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sabato 19 novembre 2022

La nuova, innovativissima didattica DADA - 10 - Appunti di viaggio

Le nostre aule non sono esattamente così.
Oh no, esse non lo sono.

In preparazione della partenza della nuova, innovativissima didattica DADA sono state più volte richieste ai dipartimenti per materie lunghe liste di desiderata per arredare le nuove, innovativissime aule DADA. 
Tali liste sono state coscienziosamente compilate non meno di tre volte da tutti noi, e noi di Lettere ci siamo distinte per l'assoluta modestia e banalità di quel che avevamo chiesto: un tavolo che potesse servire da cattedra, una scaffalatura aperta e/o un armadietto, un po' di cancelleria, qualche banale sussidio eccetera. Perché sì, ci hanno spiegato che la nuova, innovativissima didattica DADA prevede grandiose novità didattiche, ma alla fine nessuno ci ha detto quali, a parte la pressante necessità di un approccio laboratoriale alle materie - che alla fine vuol dire tutto e nulla, e comunque quanto a laboratori la media di St. Mary Mead non è messa niente male, anche se Lettere rimane senz'altro il settore più tradizionalista. 
D'altra parte a Lettere fare un laboratorio non è complicato, bastano i soliti carta-e-penna e magari qualche libro.
Invece un armadietto nuovo o una bella scaffalatura aperta son cose che servono parecchio. Non sarannpo didatticamente molto innovative, ma servono: per esempio ci puoi tenere dentro i libri e la cancelleria, il cartoncino per i tabelloni eccetera.
Gli armadietti delle classi di St. Mary Mead, di cui è difficile dire se sono chiusi o aperti - perché un tempo, certamente, erano chiusi ma ormai gran parte degli sportelli è partita per un luogo dal quale non si ritorna - hanno prima di tutto il difetto della vecchiaia. E per carità, con l'età che ormai mi ritrovo sono la prima a dire che l'anzianità non è un difetto ma solo un modo di essere, e che quel che si perde in freschezza e ingenuità si compensa con l'esperienza e una sorta di similsaggezza che si forma per accumulo con gli anni dopo aver visto tante circostanze diverse e aver più o meno imparato a gestirle: resta il fatto che da ragazza avevo ben altro scatto quando mi muovevo, la mia pelle era più fresca e i miei eventuali malanni apparivano per sparire quasi subito senza lasciar traccia.
Allo stesso modo i nostri armadietti, che un tempo avevano certo il pregio... mah, va detto che anche da nuovi erano l'insulsaggine fatta armadietto: due ante, una chiave che serviva principalmente a tenere fermi gli sportelli quando li chiudevamo  e qualche palchetto all'interno, il tutto confezionato in legno chiaro e con un design spartano e spigoloso. Comunque da nuovi servivano a contenere la roba che ci mettevi e chiudendo le due ante la proteggevi anche dalla polvere.
Adesso l'esterno è slabbrato e scheggiato, i palchetti pericolanti, i cardini un po' capricciosi e le chiusure abbastanza avventurose. Contengono meno, reggono poco e hanno un tono piuttosto depresso. Vorrei vedere voi, dopo venti o trenta anni di lavoro, aperti e chiusi infinite volte tutti i giorni e continuamente riempiti delle più varie robe. Voglio dire, a una certa età e dopo tanti anni di duro lavoro, il pensionamento è un diritto.
Insomma i poverini tengono l'anima con i denti e non hanno affatto un tono  innovativo, anche perché sono stanchi sin nelle barbe.

