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domenica 26 giugno 2022

La Sindrome della Campana di Vetro (imprevedibili e imprevisti effetti del Covid)

Qualche settimana fa, dopo attento studio e lunghe riflessioni, avevo elaborato il seguente Pensiero Profondo: le Prime di questa mandata sono diverse, e pure un poco strane, ma non riuscivo a mettere a fuoco in che cosa consistesse codesta loro stranezza.
Occorrevano perciò ulteriori Profonde Riflessioni. Le ho fatte, e ho finito per elaborare la presenza di una nuova sindrome, non registrata da alcun trattato di psicologia dell'età della crescita: la Sindrome della Campana di Vetro.
Caratteristica di questa novella sindrome è che la giovane creaturina in crescita si sente un po' distaccato dallo scorrere dell'esistenza intorno a l*i, che guarda con lo stesso blando interesse che si dedica ad un telefilm che non riesce a prenderci più di tanto.
Già che ci sono, una precisazione: non sto parlando di quei ragazzi che, nel corso del lockdown e dei periodi successivi han visto assai aggravarsi quei problemi relazionali, alimentari e quant'altro, i quali problemi fino allo scoppio della pandemia vivevano sottopelle o in stato di latenza e che magari senza il lockdown sarebbero rimasti ancorati allo stadio del "ma quanto ero strano a quattordici anni"; sto parlando di tutti gli Altri: quel grande zoccolo duro di ragazzi che in questi due anni ha sospirato e smoccolato alquanto ma che a conti fatti sembra essere uscito abbastanza indenne dalla dura prova.
La quale prova non è consistita solo in tre mesi di lockdown e confinamenti vari, ma è continuata appunto per due anni*. Tanti psicologi e opinionisti e tuttologi si sono preoccupati a suo tempo delle dure conseguenze che quei tre mesi avrebbero avuto sulla delicata e tenera psiche in formazione dei fanciulletti reclusi, ma in seguito l'argomento è stato abbastanza accantonato (dagli opinionisti e dai tuttologi; sospetto invece che gli psicologi continuino ad occuparsene parecchio); tuttavia il lockdown propriamente detto è solo un tassello di un quadro più vasto durato circa due anni dove la cosiddetta normalità della vita quotidiana è andata abbastanza a farsi friggere e che ha inciso pesantemente su tutto il quadro relazionale - perché, stante che nessuno di noi è una isola, i bambini lo sono meno di tutti visto che si ritrovano regolarmente attorniati da schiere di persone che per legge si occupano di lui: genitori, parenti, insegnanti e allenatori, tanto per fare qualche esempio - i quali a loro volta sono stati parimenti sbalestrati dalla situazione.

Intorno alla quarta elementare parte quel complesso meccanismo che si chiama Distacco: il fanciulletto comincia a frequentare attivamente il Gruppo, con sempre meno adulti tra i piedi, e a vestirsi, organizzarsi e nutrirsi per conto suo, mentre quelle simpatiche piovre che vanno sotto il nome di Genitori, con un curioso misto di sollievo e nostalgia, smettono di imboccarlo, di fargli la cartella, di tampinarlo metro per metro e riacquistano anche loro un po' di autonomia.
Stavolta è successo l'opposto: i ragazzi sono sì tornati a scuola, ma senza il contorno di attività annesse e connesse, e si sono trovati tampinati più che mai: stai lontano dai compagni, tieni su la mascherina, ricordati di respirare, oh caro, hai tossito due volte questo pomeriggio, non sarà il caso che tu faccia un tampone? Gli insegnanti sono diventati avvoltoi perennemente intenti a sorvegliare le cose più assurde, qualsiasi sintomo fisico per quanto minimale bastava a spedire il malcapitato alunno nell'Aula Covid in temporaneo isolamento e il mondo era costellato di quarantene e tamponi. Quanto al Branco, spesso e volentieri sopravviveva solo grazie a What'sApp - nobile invenzione, certo, ma non è lo stesso che organizzare una biciclettata o una pizza in compagnia, o anche un modesto ritrovo sulla piazza del paese per poi andare in gelateria e sorvegliare se per strada passava qualcuno che interessasse in particolar modo.
Regole, regole ovunque, e una quantità immane di gente che ti tormenta perché tu le osservi. Uno strazio da non dirsi.
La Prime di quest'anno avevano qualcosa di atrofizzato, erano più distratte di quelle degli altri anni (gli altri anni prima della pandemia, intendo), ed erano e sono circondate da un corteo di genitori singolarmente preoccuposi. I ragazzi dimenticano a casa libri, quaderni, merende, autorizzazioni e quant'altro** e i genitori mandano mail del tipo "Mi scusi, cercherò di fare più attenzione quando gli faccio la cartella". Una madre mi ha perfino chiesto "Ho visto che mia figlia ha preso 5 a storia. Come possiamo fare per rimediare?".
Sì, certo, il singolo episodio occasionale c'era anche prima, ma quest'anno ho avuto la precisa impressione di far da coordinatrice a una nursery e non a un gruppo di ragazzi in crescita con eventuali genitori al seguito.
E tutti sono diventati un po' ipocondriaci, famiglie e ragazzi. Comprensibile, non dico di no, ma non molto sano (appunto).
Ben sigillato nella sua campana di vetro (ma molto accentrato sul funzionamento di gola, polmoni e stomaco, teso a cogliere qualsiasi anomalia che nemmeno un novantenne con sei disfunzionalità croniche) il ragazzo guarda il mondo esterno come da uno schermo televisivo e talvolta non sembra nemmeno sfiorato dal sospetto che quel che succede intorno a lui lo riguardi e ci si aspetti anzi una certa iniziativa da parte sua. Ascolta la lezione - quello sa che deve farlo - ma al momento delle istruzioni stacca l'audio e piomba in una sorta di letargo, tanto a casa qualcuno se ne occuperà per lui (solo che a casa non sono degli indovini, e di conseguenza tante cose sfuggono).
"Perché hai fatto questo invece di quest'altro?"
"Avevo capito che si doveva fare così".
"Assurdo. Perché mai dovrei darvi una cosa del genere?"
"Ha detto mia madre che probabilmente era quello che dovevo fare".
"E perché sei andato a disturbare tua madre, che in classe non c'era e ci ha tanto da fare?!?!?"
"Perché non avevo capito cosa c'era da fare e allora l'ho chiesto a lei".
"Perché non hai chiesto invece ai compagni sul gruppo di What'sApp?"
"L'ho fatto, ma nessuno mi ha risposto".
Eccetera.

