Il mio blog preferito

domenica 12 gennaio 2025

La tortuosissima saga dell'attorcigliata burocrazia scolastica - 2 - Il Gran Consiglio (orientativo)

Un povero micio sperso nell'albero di Natale. I suoi occhi perplessi e le sue orecchie allargate tradiscono la Grande Domanda "E mo' come esco da qui?"

Il Consiglio Orientativo per gli alunni della Terza media è una vecchia istituzione, tanto che c'era già cinquant'anni fa, quando le medie le facevo da alunna. Con me lo risolsero con la formula riservata a quelli bravi può frequentare qualsiasi tipo di scuola. Voleva dire, immagino, che potevo andare sia al classico che allo scientifico visto che scrivevo molto bene e con la matematica me la cavavo onorevolmente*; a nessuno venne in mente che avrei potuto trarre un qualche frutto da tecnici o professionali, riservati notoriamente alle scartine. 
Per quanto riguarda l'orientamento, ricordo che si risolse in un garbato appello della nostra insegnante di Lettere che ci ricordò che non esistevano solo i licei - un concetto certamente valido di per sé, ma la nostra era una scuola popolata per lo più da figli di laureati più che convinti che solo il liceo forma la mente, e soprattutto nessuno ci aveva mai detto alcunché su queste insulse scuole che non erano licei e perciò apparivano del tutto indegne della nostra bella presenza.
Immagino che oggi ci penserebbero un po' di più prima di mandarmi al classico a scatola chiusa - almeno, confido che mi avrebbero mi avrebbero per lo meno fatto qualche questionario e presentato un po' di scuole alternative, perché l'orientamento ormai viene affrontato piuttosto seriamente e lo spettro del Consiglio Orientativo incombe maestoso su tutta quella parte dell'anno scolastico della Terza che precede Natale.

Come funziona adesso la formulazione del Consiglio Orientativo?
Il Consiglio (di Classe) si riunisce, sfoglia la lista degli alunni e stabilisce quale scuola gli alunni in questione dovrebbero frequentare a parer loro. Naturalmente prima viene chiesto più volte agli alunni in questione dove vorrebbero andare e cosa vorrebbero fare, se n'è parlato con le famiglie - anzi non è raro che le famiglie in questione si consultino con gli insegnanti valutando in lungo e in largo la questione - e insomma, dietro c'è un certo lavoro di preparazione che è cominciato già in Seconda. Nel frattempo i ragazzi seguono il corso di orientamento, vanno a visitare scuole, si consultano tra loro e con fratelli e amici, discutono in famiglia eccetera. Ma alla fine il Consiglio si ritrova alle prese con la lista dei nomi e una gran serie di punti interrogativi in testa e i punti interrogativi vengono discussi con pazienza. E non voglio dire che sia complicato come eleggere il presidente della repubblica, ma insomma non è cosa che venga presa alla leggera. 
Ordunque il Consiglio, sennato o meno che sia, viene alfine formulato e a quel punto si tratta solo di consegnarlo alle famiglie che ne faranno quel che meglio credono - perché appunto di consiglio si tratta; e se è vero che ci sono sempre in ogni classe famiglie dure come le pigne verdi che rifiutano di ascoltare la voce della ragione e del buon senso, nella gran parte dei casi c'è sincera collaborazione con gli insegnanti, perché certo nessuna delle parti in causa desidera che l'uccellino, colomba, falchetto o aquilotto che sia condotto nel nido sbagliato o lasciato implume e indifeso in balìa degli animali da preda.

Quando ho cominciato a insegnare, sull'orlo del Duemila, il Consiglio Orientativo era una strisciolina di carta da compilare che veniva poi consegnata dal Coordinatore alle famiglie nel corso del Gran Ricevimento di Natale. Anzi, non di rado il Coordinatore disponeva di qualche gentil collega che compilava le striscioline per lui - insomma, il confezionamento materiale del Consiglio era di gran lunga la parte più semplice della faccenda.
A quei tempi, poverini noi, non avevamo ancora la gran fortuna di avere il registro elettronico Argo.

Adesso invece lo abbiamo. 
Non solo, abbiamo anche una nuova VicePreside, che è una perfetta incarnazione dello Spirito della Complicazione Butocratica. Costei ha arricchito il nostro lessico - per esempio abbiamo imparato che le recite o le mostre al termine dei vari laboratori non sono, appunto "recite" o "mostre", bensì "restituzioni"* - e cavare da lei una risposta semplice a una domanda semplice, del tipo "Vuoi un panino con il prosciutto?" "No" è probabilmente impossibile (va detto però che io ci sto provando da soli sei anni, anche perché prima costei lavorava altrove). A lei dobbiamo una fioritura di moduli piuttosto contorti e una lunga serie di comunicazioni, scritte o vocali ricche di periodi in sospeso e di oscuro significato. Non sono rari i casi in cui, verso il quarto inciso e la sesta subordinata ho letteralmente urlato in mezzo alla strada "Soggetto, predicato e complemento oggetto!" rovinandomi così la reputazione presso la popolazione indigena di St. Mary Mead, che dopo quasi vent'anni che insegno lì ormai sa benissimo chi sono e cosa faccio di mestiere.

Non tutte le complicanze dei moduli con cui noi e le famiglie degli alunni combattiamo tutti i giorni sono colpa sua, naturalmente: lo spirito della Brutale Semplificazione scorre assai debole nel corpo insegnanti, altrimenti non starei a fare questa serie di post. Tuttavia, nel caso del modulo del Consiglio Orientativo l'autrice è proprio lei. 
Ed ecco, in spregio ad ogni elementare norma di riserbo istituzionale, una fedele riproduzione del prezioso schema per il Consiglio Orientativo

ISTITUTO COMPRENSIVO di St. MARY MEAD

CONSIGLIO ORIENTATIVO

A.S. 2024/2025



Il Consiglio di classe tenuto conto di:


- strategie di apprendimento, abilità di studio e metodo di lavoro acquisiti

- attitudini e inclinazioni evidenziate

- interessi e motivazioni espressi

- competenze acquisite

- progressi di apprendimento e di sviluppo cognitivo e relazionale personale, evidenziati nel corso degli studi 

- attività di recupero e/o potenziamento in corso


ritiene che per l’alunno/a _____________________________________  della classe ___________ possano meglio rispondere alle esigenze personali di crescita, sviluppo e maturazione la tipologia di scuola sotto indicata: 


