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domenica 19 gennaio 2020

La Seconda Invasata (siamo tutti insegnanti, con le classi degli altri)

A volte si invasano le piante, a volte si invasano gli studenti.
Dice che però il procedimento non è lo stesso.

Ai miei occhi la Seconda Invasata era una classe come tante, a parte il fatto che studiavano decisamente pochino. Nemmeno quel tratto tuttavia era granché sorprendente: spesso le Seconde cercano di allargarsi, soprattutto con gli insegnanti nuovi - e io per loro ero nuovissima, e per giunta gli facevo una materia di quelle ritenute non troppo importanti, da due ore.
Niente problemi, dovevamo ancora adattarci, io a loro e loro a me. Distribuii generosamente una bella manciata di quattro e di cinque con la lettura della carta e con la verifica delle capitali su cartina muta, spiegai con bel garbo ai genitori che se studiavano solo metà delle capitali, e magari quella metà comprendeva le capitali che già conoscevano, tipo Parigi, Roma e Atene, chiaramente il voto era destinato ad essere basso; e cominciai come sempre il mio paziente insegnamento per spiegargli come studiare poco e bene rielaborando quel (molto) che già sapevano. Con me, a Geografia, per prendere una insufficienza in pagella occorre impegnarsi con molta dedizione, e dopo un po' di solito tutti si stufano di consacrarsi anima e corpo al quattro e al cinque e acconsentono a fare quel po' che gli consente un voto decente o, a scelta, quell'abbastanza che consente un voto buono oppure ottimo, e già che ci sono imparano anche un po' di esposizione, che non fa mai male.
Quel che mi apparve subito chiaro - e in verità anche l'anno scorso, durante quel paio di sostituzioni che avevo fatto là dentro, l'avevo percepito da alcuni modesti indizi del tipo lampeggianti sull'autostrada che segnalano un incidente grave - era che i rapporti interni facevano schifo, pena, ribrezzo e pietà, e che tutte le energie la classe le impiegava per marcare il territorio con i compagni, salvo pochi casi di carattere eccezionalmente mite che tendevano ad appiattirsi dentro le pareti fino a rendersi totalmente invisibili a puro scopo di sopravvivenza.
Arrivata al primo consiglio di classe accennai al fatto che ero un po' indietro nella programmazione. La notizia fu accolta da un coro di "Capirai la novità, siamo tutti indietro con la programmazione in quella classe". Così mi ritirai buona buona nel mio cantuccio e ascoltai.
Intorno a me veniva descritta una classe da incubo, indisciplinata, incomprensibile e incontenibile. Il mio stupore era condiviso dalla prof. Quadrella, che una volta alla settimana faceva alternativa ad un gruppetto scelto che includeva molti dei Casi Drammatici - i quali Casi Drammatici venivano su con gli altri in biblioteca e più volte avevo assistito alle lezioni, che Quadrella svolgeva, in verità in un clima amichevole, disciplinato e piuttosto interessato.
"Ah, ma tu hai il piccolo gruppo, nel piccolo gruppo è ovvio che sono più tranquilli" venne stabilito.
Veramente non è ovvio proprio per nulla, e comunque io non avevo un piccolo gruppo, avevo tutta la classe. E quelli segnalati come Casi Drammatici io non riuscivo nemmeno ad associarli a un viso - segno inequivocabile che non si erano messi in mostra più di tanto; perché, d'accordo che a ricordarmi i nomi sono lenta in modo patetico, ma i primissimi nomi che si imparano sono quelli dei più intemperanti, e anche se le mie pretese disciplinari sono piuttosto modeste, se qualcuno si mette a urlare e ballare nel bel mezzo della lezione, come dire, perfino io mi sento in dovere di manifestare un vivace disappunto oltre a scrivere svariate cose sul registro di classe.
Con me comunque nessuno aveva mai fatto niente del genere. Qualcuno, sì, si era messo a dare di scemo a qualche compagno che aveva magari dato una risposta un po' improvvisata, o aveva disturbato le altrui interrogazioni; in quei casi  senza remore avevo aperto loro il mio cuore e detto apertamente cosa pensavo del loro comportamento; col passare delle settimane però questo tipo di esternazioni era andato scomparendo e ormai le interrogazioni si svolgevano in un clima quasi civile. Insomma, non mi ero trovata davanti a niente di insostenibile.
