Il mio blog preferito

mercoledì 5 maggio 2010

L'Assenteista colpisce ancora



Nel corso dei mesi l'Assenteista ha continuato giustamente ad assentarsi, così come ha continuato a non portare le giustificazioni né i libri di scuola, a non seguire le lezioni e a non studiare.
Si sente spesso dire tra insegnanti "Il Tale o il Talaltro non sta facendo nulla" ma è spesso un'espressione impropria, alla quale solo l'Assenteista e pochi altri eletti sono in grado di rendere onore in modo adeguato. Se si va a frugare un po', al confronto dell'Assenteista la quasi totalità degli studenti che "non fanno nulla" si infilano l'elmetto all'alba e stanno in miniera quattordici ore a fila senza nemmeno la pausa pranzo.
Naturalmente la scuola si è mobilitata. Naturalmente non è servito. Abbiamo ottenuto che le assenze venissero giustificate in tempi quasi ragionevoli (diciamo una settimana, in media) ma nient'altro.
A fine Ottobre abbiamo spiegato alla madre che la situazione non era produttiva, ai colloqui di Natale che era molto grave, alla consegna delle schede che stava diventando irreparabile, e a fine Marzo c'è stata la Formale Convocazione del "Guardi che se continua così dobbiamo proprio segarlo".
Ad ognuno di questi colloqui seguiva un Parziale Ravvedimento dei reo, che frequentava per sette-otto giorni di fila, portava i libri delle varie materie e, in qualche limitata occasione, arrivava perfino a fare i compiti scritti di italiano (visto che quelli di inglese, francese, tecnologia e matematica non gli riuscivano); questi Periodo di Ravvedimento si sono fatti comunque sempre più corti.
La madre, un po' annoiata, aveva sempre convenuto con noi che la situazione era grave (naturalmente anche lei "non è di quelle che proteggono il figlio") e che il ragazzo doveva mettersi a lavorare.
Verso fine Aprile aveva poi deciso di giocare la Grande Carta e, in colloquio privato con la Preside, le aveva spiegato che, se l'avessero di nuovo bocciato, l'Assenteista minacciava di uccidersi, e anche suo padre minacciava di ucciderlo (la Preside non è riuscita a stabilire con chiarezza in che ordine si sarebbero svolti questi eventi). Sono quindi stata chiamata in altrettanto privato in Presidenza, in qualità di coordinatrice, per chiarire se davvero non era possibile venire incontro al ragazzo etc. etc. Con grande chiarezza ho assicurato che no, non era possibile nonostante la nostra assoluta disponibilità perché il ragazzo stesso non mostrava alcuna propensione a farsi venire incontro da noi etc. etc.
La Preside ha sospirato e preso atto della situazione.

Tutto dunque sembrava definito e in chiaro quando qualche giorno fa la Preside mi richiama "per parlare del nostro argomento preferito". Poco prima, infatti, la madre dell'Assenteista era passata da lei per una nuova visita.
Pare infatti che l'Assenteista, fulminato sulla via di Damasco da un sette preso in una delle composizioni che faccio fare in classe, avesse visto la luce e cominciato a farneticare di studio, impegno e interrogazioni volontarie. Addirittura non desiderava accompagnare la famiglia nel viaggio di una settimana che questa aveva deciso di fare a Napoli per restare a casa a studiare.
Comprensibilmente attonita (e forse un po' spaventata) da siffatta metamorfosi, la madre era corsa dalla preside a chiedere consiglio - e in effetti persino lei stessa medesima sembrava entrata nell'ordine di idee che ormai era troppo tardi per riparare. Ma in caso, certo...

Il pensiero di essermi giocata una preziosa settimana di vacanza dall'Assenteista per la modesta e trita soddisfazione di "dare a ciascuno il voto che si merita" mi inorridisce, accascia e riempie di contrizione; in verità di buoni voti allo scritto di italiano l'Assenteista ne ha un altro paio, oltre ad un'eccellente lettura e a una notevole capacità di comprensione del testo: anzi, ha una scrittura decisamente gradevole se evita di infilarsi nel tunnel delle frasi complesse (dove ha la singolare capacità di cannare tutti i tempi composti, soprattutto se congiuntivi, anche perché è stato sempre assente nel periodo in cui ho lavorato la classe in merito battendola come un tappeto finché tutti sono diventati docili, sottomessi e capaci di azzeccare quasi sempre il tempo giusto).
Certo, alle esercitazioni di grammatica in cui dimentica di fare forca non passa il quattro. Ma il vero problema sono e continuano a restare matematica, inglese, francese etc. etc.
"Se questo sette fosse stato in matematica, senza dubbio sarebbe stato il caso di riconsiderare tutta la questione" assicuro. Ma le probabilità che l'Assenteista riesca a prendere un sette in matematica rientrano, più che nella categoria dell'Infinitamente Piccolo, in quella dell'Infinitamente Inesistente.

La Preside sospira di nuovo, poi richiama la madre dell'aspirante suicida e le spiega che possono portarsi dietro il figlio in vacanza a Napoli con tutta tranquillità.
Una volta di più, non cava un ragno dal buco: perché ormai l'Assenteista è tappato in camera a studiare geografia e a Napoli i genitori andranno per conto loro.

Mi fustigo e straccio le vesti e chiedo pubblicamente scusa ai colleghi per l'accaduto. I colleghi sbuffano e si raccomandano che almeno gli faccia un'interrogazione cattiva a geografia.
Ma io sono un'insegnante garantista e gli faccio invece la più dolce e disponibile e comprensiva interrogazione di questo mondo, al termine della quale sorrido e gli metto una sufficienza stirata spiegando che "occorre comunque valorizzare il fatto che sei venuto volontario, che non è una cosa che rientra nelle tue abitudini".

Ebbene sì: studiare, come tutti i lavori, richiede un po' di tecnica e di allenamento. Non è una cosa che si possa completamente improvvisare. Nemmeno alle mie interrogazioni di geografia - che, garantisco, sono davvero domestiche e facili da sbarcare.

lunedì 3 maggio 2010

La Seconda Caotica



La classe della Seconda Caotica è in fondo al corridoio. Due metri prima della porta incrocio la titolare di Lettere, appena uscita.
"Abbiamo fatto il complemento oggetto, magari puoi fargli fare un po' d'esercizio".
Faccio un cenno di assenso e la saluto. Non le chiedo se hanno capito: tutti capiscono il complemento oggetto senza problemi, ma un po' di blandi esercizi di ripasso certo non hanno mai fatto male a nessuno.
Un metro prima della porta un paio di ragazzini mi prendono d'assalto: "Prof, non abbiamo capito il complemento oggetto, ce lo rispiega?".
Non hanno capito il complemento oggetto? Come caspita si fa a non capire il complemento oggetto?!?
"D'accordo, ora vediamo. Rientrate in classe".
I due rientrano, percorro il metro successivo fino alla porta. Lì una ragazzina mi guarda con aria assai patetica "Prof, può rispiegarci il complemento oggetto?"
"Ma certo. Adesso però vai a posto".
Saluto i ragazzi, gli dico di mettersi pure a sedere (a Hogsmeade il regolamento prevede che la classe si alzi in piedi all'ingresso dell'insegnante - il che avviene senza problemi perché, appena suona la campana di fine ora, tutti schizzano in piedi come tante molle).
Si alzano due mani.
Ne indico una "Dimmi".
"Prof, ci hanno appena spiegato il complemento oggetto, io però non l'ho capito bene. Ce lo può rispiegare?".
L'altra mano alzata annuisce con convinzione.
"Ma certo. Aprite la grammatica".
Arrivo alla cattedra (dove un ragazzo si è appostato per chiedermi di rispiegar loro il complemento oggetto), apro il registro di classe, firmo, apro il registro personale per segnare gli assenti... ma c'è ombra. Intorno alla cattedra si sono assiepati in tre - ovviamente, per chiedermi di spiegare loro il complemento oggetto. Li mando a posto con la promessa di accontentarli. Nel frattempo la classe non ha interrotto per un solo secondo l'usuale confusione che sempre la caratterizza. Siccome oggi non ho voglia di fare il consueto Bercio da Inizio Lezione, sfodero un bel sorriso e li guardo.
Non funziona subito, ma dopo qualche minuto tutti si chetano. Così inizio a parlare:
"Mi è stato chiesto...".
Due ragazzi mi interrompono per chiedermi se gli rispiego il complemento oggetto.

