Anche Ronconi, qualche anno fa, mise in scena l'Orlando Furioso, forse con migliore esito della nostra scuola. Va pur detto però che disponeva di maggiori mezzi. |
Una delle regole cardine della scuola media è "Appena è possibile fai teatro, non importa con quale classe e con quali mezzi, tanto funziona SEMPRE".
A tale regola mi sono sempre rigorosamente attenuta dopo avere visto, nel mio secondo anno di insegnamento, una classe ingestibile e intollerabile andare in scena su un copione che definire schifoso era fargli un complimento e gestito da un gruppo di insegnanti che di teatro ne sapeva meno del mio servito di bicchieri; contro ogni ragionevole previsione, funzionò alla grande.
E' questo il prodigio del mettere i ragazzi in scena - funziona sempre. Per l'occasione i disabili si muovono in scioltezza, i balbuzienti parlano con proprietà, i più timidi si muovono con la forza e la solennità di leoni che pattugliano il territorio eccetera.
Come tutto ciò sia possibile non saprei dire, ma in fondo non ho idea nemmeno di come facciano gli acquedotti della Toscana a prendere quella strana roba che scorre in Arno e a farne dell'acqua perfettamente bevibile. Non lo so e non mi interessa, riempio la brocca e questo è quanto. Posso solo azzardare una qualche interpretazione alchemica: misteriosamente il teatro ottiene il suo effetto bruciando ogni tipo di combustibile emotivo, buono o cattivo che sia, e qualsiasi adolescente, per quanto balordo, di combustibile emotivo ne ha a tonnellate.
Così appena c'è la pur vaga possibilità di infilarsi in un qualche accidente di rappresentazione scenica firmo con fiducia, perché comunque vada farà bene alla classe e a tutte le materie e tutti i ragazzi si divertiranno alla follia.
Quest'anno a fine Ottobre è spuntata l'idea di un progetto teatrale che avrebbe coinvolto Prime e Seconde. Tutti abbiamo dato il nostro assenso ma senza farci troppe illusioni, perché tanto per cambiare in quel periodo i numeri del Covid stavano salendo. Tuttavia, alla faccia dei numeri, in Marzo i preparativi sono partiti.
Il mio contributo è stato abbastanza passivo: ho concesso le ore, ho frustato a sangue i ragazzi che osavano non collaborare troppo seriamente e, negli ultimi giorni, ho dedicato tre ore supplementari al ripasso delle parti e anche a qualche prova in cortile esortando i ragazzi ad alzare la voce. "Non pensate che siete in scena, immaginatevi di essere in classe con me quando faccio l'appello e vi imploro di parlare a voce bassa mentre voi urlate a tutta canna!"; perché la Prima Sfigata, invero assai ciarliera e soprattutto dotata, tutta, di acute vocette hobbit, al momento di provare quasi sussurrava.
Lo spettacolo era un rifacimento, niente meno, dell'Orlando Furioso, di cui le Prime non avevano alcuna contezza sapendo a malapena cos'era in generale un cavaliere armato. Per giunta ogni Prima ne faceva un pezzo, e alla Prima Sfigata era toccata l'ultima parte. Per giunta il copione - non malvagio, devo dire - era stato fatto per le superiori.
Ma tant'è, era teatro. Purché sia teatro e respiri, va sempre bene.
Il giorno dello spettacolo tuttavia perfino io dubitavo che ne sarebbe venuto fuori alcunché di tollerabile anche se più volte avevo confortato i miei perplessi alunni spiegando che "in scena sarà tutto diverso". D'altra parte a confortarmi avevo anche la savia massima di un celebre direttore d'orchestra che sosteneva che "non ci si deve mai uccidere dopo la prima prova".
Il programma si presentava assai pesante: di primo mattino le tre Prime con vari insegnanti al seguito dovevano raggiungere il luogo ove avrebbe avuto luogo lo spettacolo - una fantastica pieve preromanica circondata da un Tipico Paesaggio Toscano in grande spolvero. Lì ci sarebbero state svariate ore di prove generali seguite da altre prove nell'Agorà della scuola, poi una breve pausa e alle quattro di pomeriggio il tutto sarebbe ripreso fino alle sei, ora fissata per lo spettacolo.
Faceva un caldo ignobile, ma la temperatura era in lieve calo rispetto agli infernali giorni precedenti; e poi eravamo in mezzo al verde (e sotto un gran sole) e c'era perfino una fontanella con l'acqua potabile.
La mattina si sarebbe trattato, nientemeno, che di cucire le tre parti dello spettacolo e di preparare la scena in comune dove i ragazzi si sarebbero trovati a simboleggiare le varie aree geografiche della scena schierandosi in vari punti.
Fatto l'appello constato con orrore che ci sono ben tre assenti. E uno lo sapevamo perché Dotto non aveva trovato di meglio da fare, durante il ponte del 2 Giugno, che farsi venire la peritonite onde essere operato d'urgenza in piena notte (del resto, siamo o non siamo la Prima Sfigata?) e lo avevamo rimpiazzato in corsa; ma gli altri due?
