Di solito non stiamo a farci molte domande sull'orientamento sessuale delle sirene; anche perché, in effetti, sono affari loro (l'immagine è in http://pronon1990.deviantart.com/art/Chun-Li-And-Cammy-underwater-kitten-s-332669287)
Il caso è stato rubricato dalla stampa come "Insegnante licenziata dalla scuola privata perché lesbica", con la consueta approssimazione che caratterizza l'informazione italiana. In realtà non sappiamo se l'insegnante sia lesbica e certamente non è stata licenziata, in quanto aveva un contratto a termine scaduto.
La storia, nella sua quieta follia, è abbastanza semplice: l'insegnante in questione insegnava al Sacro Cuore di Trento, scuola privata paritaria. Per il quinto anno di fila aveva avuto un contratto annuale senza estate pagata. La madre superiora l'ha accostata in Sala Professori, quando erano sole, e le ha spiegato che su di lei si diceva che fosse lesbica. Le ha poi chiesto se era vero o no, facendole capire che, se avesse provato a risolvere quel piccolo problema, il contratto avrebbe potuto esserle ancora rinnovato, a Settembre.
L'insegnante si è rifiutata di confermare o smentire le voci in questione, non ha mostrato nessuna inclinazione verso un eventuale percorso di cura e riabilitazione e, una volta concluso il colloquio, è andata a raccontare tutta la storia a una qualche associazione di tutela per i diritti civili. La vicenda è così finita sui giornali, e ha naturalmente fatto il giro della città.
Qualcuno ne ha approfittato per mettere in discussione i finanziamenti pubblici alle scuole private, che prenderebbero volentieri i soldi dallo Stato per poi regolarsi in base a certe loro personalissime leggi non scritte. Naturalmente non sono mancate nemmeno le attestazioni di solidarietà alla coraggiosa madre superiora.
Il racconto dell'insegnante è stato inizialmente confermato ex silentio dalla madre superiora, che ha dato una nuova versione solo dopo l'intervento del ministro Giannini, che ha promesso un esame accurato della vicenda, con severi provvedimenti qualora fosse risultato un atteggiamento discriminante da parte della scuola; allora, e solo allora, la madre superiora ha dichiarato che in realtà aveva parlato con l'insegnante perché c'erano state lamentele da parte di genitori, ragazzi e colleghi perché l'insegnante aveva affrontato in modo improvvido tematiche legate alla sessualità - smentita immediatamente dall'insegnante (che ha anche dichiarato che la sua materia non si presta a questo tipo di approfondimenti). Si potrebbe anche aggiungere che, in tutte le scuole del regno, quando i genitori si lamentano di quel che un insegnante dice su questioni politiche o sessuali anche il più pigro dei Dirigenti Scolastici si dà subito e di corsa una svegliata e prova almeno a chiarire in privato la questione col docente incriminato, ben prima della fine dell'anno scolastico - ancor di più, verrebbe da pensare, in una scuola privata, dove da un giorno all'altro il genitore può smettere di mandare il figlio (e di pagare!) per farlo istruire altrove.
Tutta la storia si presta a molte e varie considerazioni.
La prima cosa che colpisce è il candore con cui si è mossa la madre superiora: un contratto scaduto è un contratto scaduto, la scuola poteva decidere se rinnovarlo o no liberamente, senza rendere conto a nessuno. Ma evidentemente l'insegnante era piuttosto apprezzata e si è cercata una mediazione - tanto da indurre al sospetto che sarebbe bastata una secca smentita da parte sua per chiudere la questione.
Chiedere direttamente all'accusata se era lesbica o no è stato ritenuto giusto, normale, forse addirittura doveroso. Davanti a un accusa si dà sempre la possibilità di discolparsi, giusto?
Il piccolo dettaglio che nessuno per legge è tenuto a rendere conto del proprio orientamento sessuale, tanto meno al datore di lavoro, non è stato considerato rilevante. La possibilità che l'insegnante invece di nascondersi con la sua vergogna in un cantuccio a leccarsi le ferite prendesse un megafono e raccontasse l'accaduto al mondo intero non è stata minimamente messa in conto.
E sorvoliamo per pietà sull'idea di farsi un percorso di "cura". E' possibile che questo consiglio sia stato dato con tutte le migliori intenzioni del mondo ma, santissimo cielo, davvero la madre superiora sperava che la sola speranza del rinnovo di un pingue contratto a dieci mesi scarsi bastasse a convincere qualcuno a cercare di annientare una parte così importante della sua vita?