In seguito qualcuno, in privato, mormorò che certi insegnanti davano troppi rapporti e non si rendevano conto e non sapevano tenere la classe - ma siccome detti insegnanti sono quattro, più due che si sono rassegnati e i rapporti non li mettono, dissi apertamente che secondo me si trattava di un caso di bullismo alla rovescia, e siccome ai tempi delle supplenze brevi sono stata bullata anch'io, aggiunsi che era un po' troppo facile mettersi il cuore in pace così, visto che nessuna classe al mondo mai può essere "tenuta" se non accetta di farsi tenere.
Nel frattempo i genitori mormoravano. Il problema diventò dunque non più che era difficile tenere la classe, ma che era difficile tenere i genitori - una questione che non ho mai capito, devo dire, ma che per alcuni insegnanti costituisce un Vero Problema.
Infine arrivò l'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale. Alla quarta ora entrai e feci lezione, collezionando una serie di interrogazioni piuttosto dignitose. Poi suonò la campana dell'intervallo.
Mi chiesero il permesso di tagliare panettoni e pandori per una mini-festicciola, e glielo accordai di buon grado. Poi mi occupai di una ragazza che stava male e doveva essere un po' badata.
Quando rialzai gli occhi, pochi minuti dopo, la classe era invasa da creature urlanti - ma davvero urlanti, da fare invidia a delle banshee, e il pavimento era coperto, letteralmente, di popcorn e briciole di patatine. Roba da chiedere l'intervento di uno spazzaneve. Per giunta scoprii che nell'ora seguente dovevano fare il compito di spagnolo - ma la povera insegnante non sapeva di doverlo fare su una pista da sci.
Tirai fuori la mia pelle da Tigre Ircana e cominciai a ruggire ordini perché rimettessero tutto a posto. Quando arrivò Spagnolo due ragazzi stavano spazzando alacremente e la classe aveva quasi ripreso una parvenza di decoro.
Giunta in biblioteca aprii il Registro Elettronico e scrissi un rapporto di classe (unica esclusa, la Malatina, che era rimasta vicino a me mentre telefonavo, senza far nevicare niente). Il computer di biblioteca però, poverello, è piuttosto anziano e tiene l'anima con la dentiera, e insomma il rapporto non voleva saperne di partire e così, dopo averci provato per tre volte infine rinunciai.
Alla fine della sesta ora, in atmosfera assai festosa, sono uscita in corridoio con la Prima Asserpentata, con cui ero riuscita nella mirabile impresa di fare una lezione che a tratti era stata perfino ascoltata da buona parte di loro. 
Davanti a noi c'era la Seconda Invasata, che cantava.
E che c'è di strano se una classe canta in corridoio gli ultimi minuti prima delle vacanze di Natale? Una graziosa classe in festa che gorgheggia carole natalizie? Faranno un po' di confusione, ma che importa?
Almeno, io di solito sono in quell'ordine di idee. Oh, che carini che cantano. Oh, che carini, giocano insieme.
Stavolta però mi sono spaventata. Non era solo quel che cantavano - niente di natalizio, credo, ma come cantavano. Era un coro da stadio, di quelli di curva ultrà, quando si promettono a vicenda di ammazzarsi di botte. Era un coro da corteo, di quei cortei che fan lo slalom tra le bottiglie molotov mentre la polizia si ripara dietro gli scudi di plastica. L'insegnante che era con loro era palesemente più spaventata di me. La prima alle mie spalle si è chetata come d'incanto. Avevano paura anche loro.
Vivaddio, è suonata la campana. 
Quando sono risalita dopo aver accompagnato la Prima ai cancelli sì come prevede il regolamento, ho trovato due genitori ad aspettarmi. Li ho accolti con un bel sorriso.
Hanno accennato al rapporto di classe, provando a indagare sull'accaduto cercando attenuanti.
"Sì, li avevo autorizzati a mangiare i panettoni. Perché non avrei dovuto? Era una richiesta assolutamente legittima. No, la nevicata l'hanno fatta tutti. Non "i soliti", proprio tutti. La cosa strana era che sembravano trovarla normale. Non erano consapevoli di fare qualcosa di insolito o fuori dalle regole. Del resto, anche prima, li avete sentiti cantare, immagino".
Sì, hanno ammesso, li avevano sentiti.
In effetti non so con che intenzioni erano corsi a scuola. Dubito, visto il terzo grado che mi hanno fatto, che fosse per scusarsi a nome dei figli. Ma il coro da stadio l'han sentito anche loro, e quando sono andati via avevano le orecchie basse, anche se io ero stata assai salottiera & disponibile.
Quanto a me, sono rientrata in Sala Insegnanti dopo averli accompagnati alla porta proclamando "La classe è invasata. Ci vuole l'esorcista".
Nessuno dei presenti mi ha contraddetto.
(Forse hanno pensato che l'esorcista sarebbe servito anche a me?)