Difficile immaginare un modo più farraginoso di introdurre un consiglio orientativo: il malcapitato alunno di cui ci si ricorda di dire il nome solo dopo la lunga sbrodolata ha acquisito strategie di apprendimento, abilità di studio e metodo di lavoro  - e già qui ci sarebbe parecchio da discutere: ci siamo occupati di farlo lavorare? Cosa si intende esattamente per "lavoro", nell'ambito di una scuola media? Li abbiamo mandato a raccogliere le olive? (Sì, ogni tanto lo abbiamo fatto, ma dubito che in tutto il corpo docenti della nostra scuola ci sia qualcuno in grado di insegnare granché a riguardo: qualcuno di noi magari a Novembre va nel podere di famiglia a raccogliere olive per la spremitura con qualche parente, ma lo fa in modo assai amatoriale; stesso discorso vale per la coltivazione dell'orto della scuola e per le scaffalature dipinte nel laboratorio artigianale). 
Poi la creaturina ha anche acquisito "competenze", ma ci ricordiamo di dirlo solo due righe dopo.
Nel frattempo gli alunni, bontà loro, hanno anche espresso ed evidenziato attitudini, inclinazioni, interessi e motivazioni. Dal canto nostro, ci siamo anche occupati di recuperarli e potenziarli.
Si potrebbe dire in modo più elegante e meni ripetitivo?
Certo che si potrebbe, e anzi davvero si dovrebbe: che schifo di italiano dimostriamo di avergli insegnato, scrivendo in questo modo?
Ecco, il vero problema secondo me è proprio l'italiano, inteso come uso corretto della lingua: il Consiglio infatti, dopo tutto questo gran prendere atto... ritiene che per l'alunno POSSANO a meglio rispondere LA TIPOLOGIA di scuola sotto indicata.
La concordanza tra soggetto e verbo (ovvero: se il soggetto è singolare il verbo ha da essere al singolare, se il soggetto è al plurale altrettanto al plurale dovrà essere il verbo) viene di solito  insegnata già alle elementari, di sicuro alle medie lo ripetiamo... no, la VicePreside non insegna Lettere, ma ha ovviamente compiuto studi superiori se è arrivata in cattedra. Lo stesso vale per chiunque abbia visto o intravisto quello sciaguratissimo testo, e nella commissione dell'orientamento almeno una insegnante di Lettere c'è di sicuro.
D'accordo, l'errore di grammatica si può correggere in corsa, e così abbiamo fatto. Detto questo il documento è sgradevole, e anche quel nome nascosto all'interno di una frase così arzigogolata secondo me è un grosso errore di comunicazione.

Ad ogni modo mettiamoci nei panni degli sventurati genitori: dopo un lungo periodo circonvoluto e che non hanno (si spera) degnato di uno sguardo, arriva finalmente 'sto cazzo di Consiglio Orientativo, che a Delfi per trasmettere il responso di Apollo la facevano meno lunga?
Ebbene no, almeno non subito. A meno che tuo figlio non sia stato ritenuto meritevole di fare un liceo.
Mi guarderò bene dal ripetere la tabella che inseriamo nel nostro modulo, anche perché sarebbe un vero spreco di spazio, e mi limiterò a una breve descrizione: essa comprende un elenco di tutte le possibili opzioni - no, non tutte le possibili opzioni per il singolo e specifico alunno, ma proprio per tutti gli scolari della Repubblica Italiana. 
Naturalmente per prima viene citata l'Istruzione Liceale, poi c'è quella tecnica, quella professionale e infine l'Istruzione e formazione professionale, ovvero i corsi triennali, e per quelli non è specificato niente, ché sia chiaro che si tratta di un generico ghetto dove i genitori pescheranno a casaccio. Insomma tutte le possibilità vengono presentate nel più tradizionale degli ordini gerarchici.
Ora, io figli non ne ho, non ho studiato psicologia e di marketing so davvero pochissimo; e tuttavia mi sorge il sospetto che per il genitore di turno non sia propriamente gratificante dover scorrere tutto l'elenco, lungo l'equivalente di tre paginate su carta, per scoprire infine che l'amata prole è relegata nel ghetto dopo tutti gli altri ordini possibili. Inoltre, non riesco proprio a immaginare che chi viene consigliato di far fare a suo figlio, poniamo, un rispettabile tecnico agricolo, sia poi così interessato a conoscere tutte le altre possibilità a disposizione che ormai, volente o nolente, ha imparato a conoscere nei tre mesi dedicati all'orientamento.
Il fortunato compilatore comunque deve pure lui scorrerle tutti gli ordini di istruzione, alla caccia della crocetta che gli indica cosa consigliamo e che magari può pure sfuggire a una prima lettura. Confesso comunque che l'anno scorso, oltre a correggere l'errore del verbo al plurale e dell'istituto al singolare ho allargato il carattere, messo il grassetto e pure un bel colore rosso che spicca in mezzo a tutta la trafila.

Una volta compilati i moduli poi il file va trasformato in un PDF, e il PDF va caricato sul registro Argo - il quale registro Argo ha un modo tutto suo e perversissimo di raccogliere i file, perché per ognuno va aperta una cartella, da inserire in una particolare area, con una serie di manovre non prive di una loro complessità, e infine condiviso nella classe, ma facendo attenzione che lo possano leggere solo i diretti interessati. Per una classe di una ventina di alunni se ne va una buona oretta.
E' mai possibile che non esista un sistema più rapido per trasmettere alle famiglie il frutto delle nostre fatiche orientative? Viene da pensare che sì, sia possibile.

Quest'anno comunque il Ministero dell'Istruzione (e del Merito) ha deciso di prendere in mano la situazione e di elaborare un proprio e personale modulo che valesse per tutte le scuole italiane. 
L'ho trovata una bella iniziativa perché, quand'anche il modulo fosse un vero cimitero di errori ortografici e sintattici, o costruito in modo da trasformare la ricerca del Consiglio Orientativo in una sorta di caccia al tesoro, in tutti i casi la colpa di tutto ciò sarebbe da imputare appunto al Ministero, e nessun disdoro ne verrebbe a noi poveri insegnanti né alla nostra specifica scuola.
Unico inconveniente: il modulo è arrivato quando i Consigli erano già stati pazientemente compilati e dunque il coordinatore di turno ha dovuto rifarli tutti, dal primo all'ultimo, seguendo lo schema del Ministero.
Non io, per mia buona sorte. E mi piacerebbe poter esprimere un giudizio e cenciare anche il modulo ministeriale ma Argo ha deciso che non posso vederlo, nemmeno a titolo di semplice curiosità, perché quest'anno non coordino una Terza.
Che ci sarebbe di male a vedere il modulo, anche se non devo compilarlo? Loro mica lo sanno che mi sono messa in  testa di coprire di insulti tutta la modulistica scolastica usando allo scopo il mio blog.
Ma, niente, non posso vederlo. Immagino che chiederò comunque in gran segreto a qualche collega di farmelo vedere: dopotutto, un modulo ministeriale non dovrebbe essere protetto dal segreto professionale.

il liceo linguistico ancora non esisteva, e dubito che mi ci sarei fatta onore, visto che mi arrangiavo con una certa difficoltà anche in inglese; di fatto non avevo alcun talento per le lingue, come si vide chiaramente quando affrontai il greco, e anche in latino non mi ero certo coperta di gloria.