A questo punto è chiaro perché buona parte di loro non ha capito (o meglio è convinta di non aver capito) il complemento oggetto. In effetti è già tanto se hanno capito che la lezione di oggi verteva sul complemento oggetto: se non ascolti almeno un po' l'insegnante, non capire casa ha detto può succedere anche ai migliori.
Ma nella Seconda Caotica la questione è ancora più complessa.
Perché, stabilito infine che, a quel che sembra e a dispetto di ogni consuetudine, non hanno capito il complemento oggetto, occorre cercare di andare un po' più a fondo nella questione.
"Vediamo. Non avete capito cos'è un complemento oggetto?".
Deciso scuotere di teste e brusio. No, quello l'abbiamo capito.
"Non vi è chiara la definizione di complemento oggetto?"
Di nuovo le teste si scuotono. Un gruppetto, accavallandosi, mi ripete la definizione.
"Pensate di avere difficoltà a riconoscere un complemento oggetto?".
Questa volta le teste si scuotono con decisione: assolutamente no.
A questo punto la prof. Murasaki è avvolta in un enorme punto interrogativo: se hanno capito cos'è un complemento oggetto, se hanno capito la definizione di complemento oggetto e per giunta sono convinti di riconoscere un complemento oggetto senza problemi, che accidenti vogliono da me?
"...posso sapere allora cosa non avete capito?".
Dopo lungo accavallarsi e parlare tutti insieme e contraddirsi a vicenda, con un paio di urli miei per cercare di convincerli a parlare in non più di due-tre per volta, finalmente emerge ciò che non hanno capito; cioè, dunque...
"La professoressa ci ha detto che il complemento oggetto c'è quando c'è un verbo transitivo attivo".
"Beh, è vero" sono costretta a confermare. Non l'avevo mai pensata in questi termini ma senza dubbio sì, per avere un complemento oggetto ci vuole un verbo transitivo in forma attiva.
Provo a rispiegarglielo ma non trovo particolare resistenza. D'altra parte hanno ripassato i verbi da poco e ricordano sia cos'è un verbo transitivo sia che cosa è un verbo attivo.
Mi dilungo un po' sulla questione. Non può fargli male, non sto dicendo cose false o ingannevoli...
Placati dal mio ripetere e sviscerare il mantra, la classe si acqueta.
Il vero e serio problema del complemento oggetto viene fuori solo verso metà della lezione, ed è una questione seria, cioè: gli attributi e le apposizioni dei complementi oggetti vanno analizzate insieme o separatamente?
Grave dilemma, ne convengo, di quelli che tolgono il sonno. Ma lì proprio non sono in grado di aiutarli: so che la maggior parte degli insegnanti li fa analizzare separatamente, io glieli lascio analizzare insieme, se così preferiscono, ma cosa faccia la titolare proprio non saprei. Ci torno a casa insieme in treno tre volte la settimana, ma non è il tipo di argomenti di cui si parla, di solito.
Così gli suggerisco di chiedere alla loro insegnante (che di sicuro gliel'ha già detto e ridetto, ma, certo, se non la stanno a sentire...).
Poi passo a dettargli qualche frasetta col complemento oggetto, prima molto facili, poi un po' più complesse.
Non mostrano difficoltà alcuna, anche se sentire cosa dice l'interrogato mentre gli altri ronzano, suggeriscono, si danno addosso o si occupano dei casi loro è un po' difficile.
D'altra parte sono stanchi, ormai: è la sesta ora.
Ecco, io li vedo alla sesta ora, ma tutti mi assicurano che per loro è sempre la sesta ora.
Non sarà quindi difficile comprendere come mai, nonostante sia composta quasi completamente di elementi tutt'altro che stupidi e nonostante non sia dominata dalla feroce determinazione a non studiare che caratterizza la mia classe, questa seconda sia - di gran lunga - la più indietro nel programma, per tutte le materie e con tutti gli insegnanti.

Guardandola in modo costruttivo, possiamo senz'altro affermare che, se è vero che occorre avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante, la Seconda Caotica ha tutto il potenziale per generare una costellazione intera, di quelle belle fitte.
Con tutta la comprensione per chi ci lavora più di un'ora a settimana.

venerdì 30 aprile 2010

Degno di nota


A fine lezione Lunastorta si avvicina alla cattedra.
"Professoressa, lei però l'altra volta non ha messo la nota a quelli che parlavano quando io ero interrogato". Mentre stavolta l'ho messa a lui.
Vero, l'altra volta non l'ho messa, ma soltanto minacciata. Anche perché le due fanciulle in causa, dopo la minaccia, si erano alquanto chetate. E va pur detto che Lunastorta non è in condizioni di rivedere le bucce a nessuno quanto a disciplina e, soprattutto, attenzione nel seguire le lezioni. Che abbia il coraggio di farlo è cosa che mi lascia sinceramente ammirata.
"Infatti. A loro non mi è sembrato il caso di metterla" convengo.
Sul momento mi reputo un prodigio di diplomazia, mitezza d'animo e disponibilità per non essergli saltata alla gola e non avergli nemmeno espresso, con poche e sentite parole, la mia compiuta opinione sul suo modo di comportarsi e trovare sempre da ridire su tutto e tutti.
Ma poi a casa, a freddo, rifletto e mi dico che forse si potrebbe provare a far capire alle creature che, prima di badare tanto al comportamento degli altri e di deprecare ingiustizie da parte dell'insegnante dovrebbero forse considerare con un po' più di attenzione quel che fanno.

Così il Lunedì arrivo con la parabola della trave e del fuscello. Prima gli spiego che l'insegnante vive la vita di classe con spirito professionale e in ogni cosa che fa deve tenere conto di un'infinità di fattori che agli alunni, che sono coinvolti in modo diverso, tendono a sfuggire. Che comunque la legge non è mai uguale per tutti perché si deve tenere conto di tanti discriminanti - come succede anche nel codice civile e penale - e infine che spesso si ha una percezione soggettiva del disturbo che si può creare nella classe molto diversa dalla percezione che può averne un esterno.
Indi passiamo alla parabola che viene letta, commentata e spiegata. Poi li lascio a scrivere le loro riflessioni. E tutti mi scrivono tante cose edificanti sull'importanza di non giudicare gli altri ("Maledetti ipocriti!" penso mentre correggo, anche se non si può escludere del tutto la possibilità che qualcuno sia in buona fede).

