Il mio blog preferito

domenica 17 aprile 2011

Propaganda - 2



Andando a caccia di un po' di sana propaganda italiana, tedesca e pure inglese e americana ai tempi della guerra da far vedere alle creature, mi sono imbattuta in questo non commendevole manifesto, dove risuona l'antico lamento davanti all'arrivo dell'orda invasora delle razze inferiori - inferiori sì, ma anche feroci e affamate di sesso selvaggio.
Evvabbe', si sa che a quei tempi su certi argomenti avevano impostato il discorso in un modo piuttosto discutibile, e la questione della razza era presa assai sul serio. Perché il vero problema, nel manifesto, non appare il fatto che la moglie-madre-sorella-cuginadisecondogrado venisse stuprata, quanto che venisse contaminata dal Perfido Portatore di Sangue Inferiore. Un destino orribile, peggiore della morte. Essere violentate da un ariano, ne converrete tutti, è tutt'altra e ben più lieve cosa.
Comunque si sa che quelli erano tempi cupi e ormai sono passati, per fortuna.

Ah, il manifesto sulla destra è piuttosto recente e sta per tappezzare - o già tappezza, non saprei, qui a Lungacque non se ne vedono per nostra buona sorte - i muri di svariate città. E' di Ordine Nuovo, e l'obbiettivo sono i Rom.

Siamo in campagna elettorale. Di nuovo.

Propaganda - 1

Com'è noto, ho una LIM in classe. D'accordo, Internet non ci arriva perché siamo al secondo piano*, e ogni due per tre va calibrata o le immagini si vedono male, e il computer che la mette in moto è a rischio di corto circuito e non sempre la chiavetta entra, ed è chiaramente un modello a basso costo e io riesco a usarla solo come proiettore. ma insomma abbiamo una LIM e garantisco che fare le lezioni di storia e di geografia con un bello schermo per le immagini, i grafici, gli schemi e le carte è tutto un altro vivere.
Arrivati alla prima guerra mondiale quindi gli ho fatto vedere un po' di foto sulla vita in trincea, mostrandogli la differenza tra le foto ufficiali, dove bei soldati dall'aria fiera, puliti, ben pettinati e vestiti come se fossero appena usciti da Pitti Divisa, maneggiavano splendide mitragliatrici fresche di fabbrica, e le foto dei giornalisti, dove soldati gualciti, sporchi e con l'aria depressa, vestiti con divise altrettanto gualcite, sporche e depresse guardavano con aria torva l'obbiettivo da un mare di fango e di neve.
C'erano anche delle cartoline. "Non so cosa dice la scritta in tedesco, ma potete vedere questi soldati pasciuti e sereni..." inizio a dire.
Mercuzio, che è di origine tedesca, traduce con aria assorta "Noi siamo tranquilli e comodi nella nostra bella trincea".
"Eh?!?" grido indignata.
"Prof, è scritto così".
Guardo inorridita. Io il tedesco non lo so, ma conosco il significato di una ventina di parole.
La frase incriminata è Wie wir's doch gemütlich haben in unserm schön Schutzengraben
Graben vuol dire trincea, l'ho imparata perché l'ho cercata sul dizionario per trovare una chiave di ricerca in tedesco, schön significa "bello" ed è una delle venti parole di cui sopra...
Per quel che sono in grado di capire la traduzione di Mercuzio funziona. Ma, certo, che la propaganda trovasse il coraggio di parlare addirittura di una bella trincea dove si sta tranquilli e comodi...

*sì, lo so anch'io che Internet arriva senza problemi anche al secentesimo piano dei grattacieli, ma che vi devo dire, a Hogsmeade , o meglio nella scuola di Hogsmeade, le cose stanno così

domenica 3 aprile 2011

Haeretica - Il Manzoni scrive da cani?

Quanto vale, oggi, uno scrittore come Manzoni, e quanto viene apprezzato dalle giovani leve delle nuove generazioni?
Una serie di considerazioni interessanti in proposito si possono ricavare da uno degli ultimi post del blog Gamberi Fantasy dall'invero assai esplicito titolo Il Manzoni scrive da cani. L'argomento era stato già accennato in altri post precedenti dove in particolare era stato stroncato senza pietà l'incipit dei Promessi Sposi, secondo me con argomenti assai validi (cioè, diciamolo: basta leggerlo, quel micidiale inizio, e sopravvivere alla sua lettura, argomenti non ne mancheranno di certo).
Oltre al post sono molto interessanti anche i commenti.
Fermo restando che un suo pubblico di appassionati Manzoni l'avrà sempre, anche perché ha eccellenti argomenti per meritarselo (specie se si riesce a oltrepassare le prime trenta mortifere righe del suo romanzo) in cuor mio da tempo matura il sospetto che le nuove generazioni si stiano via via scollando sempre più dai Promessi Sposi, e forse da tutta la letteratura ottocentesca. Non ho dati statistici e sono sempre vissuta in un ambiente dove si leggeva tanto e di tutto - una razza inestinguibile ma non troppo rappresentativa, specie in un paese come l'Italia dove abbiamo forse un po' di analfabetismo di ritorno ma soprattutto un colossale analfabetismo di andata. Però ho il sospetto che il canone letterario stia cambiando - che è come dire che sta cambiando il gusto, non solo letterario.
E' già successo altre volte, succederà ancora. Ma, quando succede, i letterati non la prendono bene, di solito. E questo forse potrebbe - non so, è un sospetto come tanti - spiegare in parte una certa esasperazione strisciante tra gli insegnanti di lettere, categoria letterariamente conservatrice quant'altre mai.
Il tutto, rigorosamente e fermamente, IMHO.