** probabilmente il concetto di base dietro quest'insolito uso del vocabolo sta ad intendere che, dopo aver accumulato nuove competenze, abilità e percezioni nel corso delle attività didattiche, le RESTITUISCE agli sventurati genitori e parenti che verranno ad assistere al frutto delle loro fatiche; almeno, ho finito per farmi questa idea ma ho evitato con ogni cura di approfondire la questione con la diretta interessata, perché se si fa una domanda c'è sempre in agguato dietro l'angolo il pericolo di ricevere una risposta. Lunga e contorta.

giovedì 2 gennaio 2025

Haeretica - La tortuosissima saga dell'attorcigliata burocrazia scolastica - 1 - La via più breve tra due punti è l'arabesco

Richiesti di un parere sul proprio lavoro, se si interrogheranno cento insegnanti si avranno almeno ottanta risposte diverse*: chi loderà il gran piacere che gli viene dal rapporto con le giovani e fresche energie del futuro, chi deprecherà la mancanza di principi dei giovani d'oggi, chi lamenterà il problema delle strutture fatiscenti, chi deprecherà l'eccesso di uso delle cosiddette nuove tecnologie e chi criticherà la difficoltà di uso delle medesime, qualcuno si dispiacerà delle criticità dei rapporti con le famiglie, altri piangeranno sulla mancanza di fondi e così via; quasi tutti però alzeranno un gran lamento sull'eccesso di burocratizzazione della scuola.
È, questa, una lamentela fondata? 
Ritengo di poter affermare senza tema di smentita che lo è.
Ci sono dei colpevoli?
Ovviamente sì, ci sono: la scartoffia non esiste in natura. In natura abbiamo coppie monogame, unioni plurisessuali, partenogenesi, genitori che sopprimono la prole, partner che si sopprimono, animali metamorfici e tanti altri fenomeni strani e meravigliosi, ma non risulta attestato in alcun modo il caso di un modulo che si autogeneri o si autoproduca dal niente. La scartoffia esiste solo e soltanto qualora qualcuno la fabbrichi e ne imponga l'uso ad altri esseri. È una perversione prettamente umana, e per forza di cose nasce solo dopo l'invenzione della scrittura e della burocrazia, ovvero un ceto appositamente addestrato a gestire documentazione su carta, pergamena o argilla.
La scartoffia esiste perché gli esseri umani l'hanno inventata, e nemmeno il modulo più insignificante è nato di sua spontanea volontà senza intervento umano. Dietro ogni richiesta, presentazione, attestazione ci sono sempre uno o più esseri umani che si sono seduti da qualche parte a riflettere scervellandosi sul Gran Problema "Come posso complicare ancora un po' questa procedura?" - e quasi sempre trovano ispirazione grazie al benevolo intervento di una Forza Superiore che lo pervade o a un/una collega che premuros* lo soccorre.
E dunque passo alle scartoffie legate all'insegnamento - che a ben guardare sono tante, e che un tempo non c'erano. Non parlo di ieri o dell'anno scorso, ma di quando ero bambina. Ai genitori arrivava un voto, più o meno preventivato, un qualche tipo di giudizio a fine ciclo e una sobria comunicazione che attestava se l'alunno era stato promosso o bocciato. 
Bei tempi? 
Non ne sono molto sicura. Come ho già raccontato sono una figlia d'arte e a quanto mi è sembrato di capire non è che quando lei ha cominciato a insegnare si condividesse molto, né con i genitori né con i colleghi, tantomeno con gli alunni, e il Preside era un'entità piuttosto intrusiva. Il singolo insegnante poteva in cuor suo riflettere sull'essere umano X o Y che gli era stato dato in balìa, e magari anche parlarne con qualche collega con cui era particolarmente in armonia confrontandosi e cercando magari di sgusciare l'ostrica per cavarne fuori la saporita polpa, ma era un procedimento affidato soprattutto alla buona volontà del singolo - che non avendo molte occasioni per confrontarsi magari prendeva delle belle cantonate. Sì, vale anche per le elementari. E non è che siccome insegni tu sia automaticamente un genio della psicologia.
La cosiddetta burocrazia scolastica è nata negli anni 70 del secolo scorso, quando  i Decreti Delegati applicarono un principio non esplicitamente scritto ma tuttavia implicito nella Costituzione: la scuola  è libera, e libero è l'insegnamento ma gli alunni sono liberi cittadini e come tali vanno trattati. E dunque sia loro sia chi ne è responsabile (ovvero  i genitori) vanno tenuti al corrente del processo di apprendimento e domesticazione in corso. 
Ai docenti vengono dunque richieste poche ma essenziali cose:
- una programmazione che spieghi cosa l'insegnante si propone di fare nel corso dell'anno riguardo alla sua materia
- una relazione che illustri poi il cazzo che è effettivamente riuscit* a fare**
- un giudizio cumulativo compilato secondo una griglia che vale per tutta la scuola e che sintetizzi come procede il percorso di apprendimento e domesticazione di cui sopra, compilato a metà anno e a fine anno per ogni alunno dal Consiglio riunito al gran completo***; poi un voto per ogni alunno in ogni materia a metà e a fine anno più un voto per Educazione Civica, che è una materia trasversale. In caso di profitto non sufficiente si tratta di indicare cosa c'è che non va e cosa l'alunn* dovrebbe fare, e in caso di bocciatura c'è una formula un po' complessa da scrivere sul verbale dello scrutinio dove in sintesi viene precisato che il Consiglio ha provato a evitare l'increscioso passo ma non ci è riuscito.
Tutto qui?
No, non proprio: per l'eventuale alunno certificato ci sono un paio di riunioni supplementari alll'anno dove sono coinvolti anche i genitori e lo staff esterno che si occupa dell'alunno, più un piano individualizzato (di cui talvolta ma non sempre  si occupa soprattutto l'insegnante di Sostegno); e infine ci sono i PDP per gli alunni DSA, stranieri o che abbiano altro tipo di problemi, e detti PDP sono di numero e soprattutto di complessità di compilazione variabile.
In teoria si tratta quindi di una mole non eccessiva di documentazione che racchiude in sé sempre e comunque una certa dose di utilità. Non è insomma come scrivere 500 volte "non devo più raccontare bugie" scrivendolo col (proprio) sangue****.
E tuttavia queste scartoffie sono spesso e volentieri un vero inno all'assurdo e una perfetta esemplificazione del rendere il facile assai difficile attraverso l'inutile.
Tutto ciò tuttavia è da imputare non tanto alla cattiva sorte o alla perversità del Ministero dell'Istruzione (non sempre almeno) ma principalmente all'italico genio. Non scordiamoci che siamo l'unico paese (almeno spero) del globo che, invece di timbrare il biglietto prima di salire sul treno o quando è sul tram preferisce obliterare il titolo di viaggio
Che titolo e che viaggio? 
Mistero insondabile. 
Addirittura, siccome qualsiasi turista davanti alla richiesta di obliterare eccetera esplicitata nella sua lingua manderebbe, giustamente, tutti quanti a Fanculo, gli avvisi in lingua straniera (inglese sempre, talvolta anche francese, tedesco e spagnolo) invitano con grande sobrietà gli stranieri a timbrare il biglietto.
Ma noi siamo fatti così, dobbiamo obliterare il titolo di viaggio. E' una cosa che ci viene spontanea perché siamo un popolo dalla grande cultura e dall'eloquio raffinato, e riteniamo nostro preciso dovere quando affrontiamo un tema di una qualche serietà, complicare il facile rendendolo difficile attraverso l'inutile. Vidimiamo la scheda elettorale (invece di votare) obliteriamo il titolo di viaggio (invece di timbrare il biglietto) ed evinciamo questo e quello dal testo di una circolare; meglio ancora, pretendiamo che i genitori dei nostri alunni evincano*****; anche gli stranieri, anche i genitori che si sono fermati alla licenza elementare.
Tutto ciò presenta alcuni inconvenienti, e conto di illustrarli nei prossimi post della serie.

