Anne Brontë (1820-1849) è la minore delle tre sorelle Brontë (in senso anagrafico) ma anche la più negletta, la più dimenticata, e certamente la meno stampata in Italia. Eppure le sorelle Brontë lavorarono insieme, finché questo fu tecnicamente possibile, e insieme, la sera davanti al caminetto, esaminavano e discutevano i loro scritti in fase di produzione; insieme condivisero una esistenza tragica ma ricca di colpi di scena e Anne ed Emily insieme diedero vita al ciclo di scritti dedicato a Gondal, una sorta di universo parallelo di cui non è rimasto quasi niente; Charlotte le ha anche dedicato un grazioso ritratto, eseguito quando la sorella aveva quattordici anni
oltre ad aver fatto un notevole ripulisti delle sue carte dopo la sua morte. Tuttavia, sembra di capire che Anne non avesse nessun particolare segreto da coprire e che il suo armadio fosse del tutto privo di scheletri. Sembra.
Chi vuole notizie un pochino più dettagliate sulla sua vita convien che cerchi non tanto la scarna voce che le dedica la Wikipedia italiana quanto quella inglese che identifica anche i possibili spunti autobiografici dei suoi due romanzi.
Agnes Grey è il primo dei due, in ordine cronologico nonché l'unico che Anne pubblicò in vita e suscitò molte meno mormorazioni e polemiche dei due che le sorelle avevano già dato alle stampe*: un romanzetto calmo, tranquillo, che va giù come acqua di fonte, con qualcosa di austeniano nella scrittura e nella struttura ben equilibrata - ma è un libro delle sorelle Brontë dalla prima riga all'ultima, dietro la sua apparenza tranquilla e un po' sommessa che rispecchia perfettamente il carattere di Anne da quel poco che è dato di sapere: introversa, all'apparenza tranquilla ma tagliente come le sue care sorelline.
Si può facilmente raccontare la trama, e scusate se spoilero un romanzo che ha più di 170 anni: Agnes è una brava ragazza cresciuta in una famiglia amorevole. In seguito a un rovescio economico della famiglia va, ancora giovanissima, a fare l'istitutrice, mossa dal desiderio di aiutare la famiglia, vedere un po' di mondo e soprattutto di insegnare a quelle creature deliziose che sono (sarebbero?) i bambini. La prima famiglia che incrocia si rivela decisamente atroce, anche nel modo di trattarla, con la seconda va meglio ma la famiglia finisce per rivelarsi altrettanto atroce. Nel frattempo però Agnes trova marito, e con lui inizierà una felice vita coniugale che si prospetta ricca di soddisfazioni e di figli. Fine.
Niente ascesa sociale (l'amato consorte è un bravo pastore di anime e tutt'altro che un partito di lusso sul piano economico), niente passioni drammatiche, ma due descrizioni decisamente insolite di due famiglie assai vittoriane e una storia d'amore piuttosto realistica. Oltre a un bel numero di animali di affezione (si contano due gatti e un cagnolino, che funzionano anche da cartine tornasole per chiarire meglio chi è una brava persona e chi no - un tema, questo, che troveremo anche in Shirley dove il personaggio principale (che sappiamo ricalcato su Emily Brontë) ama molto gli animali.
Il primo di questi personaggi a quattro zampe è il gatto di casa Gray, che quando la ragazza va via di casa per la prima volta sta giù diventando una bella gatta adulta. Agnes se ne separa molto a malincuore, pensando che quando tornerà per le vacanze per lei ormai sarà un'estranea (ma non sappiamo se effettivamente succede così, perché poi della micia non si parlerà più). Casa Grey ha anche un piccolo allevamento di piccioni che le donne hanno abituato a prendere il becchime dalle loro mani e che si fanno accarezzare. Insomma, la giovane Agnes è abituata a curare e rispettare gli animali ma soprattutto ad amarli e sbalordirà nello scoprire con quanta superficialità, indifferenza o addirittura crudeltà queste care creature vengono trattate nelle classi alte.
La famiglia dove arriva è un oscuro groviglio di nevrosi e di rapporti malati. Entrambi i genitori pretendono che i due bambini di casa siano educati e obbedienti e possibilmente anche istruiti, ma senza dare ad Agnes la possibilità di punirli o contrariarli in alcun modo od obbligarli a un qualsivoglia sforzo mentale. Grandi risultati chiaramente non ne arrivano, anche perché i bambini, vedendo che l'istitutrice non è tenuta in alcun conto dai genitori, ne fanno ben presto una specie di giocattolo vivente. Il padre entra in scena raramente ma solo per lamentarsi di tutto e di tutti, la madre depreca la mancanza di capacità da parte di Agnes di allevare bene i bambini (ma par di capire che non si sia mai sporcata le mani occupandosene) e dopo qualche mese Agnes viene licenziata. Torna a casa dopo aver accumulato un notevole stress, qualche soldo e una serie di interessanti nozioni su come non gestire una famiglia.
Ciò nonostante ci vuole riprovare. Di nuovo i Gray provano a dissuaderla ma alla fine Agnes la spunta e di nuovo parte all'avventura.
La seconda famiglia all'apparenza è un po' meglio - soprattutto, i figli sono un po' meno anarchici e meno infantili. Tuttavia i problemi di base rimangono quelli: genitori distratti ma pieni di pretese, figli che rifiutano di spremersi le meningi più di tanto, rapporti familiari decisamente mal impostati. Una certa cortesia che tutto sommato nella famiglia viene abbastanza coltivata riesce ad ammorbidire gli spigoli, ma la situazione non è molto migliore rispetto alla prima famiglia dove Agnes ha lavorato.