E' noto che questi percorsi di riabilitazione esistono (non risulta che funzionino, però esistono) ma chi decide di provare a seguirli lo fa mosso da spinte più profonde, prima tra tutte un rapporto decisamente conflittuale con la propria omosessualità. Sembra che le voci si basassero sul fatto che l'insegnante conviveva con una donna. Ora, delle due l'una: o la donna è una cara amica, o si tratta di una relazione talmente seria da spingere ad un progetto di vita condiviso. Chi trova* l'amore della sua vita può essere anche minimamente interessato a un tipo di terapia che cancelli dalla sua vita questo amore?
Mapperpiacere!
Ci sono poi altri aspetti della vicenda che inducono a profonde riflessioni.
Per esempio, il contratto a termine. Quello appena scaduto è il quinto. La scuola ne aveva trenta, di questi contratti a termine. Trenta insegnanti in condizione di precariato su... quanti? Ha senz'altro un senso che una scuola privata faccia un anno di prova, o anche due, ai suoi docenti, o che debba ricorrere a qualche, occasionale contrattino annuale per spezzoni o classi che l'anno successivo rischiano di non formarsi, ma... trenta? A St. Mary Mead tiriamo avanti tre sezioni di medie con quindici insegnanti, e abbiamo anche una sezione a tempo prolungato e un part-time. Trenta precari tutti in una scuola non li ho mai visti, nemmeno quando la Moratti chiuse i ruoli per tre anni di fila. E sì che lo Stato non ci va certo leggero, col precariato.
Trenta insegnanti licenziati a fine Giugno e riassunti ai primi di Settembre, ogni anno. Per anni e anni di seguito. Certo, in questo modo non gli si paga lo stipendio quando la scuola è chiusa. Certo, lo fa anche lo Stato. E si becca anche i suoi bellissimi ricorsi, spesso e volentieri (e ogni tanto li perde, anche); ma, dobbiamo ammettere, lo Stato lo fa con minore perseveranza: di solito, dopo cinque anni che fai le supplenze annuali, almeno l'estate te la pagano.
L'Istituto si vanta di essere una presenza attenta alla persona e ai valori cristiani; tuttavia chi lo gestisce sembra del tutto ignaro che, tra i valori cristiani, viene usualmente inserito anche il rispetto dei lavoratori e che, secondo la religione cattolica, tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di dio c'è anche la frode della mercede agli operai - per tacere del fatto che promettere il rinnovo del contratto in cambio di un percorso terapeutico che ti redima dalle peccata tua a me sembra un ricatto, né più, né meno.
Nei primi quattro anni di precariato, comunque, le presunte tendenze lesbiche dell'insegnante non avevano interessato nessuno, né sembra che abbiano influito negativamente sul suo modo di insegnare - altrimenti non si capisce perché le avrebbero continuato a rifare il contratto. Forse, chissà, può darsi, non esiste un modo lesbico di insegnare, si insegna e basta. Pòle essere?
Questa (presunta) omosessualità è diventata però improvvisamente un problema quando hanno cominciato a circolare le voci, anche se è ragionevole presumere che l'insegnante avrà lavorato nello stesso modo di prima.
Però, viene da pensare, se costei rischiava di traviare (contagiare?) i ragazzi al sesto anno di insegnamento, probabilmente ne aveva traviati un bel po' anche nei primi cinque. Se non si aveva notizia che avesse traviato alcuno, allora forse sarebbe stato piuttosto elegante sorvolare sulla questione, magari ricordando alle malelingue che la maldicenza è peccato.
Infine, la chicca sopra le chicche: la madre superiora ricorda che l'insegnante non è abilitata mentre la scuola, in questi anni, si è impegnata a garantire l'assunzione anzitutto al personale abilitato.
Dunque: o l'abilitazione è importante o non lo è. Per quanto ne so, gli insegnanti che lavorano alla paritaria possono avere regolare contratto a tempo indeterminato anche senza abilitazione, e certo negli ultimi anni abilitarsi è stato virtualmente impossibile fino agli ultimi mesi, quando, secondo il buon vecchio uso statale, i canali di reclutamento si sono riaperti tutti insieme con conseguente guerra tra poveri. E infatti l'insegnante ha genericamente spiegato (onde non addormentare l'intervistatore con tutti i dettagli del caso) che con l'abilitazione era a buon punto.
Giusto in tempo per non farsi fare il contratto a tempo indeterminato, viene da pensare.
*o è convinto di aver trovato, che è la stessa cosa.