Altrettanto può dirsi delle cattedre, con qualche aggravante in aggiunta.
Per quel poco che ho capito, nella didattica DADA le cattedre non dovrebbero proprio esserci, anzi è stata la prima cosa che ci han spiegato. Particolarmente cattedre come le nostre: classiche cattedre in formica e ferro con due cassetti a lato
ma quella della foto è una cattedra sciccosa al confronto delle nostre, anche perché se non altro è nuova e ha il piano di un bel verde, mentre noi abbiamo i ripiani di quel colore verdognolo pallido e malato che usava... sì, una quarantina di anni fa. E probabilmente quei cassetti si aprono e si chiudono senza difficoltà. Scorrono, insomma. I nostri... vabbé, forse non è stata una buona idea parlare delle cattedre, basti dire che fanno abbastanza pena. Insomma abbiamo cattedre, che sono del tipo più insulso e convenzionale, vagamente minacciose, e che sono molto malridotte (e anche da nuove temo che fossero brutte senza rimedio). Metterle in mezzo alla classe come prevede un certo tipo di concezione più moderna delle aule non ha molto senso, ma di fatto una cattedra brutta, vecchia e malandata non ha comunque molto senso in un paese che non è reduce da una guerra e non è uscito da un bombardamento a tappeto giusto una settimana fa.
Al momento però le nostre classi non hanno alcun tipo di arredamento innovativo, e dunque tanto vale tenersi le cattedre sbrecciate dal momento che l'insegnante deve pur stare da qualche parte e disporre di un piano d'appoggio; e a quel punto posizionarle in fondo alla classe con tutti i posti rivolti verso l'insegnante è una scelta magarti non molto innovativa, ma ha se non altro il pregio di una lunga tradizione che peraltro nessuno si sarebbe disperato ad accantonare. 
Quanto detto per lo stato di conservazione delle cattedre vale anche per i banchi e le sedie degli alunni, con l'aggravante che le nuove generazioni sono diventate via via più alte e insomma in Terza certi formati di banchi sono, come dire, un po' incongrui (volendo, anche un pochino offensivi).

In conclusione: abbiamo pareti decorate con improbabili citazioni latine e italiane e disegni vari fatti da apposita decoratrice, gradinate ingentilite da canzoni contro la mafia, segnalazioni rutilanti che portano al viale della Conoscenza  e al Piazzale dell'Introspezione, pouf colorati che cerchiamo di tenere lontani dagli alunni sennò ce li rovinano, una Agorà in formato mignon ma con un parquet di legno fragile, degli armadietti per gli alunni nuovissimi e coloratissimi ma autosmontanti; e poi armadietti e cattedre antidiluviane, classi disposte nel più arrangiato dei modi, banchi di non meno di sette formati diversi e sedie idem.
Nel mio cuore alberga l'impressione che le spese per la nuova, innovativissima didattica DADA siano state gestite con una certa qual mancanza di buon senso e con scarso interesse verso il benessere fisico degli alunni.

4 commenti:

Filippo ha detto...

Le cose pubbliche per definizione si trattano male. Apprendo dal tuo post che nella vostra scuola almeno gli insegnanti rispettano gli oggetti e insegnano a farlo. È proprio vero, avere un ruolo educativo fa crescere. Per la DADA qualcuno avrebbe dovuto arrischiarsi a chiedere un tavolo tondo, magari con buco in mezzo. È questo ciò a cui vogliono arrivare, vero, vero?

Murasaki ha detto...

Le cose pubbliche magari a volte si trattano male, e talvolta i ragazzi fanno strane cose - ma festa il fatto che a scuola quel che c'è è molto usato e dunque si logora in fretta.
Quanto al tavolo no, temo che nessuno si sia avventurato a chiedere un tavolo tondo col buco in mezzo, ma a pensarci bene è esattamente quel che ci serve!
Recentemente comunque abbiamo stabilito che anche un pino di legno su due capre ci andrebbe bene. Siamo gente modesta, noi ^__^

Tenar ha detto...

Noi abbiamo i droni, la stampante 3D, la serra gonfiabile, i formicai (!), ma non riusciamo ad avere una stampante che funzioni.

Murasaki ha detto...

Ah,le stampanti che funzionano! Mirabile miraggio, sogno di insegnanti e dipendenti, miraggio di ogni ufficio e segreteria...
"Ma funziona la stampante?" "Un'ora fa funzionava, ho stamoato" "Ah? Mi fa piacere per te, ma per oggi sembra che abbia chiuso".
Eccetera eccetera.