domenica 20 marzo 2011

Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi


La vera bandiera per la ricorrenza di quest'anno è quella dei Savoia, con la sua brava corona

E così l'Unità d'Italia compie 150 anni - ancora giovane, come ha osservato Benigni, quasi una bambina. Per i confini in cui sono nata e cresciuta invece mancano ancora 44 anni per il centesimo compleanno.
Sono contenta di essere nata italiana?
Sì, certo; ma probabilmente sarei contenta anche di essere nata in Inghilterra, in Turchia o dove altrimenti mi fosse capitato: il paese in cui siamo nati e cresciuti ha sempre ai nostri occhi un pregio speciale, anche e soprattutto quando ce ne lamentiamo. E sono contenta anche di essere nata in Toscana, che prima dell'unità d'Italia è stato il primo stato europeo ad abolire la pena di morte, e a Firenze che è stato il comune che inventò la Misericordia (il servizio gratuito di trasporto per infermi, non il pugnale). Il retaggio dell'impero romano invece non mi ha mai entusiasmato, probabilmente per colpa della retorica fascista.
I toscani hanno anche inventato la lingua che l'Italia si diede, grazie (anche, ma non soltanto)* ad alcuni eccellenti scrittori di prosa e poesia - Dante e Boccaccio, tanto per fare due nomi.
La Toscana non diede un contributo imperdibile al Risorgimento. A semplice richiesta, i sudditi del granducato si dissero sempre disponibili a far parte dell'Italia unita, ma i nostri moti risorgimentali sono sempre nati di riflesso e le figure determinanti del Risorgimento non sono nate qui; però ci siamo uniti volentieri al nuovo stato - se era per noi, ci saremmo uniti già nel 1848 - e mai ci siamo dissociati. Negli anni 80 del secolo scorso molte automobili indossavano l'adesivo del Granducato, ma non mi ricordo che a nessuno sia mai venuto in mente non dico di scendere in piazza, ma nemmeno di avviare la fondazione di un movimento federalista. Eravamo toscani perché così capitava, ma la cosa non contrastava minimamente col fatto di essere prima di tutto italiani.
Il Risorgimento italiano l'hanno fatto, voluto e costruito nell'Italia settentrionale, con qualche aiuto dall'estero. L'idea nacque e si affermò con l'arrivo delle truppe francesi guidate da Napoleone. Alcuni dei nostri stati vennero unificati a forza e senza grosse resistenze locali (d'accordo, le truppe francesi le guidava Napoleone, che già allora aveva l'abitudine di vincere sempre e comunque; sta di fatto che l'unico a opporsi fu l'esercito austriaco, gli italiani si misero alla finestra col sacchetto di pop-corn e lasciarono fare) e il risultato piacque all'italica stirpe. Fu una botta di vita con qualche inconveniente: i francesi ci portarono il vento della modernità, ma in cambio si presero un bel po' di tributi, davvero un bel po'. Comunque i piccoli staterelli di provincia si ritrovarono improvvisamente immersi nel flusso della storia internazionale, e gli piacque. Quando Napoleone andò via l'idea di riunire l'Italia rimase..
Nel frattempo era diventata di moda lo stato autonomo. Anche noi potevamo diventare uno stato autonomo, e anche unito. Anzi, dovevamo diventarlo. Perché in cuor nostro lo eravamo, e perché nel nuovo mondo che si stava costruendo sulle ceneri dell'ancient regime i nostri starerelli mignon erano piccoli e asfittici e, dopo trecento e passa anni, ci eravamo stufati di avere tra i piedi dominazioni straniere. Perché non smetterla, una buona volta, con tutti quegli eserciti stranieri che andavano e venivano da casa nostra appena gliene pungeva vaghezza?
In tutta Europa le dominazioni straniere erano ormai viste con una certa esasperazione. Ognuno voleva diventare padrone a casa sua - non necessariamente per andare a rompere le scatole a nessuno, ma per il piacere di farsi la sua vita e la sua politica in autonomia. Ci era presa così. E ci era presa così anche perché, sul modello di Napoleone, chiunque fosse padrone in casa d'altri si era messo in testa un sacco di idee sullo stato accentrato che agli accentrati non piacevano neanche un po'. Prima, chi conquistava un paese gli lasciava grossi margini di autonomia purché pagasse i tributi - chi fece diversamente, come gli spagnoli nelle Fiande, non se ne trovò affatto bene.
Non c'era un disegno precostituito, anche se a posteriori la propaganda lavorò per dare l'idea che le cose non avrebbero potuto andare in nessun altro modo. In realtà potevano andare in decine di altri modi, ma qualcosa con quel collage di piccoli stati andava comunque fatta - in quella posizione e in quelle condizioni quel collage non aveva molto senso. Svariati stati ne convennero e ci diedero una mano.
Una volta sancita l'unità d'Italia qualcuno disse che era il momento di fare gli italiani. Errore: gli italiani c'erano giù. Qualunquisti, lamentosi e vistosamente privi di senso dello stato, assai amanti dell'autoflagellazione** (oppure, per chi preferisce la versione più soft: sensibili, non molto interessati alla politica e con un'indipendenza di spirito innata che non li rendeva inclini a sottostare a troppe regole, disponibili all'autocritica) gli italiani mostrarono quasi subito le loro più profonde caratteristiche comuni.
Lo stato per noi è da sempre qualcosa che è bene cercare di fregare il più possibile a nostro pro. Non mi viene in mente un momento in cui non sia stato così. E non venite a parlarmi degli anni 50 e 60 del dopoguerra. Non eravamo più onesti, semplicemente c'era meno da rubare.

