Quello che presento oggi è un classico tra i classici, che ha plasmato non solo la letteratura occidentale ma anche la musica lirica. L'autore è Euripide, piuttosto controverso tra i contemporanei ma apprezzatissimo tra coloro che sceglievano chi mandare in scena, per cui poteva avere il suo coro quando voleva (e alla fine i canonisti alessandrini conservarono più opere sue che dei blasonatissimi e rispettatissimi Eschilo e Sofocle) e capace di parlare senza difficoltà anche a chi lo legge 2500 anni dopo.
Il teatro tragico greco aveva delle caratteristiche piuttosto particolari - per esempio lo spettatore conosceva già la storia, perchè si trattava di miti assai noti; non solo, ma quando per avventura l'autore avesse deciso di lavorare su qualche variante non troppo famosa del mito, era sua precipua premura informarne lo spettatore appena possibile, sin dal prologo. Anche quando la versione era quella più consueta, comunque, si faceva spesso un riassuntino appena possibile, caso mai chi ascoltava avesse avuto un piccolo vuoto di memoria. Insomma, si evitava con ogni cura di cogliere lo spettatore di sorpresa e il concetto di "colpo di scena" non era minimamente contemplato, anzi il coro presente sulla scena non faceva che predire i successivi svolgimenti. Lo spettatore aveva così modo di godersi ogni singolo dettaglio e sfumatura e non perdeva tempo e attenzione cercando di indovinare il seguito. Io, che sono fra quelli che prima di tutto in un libro leggono il finale, approvo totalmente questo tipo di procedimento e lo preferisco assai al barbaro procedere di oggi, dove è considerata colpa grave raccontare il finale financo della Bibbia o di Cenerentola.
Medea è un opera che tocca tanti temi: l'ingratitudine, i matrimoni misti, la condizione degli stranieri fuori dalla patria, ma soprattutto la condizione femminile (non soltanto nell'Atene del V secolo a.C.) e la solidarietà che lega le donne tra loro.
Medea era una principessa della Colchide che, per volere di Afrodite, si innamorò pazzamente di Giasone, il capo degli Argonauti venuti fin là per prendere il Vello d'oro. E' una ragazza molto esperta di arti magiche, figlia del figlio del Sole (no, Apollo non c'entra). Il suo intervento salva la spedizione: tradirà il padre, tradirà il fratello, permetterà a Giasone di superare le prove che gli sono state imposte per avere il Vello d'oro (e che mai e poi mai Giasone avrebbe potuto superare senza di lei) e lo seguirà in Grecia come sua legittima sposa bruciandosi i ponti alle spalle.
E' passato del tempo - non sappiamo quanto, ma ci sono due figli già in età di parlare ma ancora affidati a un pedagogo. Facciamo una decina di anni?
La coppia è approdata a Corinto. Medea viene guardata con sospetto dalla popolazione, ma soprattutto dal re della città. Con le donne di Corinto invece i rapporti sono più che buoni, tanto che il coro è appunto composto di corinzie che solidarizzano in tutto e per tutto con lei e perfino quando disapprovano quel che fa non intervengono per fermarla, perché trovano che lei abbia ragione e Giasone torto.
Il re di Corinto suggerisce a Giasone di divorziare da Medea e di sposare sua figlia. Giasone accetta e all'inizio della tragedia i due sono già sposati. Medea viene a sapere la cosa solo a nozze già avvenute, e la prende malissimo. Si accorge, finalmente, di aver dato il suo cuore a un uomo inaffidabile e superficiale - quanto inaffidabile e superficiale lo scopriamo insieme a lei nel confronto tra i due. Si accorge, soprattutto, di essere in trappola: a Corinto il re non la vuole perché ne ha paura e la scaccia (e Giasone la rimprovera garbatamente: perché l'hai fatta tanto lunga e hai lanciato tanti accidenti sul re e sua figlia? Adesso per forza ti mandano via, è colpa tua), fuori da lì non ha amici ma solo nemici - e sono tutti nemici che si è fatta per aiutare Giasone e quel suo accidente di spedizione. Come tantissime donne piantate di fresco, ha anche due figli che sono scacciati insieme a lei, e di cui deve in qualche modo occuparsi.