* è una statistica generale: qualora si interrogassero cento insegnanti di lettere i pareri si alzerebbero di numero, secondo una forbice che va dai 130 ai 150 pareri tutti diversissimi tra loro. Se invece si provassero a sondare cento insegnanti di Matematica otterremmo un numero di opinioni che oscilla tra le cinquanta e le sessanta.
** entrambi i documenti sono stati mirabilmente sintetizzati da una amica e collega, il primo nella formula "si farà icché si póle" e il secondo in "e s'é fatto icché s'è potuto", entrambe formule assai mirabili per sobrietà, senso della misura e sincerità.
*** Durante il quale Consiglio quasi inevitabilmente salta fuori che l'alunn* è una specie di Giano bifronte: angelico, pestifero, dolce, razionale, ragionevole, capriccioso, lamentoso, brillante o disperatamente stupido a seconda del momento, della materia e della compagnia che si ritrova intorno, per tacere degli sbalzi di umore tipici della crescita.
**** Cfr. Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
***** ed essi devono evincere, mai eperdere; questo perché siamo una scuola positiva ed evitiamo di sottolineare sconfitte o perdite.

mercoledì 1 gennaio 2025

Un sontuoso e spumeggiante 2025 a tutti!


La ricca e potente regalità del drago unita alla magica vitalità della fenice possa regalare a tutti voi un anno luminoso e felice, molto felice
 

martedì 31 dicembre 2024

Notte di san Silvestro (protettore dei gatti)

 

E' andata com'è andata,

andrà come andrà

ma intanto AUGURI a tutti

e che lo champagne scorra a fiumi!

lunedì 30 dicembre 2024

Murasaki va al ristorante giapponese

La bella Lamù in versione natalizia

Quel che segue è il fedele resoconto del mio primo incontro col ristorante giapponese di Lungacque, specializzato in sushi ma che prepara anche accettabili piatti di cucina cinese.
Quando iniziò la mia vera convalescenza, nel 2019, capitava spesso che uscissi la mattina per andare a passeggio per le strade del paese: guardavo le vetrine, mi fermavo sulle panchine sotto gli alberi ad ammirare il paesaggio e gli scorci pittoreschi e non avevo altri impegni che quello di rientrare a casa dove avrei passato il pomeriggio a leggere e ricevere telefonate di amici e congiunti in cerca di buone notizie.
In uno di questi giretti intravidi una bella mattina di primavera l'insegna del ristorante giapponese che aveva aperto da poco. Per il pranzo apriva a mezzogiorno, guarda caso era giusto mezzogiorno e qualche minuto e così entrai.
In quei tempi felici andavano ancora di moda i menù su carta. Siccome c'era la formula all you can eat mi spiegarono che dovevo compilare il modulo con le richieste e io lo compilai con somma attenzione:a quei tempi non potevo ancora mangiare proprio tutto ma godevo già di una certa libertà. Evitai quindi i fritti, ci andai molto cauta con il curry ma (avevo avuto cura di informarmi dal plotone di nutrizionisti che mi seguiva all'epoca) mi affidai con fiducia al wasabi e allo zenzero, che avevano una certa forza disinfettante, e abbondai col riso, il pesce crudo e anche gli spaghettini di riso e di soia - cioè, abbondai è una parola grossa: diciamo che presi un buon numero di assaggi. Del resto, il menù avvisava che il cibo non andava sprecato e quindi ciò che il cliente non fosse riuscito a mangiare sarebbe stato fatto pagare a prezzo pieno - una regola piuttosto consueta nei ristoranti orientali che fanno l'all you can eat e che ho sempre trovato molto ragionevole. Però sapevo anche che le porzioni dei ristoranti giapponesi erano piccole, per consentire al cliente di provare molte cose, e appunto molte cose volevo gustare.
Passarono a ritirare il modulo; poco dopo arrivò un cameriere che mi spiegò che secondo lui avevo ordinato troppa roba.
In quel periodo ero afflitta da una fame cosmica: il mio organismo scalpitava per recuperare almeno un po' dei chili perduti e soprattutto per ricevere cibi saporiti, dopo due anni di patate al vapore e bracioline di manzo cotte male. Addirittura, i nutrizionisti si raccomandavano che per carità mi guardassi bene dall'andare sotto le razioni che mi avevano prescritto. E io mangiavo, naturalmente. Tutti si raccomandavano che mangiassi, ero incline a mangiare, perché mai avrei dovuto rifiutarmi di contentare tante brave persone preoccupate del mio benessere e stufe di contarmi gli ossicini?

Guardai serenamente il cameriere, cercando di non sganasciarmi dal ridere: dopotutto si preoccupava del mio benessere e di non sprecare cibo, ed entrambe  erano cause molto rispettabili; poi va pur ammesso che, con le mie clavicole sporgenti e le braccine rinsecchite, non avevo certo l'aria di una buona forchetta. Non era giusto dileggiarlo per questo. E quindi, con una certa fatica, riuscii a non ridergli in faccia.
"Credo che riuscirò a mangiare quel che ho ordinato" provai a rassicurarlo col mio tono più garbato.
Il cameriere scosse la testa "Non è questione di credere" disse, assolutamente convinto che fossi una perfetta imbecille. E del resto, che ne sapeva della mia storia clinica e dei miei mesi di quasi digiuno?
Alla fine mi propose di andare a scaglioni: mi avrebbero portato una parte di quel che avevo ordinato, e dopo avrei deciso se confermare qualcosa di altro o no. Accettai con un luminoso sorriso, continuando in cuor mio a ridere come una pazza e pregustando il piacere di far ridere anche amici e parenti con quel delizioso racconto.
Spolverai serenamente la prima serie di portate, e naturalmente anche la seconda. Sui piatti non rimase né un seme sì sesamo né un chicco di riso né alcuna traccia delle foglie di insalata e prezzemolo né dei riccioli di carota che vengono talvolta usati per le guarnizioni.
Evitai però di ordinare altro cibo, un po' per non traumatizzarli troppo ma soprattutto perché mi era stato suggerito di procedere a piccoli pasti. Quello non si poteva certo definire un piccolo pasto, ma conservavo comunque qualche angolino da riempire. L'avrei riempito più avanti nel pomeriggio, magari con del gelato o della frutta.
Da allora nessun cameriere in quel ristorante ha mai osato suggerirmi una riduzione del numero delle portate. E tuttavia, tornando indietro con la memoria, credo di non avere mai più fatto una ordinazione così massiccia. Ma quello è stato un periodo davvero particolare.