La mattina dopo Lunastorta arriva con la nota firmata... e un romanzo, sotto la nota, scritto da sua madre. Che mi dice sì, gentile professoressa, è vero che mio figlio chiacchierava e quindi lei giustamente gli ha messo la nota, però lui mi ha detto che anche altri chiacchieravano quando lui era interrogato e quindi mi sembrerebbe giusto che anche gli altri ricevessero la stessa sanzione. E mi saluta ringraziandomi per "la mia infinita pazienza" (senza, evidentemente, rendersi conto di quanto sta abusando della medesima).
Guardo incredula il quadernino, mentre la prima colazione mi va di traverso. Sono senza parole, ma alla fine riesco a dire "Grazie, lasciamelo che rispondo dopo con calma". Faccio finta di non essere in piena ebollizione e comincio la lezione (peraltro assai movimentata). In due ore ho tempo per cambiare idea almeno settanta volte sulla complessa questione "Rispondere, o non rispondere?".
A non rispondere so che il problema si ripresenterà a breve, magari con qualche altro collega.
La signora ha una granitica fede nei resoconti del figlio e niente di quel che gli insegnanti hanno detto, in singolo o in gruppo, è mai servito a scalfire cotale fede: costei continua a farci notare le ingiustizie e gli abusi di cui la sua creatura è oggetto, rimproverandoci tramite quadernino. Nel nostro primo colloquio cercò in vari modi di spingermi a dir male della Perfida Albione (e non la trovai un'operazione pulita, neanche un po'), poi passò a un lungo elenco delle malefatte dell'anno scorso di Sirius Black mentre io cercavo senza gran risultato, di spostare la conversazione sui molti Non Preparato di Lunastorta a storia e geografia.
Naturalmente è rappresentante di classe. Naturalmente è scontenta di esserlo, perché "gli altri genitori non la supportano". Naturalmente lei "non è di quelle che spalleggiano sempre il figlio".
Insomma, sarebbe meglio per tutti non lasciarle passare l'ennesimo "Siete stati cattivi con il mio bambino". D'altra parte l'unica risposta che mi viene in mente siul momento comincia con "Vaffanculo" e non sono sicura che sortirebbe l'effetto voluto.
Ben presto però la calma della Sala Professori produce il suo effetto. E scrivo.
"Gentile signora,
le sono sinceramente grata per la sua collaborazione nell'opera di gestione della classe. La prego però di considerare che per un ragazzo di tredici anni non sempre è facile valutare adeguatamente tutti i fattori di cui un insegnante deve tenere conto, anche perché il fatto di essere coinvolto in prima persona gli rende difficile una valutazione oggettiva.
Resto a sua disposizione, prof Murasaki".
Leggo ai colleghi. Lo trovano un eccellente Vaffanculo, stilato con molto garbo.
"Siamo sicuri che capisca tutto il discorso? E' un po' complicato".
"Se non altro capirà che la sto trattando dall'alto in basso".
Gli altri convengono.
Così salgo a restituire il quaderno al legittimo proprietario.
Non mi è arrivata controrisposta.

Sono comunque consapevole di avere solo pareggiato una battaglia. Di vincere la guerra, qua, non se ne parla nemmeno.

martedì 27 aprile 2010

Approfondimento delle Materie Letterarie



Oltre che da Donna Summer le gioie del profondo sono state cantate anche da Vivaldi: ascoltare per credere

Tra le molte e notevoli perversioni della sedicente Riforma Gelmini, la più stravagante è senza dubbio quella del misterioso Approfondimento delle Materie Letterarie, una misteriosa entità che è improvvisamente comparsa nell'orario di Lettere della scuola media. Al Ministero dell'Istruzione non più pubblica (MIUR, per gli amici) infatti hanno deciso di falciare le ore di Lettere da undici a nove, onde assegnare ad ogni insegnante di Lettere due classi e non più una e mezza come usava finora, MA qualche misteriosa mano all'interno del MIUR suddetto ha fatto scivolare un'ora supplemengtare di Lettere, appunto l'ora di Approfondimento delle Materie Letterarie, portando così il totale delle ore di Lettere di ogni classe da nove a dieci.
Abbiamo quindi insegnanti di Lettere con cattedre di diciotto ore, e cattedre di Lettere di nove + una ore. E se dividere diciotto per nove è un'esercizio abbastanza semplice, dividere diciotto per dieci è abbastanza complesso. Si aggiunga che questa misteriosa ora di Approfondimento è, appunto, rimasta misteriosa, perché dal MIUR nessuno ha mandato a dire una parola su cosa accidenti fosse e come andava gestita; e considerando la chiarezza delle indicazioni che arrivano da qualche tempo dal Ministero in questione, alla fine forse è andata meglio così.
Ogni scuola ha provato a sbucciare la patata bollente a modo suoi. Qualche scuola, ingannata da accenni falsi   e tendenziosi sparsi abilmente qua e là da Ministro e funzionari nelle interviste (ma mai in documenti ufficiali) riguardo a una mai meglio definita "Cittadinanza e Costituzione" (mentre esiste tuttora Educazione Civica, ma non ha un monte ore specifico, ed è ufficialmente una materia trasversale dai tempi della Riforma Moratti) ha pensato di dedicargli l'ora di Approfondimento, assegnandogli un programma specifico. Altre ne hanno fatto un'ora di lettura, anche lì con una programmazione specifica, oppure hanno spezzato le cattedre (di solito accorpando Approfondimento a Geografia). 
Hogsmeade ha seguito invece la tendenza più comune: tutte le ore di Approfondimento convogliate su un unico, sventurato insegnante, ma senza indicazione alcuna su cosa accidenti fare, nell'ora in questione.
La fortunata vincitrice delle ore di Approfondimento ad Hogsmeade sono io: visto che la scuola è formata da nove classi ho dunque il piacere di avere una classe con dieci ore (che è una bella comodità) e otto classi dove faccio un'ora a settimana (che è una bella scomodità per tutti, alunni compresi).

Ho chiesto cosa avrei dovuto farci, in quelle otto ore di Approfondimento. Mi hanno spiegato con gran solennità che avrei dovuto svolgere la programmazione relativa ai laboratori pomeridiani (dedicati, rispettivamente: per le Prime all'Educazione Ambientale, per le Seconde all'Educazione Alimentare e per le Terze a Educazione Civica). Ho provato a obbiettare ma si sono mostrati irremovibili, ho provato a chiedere chiarimenti ma si sono mostrati sguscianti come anguille. E insomma il primo giorno di scuola mi sono trovata nuda e cruda (a parte un elegante abito di seta e un giacchino di shantung che non rivestivano alcuna valenza didattica) davanti alle mie prime due ore di Approfondimento, e le ho sbarcate con il discorso di insediamento di Obama alla Casa Bianca per la Terza e con un testo da scrivere di getto sul loro primo giorno di scuola media per la Prima.
Visto che di chiarimenti continuavano a non arrivarne ho preso accordi con i singoli colleghi. Loro chiedevano e io provvedevo. Esercizi di recupero, correzione di esercizi di grammatica, lezioni supplementari di Storia e Geografia, interrogazioni a tappeto, verifiche - quello che volevano. In fondo, un'ora supplementare fa sempre comodo. Magari un'ora in più svolta dal titolare della cattedra avrebbe fatto ancora più comodo, ma insomma quello passava il convento. 
L'unica cosa che nessuno mi ha chiesto era di fare lezione di letteratura - con mio gran piacere, perché  mi risulta contro natura fare storia della letteratura alle medie, mentre un'ora passata a inanellare esercizi sull'uso dei pronomi mi rilassa e mi fa sentire utile. E' una cosa che so fare bene, o almeno così mi sembra.