Proprio i due bambini sono il perno su cui ruota tutta la vicenda.
Medea non è l'unica donna che ha creduto a un greco e se ne è trovata male: ai tempi di Euripide molte straniere si erano sposate con i commercianti ateniesi, e ci avevano fatto dei figli. E, come succede spesso in questi casi (adesso anche noi sappiamo che succede), di punto in bianco gli ateniesi decisero che c'erano troppi stranieri e figli di stranieri in giro e stabilirono che la cittadinanza ateniese andava concessa solo ai figli di genitori entrambi ateniesi. Molte donne di origine straniera erano perciò state ripudiate, loro e i loro figli spurii, per essere rimpiazzate da donne purosangue ateniesi che avrebbero dato ai loro mariti ateniesi figli purosangue ateniesi e perciò in possesso della cittadinanza ateniese. Per buona sorte degli ateniesi, queste donne scacciate dal talamo coniugale erano magari piene di rancore, ma del tutto digiune di incanti magici. Per disgrazia di Giasone (ma un tempo era stata la sua fortuna e la sua salvezza) Medea invece era una donna piena di talenti e capacità - e proprio quelle stesse capacità che le avevano permesso di salvare più volte la spedizione degli Argonauti dal disastro le serviranno a meraviglia per vendicarsi; ma Giasone, che la conosceva, avrebbe dovuto aspettarselo. Anche il re di Corinto, che ne aveva (giustamente) tanta paura avrebbe dovuto maneggiarla con più attenzione. E che dire della scervellatissima figlia del re, che all'inizio non ne vuol sapere dei figli di primo letto di Giasone e subito cede davanti a un bel vestitino con coroncina annessa?
Medea riesce a vendicarsi nel più efficace dei modi, ma anche a prepararsi una via d'uscita. Non solo, il Sole padre di suo padre le manda un bel carro tirato da draghi volanti che la porterà via, lontano dai suoi nemici - perché evidentemente la sua famiglia di origine le serba rancore per quel che ha fatto, ma non tanto da lasciarla in balia dei suoi nemici (altro aspetto carico di spunti di riflessione: i potenti solidarizzano sempre tra loro, quando è necessario).
Giasone, del tutto illeso, sopravviverà per meglio soffrire, e finirà amaramente i suoi giorni - del che, allo spettatore, davvero non potrebbe fregare di meno: se l'è proprio cercata.
Medea è una donna lucida e coraggiosa che si è messa in mano a un idiota che si accompagna volentieri ad altri idioti - destino non rarissimo per una donna. Analizza la condizione femminile in pochi, efficacissimi versi, descrive l'amore materno con parole indimenticabili, elenca nel più chiaro dei modi i suoi errori, i torti subiti, i torti inflitti ad altri; conosce i suoi mali, i rimedi per questi mali e le devastanti conseguenze che questi rimedi avranno anche per lei. Lo spettatore non la giustifica, la capisce - non soltanto perché Medea sa spiegarsi assai chiaramente, ma soprattutto perché riesce ad evocare con le sue parole qualcosa che dorme dentro ognuno di noi.
E' un testo breve: si legge in due-tre ore, scorre benissimo e un paio di note o qualche riga di introduzione (che non mancano mai) aiutano a orizzontarsi nei riferimenti mitologici, che abbondano ma non sono troppi. Consigliato a tutti, dai quindici anni in su. Come tutte le tragedie greche, lascia alla fine un senso di piacevole serenità nonostante le vicende narrate siano piuttosto cupe - catarsi, la chiamavano i greci, ed è una sorta di ripulitura dell'anima.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma, auguro un buon fine settimana con felici e catartiche letture a chiunque passi per di qua e invoco un piccolo pensiero di solidarietà per noi sventurati insegnanti che stasera correggeremo le prove Invalsi dell'esame di terza media per via telematica - ché se il sistema va in crisi come l'anno scorso rischiamo di passarci la nottata.
