomo e un po' per compagnia. Il risultato furono sei lunghe lezioni, tenute nell'ampio e comodo salotto di casa sua, arrampicati e accovacciati un po' dove potevamo. Lezioni vere, ricche, dense e particolareggiate. Il fatto che lui appoggiasse un'altra scuola critica rispetto alla prof. Legree le rendeva vieppiù affascinanti - era come guardare il mondo attraverso una lente diversa. E finalmente mi feci un'idea del motivo per cui si era parlato di dargli una cattedra universitaria.
Siccome non c'era stato assolutamente modo di fissare un qualche tipo di compenso, finite le lezioni gli spedimmo a casa una cassa di vini (che spero siano risultati di suo gradimento); e mai ci spiegammo perché ci avesse regalato sei ottime lezioni di sì gran pregio, pur avendocele sempre ostinatamente negate in quei due anni in cui lo stato gli versava regolarmente uno stipendio appunto perché ce le tenesse.
*naturalmente c'erano (come c'erano sempre stati) anche uomini che, vuoi per essere stati educati all'estero, vuoi per loro personale capacità, avevano sempre considerato le donne normali esseri umani e come tali a loro si rapportavano. Per costoro l'avvento del femminismo non comportò particolari rivoluzioni dei piani mentali.
**E "l'Ariosto Spinto" rimase per noi una categoria letteraria, esattamente come il Dolce Stil novo o il Romanticismo.
***No, nessun altro insegnante tirò mai fuori una sigaretta in nostra presenza, nemmeno quelli che notoriamente fumavano con gran gusto al di fuori delle ore lavorative.
****Per tacere dei colleghi, che un paio di volte in nostra presenza mostrarono evidenti segni di contrarietà davanti a questa sua tendenza. O forse davanti al fatto che Lui Poteva e che la dirigenza non gli diceva niente perché, appunto, Lui Poteva.
*****La frazioncina nel cui teatrino parrocchiale avvenne l'abominevole rappresentazione, sulla quale mi permetto di stendere un pietoso e ben spesso coltrone.
******Il testo originale di Machiavelli recita:
"Io ho sempre mai dubitato che la voglia che messer Nicia ha d'aver figliuoli non ci faccia fare qualche errore; e per questo sempre che lui m'ha parlato d'alcuna cosa, io ne sono stata in gelosia e sospesa, massime poi che m'intervenne quel che voi sapete per andare ai Servi. Ma di tutte le cose che si sono tentate questa mi pare la più strana, di avere a sottomettere il corpo mio a questo vituperio, ed esser cagione che un uomo muoia per vituperarmi; che io non crederei, se io fussi sola rimasa al mondo , e da me avesse a risurgere l'umana natura, che mi fusse simile partito concesso"
5 commenti:
Quanto alla tua ultima domanda, davvero: perché?
I miei prof non li ricordo più. E non solo perché sono invecchiata.
Forse erano solo, tremendamente, insignificanti?
Un saluto!
p.s. Le mie ferie sono finite già da un po', ma lo spirito ancora langue e non ho voglia di rituffarmi nella normalità. :)
Probabilmente il tuo prof. era così assorbito dal mito universitario da non riuscire a rendere in classe quanto poteva, una questione di motivazione ipotizzo.
@ Prof e Mel:
ah, saperlo, saperlo...
@Linda
Le paraferie di Agosto, quando si lavora ma si possono ignorare un sacco di cose della consueta vita normale perché quasi tutto il mondo dorme sono sempre piacevoli.
E comunque, bentornata ^__^
Per il resto, con gran sorpresa di chi mi sta intorno mi ricordo davvero un sacco di cose. Taluni, addirittura, sostengono che me le invento completamente... :)
Sono la citata Sary e confermo - per quel poco che la mia labile memoria mi concede di ricordare - anche le virgole di questo post, che rievoca tempi lontani, ma ben impressi nei nostri cuori, in cui la scuola e la letteratura hanno inciso tracce profonde, purtroppo e fortunatamente...
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