Si sa che i primini vanno un po' spulcinati, e nei primi giorni di scuola tutti noi insegnanti ci dedichiamo a questo nobile compito spiegandogli nel dettaglio rava, fava e quant'altro; di solito però è una fase che si esaurisce nel giro di un paio di settimane al massimo. E si sa anche che i primi giorni dettare i compiti è una vera impresa e devi ripetere tutto quindici volte, ma anche quella è una fase che passa presto. Quest'anno no. E siccome la pandemia, il lockdown e le quarantene hanno pesantemente inciso anche sulla delicata psiche degli adulti, tutti noi insegnanti ci siamo trasformati in tante Api Maia iperprotettive ronzando intorno ai malcapitati e controllando se avessero scritto, mangiato, respirato, tirato fuori il quaderno.
Nel frattempo i normali processi intellettivi seguivano la loro regolare evoluzione. Li vedi, i teneri fanciulletti, aprirsi verso nuovi mondi, articolare ragionamenti ben strutturati, intraprendere nuovi percorsi - per poi immergersi in uno spettrale letargo al momento di passare all'azione aspettando l'arrivo della Squadra di Intervento Adulti. E c'è anche qualcosa di strano nel rapporto con il mondo esterno, nel senso di distanze e numeri - salta fuori spesso alle interrogazioni di Geografia, con stranezze tipo Pechino che ha 21.000 abitanti e l'Italia che ha 830 oppure 83.000 chilometri di coste. Succedeva anche prima, certo - tipo una volta all'anno, la classe se ne accorgeva subito e si sganasciava mentre l'autore della perla si fustigava prima di correggersi subito; quest'anno però è successo davvero spesso.
Tutto ciò non va bene quando l'adolescenza si avvicina a grandi passi. Le coste italiane non devono essere qualcosa di astratto che potrebbe misurare qualsiasi lunghezza, sono il posto in cui vai al mare (uno dei posti, di solito).

Ho smesso di ripetergli le istruzioni per i compiti ma dubito di essere io il problema, e sono assolutamente certa di non essere nemmeno la soluzione. Serve un po' di vita normale.
Ma mentre noi a scuola folleggiavamo facendo, tutti, l'esame senza mascherina** ed entrando in gelateria a viso scoperto, i numeri han ripreso a salire.
Incrociamo le dita, perché un altro anno sotto la campana di vetro sarebbe davvero deleterio***.

* o almeno speriamo, perché ci sta pure il caso che continui ancora. Perché ogni estate ci convinciamo che la pandemia è un capitolo chiuso e ogni autunno arrivano amare sorprese.
** autorizzati da apposita delibera
*** sì, anche per noi. Assolutamente.

7 commenti:

Filippo ha detto...

Tutti questi quadri che si pubblicano sulla situazione della gioventù mi inquietano. Il tuo è impeccabile, e ciononostante mi preoccupa assai. In ogni caso si tratta di effetti provocati da una deviazione dalla vita normale. D’altro canto un giovane può subire traumi in qualsiasi modo, sia a livello privato sia a livello collettivo. I traumi subiti a livello collettivo significheranno davvero un periodo storico peggiore? A me non sembra che gli iperscolarizzati umani del ‘900 stiano facendo scelte oculate, ora che sono cresciuti. Secondo me non manca l’educazione dei giovani, manca l’educazione degli adulti.

Murasaki ha detto...