Il grande amore per il particulare ci ha portato a scelte elettorali talvolta piuttosto infelici- e d'altra parte non sta scritto da nessuna parte che la democrazia renda le persone più accorte: ognuno dà quel che ha, e volendo continuare con i luoghi comuni, nessuno riesce ad essere stupido quanto un genio. Gli italiani, si sa, è noto ovunque, sono geniali e creativi. E, nonostante il Culto della Mamma, hanno un gran desiderio di una Figura Paterna (senza però saperla scegliere)***.
Se per la Prima Grande Figura Paterna possiamo incolpare anche il re che ce lo tenne sul collo per vent'anni e passa salvo darsela a gambe quando la situazione diventò troppo pericolosa (e il re, sinceramente, non ce lo siamo scelto se non come forma istituzionale)****, la seconda Figura Paterna è stata scelta e confermata più volte in libere elezioni non esattamente dalla maggioranza ma comunque da una congrua fetta dell'italico elettorato e quindi non rimane che dissociarsi a livello individuale.
Detto per inciso, la Seconda Figura Paterna ha fatto del suo meglio per far passare sotto silenzio l'attuale compleanno della giovane Italia onde non irritare un partito della coalizione di governo che pretende di far risalire i nostri mali attuali proprio all'unificazione del paese.
Ora, tutti siamo buoni a dire e fare sciocchezze, ma tentare di far passare sotto silenzio l'anniversario del paese che stai governando mi è sembrato veramente un pezzo in là.
Comunque, argomenti per rispondere al partito di governo di cui sopra non ne mancano certo - tanto per dirne uno, se il LombardoVeneto fosse rimasto in mano all'Austria, cosa sarebbe successo nel 1918? I nostri anacronistici staterelli sarebbero stati lasciati lì dov'erano, quando i paesi vincitori della prima guerra mondiale avessero ridisegnato la carta d'Europa? La nascita del regno di Iugoslavia spinge a dubitarne assai - e considerando cosa uscì da quelle menti probabilmente obnubilate dall'alcool, tutto sommato direi che è andata meglio così. E comunque, e soprattutto, stato fatto capo ha. Più che recriminare su quel che è successo un secolo e mezzo fa, si potrebbe fare qualcosina per lo stato attuale, oltre a incassare lo stipendio e celebrare improbabili riti celtici alle sorgenti del dio Po (anche se, considerando come lavorano, forse è meglio per tutti se si limitano al finto rito celtico).

Prima ancora di sentirmi italiana lo sono e mi riconosco nel mio paese e nella sua storia, che trovo assai italiana, a partire dalle complesse procedure di unificazione. Mi riconosco in ognuno dei grandi avvenimenti della nostra storia. Mi riconosco nei cosiddetti "briganti" che tentarono la rivolta nel meridione contro le politiche dissennate dei governanti piemontesi, nei governanti piemontesi convinti che avrebbero risolto tutto a spingarde, nei poveri schiacciati dalla tassa sul macinato, nei cattolici impermaliti che rifiutarono di votare contro uno stato sconsacrato, nei manifestanti affamati in piazza (ma NON in chi ordinò agli artiglieri di aprire il fuoco sulla folla), negli interventisti che straparlavano della bellezza della guerra senza averla mai conosciuta se non in letteratura e in chi premeva perché in guerra non si entrasse, nei contadini che gettarono il fucile e abbandonarono l'esercito a Caporetto e negli alpini che resistettero in trincea con una determinazione spesso mortale, nei secessionisti dell'Aventino, in chi accettò di giurare fedeltà al regime fascista pur senza esserne affatto entusiasta perché "si deve pur campare", in chi tentò di salvare l'italico onore dopo l'8 Settembre arruolandosi nella repubblica di Salò e in chi tentò (con più successo, va ben riconosciuto) di salvare l'italico onore andando sui monti a fare il partigiano, come nei moltissimi che non fecero né l'una né l'altra cosa perché "si deve pur cercare di sopravvivere"; nei deputati del PD che protestano, protestano e non cavano un ragno dal buco e nei rifondini che mordono il freno e vorrebbero spaccare tutto ma non lo fanno perché hanno imparato che non è buona educazione farlo. La storia italiana è fatta di eroismi ma anche di molta vigliaccheria, di grandi proclami e di fiumi di luoghi comuni, di giustizialismo spesso temprato da una disastrosa tendenza al lasciar correre*****, di proteste sterili e di mugugni, di un'infinita tendenza alla retorica e di un grande amore per le cause perse che a volte, a sorpresa, si rivelano cause vinte******.

Questo è il retaggio del mio paese, e questo è il mio paese. Un paese diviso e litigioso e permaloso ma saldamente unito dai suoi difetti e dai suoi pregi. Questo è il paese con cui siamo entrati in Europa - entità ancora multiforme e profondamente italiana perché tutt'altro che amalgamata ma pur unita, nelle sue radici, da una storia tutt'altro che uniforme ma che in qualche modo è comune a tutti noi.

*il fiorentino si diffuse anche e soprattutto perché era la lingua dell'economia, come è successo poi per l'inglese.
**come ampiamente dimostrato dal presente post. Perché io sono estremamente italiana.
***e qui verrebbe voglia di dare la colpa al retaggio cattolico; sta di fatto che il retaggio cattolico ce l'hanno anche i francesi, che si sono dimostrati più accorti sotto questo aspetto. Forse perché i francesi temono più di noi il ridicolo? Chissà.
****nessuno sceglie i re che devono ancora venire, si tratta di vincere o perdere alla lotteria genetica, e a quanto sembra noi abbiamo perso.
*****con una singolare capacità nel lasciar correre con le persone sbagliate.
******come ben sanno da sempre i radicali.

giovedì 10 marzo 2011

L'indice dei libri

Questa è Index, la protagonista dell'anime "A certain magical Index".
Esistono tuttavia altri tipi di indice.