Fare un'ora in otto classi diverse ha i suoi pro e i suoi contro. Adesso conosco tutte le classi, posso discutere con i colleghi in Sala Professori su tutti i casi problematici della scuola (ad ognuno ho messo almeno un rapporto) e tutta la scuola mi conosce. La mattina, quando entro, un'infinità di alunni mi salutano (un onore, questo, cui mi sarei adattata di buon grado a rinunciare, in effetti) e quando ho un'ora di supplenza so sempre cosa fare in ogni classe.
Ho tre enormi registri, ognuno col suo diario delle lezioni e la sua programmazione e i suoi voti. Una gran scocciatura, in effetti. E siccome tutti si sono accorti che la prof. Murasaki non ha niente in contrario a correggere quel che assegna, molti sono stati assai lieti di affidarle gran copia di verifiche di grammatica e di testi scritti di vario tipo. Considerando che ci sono anche gli scritti della classe dove faccio le dieci ore, e che sono sempre stata un'insegnante che fa scrivere parecchio le sue classi, posso senz'altro affermare che quest'anno la benedizione della correzione è scesa su di me con abbondanza.
Ho anche il piacere di essere in tutti i Consigli di Classe e dunque di partecipare agli scrutini di tutte le classi. Inoltre all'ora di ricevimento ho visto arrivare, con mia grande sorpresa, immani quantità di genitori; i più venivano per vedere che bestia era, e soprattutto per cercare di capire cosa diamine fosse l'Approfondimento (e lì non ero in grado di aiutarli più di tanto: perché, se non lo sa il MIUR, che l'Approfondimento l'ha inventato, come potrei saperlo io?), ma molti volevano sentirsi dire che i figli erano bravi o tapinarsi con me perché i figli erano problematici - e in entrambi i casi ho sempre profuso lodi o porto un orecchio fraterno e comprensivo, a seconda delle circostanze; altri invece volevano parlarmi dei casi loro (è incredibile la quantità di genitori che vengono a parlare con gli insegnanti per raccontargli i casi propri) oppure sparlare del legittimo titolare di Lettere perché non sa gestire bene la classe - e siccome, dopo qualche ora passata in quelle classi e con quei figli so benissimo perché il titolare ha problemi a gestire la classe, e so anche che chiunque avrebbe problemi a gestirla, la mia reazione è spesso assai diversa da quella che il genitore sembrerebbe aspettarsi, e include di frequente un uso intenso di frusta e gatto a nove code.

Dovendo tirare le somme, infine, mi sento di affermare che l'ora di Approfondimento delle Materie Letterarie è una di quelle esperienze molto formative di cui ogni insegnante è disponibile a fare a meno.

domenica 25 aprile 2010

La mia seconda


Tordo bottaccio. Una creatura simpatica e graziosa, ma forse meno astuta di quanto egli non creda

Si tratta prima di tutto di una classe di disgraziati - nel senso, letterale, che molti di loro sono afflitti da disgrazie e problemi familiari.
E che disgrazie e che problemi!
Abbiamo prima di tutto un'Orfanella, che ha perso la madre questa estate; segue poi una fanciulla col fratello maggiore afflitto da una forma particolarmente perfida di leucemia (per buona sorte, il caso, che all'inizio dell'anno sembrava disperato, si sta poi evolvendo in modo piuttosto positivo) e due ragazzi con madri in chemioterapia. Durante l'anno alla lista si sono aggiunti una ragazza che ha visto morire due zii nel giro di pochi mesi e un ragazzo che ha perso un nonno e sta perdendo uno zio. Un'altra ragazza, che già aveva un padre piuttosto violento, di recente ha visto arrestare (e rilasciare) il fratello maggiore per spaccio. Ci sono poi un paio di separazioni in corso (nemmeno troppo amichevoli, a quel che è dato sapere). Ah sì, anche una ragazza il cui padre, quando viene ai colloqui, ci spiega sempre che la poverina è stupida (che non è vero, ma di sicuro è vero che ha un imbecille per padre e questo non aiuta).
I genitori sono esasperanti: la ragazzina chiacchiera perché è in un gruppo che la perverte, il ragazzo non fa i compiti perché non aveva capito che andavano fatti, la creaturina si sente presa in giro dai compagni...
Ecco, potremmo partire da questo: i ragazzi in classe, e pure fuori, vivono col coltello tra i denti. Si sentono presi in giro dai compagni, pure di altre classi - e in effetti sono presi in giro. E dunque per legittima difesa, e solo per legittima difesa, immagino, a loro volta prendono in giro i compagni. Perché sono grassi, perché sono magri, perché sono secchioni, perché vanno male a scuola, perché sono paurosi, perché sono gay (ma, garantisco, i termini usati per indicare la gayezza non sono affatto politicamente corretti), perché esistono e respirano, insomma il solito repertorio.
Raccontano balle. Cioè, non è che si limitano a dire che hanno dimenticato il quaderno degli esercizi o il libro a casa, raccontano veramente un mare di balle - agli insegnanti e ai genitori (e passi) ai compagni e pure a sé stessi. Alcuni sono talmente avviluppati nel loro bozzolo stratificato di passaggi intermedi verso la realtà che sospetto si siano financo dimenticati non dico la strada per l'uscita, ma la possibilità stessa di uscirne.
Raccontano balle, ma, credo, senza il loro profondo consenso interiore - perché spesso le raccontano male, tanto che perfino una persona distratta e immune dal sospetto come me se ne accorge istantaneamente. Di solito faccio finta di non notare nulla di strano perché a muoversi là dentro si rischia di far danno, ma talvolta quel che dicono è così smaccatamente falso che non posso decentemente fare altro che prenderne atto e rampognare la creatura (o le creature). Ecco, uno dei problema è che sono una classe di contaballe assai imbranati.
Non sanno mentire ma non gli viene mai in mente di dire la verità. Non sanno copiare ma non gli viene nemmeno in mente di imparare a farlo. Non sanno studiare (soprattutto per mancanza di allenamento) ma nemmeno ci provano. Non sanno stare zitti né chiacchierare a voce bassa.
Non hanno il minimo senso delle convenienze. Litigano e discutono da un capo all'altro della classe. Lanciano gli aereoplanini mentre il loro compagno di banco è interrogato. Copiano gli esercizi di un'altra materia al primo banco. Leggono il libro alle interrogazioni, e non importa se li scopro regolarmente e certo non gli dico che fanno bene, continuano a provarci, oppure mi guardano con grandi occhioni innocenti e mi dicono "Ma tutti leggono il libro". Ho provato a spiegargli che un conto è dare una scorsa al libro aperto per ricordarsi una data o un nome e altra cosa è leggere parola per parola. Evidentemente non hanno capito, perché ci hanno riprovato la settimana dopo.
Per mandarsi dei comunissimi bigliettini da un banco all'altro noleggiano la banda del paese e fanno una tal confusione che anche un cieco li vedrebbe. Quando alla fine, esasperata, sequestro il bigliettino, ne faccio coriandoli e lo butto nel cestino, si meravigliano "Prof, ma come fa a vedere sempre tutto?".
"Veramente io mi pregio di essere una di quelle insegnanti che non vede un sacco di cose. Siete voi che non ci sapete fare" rispondo, nella (vana) speranza che raccolgano la sfida e imparino un po' di savoir faire. Eccheccazzo, ho passato gli anni di scuola a mandare bigliettini e mai che mi abbiano beccata. Qualche volta avran fatto finta di non vedermi, ma di solito non mi vedevano proprio, punto e basta.
Sono una classe di imbranati - la più imbranata classe di imbranati che abbia incrociato in dieci anni di onorato insegnamento.
Sono una classe con un singolare talento per mettersi nei pasticci. Sono una classe in continua tensione e sofferenza, peggio dei nostri bilanci pubblici e di poco meglio dell'attuale deficit greco.
Il gruppo-classe non si è fermato. Dubito che, a questo punto, possa formarsi. Sarebbero, saremmo, dovuti intervenire prima. Non so come, sinceramente: i rapporti interni di questi ragazzi sono intricati peggio dei rovi intorno al castello della Bella Addormentata e affondano le loro radici in precedenti che risalgono alle elementari, all'asilo e forse financo al tempo della gestazione. A noi comunque arriva pochissimo. In apparenza sono quasi tutti cari amici - e non è detto, proprio per niente, che quei pochi di cui talvolta si dice apertamente male siano i più temuti o i peggio considerati.
Quasi tutti, ovviamente, si sentono vittime di epiche persecuzioni da parte di compagni e docenti. Tutti ci rimproverano perché noi professori siamo cattivi, perfidi e ingiusti.
Ho provato a spiegargli, con molto garbo, che è impossibile far leva sui miei sensi di colpa perché non ne soffro. Solo un gruppo molto ridotto ha colto il messaggio (ma se n'è dimenticato poco dopo).
Loro stanno male in classe, e io pure. Sono diventata sospettosa fino alla paranoia, io che ho sempre abboccato con grande serenità. Sono diventata rigida, per quel po' che mi riesce. E pure acida. Io, che rispondevo automaticamente "sì" qualunque fosse la richiesta (Posso portare i compiti tra una settimana? Posso giustificarmi a storia? Posso andare a fare le fotocopie? Posso andare a telefonare a casa? Posso andare a portare i fogli in segreteria? Posso andare in IIB che c'è il mio ragazzo che non lo vedo da venti minuti e ci ho le crisi di nostalgia?) adesso sottopongo ogni richiesta a un vaglio implacabile e di solito rispondo di no. Vivaddio, sono rimasta fedele a uno dei miei principi cardine, ovvero che chiunque voglia andare in bagno, in qualsiasi momento della lezione, ci va punto e basta. Ho messo una quantità di note e rapporti semplicemente surreale e mandato una vera processione di gente da Preside e Vicepreside - e soprattutto ne ho minacciati molti, molti di più. Li ho presi in giro e gli ho fatto delle splendide prediche, che nemmeno Savonarola ai suoi tempi d'oro, gli ho dati compiti supplementari e siccome li facevano distrattamente glieli ho fatti rifare tre e quattro volte finché non li facevano giusti. Ho alzato la voce ben più di quanto abbia mai fatto. Ho quasi sospeso le pause tra ora e ora perché mostravano di intenderle come "fine definitiva delle lezioni e si fa il cazzo che ci pare" - adesso faccio tre ore a fila senza interruzioni, il che renderebbe irrequieta anche una classe di Gattemorte.
Sia chiaro, non sono indomabili. Dall'inizio dell'anno hanno fatto progressi, facilmente misurabili con l'aiuto di un qualsiasi microscopio elettronico. Altri quindici anni sotto le mie abili mani e diventerebbero una classe gestibile come qualsiasi altra.
Infatti sto seriamente pensando di tornarci. E anche di andare da un bravo psicologo per  a farmi spiegare perché accidenti intendo tornarci.