Risposta scontata: manca soprattutto il buon senso, e quello non ce lo può dare nessuno!
Comunque: io che sono molto istruita, quando facevo il liceo lessi un passo dove non so quale autore latino del II secolo a.C. si lamentava dei giovani (il circolo degli Scipioni, in pratica) che stavano troppo dietro alla cultura ellenistica e quindi stavano crescendo debosciati e senza valori morali, e da quel momento guardo con molto sarcasmo tutte le analisi sulle nuove generazioni che vengono su male. Ogni generazione, a quel che so, è stata guardata con molta presupponenza dagli adulti, e a sua volta ha guardato con molta irritazione gli adulti. Si chiama dialogo generazionale ^__^
Il caso che descrivo comunque è diverso, fermo restando che si basa sulle impressioni che un gruppetto di insegnanti ha avuto su un gruppetto di classi di una scuoletta di paese, impressioni registrate in modo del tutto empirico e privo di ogni valore statistico. A occhio, questi ragazzi al momento sono rimasti un po' indietro con una parte della crescita, ma immagino che rimedieranno più avanti, o cresceranno in modo un po' diverso dalle generazioni precedenti - che non è affatto detto che sia un male.

Profalcaffé ha detto...

È tristemente rassicurante vedere come le tue impressioni siano quelle che ho maturato le corso di quest’anno. Come forse ricorderai, fino all’anno scorso ho sempre insegnato italiano, latino e greco al liceo. Quest’anno, il mio primo anno alle Medie, vedere questa situazione nelle classi (in particolare nella prima, dove insegno storia e geografia) è stato abbastanza traumatico. Mi sono chiesto anche se il problema fosse il mio. Forse - ho pensato - non sono in grado di relazionarmi in modo chiaro con dei ragazzi così piccoli. Parlando con i miei colleghi, però, ho scoperto che si trattava di un male comune. Con il tempo ho imparato a conoscerli e a stringere con loro un rapporto significativo, sul piano umano, educativo e didattico.
Col tempo, però, ho notato che i miei bimbi si dividono tra quelli in una situazione che descrivi perfettamente e quelli di cui i genitori sembrano quasi essersi dimenticati. Li vedo fermarsi a scuola per mille pomeriggi, ma, allo stesso tempo, riescono ad essere sempre meno al passo. Una volta, una ragazza, colta impreparata in un’interrogazione programmata, mi ha detto che questo era avvenuto poiché non aveva avuto modo di studiare con il padre. È stata la prima di una lunga serie di prove poco riuscite. Penso che il grosso problema sia che si sono persi (e non per colpa loro) tutta quella parte relativa al “come fare” che di solito si impara nella parte di scuola primaria che hanno vissuto solo a metà.
Quello che mi preoccupa è che, forse, nel recuperarla, perderanno molto di quello che dovrebbero acquisire in questi anni del loro percorso…
P.S.: La bellezza della loro umanità mi ha convinto a restare alle Medie, però! 😊

Tenar ha detto...

Ovviamente concordo su tutto.
E mi consola vedere che la follia di Geografia colpisce anche lì da te. Dopo che una ragazzina carina, studiosa e ben intenzionata mi ha scritto che Berlino si trova nella Pianura Padana volevo andare dalla preside e farmi esonerare dall'insegnamento della disciplina per manifesta incapacità!

Murasaki ha detto...

@ Profalcaffè
Non posso che apprezzare la tua scelta di restare alle medie!
I ragazzi quasi dimenticati dai genitori ci sono sempre stati, ma è possibile che sia una categoria in questi anni molto aumentata, perché molti genitori hanno avuto anche loro un sacco di problemi col Covid e qualcuno sembra aver proprio perso la bussola (se pure mai l'ha avuta). Credo però che tutto verrà recuperato, perché i ragazzi sono per natura flessibili e adattabili e l'uomo è specie adattabile per eccellenza, e anche perché sono sempre stata ottimista. E' chiaro però che anche gli insegnanti dovranno adattarsi per un po' di tempo - e a questo punto sono anche curiosa di vedere come saranno le nuove prime, quelle dell'anno prossimo, che hanno fatto una Quinta con qualche pretesa di normalità.
Sta di fatto che quest'anno mi sono sentita anche molto maestra, oltre che prof - che per me è stata una esperienza decisamente nuova e di cui non sentivo affatto la mancanza!

@ Tenar:
Infatti il post è nato in gran parte dal tuo racconto su Geografia, che mi ha aiutato a mettere a fuoco una serie di frammenti che mi avevano lasciata interdetta.
Quanto al farci esonerare dall'insegnamento per manifesta incapacità, direi che è una tentazione che abbiamo tutti piuttosto spesso, anche senza pandemia, e ci sta pure che davvero sarebbe il caso!
D'altra parte il nostro è uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo ^__^

Melchisedec ha detto...

Con destrezza e rispetto degli alunni, ma penso sia necessario che la scuola rompa le campane di vetro. Il successo non è tuttavia assicurato.

Murasaki ha detto...

@ Mel:
C'è di buono che nel nostro lavoro il successo non è MAI assicurato! Ma sì, hai proprio ragione.