Nel compito di storia su Riforma e Controriforma ho messo anche una domanda sull'Indice dei libri - un argomento che li aveva assai impressionati.
E così ha risposto Teodosio: "Nel Cinquecento l'indice dei libri era molto basso, perché erano quasi tutti scritti in latino e il latino lo conoscevano pochissimi". 

Dopo aver riso pazzamente l'ho segnata come errore. Poi ci ho ripensato. Poi ci ho ripensato ancora. E infine gliel'ho data per buona*. Infatti la domanda era "Parla dell'Indice dei libri", e non "Che cos'era l'Indice dei libri?"
Un ragazzo cresciuto a merendine e statistiche come tutti nelle ultime generazioni può ben dare per scontato che la domanda riguardi l'indice delle letture di quel periodo (soprattutto se ha scorso solo frettolosamente il capitolo sulla Controriforma). 
E in fondo la risposta era giusta: in quel periodo si leggeva poco, anche perché la maggior parte dei libri (non tutti, ma la maggior parte sì) era in latino e, in effetti, il latino lo sapevano davvero in pochi.

*indipendentemente da quella singola risposta, a Teodosio non veniva comunque un gran voto. Anche perché (come si può facilmente evincere dalla risposta testé citata) non aveva poi studiato moltissimo.

domenica 27 febbraio 2011

In God We Trust

E’ evidente

(principale)


che buona parte della classe non ha capito la struttura del periodo

(subordinata. I grado)


e che quindi domani dovrò rispiegare diverse cose

(coordinata alla subordinata I grado)


purchè stavolta vada meglio

(subordinata II grado)


e che il cielo mi assista

(coordinata alla subordinata II grado)

giovedì 17 febbraio 2011

17 Febbraio 2011 - Giornata Nazionale del Gatto


qui riprodotto in una delle sue molte divine sembianze.
Auguri a tutti i gatti (e anche ai loro compagni umani).

venerdì 4 febbraio 2011

E invece io elogio il maiale!

I maiali sono graziosi, gustosi, coccolosi e vanno tenuti in grande considerazione.
Perciò ho deciso di cantarne le lodi.

Ho accettato con slancio di partecipare all'iniziativa Liberiamoci dal maiale! ma l'ho fatto con animo falso, mendace e (diciamolo pure) anche un po' grufolante, perché sin dall'inizio progettavo il tradimento.
Infatti in questa iniziativa sono un'infiltrata; non solo perché in cuor mio, ma soprattutto in tutte le mie budella e viscere, io amo il maiale, in modo addirittura divorante, ma soprattutto perché non mi sembrava sbagliato tradire chi a sua volta tradiva e infamava il buon maiale paragonandolo con strane creature disgustose sia alla vista che soprattutto all'udito e al pensiero.
Passerò dunque a spiegare perché un buon maiale (e financo, va detto, un maiale così-così) sia incomparabilmente migliore e superiore a certi loschi figuri che si aggirano per i palazzi d'Italia e che, al contrario del Comunismo di Marx nel celebre Manifesto, non hanno nemmeno il garbo di essere spettri ma anzi concretamente ci perseguitano giorno e notte, e lo spiegherò in non più di dieci punti perché l'arte è lunga, la vita è breve e insomma sono sicura che ognuno di lorsignori che mi legge gradirebbe avere almeno un paio di ore libere per questo fine settimana, e ben sapendo tutti noi che l'elenco di certe malefatte è non solo tutt'altro che divertente da leggere, ma anche lungo ben oltre la decenza e il tempo di stagionatura del più ricercato dei prosciutti.

Dicevo, anzi scrivevo, che il maiale è infinitamente superiore a certa gente e passo a fare quindi i miei dieci esempi, augurandomi di non recar danno alla digestione di alcuno (se avete mangiato da poco, magari, ripassate tra qualche ora):

1) Nessun maiale ha mai contristato i suoi concittadini e connazionali coprendoli di vergogna e rendendoli oggetto di biasimo internazionale in occasioni in cui i suddetti speravano di farsi lustro e onore, ad esempio all'inaugurazione del semestre europeo.

2) Inoltre nessun maiale ha mai attribuito ai suoi concittadini battute di pessimo gusto sull'Olocausto aggiungendo in più che i disgraziati cittadini in questione "sanno ridere anche sulle grandi tragedie" (che, francamente, non mi sembra questo gran titolo di merito).

3) Nessun maiale si è mai vantato di non essere omosessuale. Anzi, il vero maiale, per sua stessa natura, quando è libero di seguire le sue inclinazioni pratica il sesso spesso, volentieri, senza formalizzarsi troppo ma sempre con genuino e autentico entusiasmo, dandosi da fare invece di perdersi in questioni filosofiche del tipo "A non è Non-A".

4) Nessun maiale, a memoria d'uomo o di suino, ha mai criticato una giornalista perché era vestita male. Anche perché un buon maiale non fa mai troppo caso ai vestiti e punta all'essenziale.

5) Nessun maiale ha mai partecipato al Family Day. I maiali hanno invero un concetto piuttosto vasto della famiglia, ma preferiscono produrne una, grazie al loro duro lavoro, invece di perdersi in chiacchiere inconcludenti.

6) Un maiale non farebbe mai sesso con le sue maiale per poi offenderle parlandone al telefono; prima di tutto perché un maiale di solito evita di parlare al telefono (e già questo basta a farne una creatura di gran pregio), ma anche perché il maiale rispetta sempre le sue maiale.

7) Nessun maiale, a memoria d'uomo, ha mai costretto un network televisivo ad aprire il telegiornale della sera con la notizia che la sua mamma maiala, se fosse stata ancora viva, quel giorno avrebbe compiuto 100 anni.