venerdì 23 aprile 2010

Non tutte le lacrime sono un male



(...e se non è un Albero Bianco questo...)

Tra i suoi infiniti pregi, il Signore degli Anelli conta un finale lento e lunghissimo. Al giorno d'oggi ogni scrittore si ritiene in dovere di dare conclusioni frenetiche ai suoi romanzi più intricati, ma Tolkien la sapeva più lunga e conclude con una tecnica rilassante che ricorda quella della Sinfonia degli Addii di Haydn: i fili della trama vengono chiusi uno per uno, con calma, finché l'arazzo non è completo e la tensione è completamente sfumata.
E' un lavoro bello lungo perché c'è un'era da chiudere e un'altra da riaprire, e un mondo da ricostruire. Insomma, il da fare non manca.
E dunque prima di tutto si fa festa ai due poveri hobbit che hanno attraversato l'inferno fino a rischiare di finirci intrappolati dentro (e meno male che all'ultimo momento arrivano le Gwahir Airlines a rimediare), poi gli si racconta cos'è successo agli altri.
Si torna a Minas Tirith, dove Faramir e Eowyn si conoscono e si fidanzano, e dove Aragorn viene incoronato con una magnifica cerimonia e si sposa con Arwen.
Si canta, si ride e si festeggia finché qualcuno comincia a parlare di ritornare a casa. Ma non subito, per carità, e non soli soletti: i quattro hobbit partono con un corteo più che sontuoso e un po' per volta lasciano i loro amici per strada: prima Eowyn ed Eomer, poi Barbalbero, Galadriel, Bilbo... infine si ritorna nella zona della Contea e a quel punto perfino Gandalf si defila.
Ritroviamo la locanda del Puledro Impennato e i vari pony che gli hobbit avevano seminato per strada, poi la Contea - che in quei due anni di assenza dei protagionisti ha subito un bel po' di cambiamenti ma si rimetterà in sesto molto presto.
La Contea rifiorisce: ritroviamo gli altri hobbit che abbiamo intravisto all'inizio, i giardini tornano a rifiorire, Sam si fidanza e si sposa, Frodo continua la vita di sempre, con qualche crisi legata agli anniversari delle ferite che ha ricevuto.
E infine, ecco, parte anche Frodo, che ha scoperto che è stato ferito troppo a fondo per riuscire a vivere come prima. La nave grigia degli elfi porta via lui e i tre portatori dei Tre Anelli elfici: Gandalf, Elrond e Galadriel. Partono per una terra che le rotte umane non riusciranno mai a individuare e lasciano un mondo che non gli appartiene più.
Sam invece torna a casa, con i due hobbit più giovani.
Ma per chi avesse ancora un po' di appetito, ci sono cento e passa pagine di appendici da sgranocchiare per "riempire gli angolini".