La scena, già mentre la vivevo, mi ha sempre richiamato uno dei migliori episodi di Lamù di Rumiko Takahashi, dove si racconta una sorta di sfida che un ristorante organizza e dove se il cliente riesce a mangiare tutto quel che gli portano non paga il pranzo. A vincere è la bella Sakura, che non solo mangia assolutamente tutto quel che le portano

ma che alla fine dell'immane pasto ha ancora una pancia assolutamente piatta.
Nel manga è la puntata 45 "Diet Wars" (si trova nel volume 8 del mensile Young intitolato Sapore di sale nell'edizione Star Comics, che sospetto sia ancora l'unica) e nell'anime è l'episodio 13 Avventura alle Hawaii che si trova facilmente su YouTube.

domenica 29 dicembre 2024

Natale a St. Mary Mead 2 - "La risposta è no ma chiedi pure"

Gli aiutanti di Babbo Natale, in cerca dei migliori modelli di pigiama da regalare ai bambini buoni
L'orario su cinque giorni a settimana che usiamo da qualche anno alla scuola media di St. Mary Mead presenta alcuni inconvenienti, tra cui quello di ridurre i giorni-jolly  di vacanza da utilizzare a nostro piacimento nel corso dell'anno. Quest'anno poi avevamo anche il santo patrono che cadeva con rara opportunità a metà settimana invece che di Sabato o Domenica come si era sentito obbligato a fare negli anni scorsi, e insomma la nostra disponibilità si riduceva a due magri giorni che sembrava quasi obbligatorio usare nei ponti di primavera. Tutta questa introduzione per spiegare come, per la prima volta da quando insegno, le vacanze di Natale quest'anno sono iniziate proprio il 23 Dicembre, proprio come quando a scuola ci andavo da alunna.
A questo punto occorre anche aggiungere che quest'anno il 23 Dicembre si ritrova in una posizione piuttosto infelice: di Lunedì, nientemeno. Un'intera scolaresca ormai profondamente immersa nel clima natalizio, reduce dall'ultimo fine settimana prima di Natale ricolmo di vetrine illuminate, progetti vacanziferi, luminarie per ogni dove si ritrova dunque in classe in balia di un'orda di insegnanti reduci dall'ultimo fine settimana prima di Natale eccetera eccetera, e che per giunta ha in gran parte passato quei due giorni non già a riposarsi o ad andar per compere, che già di per sé è un lavoro non dei più leggeri, ma a combattere con l'organizzazione del cenone della Vigilia o del pranzone di Natale con tutti i suoi annessi e connessi. 
Già così suona abbastanza male come prospettiva, ma c'è di più, e arrossisco a dirlo: il 23 Dicembre per noi non sarebbe stata una lectio brevis, santa abitudine che ha salvato la pelle a tanti di noi, bensì una normale giornata di normali sei ore - che già sull'idea che una normale giornata di scuola possa essere di sei ore filate con due pause quasi invisibili a occhio nudo ho tutta una serie di teorie personali, figurarsi se la giornata in questione è nientemeno che il 23 Dicembre.
Come mai la scuola media  di St. Mary Mead si è ritrovata in questo pasticcio?
La risposta, molto semplicemente, è "Perché la gente è scema". La lectio brevis, infatti, per quanto sia uso e costume saldamente insediato negli orari di scuola in certe ricorrenze, rappresenta pur sempre una variazione rispetto all'orario normale, e quindi per esistere va votata dal Consiglio di Istituto.
Ora, penso che saremo tutto d'accordo che il consiglio di Istituto può votare solo quel che qualcuno gli propone. Se nessuna delle rappresentanze chiede una lezione breve per il 23 Dicembre, il Consiglio non può cavarsela dalla testa - almeno, così mi risulta.
Sta di fatto che nessuno si è posto il problema e una bella mattina il corpo docente della scuola media di St. Mary Mead si è trovato ad affrontare l'amara verità: Lunedì 23 Dicembre ci sarebbero state 6 ore 6 di scuola - e di conseguenza anche 6 ore 6 di lezione.
Nei normali giorni prevacanze che durano tre ore di solito la mattinata si sbanca consentendo con fare di degnazione il permesso agli alunni di fare piccole festicciole di classe. Tutto si risolve in un gran volare di zucchero a velo e frammenti di patatine che le pazienti custodi spazzeranno dopo l'agognato suono della campanella, le porte delle aule si aprono e frotte di alunni vanno e vengono per i corridoi componendo trenini, cantando canzoncine natalizie, tirandosi innocui proiettili e simili, mentre in alcune classi si gioca a tombola e in altre a dama o a carte ( ari tipi di carte, anche fantasy). Il tutto molto presto sfugge al nostro controllo in un immane confusione, ma va bene così e tutti siamo assai di buon umore, in trepida attesa di Santa Campanella (e tu non domandare per chi suona la campanella, perché essa suona anche per te).
Niente di tutto questo è nemmeno lontanamente possibile con una mattinata di sei ore, e l'unica alternativa decorosa era fare lezione, con fpgrande pazienza e determinazione perché, strano ma vero, in quel tipo di giornate la scolaresca non è mai particolarmente ricettiva (e dargli torto).
Così Venerdì 20 quando un alunno della Prima Smemorina ha alzato la mano e ha detto con bel garbo che mi voleva fare una richiesta a nome della classe per l'ultimo giorno di scuola ho dato per scontato che volessero chiedermi la tradizionale festicciola e ho detto, come recita il titolo di questo post "La risposta è no, ma domanda pure".
"Volevamo chiederle se potevamo venire a scuola in pigiama"
"Oh? Ma certo che potete" rispondo, completamente spiazzat, spiazzandoli a mia volta.
Qualcuno prova a convincermi spiegando che la cosa è permessa in tutte le scuole della zona. Ribadisco che non ho niente in contrario e Lunedì, quando entro in classe e me li trovo davanti chiedo "Ma siete effettivamente in pigiama?" perché non riesco a notare una particolare differenza, e il cuore mi ritorna a una conversazione avuta qualche mese prima con l'ormai ex Terza Sfigata.
"Sapete, io non sono molto brava a vedere certe differenze. Magari riesco a riconoscere con certezza che dei jeans come quelli che indossa Rotari non sono parte di un pigiama...".
"È solo perché mia madre mi ha obbligato" precisa Rotari in tono amareggiato. Lo ripete un paio di volte, segno che la cosa lo ha irritato assai. Lo capisco perché avrebbe irritato molto anche me (che per il triennio del liceo sono venuta a scuola sventolando un mantello a mezza ruota di loden nero con tanto di cappuccio modello Darth Vader che non solo i miei non si sognarono nemmeno di impedirmi, ma che era stato confezionato dalle amorevoli mani di mia nonna).
"...oppure una tuta come la vostra" aggiungo indicando Beda e Colombano seduti  in prima fila.
"Sono dell'Adidas" spiegano pazienti i due.
"Sì, appunto, tute dell'Adidas" convengo con loro, pur meravigliandomi in cuor mio che insistano su un particolare così insignificante. Va bene l'amore per le marche, ma...
"Sono pigiami di marca Adidas" insistono i due.
Li guardo sconcertata, domandandomi per quale strano motivo la Adidas si è messa a fare pigiami identici alle tute. Ma alla fine quelli sono affari dell'Adidas e non miei, se lo fanno avranno senz'altro un qualche tipo di convenienza, così come affar mio è invece spiegar loro il Gran Mistero dei monosillabi accentati; e a quello decido di dedicarmi con grande intensità ma sempre più convinta che al giorno d'oggi il vestito è soprattutto uno stato d'animo.
Come, del resto, lo è anche il pigiama.

