I ragazzi di oggi non sono strani, sono solo un po' imprevedibili |
Conoscevo buona parte delle loro letture, con loro ho vissuto la seconda parte, quella più drammatica, della saga di Harry Potter e con loro ho parlato dei film del Signore degli Anelli. Ho condiviso anche una parte dei manga che leggevano; guardavano Inuyasha, Ranma e Gundam che era finalmente ritornato sugli schermi dopo una lunga serie di diatribe legali; ci scambiavamo battute sui Super Sayian. Conoscevo le canzoni che ascoltavano.
Non ero una di loro, naturalmente, e non ho mai cercato di esserlo, ma eravamo relativamente vicini. In tanti non avevamo il cellulare. Gli davo consigli su come navigare in rete - questo, in effetti, lo faccio ancora. Il canone della letteratura era ancora quello con cui ero cresciuta io.
Gli anni sono passati. Le canzoni che girano oggi non le capisco più - credo sia un fatto genetico, la musica si evolve e le frequenze cambiano, anche i miei facevano fatica a capire perché certe musiche mi piacevano, e non per partito preso. I classici per ragazzi dell'Ottocento non fanno più parte delle letture quasi obbligatorie i bambini, i mangaka hanno cambiato tratto e solo di recente mi ci sto riconciliando (in compenso è diventata estremamente di moda la favola dello Schiaccianoci, tanto che la quantità di principi Schiaccianoci che ho trovato in giro questo Natale mi ha quasi dato il rigetto). Il cambiamento è arrivato gradualmente ma me lo sono trovato davanti con più evidenza dopo quel gruppo di anni che per me comprende prima la mia malattia e poi il tempo della pandemia.
In mezzo a questo gruppo di anni ci sono state anche altri fattori: la guerra in Ucraina, che ha cambiato il modo di vedere il mondo, le alleanze e perfino gli eserciti, ma anche il tema dell'ecologia - che siamo d'accordo che circolava già quando facevo le elementari, ma che adesso ha una presa molto diversa - per esempio un gruppo non minimale nella Terza Sfigata è vegano e i ragazzi sanno una infinità di cose sulle tematiche ambientali e sulla transizione energetica.
Questo influisce anche sui programmi: è diverso l'approccio alla geografia ma anche il modo di interpretare la storia, e non solo quella dell'ultimo secolo; il canone letterario sta scivolando in direzioni imprevedibili - e non parliamo della mitica questione dell'LGBT+, dove sono ben più istrutti di me, laddove fino a pochi anni fa mi ritrovavo a spiegare pazientemente a taluni che essere gay non era una malattia né una criticità. Inoltre la disastrosa esperienza del lockdawn ci ha assai più informatizzati, accelerando molto un processo che era già in atto da diversi anni.
Concludendo questa colossale vasca di acqua calda, dopo vent'anni passati a dire che in sostanza non vedevo tutta questa differenza tra le nuove generazioni e quella in cui ero cresciuta io, adesso la differenza la vedo eccome. Probabilmente è stato un progressivo scivolare che i due anni della malattia, in cui ho avuto una strabordante quantità di tempo per pensare ai massimi sistemi, mi hanno aiutato a mettere a fuoco, ma ci sono stati anche dei discreti scossoni dal mondo esterno.
E poi ci sono stati anche gli anni che passavano: quando sono salita in cattedra per la prima volta avevo smesso di studiare da pochi anni (mi sono laureata con comodo, ma poi ho anche fatto due anni di scuola archivistica). Adesso sono quasi venticinque anni che insegno e più di quindici che ragiono sul fatto di fare l'insegnante da questo blog; quando ricordo i tempi andati in cui ero alunna di solito esordisco con un "quando facevo questo e questo, cinquant'anni fa, era tutto diverso" per poi partire con i racconti accanto al fuoco e un nemmeno tanto vago tono da "tanto tempo fa, in una galassia molto lontana".
In mezzo a tutto questo, com'è cambiato il rapporto con i ragazzi?
Sostanzialmente in meglio - anche perché quando gli anni passano, si portano dietro anche quella santa cosa che è l'esperienza, che è sempre un grande aiuto per chi insegna, e quindi se una situazione si presenta all'apparenza nuova, ho comunque un archivio ormai abbastanza ricco da consultare. Nessuno si bagna due volte nello stesso fiume, ma con l'andare del tempo ogni fiume presenta qualche tratto di somiglianza con altri fiumi conosciuti e anche se sei cambiato, da ognuno di quei fiumi hai imparato qualcosa - almeno, si spera. Inoltre dalla malattia sono uscita molto più scivolosa e ho imparato molto sull'arte di ammorbidire il terreno prima di intervenire. Inoltre il fatto di avvertire i ragazzi come ormai tanto diversi da me mi ha reso molto più prudente ma anche più pronta a cogliere le atmosfere.
Come si gestisce una classe di cui potresti essere la nonna? Molto semplicemente si fa la nonna. Le nonne, è noto, sono diverse da te ma sono indulgenti e comprensive e sanno tante cose (non tutte, certo. Ma nessuno sa tutto, giovane, vecchio o mezzano che sia). Inoltre i nonni hanno una loro autorità tutta particolare, un po' diversa da quella dei generici adulti.
Per loro sono diventata una figura fuori dal tempo. La loro vita non sarà con me, sarà con i loro compagni o con chi ha l'età dei loro genitori. Io sono una specie di terra franca con cui possono essere sé stessi senza preoccupazioni. I nostri mondi sono diversi, ma possiamo sempre incontrarci in molti punti, e io so raccontare un sacco di storie che loro non conoscono.
In sintesi, come si gestisce il divario generazionale?
Non si gestisce, si vive. Si prende atto che le cose sono diventate diverse ma senza cercare di cancellarle, queste differenze, e senza cercare di forzare nessuno in un canone che non funziona più.
Poi ci sono i pronomi, certo. Le nuove generazioni devono, anche loro, soprattutto loro, saperli usare bene. C'è l'ortografia, che un po' sta cambiando ma non quanto credono loro - per lo meno, non ancora. E ci sono anche gli inevitabili cambiamenti lessicali e pure grammaticali che ci ricordano che magari l'Italia è un paese in decadenza (ma chissà, lo siamo già stati tante e tante volte...) però evidentemente è vivo e lotta insieme a noi, visto che la lingua cambia.**
E poi, da chi è diverso da noi, c'è sempre tanto da imparare. Vale per me e vale per loro.
Buon anno a tutti, e possano gli inevitabili e spesso auspicati cambiamenti essere positivi per tutti.
* o forse due, adesso le calcolano in modo diverso, dieci anni invece di venti, mi sembra.
** fermo restando che, cambiamento linguistico o no, i pronomi s'hanno a usare bene per riuscire a farsi capire.
2 commenti:
Buon anno Murasaki! Chiara
Bel post. La scuola è cambiata, noi siamo cambiate, ma insegnare è sempre una gran bella cosa!
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