6 commenti:

Kukuviza ha detto...

Oddio che situazione. (Anche se a leggere, la classe urlante tipo banshee mi ha fatto ridere, ma immaginandomela sul serio, ho riso molto meno).
Prevedi che ci sarà qualche miglioramento in questa faccenda?

wolfghost ha detto...

Mi fai ricordare i tempi di quando, terminate le medie, scelsi con cura la scuola superiore valutando tutti i pro' e i contro: avevo già i libri di mio fratello, quindi... :-D Peccato che in quella scuola girassero non già bulli ma vere e proprie bande di picchiatori che, ad ogni intervallo, andavano in giro scegliendo chi pestare e gli altri studenti si nascondevano in ogni dove per evitare di farsi beccare. Ovviamente nessuno faceva niente.
Ricordo un episodio in particolare. Una insegnante mi chiamo' per una interrogazione (non ricordo nemmeno la materia, ma non importa). Mentre ero alla lavagna notai due o tre compagni di scuola/bulli che iniziavano e prendermi giacca e altro dal mio banco. Ovviamente scattai subito e andai a fermarli. Ritornai alla lavagna e con mia sorpresa l'insegnante (una supplente, se ricordo bene) mi disse "Se ti allontani ancora ti do quattro!". Io reclamai dicendo "ma non vede cosa stanno facendo?" ma la risposta fu "non mi interessa!".
Avrai già indovinato come ando' a finire. Al nuovo tentativo di furto mi allontanai e... presi quattro :-)
Fu così che persi un anno di studio: decisi di lasciare quella scuola. Ormai era tardi per chiedere di essere iscritto a una nuova.
La morale è: quando ci vuole il bastone... ci vuole il bastone, la carota non basta! ;-)
Purtroppo di insegnanti coraggiosi NON è pieno il mondo. Quindi... tieni duro: sono con te! :-)
www.wolfghost.com

Murasaki ha detto...

@ Kuku:
Difficile da prevedere, ogni classe funziona a modo suo. Naturalmente vi terrò aggiornati.

@ Wolfghost
Sembrerebbe una storia del tutto impossibile, se non fosse che, proprio in quegli anni, durante un'assemblea il preside chiamò la polizia durante l'assemblea studentesca - che magari stava degenerando, ma niente in confronto a quel che avvenne quando la polizia cominciò a manganellare alla grande. Per fortuna arrivai l'anno dopo... e va detto che arrivò anche la nuova preside, che ci aveva sì i suoi difetti, ma certo non parteggiava per i, diciamo simpatizzanti di destra, che ci avevano la rissa davvero facile. Comunque ricordo distintamente un vicepreside che scrollò molto brutalmente una mia compagna, di estrema sinistra nonché figlia di operai squattrinati, che era andata a chiedergli civilmente conto di non so quale cosa. Liceo classico.

romolo ha detto...

Una volta avevo un amico sindacalista che fu "promosso" in un posto di responsabilità. Dopo qualche tempo ci incontrammo e gli chiesi come si trovava: "che ti devo dire, io pensavo mi avessero trovato un posto, ma questo è un lavoro!"
Ecco, fare l'insegnante penso non sia mai "un posto", nonostante forse a qualcuno sarebbe piaciuto (non certo tu!)

Murasaki ha detto...

@Romolo:
Nella mia visione molto convenzionale "trovare un posto" e "trovare un lavoro" sarebbero sinonimi, in realtà. E comunque nell'insegnamento, qualsiasi sia il tuo punto di vista sul lavoro, sei comunque OBBLIGATO a lavorare, almeno un po', che tu lo voglia o no!

Case Study Blog ha detto...

Very nicee post