venerdì 27 dicembre 2024

Natale a St. Mary Mead 1 - Complottando con le custodi


Due anni fa, mentre ero in una di quelle lussuose erboristerie-profumerie e dispensatrici di aromi in cui si sono trasformate le un tempo scialbe farmacie, cercando un po' di regalini-toppa per amici e parenti, intravidi una graziosa confezioncella che conteneva tre raffinati tubetti di crema per mani impreziosite da tre raffinate profumazioni. Il pensiero mi corse alle Tre Custodi di St. Mary Mead.
Ci sono cose che quasi nessuno dice sulla scuola - per esempio che la qualità del servizio è strettamente legata alla qualità dei custodi, prima di tutto come esseri umani: ogni giorno anche nella più paciosa delle scuolette di provincia si producono non meno di trenta emergenze di misura ed entità del tutto imprevedibili, e i primi ad affrontarle sono appunto i custodi. La loro importanza è vieppiù testimoniata dalla banale constatazione che  pochi custodi che fanno sciopero riescono a bloccare facilmente una scuola semplicemente non andando ad aprire il portone.
A St. Mary Mead le custodi delle medie sono ormai da anni un terzetto mirabilmente assortito che moltiplica pani e pesci, divide le acque e le riunisce, striglia i funzionari del comune non di rado conseguendo lusinghieri risultati, placa gli inquieti, racconforta gli afflitti, soccorre i feriti, veste gli ignudi e insomma rientra nella celebre formula il possibile lo stiamo  già facendo, per l'impossibile c'è da aspettare un po' di tempo ma facciamo anche quello, e per miracoli ci stiamo attrezzando.
Insomma mi dissi  "e perché no?" mi feci confezionare un bel pacchettino sbrilluccicoso e l'ultimo giorno di scuola passai nel loro gabbiotto e lasciai il minuscolo regalino condito con qualche paroletta gentile. 
Fui ringraziata molto al di là di quel che il simbolico gesto richiedeva e per tutto l'anno scolastico fui oggetto di un trattamento davvero lusinghiero - ancora più lusinghiero del solito, intendo, perché sempre e comunque le tre signore erano caratterizzate da una notevole gentilezza a chiunque si rivolgessero, preside, insegnante o alunno che fosse (un po' meno con i funzionari del Comune,specie alla quinta chiamata che non aveva portato frutti).
L'anno scorso quindi mi attrezzai meglio e alla Profumeria Inglese provvidi tre pacchetti separati e un pochino più impegnativi, ma davvero niente di che. Dimostrarono vieppiù sorpresa e perfino una certa dose di confusione dicendomi che però loro non mi avevano preparato nulla. Le rimbrottai con bel garbo spiegando che un regalino di quel tipo si fa per il piacere di farlo, non per averne in cambio qualcosa e in cuor mio cominciai a pensare che forse la faccenda si stava spingendo troppo in là, nemmeno le avessi omaggiate con bracciali d'oro e perle.
La faccenda, in effetti, non era affatto finita perché al ritorno a scuola dopo le vacanze di Natale fui omaggiata a mia volta di una mantellina molto leggera a scacchi bianchi e neri - un dono che si rivelò molto pratico, soprattutto quando in Aprile il riscaldamento fu spento e la pioggia imperversava: piumini e soprabiti sono ingombranti ma una mantellina leggera bianca e nera non crea intralcio alcuno e, va anche aggiunto, sta bene su qualsiasi colore.
Ma veniamo al terzo e ultimo atto: dieci giorni prima delle vacanze le custodi mi chiamano, che venga da loro in gran segreto durante una delle mie ore buche perché hanno una cosa da darmi ma non vogliono farlo davanti a tutti perché altrimenti le chiacchiere sarebbero arrivate fino in cielo. 
Naturalmente proprio appena sono scesa - nel momento che avevo accuratamente scelto come quello potenzialmente più tranquillo ovvero un buon quarto d'ora dopo la fine dell'intervallo, a lezioni ormai ben avviate - non meno di cinque o sei inderogabili questioni si sono affollate intorno alle malcapitate: alunni malandati che chiedevano di telefonare a casa o provarsi la febbre, fotocopie inderogabili eccetera. Alla fine siamo sgusciate con fare furtivo nel cosiddetto Ambulatorio, che contiene sì una barella e una vetrinetta per i medicinali ma anche un bel frigo e una dispensa oltre al secondo forno a microonde della scuola.
"Sentite, se mi avete portato fin qui per cercare di associarmi alll'attentato per far esplodere il ponte di St. Mary Mead, ci tengo ad avvisarmi che disapprovo per principio ogni forma di lotta armata" ho preferito avvisarle.
"Peccato, prof, ci speravamo tanto".
In realtà si sono limitata a consegnarmi una busta rossa precisando che "se non andava bene potevo cambiarlo, ma comunque era una cosa che andava consegnato un po' prima di Natale".
Il ragionamento era molto sensato: infatti un maglione rosso scarlatto con sopra una sagoma di pelo bianco a forma di gatto (con tanto di corna da renna di strass rosso) che sconfina in un albero di Natale con tanto di lucine colorate è senz'altro una roba che si può portare soltanto, a voler stare molto larghi, dal primo Dicembre al 7 Gennaio e dunque, consegnandomelo l'ultimo giorno di scuola, mi avrebbero tagliato fuori da una buona metà di questa ristretta forbice.
Molto commossa ho ringraziato e tosto ho infilato il regalo - che in verità si è rivelato molto utile stante che quella mattina a scuola faceva un gran freddo perché quasi tutti i termosifoni erano spenti, in spregio al fatto che le colline e dietro ancora i monti che circondavano la valle ove la nostra scuoletta fa bella mostra di sé erano innevate - evento decisamente insolito nel nostro microclima. 
Il maglione mi andava come un guanto ed era anche piuttosto caldo.
Sin dal primo giorno il maglione ha raccolto vasti consensi da chiunque lo vedesse, commessi del supermercato inclusi; del resto è molto natalizio, è allegro, ma soprattutto è assolutamente demenziale in ogni suo dettaglio: dove mai si è visto un gatto bianco a forma di albero di Natale con cornette rosse da renna e ornato di lumini colorati che dorme beatamente?
Da nessuna parte, si spera, e forse è meglio non indagare su cosa avevano fumato e bevuto gli stilisti di Piazza Italia che han confezionato quella roba del tutto priva di gusto che porto con tanta soddisfazione e che fa tanto squittire di entusiasmo chiunque lo veda.
E d'altra parte una roba simile, se non la regalavano a me, a chi avrebbero potuto darla? Mi sembra di vedere la scena "Sono qui a Piazza Italia, c'è una roba che secondo me sta chiamando a gran voce la prof. Murasaki. Vi mando la foto, ditemi cosa ne pensate" "Non c'è dubbio che questo è il regalo giusto, prendilo subito e domani ti daremo la nostra quota".
Caso mai qualcuno si stesse domandando se la spilla a forma di albero di Natale che sta tra le corna rosse di renna fosse inclusa nel pezzo no, quella è una mia aggiunta personale. Trovo che dia un tocco di classe a tutto l'insieme, e poi si intona bene con gli orecchini a forma di palline di Natale che uso in questi giorni.