Con tutto ciò, aveva ragione quel lettore che scrisse a Tolkien per lamentarsi che il Signore degli Anelli aveva il difetto di essere troppo corto.

martedì 20 aprile 2010

Sono piccoli, ma valorosi



Merry e Pipino, in un'assai filologica trasfigurazione felina

Frodo e Samwise, Meriadoc e Peregrino, i quattro hobbit della Contea, passano il loro tempo guardando dal basso in alto i vari protagonisti e sentendosi sempre del tutto inadeguati alla situazione; pure, non c'è dubbio che senza di loro nel libro non si caverebbe un ragno dal buco.
Di Frodo e Samwise, che riescono nientemeno che a strisciare fino alla Voragine del Fato e a distruggere l'Anello (con l'aiuto di Gollum che, non va dimenticato, in origine era pure lui un hobbit) è perfino inutile parlare, senza di loro la storia semplicemente non ci sarebbe. Ma anche l'intervento dei due cuginetti più aristocratici, Merry e Pipino, non è certo da sottovalutare. Diciamo che mentre i due hobbit borghesi si preoccupano di sbrigare gli affari veramente importanti, ovvero dell'Anello, i due aristocratici badano alla guerra, che ha come principale scopo quello di distrarre Sauron mentre i due hobbit borghesi strisciano etc. etc.

A questo scopo i due hobbit più giovani provvedono prima di tutto a liberarsi da quegli insopportabili Uruk-hai che li hanno catturati, per poi rifugiarsi nella foresta di Fangorn, evitando accortamente il settore degli Ucorni, con i quali sarebbe estremamente increscioso avere a che fare. Incontrano invece Barbalbero, lo conquistano con la loro grazia fanciullesca e lo convincono nel giro di un paio d'ore a organizzare una spedizione di Ent e Ucorni contro Isengard.
Dopo il passaggio degli Ent, a Isengard non resta letteralmente pietra su pietra; ma gli Ucorni hanno ancora fame e sono dispostissimi a fare una piccola deviazione e spazzar via anche gli eserciti di Isengard. In seguito gli Ent svolgono un utile opera di salvaguardia per la terra di Rohan - ma se gli hobbit non fossero andati a chiamarli, si sarebbero limitati a restare nei loro boschi bofonchiando che le cose non stavano andando granché bene mentre gli Ucorni ucorneggiavano ancor più di malumore.
Giunti a Isengard, Pipino si prende la briga di testare una strana sfera di cristallo. Permette così a Aragorn e a Gandalf di scoprire senza (loro) rischio che si tratta di un palantìr, che poi Aragorn userà per distrarre Sauron con qualche effetto speciale mentre questi sta radunando gli eserciti per andare contro Minas Tirith.
Al momento della battaglia Merry aiuterà Eowyn ad uccidere il Re degli Stregoni (salvandole nel contempo la pelle) mentre Pipino riuscirà nell'epica impresa di salvare Faramir non tanto da sciocchezze quali gli orchetti o i Nazgul, ma dal ben più pericoloso abbraccio mortale del suo amoroso padre. I due hobbit riescono così a preservare la materia prima per l'unica storia d'amore nata all'interno del romanzo, contribuendo a formare una gran bella coppia.
Ovviamente, agli ultimi capitoli, rimettere a posto la situazione nella Contea gli richiederà pochi giorni e pochissimi colpi di spada. Poi passerò Sam con la sua scatoletta di legno di rosa a ripulire il terreno e tutto tornerà come prima grazie a un po' di lavoro.

Non male per dei teneri, piccoli indifesi hobbit tanto carini e simpatici e tanto inadeguati alla dura vita fuori dai confini protetti della Contea...

venerdì 16 aprile 2010

Light My Fire


You know that it would be untrue / You know that I would be a liar...
(a me la versione di Will Young piace più di quella dei Doors
anche se non sta bene dirlo in pubblico)

Se è noto che a tutti i poeti manca un verso, nessuno si sorprenderà che qualche verso manchi anche alla Preside che, per motivi che nessuno è riuscito a ben comprendere, si è intestardita e ha operato in tutti i modi per farci tornare a scuola nell'unico giorno che collegava il ponte elettorale con le vacanze di Pasqua. Di conseguenza, con un certo malumore nostro e una comprensibile irritazione da parte di ragazzi e famiglie, Mercoledì 31 Marzo la scuola di Hogsmeade ha riaperto i battenti per richiuderli subito dopo.
Cosa fare in quella giornata non era questione facile da risolvere, anche perché nessuno sapeva quanti alunni avrebbe avuto. Quanto a me, avevo tre ore con la mia classe e una chiarissima consapevolezza del disastro in cui si sarebbe risolto ogni tentativo di interrogazione, oltre a una scarsissima fiducia nella loro capacità di attenzione ad eventuali miei tentativi di spiegazione (...per tre ore?!?).
Così ho fissato il tema: chi c'era lo faceva, e questo era quanto. E sono venuti quasi tutti, ma avevo come l'impressione che non fossero nell'animo giusto per fare temi sulla letteratura medievale o sui massimi sistemi.
Perciò ho deciso di dargli un traccia unica, in cui potessero facilmente immedesimarsi: "In una lettera ad un amico racconta in modo dettagliato l'incendio della tua scuola".
"Carino" hanno detto, prima di rimboccarsi metaforicamente le maniche e mettersi al lavoro. In un'atmosfera densa di sussurri e puntellata da strane domande sui vari tipi di esplosivo, sigle di associazioni terroristiche e quali fossero le strutture portanti della scuola, i ragazzi hanno scritto, copiato, riletto e consegnato.

Non avevo particolari aspettative ma pensavo di leggere gran copia di descrizioni di fughe avventurose, danze rituali di gioia, insegnati flambé, crolli di macerie e simili. Non avevo ancora capito di avere in classe il più agguerrito nucleo di terroristi in nuce che mai si sia visto in Europa dai tempi più gloriosi dell'ETA: la maggior parte di loro, infatti, ha preso in mano la situazione e si è personalmente incaricata di organizzare nei dettagli l'attentato.
"Ma tu avevi chiesto un incendio, non un attentato".
Vero. Ma molti hanno optato per l'attentato, facendosi all'occorrenza consigliare da Osama Bin Laden in persona e scrivendogli per ringraziarlo degli ottimi risultati conseguiti grazie ai suoi provvidi consigli. Altri hanno scritto dal carcere minorile ad amici per raccontargli la grande avventura. La maggior parte comunque aveva operato in autonomia, finendo così per sbagliare l'ora o le modalità dell'attentato - che era comunque andato a buon fine nelle sue parti essenziali. Va da sé che quasi mai insegnanti o preside la scampavano - spesso però, con mio grande stupore, finivano per rimetterci le penne anche i custodi (che, da bravi custodi della scuola di paese, fanno parte a tutti gli effetti della comunità) e in un caso anche gli alberi del giardino (cosa di cui ho rimproverato lo studente. Ma in effetti, con un incendio di quelle dimensioni, gli alberi non potevano che vedersela male). Ad ogni modo della scuola non restava in piedi una singola briciola.

Altra sorpresa (che forse sorpresa non è): tutti gli attentatori erano maschi - in qualche caso maschi decisamente pacifici e di ottimo carattere. Le femmine più aggressive si sono limitate a prendere atto dell'incendio che nasceva di solito da cortocircuiti, problemi alla mensa e perfino da un paio di fantasmi vendicativi. L'unica che ha tirato in ballo un attentato ha raccontato che il figlio di un grande terrorista era stato mandato ad Hogsmeade in incognito dal padre e, visto che gli insegnanti volevano bocciarlo, aveva risolto la questione facendo saltare in aria la scuola. Quanto a lei, non aveva acceso un singolo candelotto né causato la più piccola delle scintille.
A ripensarci bene, credo che neanche a me sarebbe venuto in mente di dar fuoco personalmente alla scuola, e anzi mi ha sorpreso vedere che qualcuno ha sviluppato il tema in tal senso. E sì che mi dicono che ho un ottimo rapporto con la mia aggressività.
Da qui si potrebbe dibattere a lungo su temi quali l'aggressività maschile e femminile e se, e in che misura, certe differenze siano frutto di imposizioni culturali o di istinto naturale.
Si potrebbe, certo, ma non saprei con chi farlo: non conosco nessun testo sulla differenza di genere alle scuole medie e nessuno ha speso due minuti per parlarmene alla SSIS né gli ha dedicato conferenze o corsi di aggiornamento nella mia provincia.
Io però sono convinta che è un tema su cui un'insegnante andrebbe un po' istrutto, prima di entrare in classe.

domenica 11 aprile 2010

Onorateli con grandi onori!



