Le procedure di test e vaccinazioni non hanno presentato criticità soltanto in Italia |
Alfine anche in Italia giunsero i vaccini, e anche da noi iniziarono le procedure per mettere in sicurezza l'intero paese.
In tanti si preoccupavano degli Obbiettori di Vaccinazione, cioè di coloro che in niun modo volevano essere vaccinati.
Alla scuola media di St. Mary Mead non ve n'erano, e tra di noi, come possibile soluzione del problema, andava diffondendosi la Scuola di Pensiero "Intanto vaccinate noi e tutti gli altri che bramano e bramiscono vaccinarsi, poi preoccupatevi di come convincere chi non vuole".
In verità non era così semplice nemmeno applicare questa banale procedura in apparenza dettata dal più pedestre buon senso: i vaccini infatti scarseggiavano assai.
In principio non me ne preoccupai molto: infatti risultavo troppo vecchia per vaccinarmi in qualità di insegnante. Più avanti però il limite di età per gli insegnanti si alzò notevolmente: fino a 80 anni da compiere purché ancora in servizio. Io, a dire il vero, insegnanti in servizio di 80 anni proprio non ne conoscevo (immagino che il limite sia stato fissato per includere qualcuno ancora in servizio presso l'università) ma insomma, a quel punto ci rientravo alla grande.
E proprio in quel momento i vaccini a disposizione degli insegnanti si ridussero drasticamente e conquistarsi una prenotazione diventò evento rarissimo.
"Ti devi collegare alle 15.00 di Venerdì" mi spiegavano alcuni. Altri sostenevano che il momento migliore fosse la tarda serata sempre di Venerdì e qualcuno parlava anche dell'opportunità di collegarsi di notte.
Io ci provavo Venerdì dopo le tre, e anche in tarda serata e pure il Sabato, ma nella mia provincia era sempre tutto esaurito, anche se per dirmelo aspettavano che gli avessi raccontato la storia della mia vita e avessi riempito non so quante schermate.
"Per entrare nel portale è meglio se non usi GoogleChrome" mi spiegava qualcun altro.
Io GoogleChrome non lo usavo di certo, anche perché non ce l'ho. Ma a dire il vero non avevo nessun problema a entrare nel portale e fare tutte le procedure, nemmeno quando ci provavo da scuola dove usiamo GoogleChrome. Solo che quando arrivavo al dunque era sempre tutto esaurito, in tutta la provincia, e non redo fosse colpa di GoogleChrome.
Col passare delle settimane cominciavo a sentirmi sempre meno credibile. Ma guarda un po', l'intera scuola - preside e ATA compresi - si era trionfalmente vaccinata, chi con grandi dolori nei due giorni successivi, chi con forti puntate di febbre, chi senza registrare l'ombra di un sintomo collaterale - ma io no, anche se proclamavo ai quattro venti il mio fermo proposito a vaccinarmi. Perfino il supplente scortese con gli alunni si era vaccinato in quattro e quattr'otto - e io continuavo a raccontare che non ci riuscivo. Avevo smesso di raccontarlo, in effetti, perché cominciavo a sentirmi come quelli che raccontano che Lunedì gli arriverà un grandioso pagamento e potranno renderci i soldi che gli abbiamo prestato un mese prima.
In cuor mio giravo con una campanella attaccata alla caviglia, e stavo seriamente meditando di gridare "Immonda! Immonda!" quando mi avvicinavo a un gruppo di colleghi o di alunni.
Frate Leone, pecora d'Iddio, tutti son vaccinati fuori che io. Eccheppalle.
L'intera scuola si prese a cuore il mio caso: addirittura una mattina l'insegnante di sostegno chiamò a scuola perché mi avvisassero che il portale segnalava dei posti disponibili, allora la custode si precipitò in prima, dove stavo pasticciano con cavalleria e crociate, e si offrì di sorvegliare la classe in mia assenza. Al grido di "Ogni lasciata è persa!" corsi al computer... ma arrivai troppo tardi, le dosi erano già esaurite.
La campanella alla caviglia incombeva minacciosa.