mercoledì 25 dicembre 2024

Natale 2024


Dopo una dura notte di lavoro (da cui spero abbiate tratto i frutti più graditi) le renne si riposano sgranocchiando distrattamente fieno e biscotti alle spezie e sorseggiando tisane calde, al confortevole tepore della stalla riscaldata da una caldaia di classe energetica AAA***
Altrettanto stremati i cuochi infornano le ultime teglie, condiscono insalate e controllano arrosti e ravioli.
Gli ospiti, dopo un distratto "Posso fare qualcosa per aiutarti?" si godono l'aperitivo nei calici lunghi e spilluzzicano con malsimulata indifferenza tartine di salmone e crostini neri augurandosi che qualcuno si decida a buttare la pasta.
Alcuni di loro fanno gli auguri ai lettori, altri coccolano i gatti e i cani di casa oppure ammucchiano pacchetti sotto l'albero cercando di ottenere un insieme esteticamente gradevole.
Buone feste a tutti!

martedì 24 dicembre 2024

La notte dei desideri


 Visto che i due nuovi gatti rendono quantomeno arrischiata per me l'idea di imbastire un albero di Natale, quest'anno cerco di compensare immaginando una bella slitta gattata, con Santa Klaus in versione Freya (la dea dell'amore che viaggiava in un carro trainato da gatti, e come facesse a convincerli non è chiaro ma dopotutto era una dea di grande potenza, quindi chissà).
Buon Natale a tutti quelli che passano di qua, e anche a chi ha di meglio da fare. Possano le vostre calze essere riempite di doni fino a strabordare, e possa la nostra cena essere squisita come spetta ad una bella cena da Vigilia.
Auguri e felicità a tutti!

lunedì 23 dicembre 2024

Per quale misterioso motivo non scrivo più sul mio amato blog?

Questo bel micio natalizio è di Onur Arslan, credo

Prima di tutto una doverosa rassicurazione: no, non sono vittima di oscure e perfide malattie: al contrario la mia salute mantiene un livello piuttosto decoroso e l'unico permesso che ho preso dall'inizio dell'anno scolastico sono state due ore per farmi infilzare con l'ennesima dose di vaccino antiCovid; addirittura, se fosse stato possibile, mi sarei vaccinata di pomeriggio evitando di incomodare la scuola con quelle sue ore di sostituzione, ma gli strani protocolli medici non mi hanno permesso cotal sfoggio di zelo.
E dunque sto bene. Ma allora, per quale accidente di motivo ho completamente smesso di scrivere sul blog?

È una bella domanda, che non ho mancato di pormi a scadenze regolari in questi ultimi quattro mesi.
La scusa ufficiale è che "non ho tempo", che è una di quelle risposte che si adattò maravigliosamente a tutto. Di fatto, io sono fra quelli che il tempo per quel che gli interessa davvero lo trova sempre, in qualche modo, e comunque scrivere due post a settimana non dovrebbe richiedere poi questo dispendio incredibile di tempo. D'accordo, ci sono post che vanno ponderati, interiorizzati e tenuti a sobbollire a lungo come una pentola di stufato - resta il fatto che lo stufato prima o poi lo levi dal fuoco e lo servi in tavola.
O forse è la scuola che, annegata in una grigia routine non riesce più a fornirmi spunti e idee su cui scrivere?
Sì, d'accordo, la sola remota possibilità di associare la parola "routinette "a una classe di belvette nel fiore degli anni, prima ancora che ridicola è del tutto assurda.
Ma forse mi mancano gli argomenti di cui scrivere? Dopo tanti anni,e cose tendono a farsi ripetitive, tutto è già stato detto e fatto e i soliti programmi...
Per l'appunto il programma lo fa l'insegnante. Non c'è nessun motivo di impuntarsi a fare sempre le solite cose, e infatti io cambio spesso - con risultati alterni, ma cambio. È una cosa che mi viene spontanea perché ogni classe funziona a modo suo e chiama e cerca cose diverse.
Ah, ma c'è stata la morte delle mie due gatte. Ho sofferto molto, per la morte delle mie due amate gatte, e il mondo è diventato grigio e cupo e...
D'accordo, quattordici mesi fa le mie due amate gatte han varcato il ponte dell'arcobaleno. Ciò mi ha causato gran sofferenza ma da allora due nuovi gatti allietano la mia casa, riempiendola di vibrazioni positive. Certo, sintonizzarmi su due nuovi gatti ha richiesto gran dispendio di energie ma insomma il resto della mia vita continua, e forse ci sarebbe lo stesso lo spazio per scrivere ogni tanto un post, credo.
In nuovo orario è più pesante, e i pomeriggi quando esco da scuola alle due sono sempre così corti...
Sì, le mattine sono più lunghe e i pomeriggi sono più corti. D'altra parte i fine settimana sono più lunghi, e questo va pur riconosciuto. Tra l'altro il cambio di orario è avvenuto sette anni fa, e anche se in mezzo c'è stato il lockdown e pure la malattia, in qualche modo il blog ogni tanto lo aggiornavo.
Allora forse è cambiato qualcosa nell'atmosfera della scuola, e nell'alchimia che legava tutti noi e...
Vabbé, si spera bene che qualcosa cambi ogni tanto nella sottile alchimia di un gruppo di lavoro che non resta mai uguale. Gravidanze, pensionamenti, trasferimenti... perfino in una scuoletta di provincia come St.Mary Mead il cocktail umano cambia con una certa regolarità - per fortuna di tutti, tra l'altro.
Ma, in conclusione?
Probabilmente sono cambiata io. Capita, di cambiare. Tutto cambia, su questa terra, che cambi anch'io non dovrebbe avere nulla di insolito.E se è vero che io i cambiamenti li detesto, sempre e comunque, forse potrei rassegnarmi al fatto che qualche mutamento può sovvenire anche nella mia statica personcina.
Stabilito tutto questo e dopo aver elencato tutte le scuse più balorde che mi venivano in mente, è davvero tempo che il blog riapra i battenti in modo stabile.
Quale momento migliore di Natale, che è la festa di rinascita per eccellenza?
E poi, almeno i post di Natale e di Capodanno non posso bucarli: mi piace troppo farli.
Il solstizio d'inverno è arrivato, evviva il solstizio.