Per giunta, di questi due uno avrebbe dovuto fare Orlando, e aveva passato svariate settimane a imparare a urlare "Angelicaaaa!" in tono adeguatamente dissennato. Non era per niente facile da sostituire.
Pisola arriva con pochi minuti di ritardo, Orlando però ci fa penare parecchio perché non risulta raggiungibile al telefono e per giunta, al contrario di Pisola, non è affatto uso ad arrivare in ritardo.
Vivaddio, mentre sto mandando qualcuno a cercare il telefono della scuola per chiamare la famiglia, Orlando compare assai pacioso. Lui è sempre assai pacioso, che di solito è un notevole valore aggiunto. Stavolta però prendo coltello e forchetta e comincio a mangiarmelo per pane. Perché è in ritardo, e soprattutto come ha osato non avvisarci che era in ritardo?
Molto paciosamente, Orlando ci spiega che la maglietta bianca necessaria per lo spettacolo non era ancora asciutta quella mattina e quindi lui ha aspettato che lo fosse perché doveva tracciarci sopra la O di Orlando.
Di nuovo urlo e strepito che tutto ciò avrebbe dovuto essere fatto la sera prima e non all'alba di quel giorno. Orlando è un bravo e paziente ragazzo, mi lascia strepitare e rimane pacioso. Alla fine smetto di strepitare, rinuncio a fare l'appello e ci avviamo giulivi verso la pieve, a poche centinaia di metri dalla nostra scuola. Lì cerco e trovo un piccolo angolino ombreggiato sull'erba e mi accoccolo con gli altri insegnanti mentre i ragazzi pascolano festosi sull'erba e vicino ai cespugli. La conversazione insegnantesca verte su tutta una serie di varianti sul tema "oh quale incredibile e gioioso spettacolo è vedere una mandria di giovinetti all'aperto pascolare sul prato e vicino ai cespugli all'aperto e alla luce del sole in piacevole libertà e a viso scoperto", ovvero un tema che tre anni fa non ci saremmo mai sognati di trattare in quanto del tutto ovvio.
Pascola che ti pascolo arriva l'intrepida Operatrice Teatrale che comincia a provare. Un'occhiata distratta mi porta a concludere che "se non altro, i miei a questo punto sanno le parti", che è un notevole valore aggiunto perché gli altri due gruppi vanno parecchio a tentoni.
L'Operatrice urla e strepita e cambia idea ogni trenta secondi sulla posizione di X e di Y e sposta anche qualche battuta. Il caos sembra regnare sovrano in scena, ma quando costei passa un attimo a salutarci ha l'aria soddisfatta e ci assicura che tutto va bene.
Passano le mie tre ore di turno e rientro a scuola per fare le due ore che mi spettano con la Seconda Capricciosa, senza nemmeno aver avuto la soddisfazione (...soddisfazione? Chissà...) di vedere provare i miei, che se non altro le battute le sapevano; in compenso la Prima Sfigata alterna pastura e attenzione verso le prove altrui in ugual misura e sembra decisamente soddisfatta della vita, e nemmeno si lamenta del caldo - che, onestamente, non manca.
Finita la scuola incrocio l'operatrice, che ha l'aria abbastanza provata ma continua a garantire che va tutto bene. Le suggerisco e anche offro un gelato, ma fa parte del partito che se non mangia salato non gli sembra di mangiare*; poi mi concentro sulle Relazioni di Fine Anno** e verso le cinque di pomeriggio ritorno alla Pieve, meditando in cuor mio sui vantaggi della Didattica a Distanza che aveva completamente tolto dalla nostra vita questo tipo di Giornate Interminabili - perché a quel punto sarei stata davvero sazia di scuola e avrei assai gradito di tornare a casa al fresco per occuparmi di qualcos'altro.
Alla Pieve l'atmosfera appare completamente cambiata: il pascolo è sospeso, schiere di fanciulletti vanno su e giù per il prato con moto armonico e declamano con fermezza le varie battute, gli interventi della regia sono molto più occasionali, sul dolce pendio che sovrasta il prato vari gruppetti si muovono parimenti con fare armonioso correggendosi a vicenda mentre ripassano e un po' di misericordiosa ombra comincia a coprire il muretto di margine consentendo a noi insegnanti un certo ristoro. Mi volto verso le colleghe "Accidenti come sono cambiati rispetto a stamani! Decisamente le cose stanno ingranando!".
"Vuoi dire che stamani facevano ancor più schifo di ora?" chiede sorpresa la prof. Casini.
Ora, siamo d'accordo che la prof. Casini assai raramente ha una buona parola per qualcuno o qualcosa, e anche che di sicuro il mondo del teatro dai tempi di Eschilo in poi ha visto di meglio della nostra recita scolastica, ma l'insieme mi appare piuttosto valido anche senza considerare le varie attenuanti del caso: sono tre Prime medie che si stanno muovendo assai dignitosamente sul palco erboso fermo restando che, come rispondo alla collega, effettivamente Laurence Oliver e Benedict Cumberbatch han certo prodotto performance migliori, specie quando recitavano l'Amleto.