8 commenti:
L'anno prossimo avrò probabilmnete una classe liceale a forte componente femminile, e mi serve anche per colmare le mie lacune in letteratura greca.
Oggi citi una delle vette più alte della letteratura e posso solo ringrraziarti per averla presentata .
Il monologo di Medea sulla condizione femminile è di una modernità (o forse dovrei dire eternità) che dà i brividi. Per non parlare del tema della paura del diverso e dello straniero. ..La letteratura come vita, come ci hanno ricordato le tracce di maturità di quest'anno
Medea è Medea, e c'è poco da dire. Ricordo che ne usammo un passaggio per la Neverland di settembre del 2003, contaminandola con le Voci di Christa Wolf.
Ma io mi commuovo per questa frase, in realtà: "Io, che sono fra quelli che prima di tutto in un libro leggono il finale, approvo totalmente questo tipo di procedimento e lo preferisco assai al barbaro procedere di oggi, dove è considerata colpa grave raccontare il finale financo della Bibbia o di Cenerentola".
Come è andata con le prove Invalsi?
Di Medea io conoscevo poco più alcuni dati anagrafici, quelli che permettono a tutti di parlare per luoghi comuni. La lettura del tuo post e della tragedia (e ti ringrazio per la chiarezza e la semplicità del tuo scritto - ma è il tuo mestiere no?) mi ha presentato una donna complessa, descritta da Euripide con profondità e partecipazione. Non è una donna in preda a una crisi isterica, ma è consapevole dell'enormità di ciò che sta per fare. Lei sa quali saranno le conseguenze del suo atto e vacilla.
Attuale in tutti i sensi. Lui forse potrà dimenticare, ma lei no. Con il suo atto, lei punisce soprattutto se stessa, per averlo amato in modo totalizzante, facendo terra bruciata dietro di sé.
Io non solo leggo sempre il finale, ma ormai compro solo più i gialli seriali, dove conosco già i personaggi principali. Romanzo dopo romanzo seguo le nuove avventure di personaggi che conosco già. Perché se mi uccidono il protagonista, io non gioco più.
Auguri per il tour de force di questo periodo. Sopravviverai ....
mi sembra doveroso un cenno alla Medea rivisitata da Lavia, in un allestimento che forse sarebbe stato più consono a un teatro chiuso e per giunta un pochino asfittico, che mi ha ricordato scene di famiglia in un interno, alla Bergman, per chiarirsi... con un coro metafisico i cui cappellini non possono lasciare indifferenti... e ripensando alla rigidità dei bambini, ho riflettuto di come probabilmente vogliano indicare i figli oggetto di contesa e ripicca nei divorzi, usati come merci di scambio e di ricatto, senza in realtà alcuna attenzione alla loro individualità. Solo così mi spiego la passiva immobilità prima durante e - ma questo è più logico - dopo l'infanticidio. Euripide ci mette le grida fuori scena, Lavia li sistema ordinatamente su un bordo di letto metaforico, in pacata attesa... concordo pienamente . poi - sul tuo giudizio riguardo all'assenza di via di fuga in questa edizione: dalle pareti color fango della casa di Medea e Giasone non si scappa, niente carri del sole, niente Altra Vita, niente di niente...
@LaNoisette:
Assai ottima idea, alle giovinette non dovrebbe dispiacere. Tra l'altro in questa versione Giasone è davvero indifendibile ^__^
@la 'povna
(sniff) è bello trovare qualcuno che ti capisce ^__^
Le Invalsi sono andate benino per noi... quest'anno è toccato a quelli di Crifosso scottarsi, ahiloro!