8) Il maiale, se drogato e ben speziato, acquista sapore, laddove molta gente, drogandosi, perde ogni sapore e financo il lume della ragione.

9) Lasciato a sé stesso e in condizioni naturali il maiale è un animale pulito e con un bel colorito.

10) Infine, e soprattutto, il maiale è un animale buono in ogni sua parte e fibra, come fa fede il noto proverbio che dice "del maiale non si butta via nulla" e come possono testimoniare milioni di stomaci piacevolmente sazi grazie a lui.

E siccome qui il confronto con certi individui dall'aspetto malsano e tutt'altro che appetibile si fa davvero impietoso, arrivata a questo punto passo la mano, anzi lo zampetto, non senza aver ringraziato dal profondo dello stomaco tutti coloro che hanno partecipato all'inizitiva con utili ricette e non con chiacchiere inconcludenti, e soprattutto coloro che tale gustosa iniziativa hanno ideato.

giovedì 20 gennaio 2011

Prof, il suo gufo mi guarda male!


Quella a sinistra è la mia borsa, comprata a un mercatino rionale per 25 euro. Quella a destra è una sciccosissima borsa di Braccialini che di euro, quando è uscita, ne costava più di 900.
Ammetto di essere stata colpita senz'altro dalla prima e di aver ignorato del tutto l'esistenza della seconda - ma se anche ne fossi stata a conoscenza, una borsa da 900 euro è sempre stata decisamente al di fuori della mia portata oltre che dei miei desideri.
Ad ogni modo la scorsa primavera rimasi colpita da quel grande gufo con occhi in plastica dorata, e anche se la borsa è un po' ingombrante oltre che molto ridotta come capienza decisi di prenderla.
Passata l'estate, ai primi di Novembre la elessi come Borsa Autunnale e da allora una quantità immane di persone mi chiede se è di Braccialini (tanto che la tentazione di rispondere "Ma saranno cazzi miei?" si va facendo sempre più irresistibile). I miei scolari in verità non l'hanno chiesto: alcuni di loro amano le griffe, ma tra queste non rientra Braccialini, che lavora per un mercato decisamente adulto. Hanno però mostrato un grande entusiasmo per la borsa quando l'hanno vista mentre entravo a scuola il primo giorno che la indossavo*, palpandola variamente e facendomi un sacco di complimenti.
Molto compiaciuta ho raggiunto la Sala Professori e, come ogni mattina, ho preparato la borsa di tela cerata decorata a gatti che uso dentro la scuola. Non mi piace portarmi dietro la borsa in classe, anche e soprattutto perché la dimentico regolarmente.
Stavolta però, arrivata in Terza, sono stata severamente redarguita.
"Dov'è la borsa a gufo?"
"Ehm, in Sala Professori".
"E perché non l'ha portata in classe?"
"Ma io non porto mai la borsa in classe!"
"E invece doveva!".
Farfuglio una frase di scusa e attacco la lezione. Ma la mattina dopo, naturalmente, mi rassegno al mio destino e, imprecando contro la ria sorte, entro in classe con la borsa a gufo - e siccome nella borsa a gufo è già tanto se riesco a infilare le chiavi, il borsellino e altri due o tre oggetti di prima necessità, devo anche cammellarmi la consueta borsa di tela cerata a gatti.
Arrivo in classe e poggio la borsa sulla cattedra, in bella evidenza. Le ragazze squittiscono, i ragazzi guardano con curiosità, qualcuno si alza per palpare. Solo Distratta mi guarda male.
"Prof, perché l'ha portata in classe?"
"Ehm. Mi è stato chiesto. Non ti piace?"
"Mi fa paura. E' inquietante."
"Mi dispiace. Ma è solo per oggi, non la porterò più in classe" prometto, ben lieta di attaccarmi alla prima scusa. Che poi non è nemmeno una scusa: mica vorrete che spaventi le mie amate allieve?

Così il giorno dopo ritorno alla consueta trafila e salgo in classe con la sola borsa-da-scuola.
"Prof, oggi non ha la borsa a gufo?".
"Mi è stato chiesto di non portarla più. Vorreste gentilmente tirare fuori il libro di storia, invece di occuparvi dei miei accessori?".
Da allora, commenti e complimenti sulla borsa a gufo sono stati rigorosamente limitati al momento del mio ingresso a scuola, quando entro alla prima ora.

*ammettiamolo: per non notare quella borsa si deve essere come minimo ciechi

venerdì 14 gennaio 2011

Che cesso di governo!

Seduta del Consiglio di Gabinetto

Sono nella Seconda dei Domandieri e sto parlando di Luigi XIV, giovane frivolo e spensierato che, dopo la morte di Mazarino, quando gli chiedono da chi dovranno prendere per la gestione della Francia risponde serenamente "Da me".
Siamo alla quinta ora, la classe è stanca, non ha seguito bene. Mi chiedono di ripetere.
Racconto di nuovo. "E quando vennero a chiedergli chi avrebbe gestito da quel momento in poi le attività del gabinetto rispose...".
Vedo una serie di occhi sgranati e sbalorditi. "Quando gli chiesero cosa?"
"Quando gli chiesero chi avrebbe diretto gli affari del gabi..." finalmente realizzo qual è il problema (è la quinta ora anche per me, e oggi Mina Vagante ha reso la lezione davvero stressante).
"Gabinetto, dal francese cabinet, piccola stanza, salottino. E' il consiglio dei ministri, il governo, l'esecutivo. Non l'avete mai sentito dire?".
No, non l'hanno mai sentito dire.
Ripensandoci, non è affatto strano. E' un'espressione da storici e da giuristi.
"Il Gabinetto dell'Esecutivo è il consiglio dei ministri. Si dice ancora oggi" spiego. Ma, in effetti, non si dice molto spesso. Anni fa c'era una pubblicità di articoli da bagno che giocava su questa parola, ma è stato ben prima che loro nascessero: nella pubblicità c'erano le sagome di Craxi e Andreotti, tra gli altri.
Così gli spiego che c'è il Capo di Gabinetto, il Gabinetto dei Ministri (che non è un bagno a Palazzo Chigi) e perfino la Segreteria Intima di Gabinetto, che era il consiglio dei ministri dei Lorena nel Settecento; oltre, s'intende, al gabinetto da toeletta che era dove le signore si truccavano e ingioiellavano (e anche i signori, ripensandoci).
La classe ci ride un po' sopra, poi si ritorna a parlare di Mazzarino, mentre Mina Vagante riprende a imperversare.