Il campo di Cormallen: "Onorateli con grandi onori!"



Con gli anni in Italia è arrivata anche un po' di critica tolkieniana; spulciando qua e là ho scoperto con mio immenso stupore che c'era anche un ramo di pensiero che considerava una "caduta" e un "fallimento" da parte di Frodo (che risultava così un "eroe mancato") essersi arrogato l'Anello quando arriva sull'orlo della Voragine del Fato. Da questa caduta poi si partiva per una serie di considerazioni legate alla fede (cristiana) che mi sembra che con tutta la questione c'entrino veramente il giusto. Evidentemente, per questi critici, era almeno vagamente immaginabile che Frodo, giunto davanti alla Voragine, buttasse l'Anello nel fuoco con un sospiro e un bacio d'addio, come una sposa con la fede nuziale ai tempi del fascio: ahimé, mi dispiace farlo ma è necessario (aggiungendo, eventualmente: "La Patria / Il Consiglio lo vuole").
Sfugge alla mia umana comprensione come si possa vedere una "caduta" nell'essere sopraffatto da forze schiaccianti. Forse che Pompei "cadde" sotto la lava? Forse che "fallirono" gli impiegati che lavoravano nelle Twin Towers in quello sciagurato 11 Settembre? Mancarono di fede gli sventurati spazzati via dallo tsunami?
Ad impossibilia nemo tenetur. Nessuno è tenuto a far miracoli. Missione o non missione, negli ultimi capitoli del viaggio verso l'Orodruin viene spiegato chiaramente, molto chiaramente, che l'Anello logora le forze e divora vivi i portatori. Sono cose che in teoria sapevamo fin dal secondo capitolo, ma con cui solo adesso ci confrontiamo davvero. Frodo viene divorato fino all'osso: perde il sonno, i ricordi, la sensibilità. La volontà lo sostiene quasi sino all'ultimo, la compassione anche (l'ultimo suo gesto è risparmiare Gollum per la 797ima volta). Quando il potere dell'Anello raggiunge il suo apice, lì, proprio dove venne forgiato, Frodo viene travolto.

Tutto questo era prevedibile, e forse il Consiglio l'aveva previsto. Qualcuno* ha  infatti ricordato che durante il Consiglio Frodo si era impegnato soltanto a portare l'Anello, non a distruggerlo, e questo Elrond lo ripete al momento della partenza quando espone il giuramento che vincola Frodo - e nessuno dei punti di quel giuramento viene tradito, in effetti.
Frodo era l'unico che poteva portare l'Anello fin lassù, e anche lui non ce l'avrebbe fatta senza Sam; distruggere l'Anello volontariamente è fuori della portata di qualsiasi mortale e (sembra di capire) pure degli immortali; ma è comunque grazie a Frodo che l'Anello viene distrutto, perché Gollum è vivo solo e soltanto perché Frodo l'ha risparmiato un'infinità di volte, perfino quando le frecce degli uomini di Gondor avrebbero potuto farlo fuori senza che gliene venisse incomodo alcuno - ed è Gollum che alla fine salva la situazione, anche se in modo abbastanza involontario
I vecchi peccati hanno le ombre lunghe, ma anche i gesti di misericordia possono avere conseguenze del tutto imprevedibili. Il Consiglio, che ha rischiato il tutto per tutto con un gesto azzardato che sconfina nella follia, dimostra di aver visto giusto.
Tra l'altro nessuno nel libro ha mai una parola di biasimo per il "fallimento" di Frodo - anzi, giustamente, tutti onorano con grandi onori lui e Samwise, al Campo di Cormallen.

E vorrei anche vedere.

*Gianluca Casseri Frodo Baggins, l'eroe che non ha fallito in "Albero" di Tolkien, cur. G. De Turris, Milano, Bompiani (Tascabili Bompiani 377), pp. 183-198.

Reazioni incomposte ad una modesta comparsata dei Promessi Sposi



Solenghi-Marchesini-Lopez: chi altri?


"Prof, sta leggendo i Promessi Sposi?" chiede Mercuzio avvicinandosi alla cattedra durante l'intervallo.
Il libro, una sobria edizione tascabile, spunta dalla borsa gattata che è appoggiata sulla cattedra.
"L'ho portato per fare un paio di fotocopie, volevo farvi leggere un bra..."
"Ci fa leggere i Promessi Sposi? No, prof, è noioso!"
"Ma no, solo qualche paginetta sul passaggio degli eser..."
"No, Prof, i Promessi Sposi no!"
"Mercuzio, perché non ti godi il tuo intervallo e non lasci decidere a me la programmazione?".
Mercuzio si allontana, per niente convinto. Passa di lì la Sognatrice, che quando vuole ha gli occhi assai pronti.
"Prof, sta leggendo i Promessi Sposi?".
"No, era per fare un paio di fotocopie sul passaggio degli e..."
"Prof, ma non ci farò mica leggere i Promessi Sposi?"
"Solo qualche pagina sul passaggio dei lanziche..."
"No, prof, i Promessi Sposi no!"
"Guarda che non mordono, sono un libro come tanti" provo a rassicurarla.
"Ma E' NOIOSO! Io lo so, perché l'ho letto! L'ho preso in biblioteca lo scorso mese e le assicuro che è davvero noioso!"
"Calmati, non leggerete i Promessi Sposi, si tratta solo di un piccolo, innocuo brano che non vi arrecherà alcun danno" ripeto con pazienza "Consideratelo come una fonte storica, è solo per farvi capire il passaggio dei lanzichenecchi".
"Ma proprio i Promessi Sposi? Uffa, Prof, non è giusto".
La Sognatrice se ne va e io continuo a compilare il registro, immersa in profonde riflessioni.
In effetti io non faccio mai leggere i Promessi Sposi per letteratura, ma uso quasi sempre qualche pagina in seconda per la parte storica: il passaggio dei lanzichenecchi, l'arrivo della peste, il duello di Lodovico... quest'anno poi abbiamo fatto il Seicento talmente in fretta e talmente con i piedi (né il manuale di storia ci offriva comunque l'opportunità di farlo decorosamente) che mi sembrava cosa buona e giusta fargli intravedere i piaceri che può darti la guerra anche quando non sei in guerra.
Si tratta di due paginette sugli eserciti di ventura e i loro usi e costumi, più due su don Abbondio, Perpetua e Agnese che tornano a casa dopo il passaggio degli eserciti - con il vantaggio supplementare di fargli un primo test sull'italiano dell'Ottocento.
Quanto al vantaggio laterale che talvolta mi propongo con questi delicati assaggi, cioè fargli assaggiare la profonda attualità del Manzoni storico, non so se questa classe è pronta per coglierlo - del resto occorre considerare che la storia non gli interessa né tanto né poco, al di là del grosso handicap che presenta per il fatto di doverla studiare.