venerdì 30 agosto 2024

Con Valditara arriverà / all'alba quella sazietà (parte terza)

Il ministro Valditara contro i dinosauri: una sfida ancora aperta
Durante l'estate il ministro Valditara si è mantenuto piuttosto attivo. Dedico l'ultimo post di questa miniserie (qui e qui i primi due episodi) a un piccolo riepilogo di questo suo attivismo  con una sorpresina finale.
Per prima c'è stata a Maggio l'avvincente polemica sui dinosauri seguita a una dichiarazione relativa appunto ai dinosauri, che secondo il Ministro in terza elementare venivano studiati troppo ed erano un argomento inutile.
E qui si potrebbe aprire, come in effetti si è aperta, una piccola ma nutrita polemica su cosa sia effettivamente inutile nei programmi di scuola. Al di là della maggiore o minore utilità effettiva del conoscere le varie specie di dinosauri, su cui naturalmente ognuno è libero di avere le sue opinioni magari suffragate da ampie conoscenze in materia, e tenendo conto che a scuola tutto è utile oppure niente è utile a seconda del contesto e del modo con cui viene fatto, c'è da dire che i programmi di scuola sono morti e sepolti da gran tempo e sono stati sostituiti da ben più efficaci linee guida ministeriali che lasciano ampio margine di manovra al docente che, nel caso improbabilissimo ma pur sempre possibile che si ritrovi in una classe dove dei dinosauri non gliene frega niente a nessuno, può sempre destreggiarsi e bordeggiare coltivando altri argomenti più consoni agli interessi della sua utenza; ma soprattutto che i dinosauri di solito piacciono da matti all'utenza in questione, e questo da solo è un buon motivo per dedicarcisi perché quando la classe è interessata è facilissimo avviare ampie ed interessanti programmazioni che insegnano modalità di lavoro, di ricerca e di analisi critica e consentono millemila agganci ai più vari rami dello scibile umano e bestiale e dell'espressione artistica (provare per credere).

A Luglio è poi ritornata la Gran Questione dei cellulari, e il Ministro dell'Istruzione e del Merito ha partorito una circolare che ha rovesciato su di noi gran quantità di acqua fresca (molto gradita in questo periodo dell'anno) ove si spiegavano i grandi effetti negativi causati da un uso prematuro del cellulare e in somma il cellulare in classe non si potrà più usare nemmeno per scopi didattici. Non ho idea di quanto e come verrà applicata la circolare, che consente comunque l'uso di tablet e computer*, della scuola o privati. Qualche cellulare comunque per forza di cose è destinato a contaminare con la sua immonda presenza il sacrario scolastico perché alcuni alunni li usano per questioni sanitarie** o per programmazione individuale.

Infine il 7 Agosto, a sorpresa, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha scodellato, non richiesto da alcuno, delle nuove linee guida per Educazione Civica, dove sarebbe tra l'altro evidenziata l'importanza di promuovere la formazione alla coscienza di una comune identità italiana come parte della civiltà europea e occidentale nella sua storia e, di conseguenza, viene evidenziato il nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria, concetto espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione. 
Ammetto di aver trovato urticanti queste linee guida dalla prima all'ultima parola, e se qualcuno spera seriamente di sentirmi parlare in classe di Patria, con tanto di lettera maiuscola, bene, liberissimo lui di aspettare e ancor più libera io di ignorare le sue aspettative. Non devo tuttavia essere l'unica ad aver provato una certa qual irritazione davanti all'improvvido documento perché il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha solertemente emesso il parere consultivo che era tenuto ad esprimere cenciando senza pietà le linee guida dalla prima all'ultima riga, criticandone modi, tempi, lessico, criteri di fondo, mentalità di base (piuttosto antiquata) e deprecando che in tanto profluvio di parole non ci fosse mezza riga sulla di parità di genere e gli interventi contro le violenze di genere***.
Così da una parte abbiamo delle linee guida che lasciano ampio spazio di manovra ai docenti, e dall'altra un parere consultivo che volendo il Ministero dell'Istruzione e del Merito può tranquillamente ignorare (come ha fatto già altre volte). 
Ignoro quali saranno gli sviluppi e anche se ci sarà il solito dibattito che spesso infuria in questi casi. 
Io però ammetto senza remore che del ministro Valditara sono ormai da gran tempo più che sazia.

*il problema che si pone è che, mentre un cellulare ce l'hanno praticamente tutti, il tablet non è sempre in tutte le famiglie. La circolare quindi secondo me è classista, oltre a ledere le prerogative dell'insegnante. Vedremo come si evolverà la cosa, perché al momento non mi sembra che nessuno si sia preoccupato di questo aspetto della questione. D'altra parte si sa che i ministri vanno e vengono, e alla fine una circolare non è una legge.
**ebbene sì, questioni sanitarie. Per esempio gli alunni diabetici ormai si misurano la glicemia con apposita app, ma immagino che ci siano altri tipi di terapie che funzionano per via elettronica.
***Tema, questo, che almeno a St. Mary Mead è particolarmente sentito ed era alla base di numerosi interventi e laboratori anche prima dell'ennesima introduzione dell'Educazione Civica a scuola.

Da sempre il cognome del ministro mi richiama questa bella canzone da 
Notre Dame de Paris