In serata racconto la storia ad un'amica, che insegna anche lei alle medie.
"Eh sì" commenta "C'è sempre questo discrimine: prima non sanno e poi sanno, e il momento in cui lo imparano per loro è un po' uno choc culturale".
"Ma io non mi ci ero mai trovata in dieci anni" ribatto "Probabilmente ho sempre dato per scontato che lo sapessero, visto che io lo so".
Dieci anni di insegnamento, e non gli ho mai spiegato cos'è una segreteria di gabinetto. Forse, perché spesso ho ereditato classi di altri, in terza.
"La questione si pone nel Sei-Settecento" mi spiega l'amica "Verso la metà della Seconda".
In effetti romani e greci non avevano segreterie di gabinetto. Nemmeno i comuni, a ben guardare. E, forse, a volte la fatidica parola non viene mai pronunciata in classe.

Questa storia ha anche un seguito. Perché la mia amica linguista, ovviamente, ha cominciato a domandarsi da dove veniva la parola "cesso".
"Verrà da recedo" azzardo "Ma adesso provo a cercare". Non ho sottomano il LEI (Lessico Etimologico Italiano, in svariati volumi) ma ho Google, dove digito "Cesso etimologia". Scopro così che in realtà la parola viene da "secedo", nel senso di "ritirarsi", il che spiega la forma francese poi passata in italiano come "ritirata".
Tutto ciò, scopro scorrendo altri risultati, l'ha già scritto anni fa un blogger in cui non mi ero mai imbattuta ma che era stato una delle mie prime conoscenze di rete, che ormai da tempo immemorabile avevo perso di vista e che scrive con uno pseudonimo piuttosto trasparente per chi lo conosce.
Non sapevo tenesse un blog, ma se l'avessi saputo e avessi voluto cercarlo, mai e poi mai mi sarebbe venuto in mente di arrivarci attraverso una ricerca sull'etimologia della parola "cesso".
E questo la dice lunga su quanto sia fragile il nostro anonimato in rete, e con quanta facilità da un momento all'altro possiamo scoprire che occhi conosciuti ci stanno spiando.
Spiega anche, credo, l'arrivo di imprevisti visitatori sulla scorta di stringhe di ricerca del tutto imprevedibili e aliene dai consueti contenuti nei nostri blog che talvolta scatenano grande curiosità a meraviglia nel tenutario del blog quando le legge.
(No, io no. Ho scelto sin dall'inizio di non informarmi su chi passa di qui e perché. Non amo dedicare il mio tempo a domande di cui non posso avere la risposta e a cui forse è bene non avere la risposta...)

domenica 9 gennaio 2011

Questo Post E' Dedicato Al Ministro Gelmini


Il ministero Gelmini si sta avviando a compiere il suo terzo anniversario da ministro e ci sono buone probabilità che ne compia almeno un quarto.
Sulla gestione Gelmini dell'Istruzione Non Più Pubblica i giudizi sono controversi: da una parte ci sono lei e il governo che dichiarano con serena consapevolezza di aver svolto un lavoro eccellente, dall'altra svariate entità sovversive montate dalla Propaganda Comunista sostengono che il giudizio complessivo sulla sua gestione non sia invece del tutto positivo.
Volendo tentare un'analisi imparziale, occorre prima di tutto dare atto al ministro che, dopo avere solennemente promesso dei rigorosi tagli all'Istruzione, ebbene, i tagli li ha effettivamente eseguiti. Non solo ha tagliato il personale della scuola (insegnanti e ATA), non solo ha ridotto il numero di insegnanti necessari per una classe (soprattutto alle elementari), non solo ha ridotto il numero di classi e il tempo-scuola degli alunni ma, validamente aiutata dal governo, ha tagliato i finanziamenti in modo equo ma deciso non alle sole scuole ma anche ai comuni che, per quanto riguarda la scuola, si occupano degli edifici e non solo.
E' vero che c'è chi sostiene che, senza Tremonti e il suo staff che le facevano le tabelle, il ministro Gelmini in questione non sarebbe stato capace neanche di tagliare via il cartellino del prezzo da un paio di mutande, e vi sono anche taluni che ritengono che tali tagli siano stati fatti un tantino alla cazzo di cane; ma non c'è dubbio che ogni elettore dovrà convenire che il ministro e il governo tutto hanno pienamente mantenuto le loro promesse in questo campo.

