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domenica 29 dicembre 2024

Natale a St. Mary Mead 2 - "La risposta è no ma chiedi pure"

Gli aiutanti di Babbo Natale, in cerca dei migliori modelli di pigiama da regalare ai bambini buoni
L'orario su cinque giorni a settimana che usiamo da qualche anno alla scuola media di St. Mary Mead presenta alcuni inconvenienti, tra cui quello di ridurre i giorni-jolly  di vacanza da utilizzare a nostro piacimento nel corso dell'anno. Quest'anno poi avevamo anche il santo patrono che cadeva con rara opportunità a metà settimana invece che di Sabato o Domenica come si era sentito obbligato a fare negli anni scorsi, e insomma la nostra disponibilità si riduceva a due magri giorni che sembrava quasi obbligatorio usare nei ponti di primavera. Tutta questa introduzione per spiegare come, per la prima volta da quando insegno, le vacanze di Natale quest'anno sono iniziate proprio il 23 Dicembre, proprio come quando a scuola ci andavo da alunna.
A questo punto occorre anche aggiungere che quest'anno il 23 Dicembre si ritrova in una posizione piuttosto infelice: di Lunedì, nientemeno. Un'intera scolaresca ormai profondamente immersa nel clima natalizio, reduce dall'ultimo fine settimana prima di Natale ricolmo di vetrine illuminate, progetti vacanziferi, luminarie per ogni dove si ritrova dunque in classe in balia di un'orda di insegnanti reduci dall'ultimo fine settimana prima di Natale eccetera eccetera, e che per giunta ha in gran parte passato quei due giorni non già a riposarsi o ad andar per compere, che già di per sé è un lavoro non dei più leggeri, ma a combattere con l'organizzazione del cenone della Vigilia o del pranzone di Natale con tutti i suoi annessi e connessi. 
Già così suona abbastanza male come prospettiva, ma c'è di più, e arrossisco a dirlo: il 23 Dicembre per noi non sarebbe stata una lectio brevis, santa abitudine che ha salvato la pelle a tanti di noi, bensì una normale giornata di normali sei ore - che già sull'idea che una normale giornata di scuola possa essere di sei ore filate con due pause quasi invisibili a occhio nudo ho tutta una serie di teorie personali, figurarsi se la giornata in questione è nientemeno che il 23 Dicembre.
Come mai la scuola media  di St. Mary Mead si è ritrovata in questo pasticcio?
La risposta, molto semplicemente, è "Perché la gente è scema". La lectio brevis, infatti, per quanto sia uso e costume saldamente insediato negli orari di scuola in certe ricorrenze, rappresenta pur sempre una variazione rispetto all'orario normale, e quindi per esistere va votata dal Consiglio di Istituto.
Ora, penso che saremo tutto d'accordo che il consiglio di Istituto può votare solo quel che qualcuno gli propone. Se nessuna delle rappresentanze chiede una lezione breve per il 23 Dicembre, il Consiglio non può cavarsela dalla testa - almeno, così mi risulta.
Sta di fatto che nessuno si è posto il problema e una bella mattina il corpo docente della scuola media di St. Mary Mead si è trovato ad affrontare l'amara verità: Lunedì 23 Dicembre ci sarebbero state 6 ore 6 di scuola - e di conseguenza anche 6 ore 6 di lezione.
Nei normali giorni prevacanze che durano tre ore di solito la mattinata si sbanca consentendo con fare di degnazione il permesso agli alunni di fare piccole festicciole di classe. Tutto si risolve in un gran volare di zucchero a velo e frammenti di patatine che le pazienti custodi spazzeranno dopo l'agognato suono della campanella, le porte delle aule si aprono e frotte di alunni vanno e vengono per i corridoi componendo trenini, cantando canzoncine natalizie, tirandosi innocui proiettili e simili, mentre in alcune classi si gioca a tombola e in altre a dama o a carte ( ari tipi di carte, anche fantasy). Il tutto molto presto sfugge al nostro controllo in un immane confusione, ma va bene così e tutti siamo assai di buon umore, in trepida attesa di Santa Campanella (e tu non domandare per chi suona la campanella, perché essa suona anche per te).
Niente di tutto questo è nemmeno lontanamente possibile con una mattinata di sei ore, e l'unica alternativa decorosa era fare lezione, con fpgrande pazienza e determinazione perché, strano ma vero, in quel tipo di giornate la scolaresca non è mai particolarmente ricettiva (e dargli torto).
Così Venerdì 20 quando un alunno della Prima Smemorina ha alzato la mano e ha detto con bel garbo che mi voleva fare una richiesta a nome della classe per l'ultimo giorno di scuola ho dato per scontato che volessero chiedermi la tradizionale festicciola e ho detto, come recita il titolo di questo post "La risposta è no, ma domanda pure".
"Volevamo chiederle se potevamo venire a scuola in pigiama"
"Oh? Ma certo che potete" rispondo, completamente spiazzat, spiazzandoli a mia volta.
Qualcuno prova a convincermi spiegando che la cosa è permessa in tutte le scuole della zona. Ribadisco che non ho niente in contrario e Lunedì, quando entro in classe e me li trovo davanti chiedo "Ma siete effettivamente in pigiama?" perché non riesco a notare una particolare differenza, e il cuore mi ritorna a una conversazione avuta qualche mese prima con l'ormai ex Terza Sfigata.
"Sapete, io non sono molto brava a vedere certe differenze. Magari riesco a riconoscere con certezza che dei jeans come quelli che indossa Rotari non sono parte di un pigiama...".
"È solo perché mia madre mi ha obbligato" precisa Rotari in tono amareggiato. Lo ripete un paio di volte, segno che la cosa lo ha irritato assai. Lo capisco perché avrebbe irritato molto anche me (che per il triennio del liceo sono venuta a scuola sventolando un mantello a mezza ruota di loden nero con tanto di cappuccio modello Darth Vader che non solo i miei non si sognarono nemmeno di impedirmi, ma che era stato confezionato dalle amorevoli mani di mia nonna).
"...oppure una tuta come la vostra" aggiungo indicando Beda e Colombano seduti  in prima fila.
"Sono dell'Adidas" spiegano pazienti i due.
"Sì, appunto, tute dell'Adidas" convengo con loro, pur meravigliandomi in cuor mio che insistano su un particolare così insignificante. Va bene l'amore per le marche, ma...
"Sono pigiami di marca Adidas" insistono i due.
Li guardo sconcertata, domandandomi per quale strano motivo la Adidas si è messa a fare pigiami identici alle tute. Ma alla fine quelli sono affari dell'Adidas e non miei, se lo fanno avranno senz'altro un qualche tipo di convenienza, così come affar mio è invece spiegar loro il Gran Mistero dei monosillabi accentati; e a quello decido di dedicarmi con grande intensità ma sempre più convinta che al giorno d'oggi il vestito è soprattutto uno stato d'animo.
Come, del resto, lo è anche il pigiama.

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