E finalmente arrivò il Gran Giorno, quello in cui, compiuta tutta la procedura, mi ritrovavo a poter scegliere il luogo di vaccinazione che più mi tornava comodo (da qualche settimana infatti solo il Mandela Forum a Firenze offriva ogni tanto qualche pallida possibilità). Ma no, a Lungacque c'era un sacco di posto, addirittura avrei potuto vaccinarmi il Martedì dopo Pasqua, così da poter affrontare gli eventuali dolorosi sintomi successivi in privato e senza fare assenze a scuola.
Mi prenotai sollecita e ieri pomeriggio sono infine andata a prendermi la prima dose per poi rientrare subito a casa dove, ben fornita di arance da spremere, cibi leggeri e nutrienti di vario tipo e Tachipirina, avrei potuto sopportare la successiva ondata di febbre e i dolori al braccio sinistro o addirittura a tutte le ossa che mi erano stati promessi.
Ma, niente. Le arance le sto mangiando volentieri, perché quest'anno sono ancora molto buone, e i cibi nutrienti e leggeri ho finito per metterli in freezer per finire l'arista drogata che sta allietando le mie vacanze. Sto a letto a leggere mentre le gatte mi fanno gattoterapia, ma a dire il vero non mi sembra di avere proprio nulla da terapizzare.
Comunque non dovrò andare a comprarmi la campanella da caviglia, e questa è davvero una bella cosa.
6 commenti:
Congratulazioni. Ne avrei avuto diritto ma non avevo la tessera sanitaria. E quei geni del MEF hanno reso obbligatoria la tessera per prenotarsi. Quando ho avuto la tessera, era finito il tempo per la prenotazione. Quindi chissà se e quando mi toccherà, spero prima della ripartenza perché mi potrebbe causare non pochi problemi.
Sono una banda di cialtroni: il codice fiscale sarebbe stato ampiamente sufficiente, dato che comunque c’è il documento di identità. Ma il MEF vuole da anni imporre la tessera sanitaria come principale documento e ha cinicamente sfruttato questa occasione per marciare sulla sua brama burocratica. Questo avrebbe dovuto essere uno di quei casi in cui la burocrazia andava resa inesistente: ma no! Il ministero dell’economia doveva a tutti i costi riunire i nostri dati fiscali e sanitari sotto un’unica voce. Prosit! Chissene se poi il virus ha un chance in più di circolare: dati così precisi sono troppo preziosi. Il calcolo esatto delle prestazioni sanitarie unito a quello delle banche dati fiscali. E vai di tagli.
La mia vispa stima per quel ministero e chi lo occupa ne esce vieppiù rafforzata.
A Parigi, prima di tornare, ho fatto un tampone PCR nel seguente modo. Ho iniziato cercando tutti i laboratori possibili perché volevo il PCR e non l’antigenico buono a nulla delle farmacie. Niente da fare. Ne parlo a qualcuno che sbarra gli occhi: “Ma vai in circoscrizione, è gratis!”
Vado alla mairie di Paris 13e, senza dovermi proiettare chissà dove, tipo drive-in ché noi semo ‘meregani, l’ha detto anche Trump all’amico Giuseppi. Per ragioni di orari di partenza ci vado la mattina che sarebbe riservata alle categorie protette. Non c’è nessuno, spiego perché sono venuta a quell’ora, mi fanno una sola domanda che è anche un’affermazione: “Lei deve viaggiare...”. Poi un lievissimo rimprovero: “Guardi che questo è l’orario riservato”. Poi: “Si accomodi” e un sorriso: “In Francia testiamo tutti”. Nessun documento particolare, solo un recapito per contattarmi nel caso di positività. Eggià. Forse, ma dico forse, sarebbe la cosa più logica, non lasciar andare in giro gente potenzialmente infetta che viene da sé a farsi testare, no?
Dall’altro lato della Mairie, su Place d’Italie, si fanno i vaccini agli anziani e alle categorie protette. Lì c’è un po’ di fila, diciamo dieci persone per volta che aspettano il pomeriggio. E fine.