8 commenti:
Hai già scritto tutto tu nel tuo tag: "ai confini della decenza". Ampiamente superata.
E che dire delle lettere didimissioni (non datate) richieste in alcune scuole in cambio di un contratto a tempo indeterminato?
Mia
@ la povna:
Ma si può superare anche meglio di così, mi dicono. Basta guardare il commento sotto il tuo...
@ Mia
Ebbene no, quelle mi mancavano. Ho pratica di due sole scuole private, nel senso che due mie amiche ci hanno lavorato, ma entrambe si guardavano bene sia dal fare contratti annuali a raffica che dalle lettere senza data (peraltro impugnabili con grande facilità). Non dico che fossero perfette, c'era da lamentarsi sia dell'una che dell'altra sotto l'aspetto della gestione del personale, ma insomma sembra che conoscessero il senso della parola LIMITE.
(Va da sé che sono sicura che esistono un sacco di scuole private rispettosissime della legge e del buonsenso, che è quello che è mancato alla madre superiore in questo caso).
Peraltro, giusto per continuare nel trend del fanatismo, guarda qui:
http://nemoinslumberland.wordpress.com/2014/07/30/tempo-e-tempi/
No words. :-(
Mortificante, non trovo un'altra parola.
Premetto che non mi stupisce affatto il comportamento della Madre Superiora, cioè non mi aspetterei molto di più, credo proprio che quello sia il suo status fondativo. Mi stupisce molto di più lo stupore e l'idignazione dell'insegnante, giacché se lavori in un certo ambiente per tanto tempo non puoi non accorgerti del clima che si respira e se ci rimani, forse non ne hai avuto abbastanza. Trovo comunque ormai davvero inaccettabile che ci siano insegnanti che si prestino a dinamiche di questo tipo solo perché hanno la possibilità di essere assunti e fare "punteggio". Ora, è assolutamente vero che nessuno ha il diritto di pretendere che altri chiariscano il proprio orientamento sessuale. Ma ribaltiamo la questione: se sono comunista, ateo e omosessuale, quanto può essere stretto il legame della zia con le dame di San Prebenzio per soprassedere circa la mia condizione e consentire la mia assunzione - pro tempore - presso l'istituto della Sconsolatissima Madama delle Camelie? Io ce l'ho con gli insegnanti che accettano queste condizioni vergognose in cui devono dar conto di tutto (tralascio qui di citare la ricca casistica del sottopagato tanto fai punteggio). E che, in definitiva, mostrano autentico cinismo quando pretendono di essere equiparati a chi, non avendo conoscenze adeguate, deve fare i conti con le interminabili graduatorie pubbliche, con il mercato delle vacche dlle convocazioni! Forse sono particolarmente avvelenato da queste vicende giacché quando decisi di fare l'insegnante, non potendo competere con punteggi adeguati con chi accettava il ricatto "paritario", quasi vent'anni fa ho dovuto mettere la vita in valigia e, dalle rive blu del Mar d'Africa, percorrere 1.200 km, per sorprendermi tra i boschi d'una valle chiusa!
@ Linda
Sì, mortificante è una buona definizione
@Giò:
Ma, vedi, in mezzo a tutto questo c'è una legge, e se una legge gioca a tuo favore non c'è biasimo nell'utilizzarla, per come la vedo io. Insegnare in una scuola paritaria come il Sacro Cuore è insegnare, né più né meno. Se si ha la possibilità di farlo (di solito alle private si arriva tramite conoscenze, non necessariamente clericali) non vedo disonore nel decidere di farlo.
L'Istituto del Sacro Cuore è una scuola paritaria, il che vuol dire che fa parte della scuola pubblica, né più né meno della media dove insegno a St. Mary Mead. Gli insegnanti usati dalle paritarie sono gli stessi delle scuole statali, i programmi anche, e le scuole paritarie ricevono finanziamenti dallo Stato e rilasciano titoli di studio riconosciuti dallo Stato. Devono dunque sottostare alle leggi dello Stato perché del sistema statale fanno parte, e le leggi dello Stato dichiarano che a nessuno va chiesto conto del suo orientamento sessuale. E questa storia è stata trattata dai giornali come un caso di discriminazione, ma è prima di tutto il caso di una persona che si è sentita fare delle domande cui non era tenuta a rispondere, e che a queste domande non ha risposto.
L'insegnante ha fatto benissimo a raccontare la sua storia, perché in futuro altre Madri e Padri Superiori ci penseranno un po' di più, prima di impicciarsi in ciò che non li riguarda.
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