Altre cose sono state mantenute senza essere promesse, talvolta senza nemmeno il vantaggio di avere alleggerito la pressione sull'erario: ad esempio il passaggio dai giudizi ai voti, avvenuto in modo forse un pochino affrettato, e la questione del voto di condotta, introdotto in maniera da alcuni giudicata leggermente confusa. Taluno aggiunge a questa categoria anche il taglio del numero di ore riservate a certe materie cui non è corrisposto un parallelo taglio dei programmi da svolgere, e qualcuno ha anche osservato a tal riguardo che ciò aveva finito col creare forse qualche difficoltà con i nuovi libri di testo, stampati un pochino a tastoni.
C'è perfino chi, nella sua maniacale ricerca del pelo nell'uovo, ha sostenuto che un cambio implicito dei programmi obblighi gli insegnanti a nuove adozioni di libri contraddicendo altre normative in merito all'adozione dei libri emanate dallo stesso Ministero - ma non sembra il caso di addentrarsi in tali questioni di lana caprina.*

Vi è poi un terzo gruppo di promesse, quelle il cui mantenimento non sembra presentarsi con certezza a tempi brevi: tra queste volevo soffermarmi sulle due che a suo tempo hanno fatto più parlare, ovvero il Reclutamento Degli Insegnanti e gli Incentivi Per Gli Insegnanti Meritevoli.
Per quanto riguarda il primo punto, sin dall'inizio il Ministro ha messo all'opera gran copia di cervelli** che hanno portato a termine un Grandioso Progetto di Reclutamento che avrebbe dovuto partire da quest'anno, ma di cui si sono perse le tracce verso Settembre.
Venendo agli incentivi, sempre sin dall'inizio il Ministro spiegò che lo stipendio degli insegnanti era basso e che gli insegnanti erano troppi, proponendosi di ridurre il numero dei suddetti e di incentivare tra i superstiti gli Insegnanti Meritevoli con adeguati aumenti retribuzione.
Come detto più sopra, la parte relativa alla riduzione del numero degli insegnanti è stata portata a termine in modo rapido, ma di incentivi non si è vista traccia anche se sono stati ripetutamente promessi con regolare cadenza.
Infatti, per Incentivare il Merito occorre valutarlo, questo Merito. La questione è stata a lungo discussa fino ad arrivare ad un vago progetto in cui vagamente si accennava che ogni scuola in un campione selezionato per città dovesse stabilire in via sperimentale il Merito Degli Insegnanti in base a criteri non meglio definiti, chiedendo l'opinione di Dirigenti Scolastici, insegnanti, genitori, alunni, personale non docente, eventuali passanti e, all'occorrenza, anche dei gatti che transitavano nei dintorni della scuola.
Tale progetto, corre voce che non abbia incontrato un grandissimo entusiasmo da parte dei vari collegi docenti, tanto che si mormora che tali collegi abbiano risposto al Ministero, in sede di delibera, per lo più con varianti scritte del Gesto dell'Ombrello. E' dunque possibile che anche per quest'anno i Docenti Meritevoli siano costretti a restarsene ignorati nel loro cantuccio, senza peraltro che il Ministero si sia granché occupato della questione - anche perché, corre voce, per incentivare qualcuno occorrono soldi, un'entità, questa. con cui il Ministero dell'Istruzione Non Più Pubblica non ha avuto grande dimestichezza durante la gestione Gelmini.

L'anno solare è appena iniziato, ma l'anno scolastico si avvia ormai verso la mezza età. Tutti noi che lavoriamo nel campo dell'Istruzione Non Più Pubblica sappiamo ormai per esperienza come il Ministro Gelmini sia sempre pronto a sorprenderci con pirotecnici effetti speciali dell'ultimo momento - ed è quindi possibile che il 1 Febbraio arrivino nuove indicazioni per i lavori di chiusura del quadrimestre e financo del trimestre e il 5 Settembre vengano emanate nuove regole per l'assegnazione degli incarichi annuali - ma l'impressione generale è che ormai da tempo, a parte qualche occasionale guizzo di fiamma***, nel Ministero dell'Istruzione Non Più Pubblica si dorma un sonno profondo (che, si spera, non genererà mostri peggiori di quelli nati durante la sua veglia) mentre il Ministro è assai preso da questioni legate alla gestione del suo partito****, in cui pare destinato a ricoprire una posizione di spicco.

*il pelo, in questo caso, sarebbe probabilmente di cachemire - un tipo di lana da qualche tempo particolarmente invisa all'attuale Presidente del Consiglio, non si sa perché
**uno di questi cervelli ha talvolta riferito in merito nel suo blog
***guizzi peraltro non riservati ad avvenimenti secondari come eventuali commemorazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia
****Al momento ancora noto come PDL, ovvero Partito delle Libertà, ma in fase di trasformazione profonda, si dice.

venerdì 7 gennaio 2011

Scripta manent - 2: Sulle tracce dei colleghi


L'ormone, è risaputo, è la tracciona di un piedone - così come gli orrmini sono le traccine dei piedini.

La gita di fine anno: tanto attesa, tanto desiderata e passata in un soffio. Quali ricordi conservi di questo viaggio? Si sono realizzate le aspettative della vigilia? Che cosa hai imparato di te, degli altri, dei luoghi visitati? Come valuti queste esperienze?

Questa è una delle tre tracce che i miei baronetti inglesi di St. Mary Mead si trovarono davanti la mattina dello scritto d'italiano dell'esame di licenza media. Le altre due erano redatte in toni analoghi.
Tale terna, devo aggiungere, non era frutto del delirio estemporaneo di un singolo, ma del lavoro collegiale dell'intero plesso di Crifosso. Tanto per dare un'idea dello stile delle mie tracce, quella che gli avevo dato a suo tempo sulla gita era Aspetti educativi, culturali, sociali e organolettici della recente gita scolastica.
Naturalmente mi era stato chiesto cosa voleva dire "organolettico".
"Organolettico è ciò che viene percepito con i sensi' avevo spiegato "E siccome tutto lo percepiamo con i sensi, sta a significare che potete parlare della gita sotto qualsiasi aspetto". Per i giovinetti di un tranquillo paesino di provincia, avevo scoperto, la gita di più giorni a fine medie era un evento epocale che assumeva toni da rito iniziatico di passaggio, e volevo che si sentissero liberi di affrontare l'argomento come meglio gli pareva.