La prof. Casini ribatte che sì, certo, ma non si sente una mazza, che è un dato di fatto incontestabile ma che in uno spettacolo all'aperto e con il vento contrario va pur messo in conto. Io comunque sono una insegnante e mi interessa che recitino in modo decoroso, e il pubblico parentale è ancor più di parte di me e sospetto che gli basti fare la loro onesta marchetta e applaudire figli, nipoti e parenti per poi tornare a casa soddisfatti. In tutti i casi, il paesaggio toscano recita benissimo, in una splendida sinfonia di tonalità verde-dorato e in un alternarsi di luci e ombre che avrebbe fatto grufolare di gioia qualsiasi pittore di qualsivoglia corrente artistica.
I genitori si dispongono sul pendio, i professori si raggruppano (un paio di loro sono lì non in quanto docenti ma proprio come genitori), i ragazzi si schierano nei vari punti del paesaggio e lo spettacolo comincia. L'Operatrice appare perfettamente soddisfatta. Nel momento di silenzio che precede l'inizio mi sento perfettamente soddisfatta di essere lì, sul pendio, in uno sfolgorante pomeriggio d'estate, alle spalle di una splendida pieve preromanica, a seguire lo spettacolo dei ragazzi di St. Mary Mead che recitano l'Orlando Furioso in versione assai alternativa.
Parte la rappresentazione e, miracolo dei miracoli, si sente tutto benissimo. Volendo, si riesce anche a seguire il filo logico del copione e anche le battute di spirito funzionano a meraviglia. Il primo applauso scatta circa mezzo minuto dopo l'inizio (molti altri seguiranno) e tutti sembriamo perfettamente in pace con la vita e col mondo. Angelica fugge e poi si innamora, Orlando impazzisce e poi rinsavisce, l'Ippogrifo svolazza con grande convinzione e tutto va bene. E' un bel pomeriggio di sole e tutti ci godiamo il piacere di stare senza mascherine a guardare sessantatré ragazzini di prima media che recitano senza mascherine.
Dopo lo spettacolo, come di dovere, la Preside ringrazia tutti, l'Operatrice ringrazia tutti e tutti fanno dei gran complimenti ai ragazzi e all'Operatrice. I genitori versano succo di frutta per i presenti (assai gradito, dopo tanto sole) e io vago tra un gruppetto e l'altro in un profluvio di mirallegri dispensando complimenti a tutti i gruppi familiari su quanto sian stati bravi i loro cigni.
Il giorno dopo, naturalmente, rinnovo i complimenti agli attori.
*partito cui aderisco anch'io
** attività assai in voga in questi giorni tra i docenti
3 commenti:
La piacevole lettura mi ha riportato indietro nel tempo: ‘sangue,sudore, lacrime’ e poi…magicamente tutto si risolve. Passano gli anni ma i momenti clou, nella scuola, si ripetono rispettando un identico copione!
Il teatro funziona sempre!
Io ne ho sempre avuto il sacro terrore, non capendone una mazzafionda, mi vergogno a dire in pubblico che preferisco il cinema e perfino la lirica, ma così è. Per anni ho vissuto indisturbata, dato che la collega attrice teneva il laboratorio teatrale e io mi accontentavo di applaudire alla recita finale. Poi però è arrivato il covid, la normativa che vieta di spostare le classi, il potenziamento di inglese piovuto dal cielo... Insomma, senza sapere come mi sono trovata a gestire un Romeo e Giulietta in inglese.
Ma il teatro funziona sempre. Un ragazzo che pensavamo essere muto o quasi è riuscito a gestire il prologo, Mercuzio è morto con grazia senza spadare davvero i propri avversari, le Giuliette sono arrivate tutte in deliziosi costumi simil rinascimentali, Romeo si è arrampicato verso Giulietta senza cadere e non ci sono intossicati per il gatorade-veleno, nonostante fosse di un rosso davvero inquietante.
Io di teatro continua a non capirne una mazzafionda...
@ Mari:
Ma infatti, uno degli aspetti affascinanti del mondo della scuola è che con tutto il suo continuo cambiamento ci sono cose che restano immutabili nel tempo!
@ Tenar:
Ma complimentissimi e applausi a scena aperta: Giulietta e Romeo IN INGLESE (spero un pochino semplificato e accorciato!) è davvero tanta, tantissima roba: i miei han faticato assai con poche battute in italiano e con costumi in bianco e nero! E ritrovarsi a dover gestire l'allestimento di uno spettacolo resta tuttora uno dei miei incubi (per fortuna non ancora diventati realtà).
E tuttavia, anche senza capire non una bensì DUE mazzafionde di teatro, non posso che ripetere: il teatro funziona SEMPRE. Ripensandoci, credo che in questo periodo funzioni perfino meglio del solito.
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