Ad ogni modo le loro reazioni al semplice apparire dei Promessi Sposi sono solo un pochino più esplicite della media (è una classe sempre disposta a dir male di qualcosa o qualcuno) ma corrispondono a quelle consuete dei loro coetanei - e con queste premesse, continuo a non capire come mai molti insegnanti di Lettere ritengano loro preciso dovere adottare i Promessi Sposi come libro di narrativa per la terza media. Intendiamoci, a volte può piacere. Io stessa ho incontrato una classe che aspettava la sua razione di Promessi Sposi settimanale come altri avrebbero aspettato un giro in gelateria - una singola classe, in dieci anni. Ma considerando che alle superiori avranno comunque modo di incontrare cotale libro, confesso che mai e poi mai mi azzarderei a forzarli ad un lungo incontro precoce - anche perché Manzoni in generale non mi è mai sembrato scrittore per adolescenti e difficilmente viene apprezzato prima dei vent'anni.
Salvo casi di insegnanti estremamente convincenti...

sabato 10 aprile 2010

Manuale del perfetto Insegnante - I Genitori (6)


Un Buon Genitore, com'è noto, è del tutto impermeabile ai ricatti morali che la prole tenta di operare nei suoi confronti - cosa in effetti assai semplice, soprattutto per chi non ha figli

Ordunque abbiamo parlato sinora di genitori e di insegnanti. Ma, com'è noto, esistono alcune concatenazioni di circostanze* grazie alle quali un insegnante può diventare genitore. Subentra allora in lui un notevole cambiamento della weltanschauung.

E' noto infatti che mai si vide al mondo migliore allevatore di prole dell'ISF (Insegnante Senza Figli): costui infatti sa sempre benissimo quali sono i principi e le modalità da seguire nell'educare i giovani virgulti e spesso e volentieri tali principi e modalità riprendono (a suo dire) quelli dei suoi genitori. Sovente ne risulta il quadro familiare di una coppia genitoriale di 2GS (ovvero Due Grandissimi Stronzi) cui faceva da riscontro un figlio/a di obbedienza esemplare e assolutamente ligio al suo dovere.
Già qui vi sarebbe abbondante materiale da riflessione: per esempio solo i figli più che esemplari scelgono di diventare insegnanti? In tal caso, niente di strano che abbiano difficoltà ad accettare il comportamento dei loro allievi (in particolare di quelli che non sembrano mostrare alcunissima propensione all'insegnamento) e che non cessino mai di pontificare sulla giovanile indisciplina. Oppure: come si conciliano certi ricordi autobiografici dell'esemplarissimo individuo in questione con altri racconti di amici comuni che lasciano intravedere, per carità, una persona onestissima e più che rispettabile, ma che ogni tanto si concedeva qualche innocua evasione, non tutti i giorni entrava in classe con i compiti completamente svolti e ha rifilato pure lui il suo bravo quantitativo di balle agli autori dei suoi giorni?

Come che sia, l'Insegnante Senza Figli sa sempre indicare a perfezione come e quanto sbagli il GO (Genitore Ordinario), reso da lui oggetto di continue critiche, oltre ad avere ben chiaro che cotale genitore non dovrebbe mai e poi mai trovare da ridire su alcuna scelta di alcun insegnante. Tale atteggiamento, va riconosciuto, non cambia una volta che l'Insegnante Senza Figli si riproduce: il Genitore (degli altri) continua ad essere uno smidollato incapace, privo di fibra morale e di buon senso e assai impertinente quando si permette di criticare un docente.
Tuttavia, una volta che api e uccellini hanno fatto il loro dovere e il docente si è riprodotto, quando infine è passata la fase dei pannolini e dei biberon e giunge il momento di mandare la prole a istruirsi secondo l'usata trafila che inizia con la scuola materna, il Genitore Insegnante subisce una profonda metamorfosi, quasi un rinnovamento interiore - e scopre, improvvisamente, che la classe docente è composta da disgraziati incapaci.
Verrebbe magari da pensare che, memore degli anni passati a combattere con i genitori e dopo le numerose critiche rivolte ai suddetti, da solo o insieme ai colleghi, un insegnante che si ritrovi ad essere anche genitore, consapevole com'è delle numerose difficoltà in cui inevitabilmente si può ritrovare il collega che ha avuto in sorte la gestione della sua prole, si dimostri pieno di comprensione e solidarietà e capace di immedesimarsi nel punto di vista del malcapitato di turno, almeno qualche volta.
Verrebbe magari da pensarlo, ma sarebbe sbagliato: nel momento in cui si riproduce, un Insegnante diventa un Genitore come tutti gli altri ed esibisce il consueto repertorio che ogni docente conosce, a cominciare dai classici "Non lo/la capisce" "Io conosco mio/a figlio/a" "Non si può trattare così un/a bambino/a", senza risparmiarsi i consueti "I bambini/ragazzi vanno saputi interessare alla materia", "Non sa tenere la classe" fino agli stranoti "L'ho interrogato/a ieri sera e sapeva tutto" "Non sa valorizzarla/o".

Subentra inoltre anche un fattore gerarchico: infatti il Genitore Insegnante tollera assai male le rimostranze degli insegnanti di rango "inferiore". Convinto forse dai sistemi informatici, dove di norma "il maggiore legge sempre il minore" (ad esempio Word 8 che legge, o dovrebbe leggere anche Word 7), il Genitore Insegnante dà per scontato che chi insegna alle medie sappia di default come dovrebbero lavorare alle elementari, chi lavora alle superiori sia anche perfettamente in grado di giudicare l'operato degli insegnanti delle medie eccetera. In cima alla piramide ci sono, ovviamente, gli insegnanti universitari - che sono comunque convinti di saperne più di chiunque al mondo su qualsiasi cosa almeno vagamente collegata al loro settore, indipendentemente dal fatto di essere o non essere genitori.
Tuttavia è risaputo che, se pur esistono alcune, specialissime persone capaci di insegnare in qualunque scuola di qualsiasi ordine e grado con adeguate capacità e competenza, la maggior parte dei docenti a malapena impara e con gran fatica ad insegnare ad una determinata fetta di individui, e anche lì non sempre con risultati entusiasmanti. In breve, riuscire ad appassionare le giovani menti alla trigonometria non ti rende automaticamente capace di avviare delle ancor più giovani menti alla scoperta dei numeri da uno a dieci; e tuttavia la maggior parte dei Genitori Insegnanti è convinta di essere perfettamente in grado di valutare l'operato di un collega di grado più basso e di saper criticare a ragion veduta le sue scelte, come si può facilmente sentire in qualsiasi Sala Professori.

I colleghi ascoltano, un po' inquieti.
In cuor loro si domandano se diventeranno (o sono stati) anche loro così.
In cuor loro sanno che la risposta è quasi sempre "sì".


*per un riepilogo delle medesime, basta cercare uno di quei siti che parlano delle api, delle farfalle, delle cicogne e di consimili argomenti
** si tratta di una generalizzazione: si danno infatti molti casi di insegnanti che riescono a mantenere, almeno all'apparenza, un atteggiamento equilibrato e ragionevole verso la propria prole. Tu, che stai leggendo in questo momento, sei ovviamente uno/a di loro.