La protagonista si occupa soprattutto delle due sorelle perché il fratello maggiore dopo pochi mesi va al college dove, se sono vere anche solo un terzo delle storie che traspaiono qua e là nei romanzi vittoriani sui college, imparerà ad osservare rigorosamente la disciplina nel più spiacevole dei modi.
Le due sorelle formano una coppia piuttosto difficile da gestire. La maggiore di mestiere fa la Ragazza Frivola, mentre la minore riesce ad appassionarsi solo a cavalli, cani da caccia e caccia in generale. La madre asseconda la frivolezza della maggiore fin quando non si rende conto che ormai è una ragazza da marito e che quindi rischia di diventare una ragazza frivola e compromessa, il padre asseconda l'aspirante cacciatrice fin quando non si rende conto che ormai è una ragazza da marito e occorre che assuma l'atteggiamento e la forma mentis di una ragazza da marito. L'insieme sembra delirante, ma ahimé è drammaticamente credibile, così come è purtroppo drammaticamente credibile che il matrimonio della figlia maggiore, condotto con singolare scervellaggine da parte della ragazza - ma soprattutto dei genitori che pure qualcosa sull'argomento dovrebbero sapere - si riveli un disastro senza remissione che la ragazza non ha assolutamente gli strumenti per affrontare non essendo mai stata abituata a contare su di sé.
E qui entra in scena il secondo gatto, anzi la seconda gatta della storia.
Costei è l'amatissima gattina di casa di una povera contadina un po' malandata, e serve per descrivere i due sacerdoti che occupano una buona parte del romanzo: quello più ricco e più importante la tratta male, dandole perfino un calcio, mentre il sacerdote più povero e più interessato al benessere fisico e spirituale dei parrocchiani non solo la tratta bene, ma una sera in cui la gatta si è persa la riporta a casa con gran gioia della contadina. Agnes si limita a raccontare gli episodi, anzi a farli raccontare dalla contadina, ma riesce ad orientare il lettore e a fargli capire quale dei due sacerdoti vale di più sul piano umano. Se poi la lettrice sono io, mi viene spontaneo ricordare Shirley quando, nel romanzo che Charlotte le intitola, dirà che per scegliere il compagno della sua vita si baserà anche sul giudizio del suo cane e del suo gatto e su come accoglieranno l'uomo quando entrerà nella di lei casa.
Il terzo animale, un cagnolino trascurato dai datori di lavoro di Agnes, che la ragazza adotta e a cui si affeziona sinceramente, ricambiata, funziona infine come pegno d'amore: verso la fine del libro infatti, quando le cose per Agnes si mettono piuttosto male au molti fronti, il suo padrone decide che quel cane l'ha stufato e lo vende a un cacciatore di ratti, uomo famoso anche per la durezza con cui tratta gli animali. Agnes ne soffre ma non può fare nulla per intervenire. L'uomo che lei ama però, Edward Weston, ricomprerà il cagnolino dall'acchiapparatti quando viene infine a chiedere la mano di Agnes cui ormai può assicurare una casa e una rendita modeste ma adeguate avendo ricevuto l'assegnazione di una bella parrocchia tutta per lui.
Il romanzo si chiude dunque con un lieto fine - un vero, autentico lieto fine dopo una serie di vicende drammatiche a tratti ma non tragiche per la protagonista, quel tipo di finale insomma che nella produzione letteraria delle sorelle Brontë rappresenta un unicum**. Come ho già detto è scorrevole, gradevole, simpatico, fresco e va giù bene, ma dietro la sua gradevole freschezza e la sua fresca gradevolezza c'è una critica piuttosto salata verso la società dell'epoca e diverse considerazioni sulla condizione femminile, sottintese più che dette - sottintese ma espresse con molta chiarezza, soprattutto nella parte che riguarda il matrimonio dell'allieva di Agnes.
È più o meno disponibile a chi vuole comprarselo e si trova senza problemi in versione liquida a prezzi assai contenuti - insomma ci hanno messo parecchio a ristamparlo (la mia copia è del 2000 quando finalmente si degnarono di tradurlo anche se non escludo che la BUR grigia lo aveva in catalogo, negli anni sessanta) ma da allora l'hanno tenuto in catalogo non solo la Mondadori ma anche altre piccole case editrici.
Consigliato, e adattissimo a questa stagione sospesa tra fine estate e inizio d'autunno, quando un bel romanzo inglese è il massimo che c'è.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma, sperando che Lurkerella sia in linea.
*sì, sto parlando di Jane Eyre e di Cime tempestose, che sollevarono entrambi un bel polverone.
**con l'unica eccezione del Professore di Charlotte, che venne pubblicato postumo ma che insomma, ammettiamolo, non lo avesse scritto Charlotte diremmo che è una palla di libro.
5 commenti:
Guarda un po' (se non ho visto male), chi ha tradotto l'introduzione..! ;-)
Un bel romanzo inglese è il massimo che c'è
in ogni stagione per me
Ecco, ti ho fatto la rima...io lombardoveneta pronuncio mè :-D
buona domenica!!!
@ la povna:
ecco, non so... ho cercato in lungo e in argo, ma non mi pare che dicano nulla su chi ha tradotto l'introduzione. Il romanzo è tradotto da Anna Luisa Zazo, ma questo è molto consueto per i romanzi inglesi pubblicati da Mondadori...
@ Aliceland:
Oh, va benissimo anche con la pronuncia toscana, con le rime sono molto accomodante ^_^
Pensavo fosse scritto, oppure non ho riconosciuto a modo l'edizione (che pure è Mondadori) di quella lontana traduzione che feci.
È quella, è quella, ho riguardato meglio e, nascosta in un angolino della prima nota c'è effettivamente il nome. Chiedo scusa, ma di solito è un dato più facilmente visibile!
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