@Acquaforte:
Al fatto che li uccide per punirsi di aver preso sul serio Giasone non avevo mai pensato, ma è verissimo (è una lettura bellissima per una giovinetta, ma rileggendola dopo tanti anni mi sono resa conto che ci sono aspetti che comprendi meglio da adulta).
Scrivere con chiarezza e semplicità non è il mio mestiere (anche se ci provo, e la rete è stata un grande aiuto per me) : il mio mestiere è INSEGNARE A FARLO, che è molto più complicato, e infatti non sempre... bah, lasciamo perdere.
@Dolcezze:
Sì, eternità è la parola giusta. Lavia me l'ha parecchio appiattita, ma nemmeno lui c'è riuscito del tutto (sì, l'ho riletta in vista dello spettacolo. In un certo sensio ho fatto male, perché sono andata a teatro aspettandomi una cosa molto diversa. Ma il tempo passato a rileggere Euripide non è mai perso, per fortuna)
@Sary:
Dobbiamo onestamente ammettere che nella Medea, sì, i figli vengono un tantino strumentalizzati (non da Giasone, oh no: lui si limita a fregarsene, salvo coccodrillare quando li vede morti). E sì, il finale è decisamente claustrofobico, e mi ha fatto ricordare perché non vado quasi mai a teatro. Si spera che col Fantasma vada meglio!
Quello che colpisce nelle azioni di Medea è proprio la sua ineluttabilita'. Cosa poteva mai fare se voleva vendetta ed espiazione?
Certo, poteva tornarsene a casa con i figli e mandare elegantemente fanculo Giasone, facendogli un favore."I potenti solidarizzano tra loro", ma te la fanno pagare, anche e soprattutto ai tuoi figli. Poteva uccidersi, lasciando i figli in balìa della nuova sposa di Giasone, e lui se la cavava alla grande.
Lei non aveva scampo, soprattutto nel tempo in cui viveva.
Oggi, grazie alle battaglie fatte dalle donne, noi abbiamo altre scelte. Con un buon avvocato divorzista. ........la vendetta può assumere forme molto interessanti. Per la espiazione ci devo pensare, ma sbagliare è umano e bisogna farsene una ragione.
Con le leggi di oggi Giasone avrebbe dovuto pagare un bel po' di alimenti, questo è sicuro, ma è un prezzo che si dimostra disposto a pagare anche nel testo di Euripide. Ma con le leggi di oggi, temo, Medea sarebbe andata in galera per infanticidio del fratello e istigazione a delinquere verso le figlie di re Pelia. Anche Giasone avrebbe passato qualche guaio per quel che avvenne laggiù, nella Colchide.
In tutti i casi, anche se Medea ha un discreto talento per tirarsi fuori dai guai (anche nella tragedia di Euripide riesce a procurarsi l'ospitalità di Egeo), i figli rappresentano l'anello debole della catena. Che farne?
In una nuova casa, con un nuovo marito, è difficile credere che avranno un grande trattamento. A casa di Giasone e della nuova sposa... Creusa non ne vuole sapere, all'inizio. Dopo l'offerta di peplo e corona si raddolcisce, ma per quanto? E comunque i figli che verranno sono destinati a scalzare quelli di un altra donna. Dai parenti Medea non poteva tornare (soprattutto dal fratello!). E' esattamente lo stesso problema che ha Norma -che infatti è tentata di risolverlo nello stesso modo di Medea.
Una volta ucciso il re e la principessa, comunque, i figli non potevano restare a Corinto, perché nel migliore dei casi sarebbero stati fatti a pezzi. Lei stessa, dopo il racconto della morte dei due, si rende conto che non c'è una seconda scelta.
L'unica soluzione sarebbe stata farsi un regno in un isola, come la zia Circe, e andare lì con i figli. Andrebbe visto però se era abbastanza potente per fare una cosa del genere.
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