Mah, non sarei così fiduciosa al posto tuo: la tessera sanitaria c'è da parecchi anni ma la maggior parte dei cittadini non l'ha mai attivata e di fatto serve solo per il codice fiscale (e, nel mio caso, per pagare qualche ticket alle visite all'ospedale che potrei comunque pagare in contanti o col bollettino) - insomma, se c'è un preciso progetto di riunire i dati è ancora ben lungi dall'essere seriamente avviato. E in effetti nessuno mi ha chiesto la tessera sanitaria per vaccinarmi, quando mi sono iscritta al portale: solo il codice fiscale. E una volta arrivata lì, nessuno mi ha chiesto proprio niente, nemmeno un documento di identità, solo se soffrivo di allergie e un altro paio di domande di tipo medico. Sei tu che hai avuto sfortuna.
Oppure, a scelta: siamo tutti noi italiano che abbiamo sfortuna, perseguitati come siamo da un perenne Ufficio Complicazioni Cose Semplici e che dobbiamo continuamente pagare pegno per il fatto di esistere (e perfino di non esistere più). Del resto, non dimenticare che siamo l'unico popolo al mondo che invece di timbrare il biglietto deve obliterare il titolo di viaggio, e questo dopo una precisa riforma che doveva semplificare il lessico burocratico.
Mi rallegro che in Francia siano più sensati, ma per quanto sia un paese vicino a noi, sotto questo aspetto non è riuscito a contagiarci :(
Beata te che non te l’hanno chiesta.
In altre regioni (io sto in regione Lazio) non solo era obbligatorio dare codice fiscale + numero tessera che poi sarebbe il vecchio codice SAUB, che ancora ricordavo a memoria e ho tentato di inserire, ma pure un altro numero che identifica specificamente la tessera sanitaria. Altrimenti niente da fare. Non ho potuto prenotarmi e dio sa quando toccherà a me, ma non son l’unica in questa situazione. Non è affatto un mio caso sfortunato, proprio no tesssoro. Ci sono altri colleghi e altre persone che lavorano altrove nella mia stessa identica situazione. Si tratta di una scelta burocratica scriteriata e irresponsabile nel momento in cui si dovrebbero mettere meno paletti possibile mentre per identificare una persona va benissimo il solo codice fiscale.
Come ci sono persone più a rischio di me, non singole ma gruppi - operatori sanitari ospedalieri tanto per essere chiari - che non vengono vaccinati malgrado possano essere a rischio e mettere a rischio persone fragili e diffondere altrove l’infezione; e malgrado le loro proteste, anche se nel loro caso la tessera non c’entra. Non parlo per sentito dire.
@ Pellegrina:
Addirittura il numero della tessera? Eccheppalle, davvero!
E che inutile complicazione.
Sono molto contenta che in Toscana un barlume di buon senso ci abbia illuminato, visto che, davvero, come dici tu il codice fiscale basta e avanza. E davvero mi sfugge il motivo di tanta complicanza.
Confermo che anche in Piemonte è indispensabile inserire il numero della tessera sanitaria per poter procedere con la prenotazione (che nel nostro caso è più che altro una "segnalazione di interesse", nel senso che uno si iscrive alla lista di attesa e aspetta fiducioso di ricevere un sms nel quale viene convocato per il tal giorno alla tal ora. Di solito l'sms arriva con un preavviso di un giorno o giù di lì, ingenerando peraltro nel tapino una certa inquietudine tipo "oddio, ma sarà arrivata la mia richiesta? Mi chiameranno mai? E se quel giorno ho già preso un impegno?").
Onestamente non capisco davvero il perché di *procedure* così diverse da regione a regione.
Se non altro a livello di prenotazione, non si faceva prima a studiare un metodo uguale per tutti? :-D
@ Una Penna Spuntata:
Ahimé, la pandemia ci ha messo davanti a molte stranezze legate al decentramento. Di per sé il fatto di poter prendere provvedimenti locali legati alle situazioni locali avrebbe dovuto essere un punto di forza, ma per l'Italia si è rivelato un vero handicap. E questo piacere della complicanza fine a sé stessa è abbastanza perverso.
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