I baronetti sotto esame non si fecero smontare dalla farraginosa terna. Com'era loro caratteristica, puntarono all'essenziale: tutta quella sbrodolata era un tema sulla gita di fine anno, e dunque chi lo fece parlò della gita di fine anno - esattamente come, nei loro panni, avrei fatto io tre decenni prima.
Nel gruppo dei temi sulla gita, quello di Armageddon riusciva a trasmettere in maniera eccellente l'entusiasmo e il piacere con cui era stato vissuto il loro rito di passaggio collettivo, grazie anche a una scrittura scorrevole ed espressiva. Siccome non di solo pane vive l'insegnante, ma anche di gratificazioni, a correzione finita passai il tema a una delle colleghe di St.Mary Mead che, al contrario di me, aveva organizzato e partecipato alla gita in questione - una ragazza simpatica e gentile, dotata di grande senso pratico, o così l'avevo sempre giudicata nei due anni in cui l'avevo frequentata
"Guarda che racconto carino ha fatto Armageddon della vostra gita".
Lei mi fraintese e pensò che desiderassi un parere sul voto da mettere al tema, oppure che volessi mostrarle un uovo particolarmente pregiato della covata (beh, di sicuro era un buon uovo. Non un capolavoro, magari, ma era un uovo con eccellenti proprietà organolettiche: Armageddon scriveva bene). Così mi restituì il tema dopo averlo letto spiegandomi con delicatezza che a lei non sembrava poi questa gran cosa. Non seguiva la traccia: non spiegava cosa aveva imparato di sé e degli altri, non valutava l'esperienza né descriveva le aspettative della vigilia...

Mi cascarono gli occhi in mano e dovetti fare del mio meglio per rimetterli al loro posto senza farmi troppo notare, rassicurando nel contempo la collega sui motivi che mi avevano spinto a farle leggere il tema.
In seguito rilessi con calma la traccia; ma più la leggevo e più mi sembrava un delirio.
Secondo i Tracciatori la creatura sotto esame avrebbe dovuto
1) descrivere nei dettagli il suo stato d'animo e le sue aspettative* nei confronti del Gran Rito, essendo certo abituato a compiere ogni giorno lunghe opere di autoanalisi (si sa che tutti i tredicenni dedicano almeno un'ora al giorno all'autoanalisi. Del resto lo facevamo anche noi, a tredici anni) e soprattutto a mettere in piazza i suoi più intimi sentimenti con grande nonchalance (ed è ben risaputo che ogni tredicenne ama mettere in piazza i suoi sentimenti, specie se maschio. Anche noi alla loro età non mancavamo mai, ogni mattina, di scriverli su grossi striscioni che avevamo cura di portarci dietro ben dispiegati durante la giornata)
2) concordare che la gita di tre giorni era passata in un soffio (mica detto)
3) stabilire se le aspettative così ben definite e codificate si fossero realizzate (del tutto, in buona parte o nemmeno un po'**)
4) raccontare cosa aveva imparato di sé e degli altri (dopo averlo appieno realizzato grazie al minuzioso procedimento di auto ed eteroanalisi di cui sopra) mettendo in piazza pure quello***
5) infine valutare come questo avvenimento, svoltosi poche settimane prima, avesse inciso sulla sua vita, il suo rapporto con gli altri e la sua weltanschauung****, magari infilandoci, già che c'era, qualche saggia considerazione sulle gioie effimere della vita e la giovinezza che presto sfiorisce.
A ben guardare, comunque, una considerazione finale Armageddon ce l'aveva messa: che quando si aveva l'occasione di stare con gli amici era bene non farsela scappare. Magari non era una riflessione di quelle che sconvolgono la storia del mondo, ma a me sembrava valida - e poi nessuno è obbligato a sfornare sempre e soltanto pensieri profondi, mi sembra.

Per la prima volta nei miei lunghi anni di vita mi trovai a considerare che chi dava quelle belle tracce lunghe e paludate non lo faceva solo per abitudine e per avvisare l'alunno di non allargarsi troppo con le confidenze, ma pretendeva che quegli sproloqui venissero seguiti punto per punto. Il consueto criterio di valutazione di "aderenza alla traccia" (dove tutti con me hanno sempre preso almeno la sufficienza, con l'unica patologica eccezione di Calimero) aveva, per alcuni, la sua importanza.
Il concetto base sarebbe che c'è un determinato tema da svolgere, e chi si avvicina di più a come l'insegnante ha deciso che deve essere svolto vince il voto più alto.
Come principio, è esattamente all'opposto della mia teoria che "il tema è dentro di te. Io non so com'è, devi saperlo tu".

Ora, io non voglio pretendere di avere ragione per forza. So però che non solo oggi, ma anche trent'anni e passa fa, una traccia costruita in modo pesante viene in gran parte ignorata dagli allievi, vuoi che le istruzioni troppo minuziose li annoino, vuoi che - come avveniva senz'altro nel mio caso - riconoscano il tentativo di manipolazione e lo blocchino ignorandolo. Tanto per andare nel caso specifico: dove sta scritto che un alunno debba aspettare con ansia la gita, che abbia particolari aspettative in proposito e che la gita sia passata in un soffio?

* e mettiamo che queste aspettative fossero "trombare con Giovanna"
** "No, non abbiamo davvero trombato, però abbiamo fatto diverse cose che ci somigliavano"
*** "ho imparato che Giovanni è un grandissimo stronzo"
**** "Comunque forse è stato meglio non trombare sul serio, perché nessuno dei due aveva uno straccio di preservativo"